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Autore: destiel87    07/11/2018    0 recensioni
Davanti alla telecamera, Bellamy Blake e John Murphy sono sempre in bilico tra la lotta e l’ alleanza, spinti dall’ istinto di sopravvivenza a compiere qualsiasi gesto. Soprattutto adesso che il praimfaya è in arrivo.
Dietro la telecamera, il loro legame diventa ogni giorno più profondo e intimo.
Tra finzione e realtà, uno sguardo tra i pensieri di Richard Harmon, un ragazzo perennemente fuori posto, che scopre in Bob Morley un amico e un confidente, fino al giorno in cui si perdono nel bosco… Questa volta per davvero.
Non sono soli però, un branco di lupi vive tra quelle montagne oscure…
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bellamy Blake, John Murphy
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Area 7 /woods – h 21:00
 
Come previsto il bosco è dannatamente spaventoso di notte.
Devo proprio smetterla di guardare horror. Almeno finchè sono qui.
Siamo sul rover, a sudare come maiali in queste cazzo di tute arancioni.
Il vetro della maschera è appannato e quindi sono anche mezzo ceco. Una vera pacchia.
“Dobbiamo raggiungere Raven al più presto. Il tempo è quasi scaduto…” Dice Clarke, guardando dal finestrino.
“Non sarà facile con questa tempesta, siamo già in ritardo e non riesco a vedere la strada!”
Replica Bellamy. 
La cosa buffa è che c’è davvero una tempesta…  Dean dice che così è tutto più realistico.
Io riesco solo a pensare che se non mi uccidono i mostri lo faranno i fulmini.
Ogni tanto quando non ha la telecamera puntata addosso, Bob si gira e mi sorride, come a dirmi che và tutto bene.
Poi improvvisamente sentiamo un botto e il rover sobbalza, andando fuori strada e facendoci ribaltare tutti.
So’ che era tutto previsto, ma mi sono spaventato lo stesso come un idiota.
E’ adesso che arrivano i terrestri, e in pochi istanti sarà l’ ora di combattere.
Abbiamo provato e riprovato questa scena decine di volte alla luce del giorno, è come una specie di danza in cui tutti devono seguire la coreografia, abbiamo dei passi da fare singolarmente e passi doppi quando lottiamo. Ogni gesto è studiato al dettaglio, ogni espressione provata davanti allo specchio più e più volte.
Echo spunta dagli alberi come fosse un fantasma, lanciando le frecce dritto al petto dei terrestri. E’ brava, lo riconosco. Ma ancora ricordo quando una di quelle frecce mi prese allo stomaco, durante una delle prove. Non è stato piacevole.
Una volta che la battaglia è finita, restiamo tutti a discutere sul da farsi.
La nebbia fitta è calata su di noi, non so se sia naturale o meno, ma è comunque fastidiosa.
“Il rover è andato, non riusciremo mai a prendere Raven e tornare indietro…” Esclama Bellamy pensieroso.
“Proviamo a chiamare Monty, se è abbastanza vicino, possiamo andare con lui e recuperare Raven prima che…”
“Non ce la faremo mai Clarke! Resteremo bloccati li, e nel giro di qualche mese moriremo di fame! Non abbia scelta che tornare indietro…”
“Anche se lo facessimo non è detto che ci farebbero entrare…”
“Non tutti, questo è certo.” Dico io.
Intanto che la discussione continua, Emori ha una crisi respiratoria.
E’ grave, e il mio personaggio dovrebbero perdere la testa, abbracciare la ragazza cercando di farle coraggio, e poi cercare di strappare il casco a Echo, nel tentativo di salvarla.
“Emori! Emori tranquilla andrà tutto bene, non devi mollare ok?”
E’ sempre difficile per me girare questo tipo di scene, perché si suppone che il personaggio sia disperato, e l’ unico modo per renderlo credibile, è che io sia altrettanto disperato.
Ma non so cosa si provi, nel perdere qualcuno che si ama.
Non perché non ho mai perso nessuno, ma perché in qualche modo, sento di non aver mai amato nessuno, non veramente.
Prima di iniziare questa serie, in momenti simili pensavo a Tommy, il mio cane, a quando lo soppressero. Quando proprio dovevo piangere, cercavo di immaginare la morte di mia madre, e per un po’ ha funzionato. Dopo mi sentivo sempre in colpa e così la chiamavo, anche se finivamo per litigare ogni maledetta volta.
