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Autore: daphtrvnks_    05/11/2018    3 recensioni
- In pochi ancora lottavano, serravano i pugni ed in un tacito urlo invocavano e pretendavano la libertà su quel mondo oramai non più loro.-
- Tratto dal terzo capitolo:
'Che ti importa chi io sia, ne hai fatti fuori più di mille senza chiedere loro il nome.'
Come avesse fatto a distinguerlo da un terrestre qualunque potevano saperlo solo i sopravvissuti, l’odore della pelle di quei mercenari era percepibile a lunga distanza; aspro e metallico, si mischiava al sudore ed alla terra, una fraganza maschile forte, di quelle che ti fanno girare la testa assieme ad un bruciore alle narici che si espande fino ai polmoni riempendoti la testa ed il cuore di terrore.
I passi, pesanti come quelli di giganti e la voce scura, batteva nei timpani simile a tuoni.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bardack, Bulma, Chichi, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anno terrestre 2033, 22 Novembre, 19:57.

Periferia a Sud di Tokyo, superficie. 

Tre uomini seduti a tavolo di un vecchio bar parlavano animatamente di una delle tante conquiste nella galassia del Nord, tra boccali di birra, sigarette e gioco d'azzardo si rilassavano dopo la lunga giornata trascorsa a fermare la resistenza terrestre. Il chiacchericcio e le risse fuori dal locale rendevano l'aria festosa assieme a cameriere in abiti succinti che servivano i clienti. 

Uno di questi attirava maggiormente l’attenzione: generale dell'armata Saiyan e braccio destro del Re. Egli continuava a vincere una partita dopo l'altra, urlando come un matto ogni qualvolta avesse tra le dita buone carte, nelle tasche aveva guadagnato più zeni di quanto in un mese avrebbe potuto prendere con il suo lavoro. 

'Ah, Zerves, di questo passo rimarrai senza un soldo!' 

Mormorò con difficoltà, la sigaretta tra le labbra continuava a spostarsi ad ogni lettera lasciando cadere, come neve, cenere sul tavolino in legno e sugli stivali.

'Kylenies non sarà d'accordo, verrà lei stessa a spaccarti il culo Bardack!' 

Tra un sorso e un altro l’uomo cacciava altre carte dal suo mazzo, sbattendole violentemente sperando così di poter vincere almeno quel giro. La dea della fortuna puntò a sua misfatta, quelle dell'amico avevano un valore maggiore. Le monete dorate sul banco vennero prese dalle mani dell'altro con un gran sorriso. 

'Lo spaccherà prima a te.' 

La partita si era conclusa e le carte, dal terzo giocatore, vennero messe in un angolo per fare spazio. Per tutta la serata era rimasto in silenzio, preso dai tanti pensieri che circolavano nella sua testa prendendo forma di una fitta e lugubre nebbia, a tratti, questa, interrotta da venti d'odio e rabbia repressa. 

'Vorrei poterlo picchiare quel coglione d'élite.' 

Gli sguardi dei due furono subito rivolti al moro dai capelli ribelli: gli cadevano fugaci coprendo in parte il viso giovane, occhi allungati e stretti, il destro adornato da una lunga cicatrice conquistata in battaglia che partendo dal sopracciglio arrivava fino alla guancia. Non spiccava per le abilità in campo ma la sua furbizia e la particolare mente da stratega lo avevano portato ai massimi livelli come spia per i trattati con esseri potenti al pari dei demoni del freddo, nonostante ciò si  si trovava ad essere un semplice saiyan di terza classe, il sangue nelle vene sporco e la possibilità di entrare a corte nulla. 

'L’ha umiliata ancora?' 

Sussurrò Zerves, più grande dei due di sette o otto anni, aveva abbassato la voce cercando di non farsi sentire da orecchie indiscrete. Un gigante per la prestante massa ed il capo calvo, portava una barba rossiccia abbellita da perle nere che la racchiudevano in due piccole trecce. La figlia di Nyos, Kassava, era il fulcro di tutto il malessere del guerriero al suo fianco.

Sedici anni appena compiuti, ancora una bambina per lui. Ella taceva in sua presenza, imbarazzata, a disagio per una colpa non sua. L'adolescenza non aveva impedito che il suo corpo crescesse dando vita ad una donna, alta e dal fisico slanciato, i crini scuri e lisci che ammaliavano uomini d'ogni età. 

