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Autore: fantasticfly    03/11/2018    3 recensioni
dal capitolo 2:
" «Potter… Guardami!».
Harry trasalì ed anche il professore provò una sensazione strana, che non seppe definire in quel momento. Tuttavia, quell’ultima richiesta parve funzionare. Il ragazzo alzò la testa e incatenò i suoi occhi verdi in quelli neri del professore. "
What if... cosa sarebbe successo se il Professor Snape fosse sopravvissuto al morso di Nagini?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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*** Angolino Autrice ***
Buongiorno a tutti! Eccoci qui di nuovo per il quarto capitolo. Avevo intenzione di pubblicarlo un po' prima, ma gli impegni all'università mi hanno tolto più tempo del previsto.
Spero che vogliate comunque leggerlo e che vi piaccia. Ringrazio chi ha messo la storia tra le ricordate, seguite e addirittura tra le preferite, non me lo sarei mai aspettato! Se voleste commentare o criticare anche questo capitolo non fatevi problemi, mi fa piacere leggere le vostre opinioni. Buona lettura!

Fantasticfly
________________________

 



Riconoscenza

 
Una settimana più tardi, in un sabato soleggiato, dopo quasi tre mesi di coma e degenza, Severus Snape uscì dall’infermeria sulle sue gambe.

In quei giorni dopo il suo recupero, molte persone erano andate a trovarlo – Minerva, Lumacorno, Vitious, persino Hagrid – e tutte sembravano provare un sentimento non solo di rispetto nei suoi confronti, ma anche un misto di riconoscenza e compassione.

Erano state per lo più Minerva e Poppy ad aggiornarlo su quello che era successo dopo la battaglia. Da loro aveva scoperto per quanto tempo era rimasto incosciente e fu Minerva a tranquillizzarlo su cosa gli sarebbe accaduto una volta lasciata l’infermeria. Severus temeva – ne aveva praticamente la certezza – che finita la guerra avrebbe dovuto rispondere delle sue azioni: non credeva che il Mondo Magico avrebbe potuto perdonare tranquillamente l’assassino di Albus Silente. Immaginava che avrebbe dovuto spiegare come minimo almeno tutto il suo coinvolgimento nei piani di Albus e il suo ruolo di spia. E solo a quel punto forse avrebbero ridotto la sua pena.

Invece l’anziana strega gli comunicò che sì, avrebbe dovuto incontrare l’attuale Ministro della Magia Kingsley, ma perché – in qualità di Presidente provvisorio del Wizengamot – intendeva organizzare la cerimonia per conferirgli l’Ordine di Merlino di Prima Classe.

Quando Minerva glielo riferì per poco Severus non si strozzò con il succo di zucca che stava bevendo.

«Che cosa?!»

«Vogliono tutti rendere omaggio al tuo sacrificio, Severus.»

«Ma di cosa stai parlando Minerva? Io ho ucciso Silente! Qualcuno vi ha colpito con un potentissimo Oblivium?»

«Suvvia ragazzo mio, non c’è bisogno di agitarsi in questo modo. Comunque, è giusto che sia il Signor Potter a darti tutte le spiegazioni che desideri.»

Già, peccato che dopo quella notte il “signor Potter” non si fosse fatto più vedere in infermeria. E per quanto Severus provò ad insistere con Minerva e con gli altri che andarono a fargli visita, non riuscì ad ottenere spiegazioni più esaustive.

Inoltre, in quei sette giorni, non aveva ricordato che sprazzi della notte alla Stamberga Strillante. Per lo più si trattava di flash – nient’altro che istantanee – a cui era riuscito a dare un senso solo grazie al resoconto di Potter. Però, tra tutte le immagini che gli tornarono alla memoria, ce n’era una che non riusciva a spiegarsi, che non riusciva a ricollocare: la prima che avesse ricordato e l’unica che aveva continuato a tormentarlo lungo tutta la settimana. Quegli occhi verdi che lo fissavano colmi di domande. Quegli occhi che gli ricordavano così tanto la sua Lily. Il suo sesto senso gli suggeriva che avrebbe avuto risposta alle sue domande solo parlando con Potter. Disgraziatamente avvertiva sotto pelle anche una strisciante inquietudine. Forse era dovuto alla sua indole sospettosa, oppure all'incarico che aveva segretamente svolto in quegli anni. Forse era semplicemente derivato dal sapere che Harry Poter era sinonimo di guai.

Per queste ragioni Severus si ripropose, che una volta uscito dall’infermeria e dopo aver ripreso possesso dei propri alloggi, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata cercare il Salvatore del Mondo Magico.

Sentì una morsa al petto quando, camminando per i corridoi di Hogwarts, vide quanto profondamente la battaglia avesse ferito il vecchio castello. Quello che in fondo poteva considerare la sua casa. Così tanta distruzione e sofferenza causate da una sete di potere tale da rendere gli uomini privi di umanità e compassione, capaci di azioni di indicibile crudeltà.

Aveva saputo in quei giorni che in molti erano accorsi alla scuola per aiutare con le ricostruzioni e le riparazioni. Molto era stato fatto e si vedeva, nonostante questo però i segni della battaglia erano ancora visibili. Anche i dipinti sembravano cambiati, erano silenziosi e pareva avessero perso un po’ della loro spensieratezza e fossero timorosi anche solo di mostrarsi. Tuttavia, la ripresa era evidente, come tante formichine maghi e streghe di ogni età si affaccendavano per i corridoi, le aule e i territori della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Severus, passando tra di loro, più di una volta aveva sorpreso sguardi curiosi scrutarlo e bisbiglìi seguirlo, ma aveva continuato a camminare senza fermarsi e voltarsi per azzittirli. Aveva capito che se voleva delle risposte doveva trovare Potter, ovunque sia in questo momento quel dannato ragazzo!