Ma da quando sono qui, da quando ho conosciuto Bob… E’ a lui che penso.
Immagino che stia morendo tra le mie braccia, e che io non possa fare nulla per salvarlo.
E così piango, oh se piango.
“Respira, puoi farcela Emori sono qui con te. Continua a respirare andiamo, guardami, guardami maledizione, non lasciarmi Bob!”
“Stooooop!” – Urla Dean – “Ma che cazzo ti prende Richard!!”
“M-mi dispiace io… Non so’ perché l’ ho detto…” Borbotto in preda al panico.
Cazzo non posso credere di averlo detto sul serio.
Gli altri sbuffano, si prendono un attimo per respirare fuori dalle maschere o parlottano tra di loro. Tranne Bob. Lui stà lì e mi fissa.
“Lo so’ io che cazzo ti prende, hai passato troppo tempo con il suo uccello in bocca! E io non ho tempo per queste stronzate, ho una serie da mandare avanti maledizione!!”
Rimango lì accovacciato nel fango, mentre lui continua a sputare insulti.
Alcuni dei ragazzi si avvicinano a Dean, cercando di farlo ragionare.
Quelli dello staff lo guardano preoccupati, ma restano fermi ai loro posti.
Rachel cerca affannosamente di trattenerlo, ripetendogli di calmarsi.
“Col cazzo che mi calmo!!! E’ tardi, questa fottuta tempesta ci stà pisciando addosso,  e adesso dobbiamo rigirare tutto perché quel frocetto…”
In un attimo Bob gli sferra un pugno dritto in faccia.
Per un momento tutto assume una calma surreale, mentre il vento incalza e fischia tra gli alberi.
“Fuori! – Tuona Dean, con il labbro sanguinante – Vattene da questo maledetto bosco prima che ti ammazzi io stesso!”
“Bene, tanto ne avevo le palle piene di te che stai lì col culo seduto, a sbraitare ordini inutili!” Urla Bob, prendendo a calci una delle lampade, che cadendo sbatte sul rover, facendolo schizzare di scintille.
In pochi attimi si crea il caos, Rachel e un paio di macchinisti stanno trattenendo di peso Dean, che minaccia di spaccargli la testa.
La maggior parte dello staff è intenta a spegnere il fuoco sul rover, gli altri a tenere salde le attrezzature, che oscillano pericolosamente a causa del vento.
Tra gli attori c’ è chi urla, chi parla al telefono, chi si allontana a fumare una sigaretta, chi ne approfitta per rifarsi il trucco e chi cerca inutilmente di ripararsi dalla pioggia.
Bob cammina da solo sotto la tempesta, e la sua figura diventa più scura man mano che si allontana dalle luci, addentrandosi nella foresta.
Finalmente riesco ad alzarmi dal fango, e a correre verso di lui. Lo raggiungo quando ormai è tra la vegetazione fitta, riuscendo ad afferrarlo per un braccio.
“Bob! Aspetta! E’ pericoloso stare qua fuori, la tempesta stà peggiorando…”
“Al diavolo la tempesta! Al diavolo Dean, e al diavolo tutto cazzo!” Urla lui, cercando di liberarsi.
Lo afferro con più forza al polso, cercando di fermarlo, ma Bob continua a correre via, trascinandomi con lui.
Camminiamo a lungo, sotto la pioggia fitta e incessante, inciampando tra le radici e i cespugli, ma col cazzo che mollo la presa. L’ unico modo è cercare di farlo ragionare.
“Per favore Bob, torniamo indietro! Finiremo per perderci…”
“E allora vattene!” Urla, divincolandosi dalla mia presa.
Si volta e si allontana, colpendo con forza gli arbusti al suo passaggio.
Stà quasi per scomparire dietro ad un albero, quando finalmente trovo il coraggio di parlare.
“Hai detto che mi avresti protetto. Te lo ricordi?”
Si ferma. Resta lì un paio di minuti, con la testa bassa e i pugni serrati.
Lentamente si volta, facendo dei piccoli passi verso di me.
E’ quasi come se non avessi più il controllo dei miei piedi, che prendono a correre verso di lui.
Lo abbraccio forte, incastrando la testa sotto il suo collo.
Lo sento tremare, stringermi a lui, respirarmi sul viso.
Avrei potuto restare così tutta la notte, stretto a lui, sotto la pioggia.
Fù questione di attimi, il tempo di un respiro, e la terra sotto di noi cedette.
Si sgretolò sotto i nostri piedi, facendoci precipitare giù per il pendio, nell’ oscurità.
 