Non poteva evitare di mandarla all’Accademia, lì dove un giorno sarebbe divenuta una combattente al servizio dell'impero, ma lì dove anche il nobile ed illustre insegnante d'elite la violentava senza scrupoli sapendo che niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo. La violenza carnale per i Saiyan non era peccato, anche se la vittima opponeva resistenza cercando una via di fuga dalle mani sudice e dagli istinti animaleschi, riuscire a dar soddisfazione ai loro bisogni era una vittoria, poco importava fosse un'alunna, una bambina o una donna. 

'Avessi avuto una femmina, al tuo posto Nyos, lo avrei fatto fuori prima ancora che la toccasse.' 

Ribattè Bardack accendendo l'ennesima sigaretta, si stravaccò sulla dondolante sedia e rimase a pensare.

'Beh, mi toccherà finirla di scoparmi tua moglia allora.. 

Il generale lo fissò torvo per poi scoppiare in una fragorosa risata. 

'Gine non è come la tua che si lascia cavalcare da cani e porci.' 

In tutto quel trambusto Nyos si lasciò prendere dallo sconforto, quella situazione andava avanti da mesi e non poteva lasciare che sua figlia subisse le sorti di una rozza aliena. 

'Vedete di calmarvi voi due, nessuno si scopa le mogli di nessuno qui. Datemi una mano, quel Paragas dovrà sparire, una volta per tutte. 

Silenzio, totale silenzio. Quell'idea, quel desiderio di vendetta da parte del ragazzo aveva innescato un fuoco, piccolo e lieve all'inizio, man mano più violento e scoppiettante col tempo.

Il 4 dicembre 2033 con la morte di Paragas il fuoco sarebbe divenuto incendio, la razza Saiyan si sarebbe divisa una volta per tutte e la vita dei ribelli, la terza classe per eccellenza, avrebbe avuto inizio con una tragica rivoluzione per chiedere, come era degno che fosse, gli stessi diritti degli élite.

In quello stesso periodo il grande Re Vegeta fu colpito da una misteriosa mallattia al cuore, medici di tutti i regni si accalcarono al suo capezzale cercando di trovare una cura per il suo malessere, perfino sortilegi ed incantesimi erano stati provati ma nulla era riuscito a salvarlo. Il mese dopo, alla fine di gennaio, la sua vita ostentata da vittorie e vizi d'ogni tipo finì lasciando al trono i suoi due figli incapaci di gestire una tale battaglia tra classi. 

Bardack, alla morte del Re, aveva deciso di schierarsi dalla parte dei suoi compagni venendo acclamato e considerato ufficialmente come loro capo, la sua forza era superiore ai molti e divenne il loro punto di riferimento, cosa che sarebbe continuata con il suo secondogenito Kakaroth. 

____________________________________


Caldo, un caldo opprimente che copriva tutta la sua figura lasciando scoperto solo il viso baciato con dolcezza dai tenui raggi della mattina. Decise di non aprire gli occhi lasciandosi coccolare ancora dall'abbraccio morbido e fedele delle coperte, di rimanere nella tiepida illusione d'essere tornata nel rifugio. Le sue dita tastarono il velluto lasciandola piacevolmente sorpresa dalla bellissima sensazione che le provocarono al tocco. Un odore maschile impregnava il cuscino su cui il naso era poggiato spezzando la realtà lontana a cui aveva preferito buttarsi invece di tornare prepotentemente a quella strana vericità in cui era condannata. Aprì le palpebre con lentezza trovando davanti a sé, in piedi ed a braccia conserte, l'incubo ed il bel sogno che aveva popolato le sue ore notturne. Si fece indietro spostando le lenzuola e stropicciando il lato impeccabile e vuoto dell’altro fianco del letto matrimoniale, grande e spazioso. 

'Era ora vi svegliaste.' 

Inumidì le labbra secche con la lingua e cercando di abituarsi alla luce del giorno si concentrò sul viso del principe. Illegibile, la sua epressione era impossibile da comprendere: un misto imperscrutabile di perenne fastidio e nervoso che sfogava con una vena sulla fronte, le sopracciglia corrugate e la bocca chiusa come una linea retta. Prese un profondo respiro provando a fare mente locale sul perché si trovasse in quella stanza abbellita d'oro e bianco, ovunque poteva intravedere decorazioni barocche sfoggiate sulle intarsiature dei mobili dipinti e vari oggetti. 

'Come ci sono finita qui…' 

Mormorò con la voce impastata dal sonno e la voglia incontrollabile di gettarsi al sicuro nel mondo che fino a qualche minuto prima l'aveva accolta. 

'Non perdetevi in stupidaggini, non vi importa. Tra quanto sarà pronto il progetto? Non ho intenzione di perdere ulteriore tempo.' 