Dopo aver girato per gran parte del castello comunque finalmente lo raggiunse.

Potter essendo di spalle non l’aveva visto arrivare, si trovava sulla Torre di Astronomia, insieme ad altri ragazzi, tra cui riconobbe la signorina Abbott ed Anthony Goldstein. Era quasi irriconoscibile quel luogo. Il soffitto era distrutto, pochissimi archi erano rimasti in piedi, i telescopi erano spariti e del gigantesco mappamondo che si trovava al centro della stanza non erano rimasti che frantumi. Macerie erano ammassate in ogni angolo.

Harry si accorse che qualcosa era cambiato solo perché improvvisamente fu circondato dal silenzio. Lasciò stare quello che stava facendo e si voltò. Davanti a lui, ad appena un paio di metri, il professor Snape lo guardava in modo torvo e pretenzioso. Solo un istante Harry rimase interdetto sul da farsi e valutò l’ipotesi di evitare quel confronto. Immediatamente dopo si riscosse e ricordò di essere un grifondoro, quindi diede fondo a tutto il suo coraggio.

Non posso evitare di parlare con Snape e spiegargli cos’è successo. Certo che rivelargli quello che so e cos’è successo quando era in coma potrebbe non essere esattamente piacevole. Però non c’è nessuno che meriti chiarezza più di lui.

Snape vide il turbamento ombrare all’istante il volto del ragazzo, ma scomparve anche altrettanto rapidamente.

«Ragazzi andate a vedere se serve una mano da qualche altra parte. Lasciateci soli per favore.» disse rivolto ai suoi compagni. Questi gli fecero giusto un cenno d’assenso e si incamminarono giù per le scale.

«Come sta professore?»

«Potter, sappiamo entrambi che non sono qui per inutili convenevoli.» Severus suppose che il ragazzo stesse solo cercando di perdere tempo. Nonostante ciò provò un leggero senso di pentimento ad aver pronunciato quelle parole, perché ad uno sguardo più accurato non scorgeva altro che interessamento sincero, senza alcun secondo fine, su quel volto giovane.

Potter sospirò e recuperò una sedia su cui si lasciò quasi cadere.

«Non ha ricordato altro dopo la nostra conversazione?»

A parte quelle gemme verdi che continuano a perseguitarmi? «No, assolutamente niente. Per Salazar, cos’è successo? Perché tutto il mondo magico sembra volermi mettere su un maledetto piedistallo?»

«Le sono tutti immensamente riconoscenti per aver sacrificato tutti questi anni della sua vita per sconfiggere Voldemort, Professore.»

«Di che cosa sta parlando Potter?» perché ho la sensazione che tutti sappiano esattamente cosa ho dovuto fare da quando Lily è morta?

«Quella notte in infermeria le ho detto che abbiamo deciso di provare a salvarla. Fino a quel momento l’avevamo creduto un traditore e dopo l’attacco di Nagini eravamo convinti che fosse morto. Tuttavia, è successo qualcosa quella notte che mi ha fatto capire quanto ero stato cieco e perso nell’ignoranza.»

Fu così che Harry cominciò a raccontare tutto quello che aveva scoperto e soprattutto come ne era venuto a conoscenza.

Raccontò di come Snape, sanguinante e morente, l’aveva quasi pregato di raccogliere quel fluido argenteo che fuoriusciva dai suoi occhi. Aveva riconosciuto subito di cosa si trattava: ricordi. Non aveva capito perché il professore glieli stesse affidando e ancor meno comprese in quell’istante perché – quello che credevano essere – il suo ultimo desiderio non fosse essere salvato, ma solo che Harry lo guardasse. Con gli occhi che diventavano lucidi, Harry narrò al professore di come raggiunse correndo l’ufficio del Preside e cercò il Pensatoio versando quei fili argentei all’interno.

Severus a quel punto aveva intuito che cosa avesse visto Potter nei suoi ricordi, ma non riuscì a fermare quel fiume di parole che sembrava essere diventato il ragazzo. Parevano essere caduti entrambi in trance.

Harry ripercorse per l’ennesima volta – e questa volta non solo nella sua testa come aveva fatto in quei mesi – ogni ricordo di cui era entrato a conoscenza nel Pensatoio.

L’amicizia prima e l’amore poi che il professore aveva provato per sua madre. Il disprezzo per suo padre e per tutti i Malandrini a causa delle prepotenze e delle ingiustizie che aveva dovuto subire per tutti e sette gli anni che aveva trascorso ad Hogwarts. Gli sbagli e il dolore nell’aver perso quello che era stato il suo unico amore per tutta la vita. Il giuramento fatto al Preside, di servirlo e di aiutare il figlio di Potter e Lily in ogni modo possibile. La verità sulla morte di Silente.

Ormai il ragazzo piangeva apertamente senza nascondersi, e nella sua voce si percepivano solamente profondo dolore e vergogna. «Io sono così immensamente mortificato di non aver capito niente in tutti questi anni. Di essermi sempre fermato alle apparenze. Avrei dovuto seguire l’esempio di Silente e fidarmi di lei. Fidarmi e basta, andando al di là delle maschere che ha indossato.»
  
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