 
Unknown position – h 23
 
E’ tutto buio. Solo qualche sprazzo di luce filtra tra gli alberi, illuminando piccoli punti attorno a me.
Ho la vista appannata, la testa pesante e un dolore pulsante alla gamba.
Cerco di mettermi a sedere, e in quel momento avverto una fitta al fianco destro.
Urlo dal dolore, stringendomi le mani sulla ferita.
Alla luce della luna il mio sangue sembra nero, che ironia…
Piano piano  riesco ad alzarmi in piedi, nonostante la gamba mi faccia un male del diavolo.
Mi guardo intorno cercando Bob, chiamandolo a gran voce.
Silenzio. Cazzo.
Continuo a chiamarlo, zoppicando da una parte all’ altra, quasi alla ceca.
Ovviamente non ho portato il cellulare, dato che Dean dà di matto se ci trova a messaggiare. Doppio cazzo.
Ok ok, devo calmarmi. Verranno a cercarci, non possiamo essere tanto lontani.
E non ci sono serial killer qui, o fantasmi o streghe del bosco, quindi fai un bel respiro e tira fuori le palle, Bob ha bisogno di te.
Urlo il suo nome, inciampando e sbattendo contro gli alberi, a gran voce, senza fermarmi.
Solo dopo un tempo che mi è sembrato infinito, riesco a sentirlo chiamarmi in lontananza.
Corro da lui, incurante del dolore, trovandolo sdraiato a terra, con la gamba incastrata sotto un enorme tronco.
“Richard! Stai bene?” Urla, alzandosi un poco.
“Stò benissimo! – Rispondo chinandomi su di lui e sollevandogli la testa – Che ti è successo? Riesci a muoverti?”
“Non lo so’, ricordo solo che ti stavo abbracciando e sono caduto… Poi mi sono svegliato qui. Non riesco a muovere la gamba, Richard…”
Per la prima volta i suoi grandi occhi neri sono spaventati…
“Ok, non preoccuparti, troveremo un modo… Ora provo a tirarti via.”
“Fai piano però, c ‘è un ramo credo, che tiene il tronco sopra la mia gamba, se cede, mi crollerà tutto adosso e allora…”
“Non succederà ok? Ci penso io!”
Mi chino per guardare meglio la sporgenza dentro la quale c’è la sua gamba, e nonostante la poca luce, riesco a vedere il ramo, che in effetti è l’unica cosa che impedisce all’ albero di schiacciarlo. Ha il piede incastrato dietro qualcosa, dei sassi forse…
Afferro la sua gamba e provo a tirare un po’, ma appena scontra contro il ramo, questo fa uno scricchiolio, come se stesse per spezzarsi.
“Fermati Richard! Finirai per romperlo. Prova… Proviamo a scavare sotto, magari funziona.”
Ci provo, ma il terreno è troppo duro e non ho abbastanza spazio dentro quella stretta sporgenza.
“Cazzo, non ci riesco… Mi sento così inutile. Non so’ cosa fare Bob…”
Lui mi prende la mano, “Devi andare a cercare aiuto ok? Ce la puoi fare.”
“No! Non posso lasciarti qui da solo…”
“Starò bene vedrai… In qualche modo. Lo faccio sempre, sono Bellamy Blake no?”
“No! Tu sei Bob Morley cazzo! E sei mio amico, e io non ti lascerò morire in questo fottuto bosco!” Non mi accorgo neanche che stò piangendo, finchè non sento le sue dita sulle guance. Non dice nulla, mi guarda e basta.
“Resteremo qui ok? Finchè non ci troveranno. Non ti abbandonerò, non contarci.”
“John lo farebbe.” Risponde lui con uno strano sorriso.
“Ma io non sono John Murphy. Io sono Richard, e resterò qui con te, che tu lo voglia o no.”
“Bene, perché è te che voglio baciare.”
Prima di poter dire qualcosa, le sue labbra erano già sulle mie.
Ed erano calde, nonostante tutto.
Ed era bellissimo, nonostante tutto.
 