Scese con lentezza poggiando i piedi coperti dai calzini candidi sul pavimento in marmo, riconobbe i suoi anfibi lasciati in un angolo e riportando l'attenzione al suo interlocutore lo trovò già vestito della sua uniforme e l’immancabile mantello rosso a seguirlo come un'ombra.

'Non ne ho idea, non ho mai costruito una macchina gravitazionale e ho bisogno di materiali e-'

'Donna, ti ho chiesto quando sara pronto non come hai intenzione di costruirla.'

Ringhiò facendo qualche passo verso il bordo del letto da cui non si era mossa, allungò una mano pronto a sollevarla per il bavero del camice che non aveva mai tolto. Prontamente ella si spostò di lato e scuotendo appena la testa, con i crini azzurri a caderle teneramente sulle guance arrossate disse una semplice frase che scalfì la già precaria pazienza del reale.

'Ho bisogno di una doccia, prima di tutto.' 

Con un gesto egli indicò una porta sul lato destro proferendo che quello fosse il bagno e che le avrebbe dato non meno di dieci minuti. Dieci minuti dei quali la ragazza passò nella doccia, bagnata dall'acqua bollente in cui decise di perdersi nella speranza di poter fuggire dalle occhiate di quell'indesiderato principe, diverso da quelli delle favole che sua madre era complice raccontarle da bambina. Non possedeva un cavallo ma cavalieri pronti a sporcarsi le mani ad ogni suo crudele ordine, non aveva un castello ma una reggia degna degli orrori più indicibili, non aveva una corona ma guanti pregni della vita di mille dei suoi simili. Venne risvegliata dal bussare incessante sulla porta a cui urlò un veloce 'Un attimo!' che le ricordò le serate quando la corvina le rimproverava di star facendo tardi e lei si trovava indaffarata nella costruzione di nuovi congegni. Velocemente si asciugò con un asciugamano trovato lì per caso, si vestì con i suoi vecchi abiti ed ignorando i ciuffi ancora umidi uscì sotto lo sguardo curioso di Vegeta. 

'Lenta, spero per la vostra incolumità che non mi facciate aspettare allo stesso modo per il progetto.' 

Il tono di schernò la indispettì. Non capiva il perché si ostinasse ad usare il 'voi', era una prigioniera ed essendo il principe non avrebbe dovuto rivolgersi a lei in quel modo specifico, eppure, forse e meno improbabile della virtù del rispetto, voleva tenere una maschera d’uomo cortese che nascondesse la sua furibonda natura d'assassino. 

Il portone in legno della stanza venne aperto bruscamente dalla figura di un ragazzo che poi riconobbe essere Radish. Respirava affannosamente come se avesse appena fatto un grande sforzo, il volto segnato da un taglio grondante sangue il quale partendo dalla tempia colava fino all'occhio sinistro, rendendogli difficile tenerlo completamente aperto. 

'Intrusi principe, Kakaroth è a palazzo!' 

25 Minuti Prima, 06:48. 

Il piano del figlio di Bardack non era stato un completo fallimento, Tarble era stato preso con la forza la sera prima, stonato per bene con dei colpi sul capo ed infine lasciato incosciente e legato da delle catene d'energia ad un albero dopo qualche informazione. Chichi non era stata intusiasta di quell'ortodosso procedimento, il ragazzo non sembrava neanche in grado di far male a qualcuno e un moto di pietà l'aveva colta nel vederlo sofferente e piagnucolante dopo il penultimo pugno. 

'Per me non era il caso di… insomma, combinarlo così.' 

Sbuffò incammandosi seguita da Yamcha e Lapis per i sotterranei del palazzo, quei luogh angusti ed infestati da ratti non la spaventavano ma il cercare di tenere l'aura ai minimi livelli la stremava rispetto agli altri, stancandola e facendola arretrare di passo. 

Stupidi terrestri, la vostra sensibilità mi fa venire la nausea.' 

L'ex generale provava divertimento ad istigare quei tre, sapeva che dopo che avrebbero liberato le Saiyan e quelle umane si sarebbe sbarazzato di loro, erano una palla al piede ed era sempre meglio farli fuori che doversi sopportare altre rivolte dai sopravvissuti. Nel suo piano, creato non appena aveva varcato il rifugio della metrò, avrebbe ucciso la tenente in modo che nessun altro 'esercito' si sarebbe potuto formare. 

Così credeva lui. Non aveva tenuto conto della speranza e dello spirito di rialzarsi ad ogni caduta di quella razza, inferiore sì, ma non debole del tutto. 