Central camp / Director office – H 02:00
 
“Mi ascolti bene fottuto imbecille, due dei miei attori sono scomparsi ha capito? Scomparsi! Non me ne frega un cazzo se c’è una tempesta, voglio che chiami tutti gli uomini che ha e che venga qui a trovarli, e se non bastano chiami la guardia nazionale, l’ esercito o… Cosa?! Come osa parlarmi così! Lei non sa chi sono io! Trovi quei maledetti idioti o l’ ammazzo con le mie mani! Pronto? Pronto?!”
“Rachel, chiama quelli della produzione, che ci mandino qualcuno anche a costo di minacciarlo. E non stare lì a piangere donna, è una fottuta emergenza, corri!”
“David, raduna tutti quelli che trovi, prendete delle torce e mettiamoci in marcia, non c’è tempo da perdere! Questa cazzo tempesta stà peggiorando, quelli della polizia non possono muoversi, le strade sono bloccate da una frana e gli elicotteri non possono volare con questo vento. Siamo fottuti, David, fottuti ti dico. Dobbiamo trovargli prima che succeda qualcosa.”
“Lo spettacolo deve continuare.”
 
 
Unknown position / H 04:00
 
“Richard… Richard svegliati. Non siamo soli.”
Lupi… Gli sento ringhiare, muoversi nella notte… Tutto intorno a noi.
“E’ il fuoco a tenergli lontani… Ma non lo farà a lungo!” Sussurra lui, ritraendosi.
Un brivido gelato mi percorre la schiena, i loro occhi…
I loro occhi sono come incandescenti, e si avvicinano.
Due di loro si muovono verso di noi, mostrando i denti.
Improvvisamente uno  fa un balzo verso Bob, mordendogli un braccio.
Lui urla, e in momento l’ altro si avventa su di me, azzannandomi la gamba.
Bob continua ad urlare e cercare di spingerlo via, mentre il sangue nella bocca del lupo cola sul suo viso. Il suo sangue.
Sento i denti della bestia che mi dilaniano la carne, strappandomi i muscoli.
I loro occhi come scintille nel buio, sono sempre più vicini. Arrivano.
Istinto di sopravvivenza. Pensavo di sapere cosa fosse, ma non era vero.
Pensavo che fosse quella cosa che ti spinge ad alzarti dal letto ogni mattina, ma non è così. E’ una scarica di adrenalina, è il tuo corpo che si muove da solo, il braccio si allunga ad afferrare un ramo nel fuoco, lo spinge dentro lo stomaco del lupo, finchè il sangue non cola denso su di esso.
Mi giro verso Bob, la bestia è su di lui, altre stanno arrivando.
Scaglio il bastone infuocato dritto nella bocca del lupo, che geme e si dimena.
Mi metto a urlare con tutto il fiato che ho contro i lupi, e più loro ringhiano e più io urlo, più loro cercano di avanzare più io mi faccio avanti con il fuoco, spaventandogli, colpendoli.
Uno mi morde il braccio, trascinandomi a terra con il suo peso, Bob lo colpisce alla testa con una pietra, più e più volte, finchè non molla la presa.
E proprio quando credevo di essere al sicuro, quando credevo di essere salvo, è arrivato.
Una creatura maestosa, il manto bianco come la neve e gli occhi rossi come il sangue.
E’ il più grande che abbia mai visto, e al suo passaggio gli altri arretrano un poco.
E’ davanti a me adesso, mi mostra le fauci.
Io sono sdraiato a terra, inerme e sanguinante, eppure non posso arrendermi.
Bob non può aiutarmi, nessuno può. Morirò, morirò davvero se non faccio qualcosa.
Moriremo entrambi, e non posso permetterlo.
Lui si avvicina a me, guardandomi dritto negli occhi, e per un lungo attimo, restiamo a fissarci, a studiarci.
Il lupo si china su di me, annusandomi. E’ così vicino che potrebbe mangiarmi solo aprendo le fauci.
Eppure, non lo fa, mi fissa a lungo, come se potesse guardarmi fin dentro l’ anima.
Poi alza la testa, ululando alla luna.
Gli altri lupi lo seguono, uno dopo l’altro fino a creare un coro che risuona  tra gli alberi, in tutta la foresta.
Mi guarda un’ ultima volta, prima di voltarsi e scomparire nella notte con il suo branco, lasciandoci soli.
E’ difficile credere a quello che mi è successo, tutto quello che so’ è che sono vivo.
Bob mi stà abbracciando, siamo ricoperti di graffi e morsi, ma siamo insieme, avvinghiati l’ un l’altro. Lo bacio, e sento il sapore del sangue, ma non mi importa, voglio solo sentirmi parte di lui, voglio solo scomparire con lui.
Sopra di noi le stelle ci osservano silenziose, mentre ci baciamo in un turbinio di emozioni e passione, estasiati e terrorizzati allo stesso tempo, cullati dal vento che fa eco tra le montagne addormentate.
 