Una lieve risata da parte del figlio e poi continuarono verso le scale che portarono sotto le celle. Non ci misero molto a creare un varco con un kiblast, il rumore era stato assordante ed il rischio che il corridoio crollasse non era stato calcolato da nessuno dei cinque. Difatti ci volle poco che con quel maledetto buco il passaggio crollasse bloccandoli, la loro via di fuga era appena stata chiusa. 

Una nuvola di polvere si alzò dopo il boato facendoli tossire e cercare dell'ossigeno entrando in fretta e furia nella cella uno dopo l'altro. 

'Ma che diamine… dovevamo fare un buco non distruggere mezzo palazzo!' 

Chichi non si fermò dal sgridare Bardack il quale dopo una lieve tosse si girò pronto a lasciarle un segno del poco rispetto avuto nei suoi confronti, peccato che la polvere gli avesse giocato un brutto scherzo e si fosse trovato le nocche a scontrarsi contro le grate in metallo. 

'Non parlare a vanvera mocciosa, ti ho mancata ma alla prossima ti prendo sicuro!' 

Sbraitò, innervosito come il suo solito si accorse solo dopo qualche attimo di una piccola mano poggiata contro la sua possente spalla. La nube giallognola ci mise poco a diradarsi ma l'ex generale aveva capito, senza avere il bisogno di girarsi, a chi appartenesse quel tocco delicato e pieno d'amore. 

'Bardack… on'estev nicht forgeteks mirr' 

La breve risata dell'uomo fece sorridere la donna, il quale con una tenera carezza sul volto gli fece capire che avesse sempre pensato a lui. 

'Ichves.' 

Mormorò.

Quando finalmente riuscirono a vedere la tenente si accorse che tra le Saiyan le sue amiche non ci fossero. Ingoiò il vuoto portandosi una mano tra i lunghi capelli, quella di Yamcha si poggiò sul suo capo cercando di darle conforto. Lapis, al contrario, strizzò con forza le palpebre cercando di non pensare al peggio. 

- 'Non dispiacertene, non avranno neanche il tempo di arrivare che saranno uccise.' -

Quel maledetto Saiyan lo aveva predetto, lo aveva detto e lei come un'ingenua non ci aveva creduto, convinta che loro stessero bene, che sarebbero sopravvissute.

Invece no, non c'erano. 

Strinse con forza i pugni, le nocche da rosse divennero pallide e quando vide il profeta di quella fantomatica frase china fino all'orlo di verità, si scagliò come una furia. Lo colpì al petto così tante volte che il dolore e la pelle graffiata e lacerata delle sue mani sembrò non esistere. Le iridi erano lucide, vuote e profonde come pozzi neri di petrolio, digrignava i denti sfogando tutte le colpe che gli stava dando quando sapeva fossero rivolte solo a se stessa per non aver fatto in tempo. Una parte della sua anima sembrò frantumarsi come uno specchio, pezzi taglienti di lame riflettenti le bucarono lo stomaco salendo verticalmente fino al cuore che venne chiuso con forza in catene d'acciaio. Il respirò mancava ma le parole vennero urlate comunque. 

'Sei un bastardo! Ero l'unica a poterle salvare, l'unica!'

Kakaroth la lasciò fare, solo quando il liquido vermiglio gli imbrattò il volto decise di fermarla tenendola per i polsi. Si guardò intorno stringendo e non lasciando la presa alla pelle diafana e alle ossa gracili, si rivolse alla madre che dopo un lieve sorriso e intuendo cosa volesse chiederle annuì appena.

La tenente iniziò a sentire la conseguenza delle sue gesta, aprì le mani lasciando che si sporcasse le dita e che un gemito strozzato uscisse dalle labbra screpolate Poco importava cosa si stessero dicendo quei due, le possibilità di riavere le sue amiche era svanita, futile e stupida come la volontà che l'aveva spinta ad arrivare fin lì, mettendo a rischio la vita dei due che avevano voluto seguirla.

Il più grande sembrò estraniarsi da tutto, aveva percepito una presenza, potente come già una volta aveva potuto sentire e con cui aveva già combattuto.

Veloce, si girò di lato, nulla. 

Sfuggente come un soffio, opprimente con l'ansia e stringergli il petto. Il battito martellante e l'unico suono del suo respiro a tenerlo davvero attaccato a quella dimensione.

Ancora, verso l'alto, nulla. 

Possibile la sentisse solo lui?

La voce della moglie lo portò di nuovo lì tra loro. 

'Sono vive tutte e tre.' 


* 'Bardack... non ti sei dimenticato di me.'
* 'Mai.'
  
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