 
 
Unknown position / H 06:00

 
“Bob… Guarda, stà sorgendo il sole…”
Lui apre lentamente gli occhi, che faticano un po’ ad abituarsi alla luce. Si volta verso di me, che sono rannicchiato al suo fianco, la testa sul suo braccio, la mano sul suo petto.
Sorride, mi guarda dolcemente, dandomi un bacio delicato ma intenso. Il suo sguardo si posa oltre il mio viso, oltre le colline dorate che si stanno svegliando, oltre le nuvole rosa e violette, oltre il cielo azzurro, proprio dritto verso il sole, che è di un arancione intenso e caldo.
“E’ davvero bellissimo…” Dice piano.
Era vero, non avevo mai visto uno spettacolo simile, ma la cosa più bella per me, era il suo viso rilassato al sole, il timido sorriso che gli spuntava dalle labbra, quella rughetta vicino all’ occhio, i riccioli neri che brillavano.
E improvvisamente pensai, che se il praimfaya fosse arrivato in quel momento, io sarei stato felice. Perché per la prima volta nella mia vita sentivo di aver trovato il mio posto nel mondo.
Ed era accanto a lui.
 
 
 
Saint John - Canadian coast – 2 weeks after


Ricordo gli occhi di mia madre, erano verde smeraldo con dei riflessi dorati.
Ricordo come mi guardava quando ero solo un bambino tra le sue braccia, prima della scuola, delle litigate, prima delle sbronze e delle cotte estive.
Ero solo un bambino sdraiato su un prato immenso, circondato dai fiori.  Giocavo felice, spensierato come solo un infante può essere, e ricordo il modo in cui lei mi guardava…
Come se fossi puro, speciale, un raggio di luce nelle tenebre.
Ricordo che mi faceva sentire come se non esistesse nessun’ altro al mondo, perché anche se c’ erano altre persone, lei guardava solo me, mi seguiva con lo sguardo ovunque andassi, quasi fossi un prezioso tesoro che doveva proteggere… Era una cosa più grande di lei.
Non mi ha più guardato così, forse crescendo qualcosa si è incrinato, spezzato irrimediabilmente.
Eppure, quando mi sono risvegliato in ospedale lei era lì, e mi guardava in quel modo.
Non disse niente, non ne aveva bisogno. Non dissi niente neanch’ io, non ne avevo bisogno, perché lei mi guardava di nuovo come se al mondo esistessi solo io.
Nelle settimane che seguirono, mi restò affianco nella riabilitazione, ed entrò in confidenza anche con Bob, che seppur in condizioni peggiori delle mie, non smetteva mai di sorridere.
Mi faceva gli scherzi quando volevo solo piangere, mi costringeva a lottare quando volevo solo arrendermi.
Ma la cosa più importante, è che mi guardava nello stesso modo in cui faceva mia madre… Come se in quello sguardo racchiudesse tutto l’ amore che aveva, soltanto per me. Come se non ci fosse nient’ altro di più importante.
Per tutta la vita avevo cercato quello sguardo tra gli sconosciuti, senza mai riuscire a trovarlo, iniziavo a pensare che fosse impossibile, ma ora… Ora so’ che non lo è.
Nelle lunghe notti che seguirono, sognai spesso quel lupo dal manto bianco, quello sguardo primordiale che aveva risvegliato qualcosa dentro di me, qualcosa che neppure io pensavo di avere.
Mi sono fatto forza e sono andato avanti, ho imparato ad abbassare la maschera, con coloro che dimostravano di voler vedere la persona che era nascosta dietro.
Bob è una di queste. Quello che abbiamo passato insieme, non lo dimenticheremo mai, in un certo senso, è parte di noi adesso.
Oggi mi sono svegliato e sono andato a vedere l’ oceano.
Ho sentito l’ aria salmastra entrarmi nei polmoni, il vento sputarmi in faccia con tutta la sua forza, il calore del sole sulla mia pelle, l’ acqua fresca che mi accarezzava i piedi.
Mi sono sentivo vivo, forse per la prima volta in vita mia.
Guardo Bob che nuota nell’ acqua azzurra, pieno di vita e di entusiasmo, e mi tuffo tra le onde, assaporando quella sensazione di forza e di grazia che mi attraversa e mi sconvolge l’anima.
  
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