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Autore: orchidee    07/11/2018    2 recensioni
Dopo una serata a chiacchierare con le mie amiche dei nostri primi amori, sono tornata a casa ed ero così felice, da buttare sulla carta qualche pensiero. Il giorno dopo ho ripreso quei pensieri e ho provato a dar loro una forma... Ho rubato i figli dei protagonisti delle mie precedenti storie e li ho resi i miei nuovi personaggi. Non ho idea di come si evolverà questa Fanfiction. Per ora ho scritto con entusiasmo il primo capitolo e spero di riuscire ad esprimere i sentimenti provati quella sera. Spero di riuscire a dare alla ma protagonista il carattere che ho immaginato per lei. Vorrei fosse una donna solo all'apparenza fragile e insicura. Che con il passare dei capitoli, acquisti sempre di più l'aspetto della donna forte e consapevole.
È una storia che si discosterà completamente dalla serie. Ho solo usato i nomi, i luoghi per dare una scenografia alla mia protagonista.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18


 “Siete voi ad averlo portato qui? Io non lo voglio vicino a me! Non voglio vederlo! Lo odio!”
 Marcella sorrise: Francesca cercava di essere forte e cinica, nascondendo la felicità che provava. Forse non lo avrebbe mai ammesso ma era facile intuire quanto fosse ragiante: toccava il cielo cn un dito. Lo si vedeva dagli occhi, che erano tornati a brillare.
 Cercò di rimanere seria, anche se vederla finalmente più serena, la riempiva di gioia.
 “Anche tuo padre lo odia, bambina! Ma lui è qui e sai meglio di chiunque altro come sia fatto...”
 Disse cercando con gli occhi il marito che guardava la sua bambina, sorridendo.
 “Non avreste dovuto dirgli che ero in ospedale! Sto male! Sembra che il mio stomaco si sia rotto! Mi ha obbligato a mangiare!”
 Continuò a lamentarsi.
 “Sono sicura che sia stato terribile... Ma tu chiama l'infermiera se dovesse obbligarti ancora!”
 Disse con poca convinzione, la donna.
 “Lo farò, anzi chiederò che non possa più entrare in questa stanza!”
 Francesca incrociò le braccia, mantenendo un'espressione buffa, da bambina, che divertì persino Nicola.
 Anche l'uomo non poté fare altro che constatare che la sua principessa avesse ricominciato a respirare. Odiava Riccardo, non riusciva a perdonargli la sua partenza e aveva ancora davanti agli occhi l'immagine della sera precedente, di quella donna che, se non li avesse interrotti, sarebbe finita nel suo letto, ma non poteva non essere felice per la sua bambina e non poteva negare che la ragione di quel cambiamento, fosse lui.
 Entrò il medico che l'aveva in cura e, dopo aver salutato i genitori, si rivolse a lei.
 “Francesca, mi è stato riferito che ha finito la colazione... A cosa dobbiamo questo miracolo?”
 La prese in giro, sorridendole allegro.
 “Sono stata obbligata! Dottore, quell'uomo non deve più entrare qui dentro!”
 Il dottore aggrottò la fronte, incuriosito.
 “A chi si riferisce?”
 “A lui!"
 Disse con ovvietà.
 "È arrogante e mi fa star male!”
 Non fece troppo caso a quanto diceva. Forse si riferiva al padre o a qualche infermiere. La sua paziente non era particolarmente stabile e poteva riferirsi a chiunque. A lui importava solo che avesse mangiato e che sembrasse più presente a se stessa.
 “Vedremo cosa fare... Vogliamo dare un'occhiata alla sua bambina, adesso?”
 “No... No aspetti... Lui... Lui non è qui!”
 Disse con voce pregante, confondendolo ancora di più.
 “Chi? Ora di chi parla, Francesca?”
 “Lui...”
 Non finì la frase perché in quel momento la porta si aprì e Riccardo fece il suo ingresso nella camera.
 Non guardò nessuno che lei, regalandole un sorriso che Francesca ricambiò.
 “Sono qui... Scusa, ci ho impiegato un po' più del previsto!”
 “Ingegner Mendoza... È lei l'arrogante che fa star male la mia paziente obbligandola a nutrirsi?”
 “Ha dimenticato di dire che sono presuntuoso e prevaricatore...”
 Il medico rise e si rivolse a Nicola e Marcella.
 “Se i signori Mora vogliono uscire, possiamo procedere con la visita... Vuole accomodarsi accanto alla nostra paziente?”
 “Molto volentieri!”
 Le si avvicinò e le strinse la mano che lei cercò di ritrarre solo per arrendersi in fretta.
 Le loro dita intrecciate provocarono ad entrambi una sensazione di completezza e mentre il medico predispose la visita, i loro occhi si parlarono, confessandosi, silenziosamente, i reciproci sentimenti.
 L'ecografia era diversa da quella che ricordava. La sua bambina, non era più una macchiolina informe. Non era più necessario immaginarla, si distingueva chiaramente il suo corpicino rannicchiato e il visino. Il cuore batteva forte e per Riccardo, quel suono, era la più bella musica che avesse mai sentito. Quanto aveva perso a causa del suo orgoglio e del suo senso di colpa? Per le sue scelte dettate dall'irrazionalità? Aveva fatto soffrire la sua donna e aveva perso dei momenti irripetibili. Le immagini che vedeva sul monitor, erano bellissime e terribili. Era la sua bambina ed erano il simbolo dei suoi errori.
 “La vostra bambina è forte! Nonostante la sua mamma non si voglia bene, lei cresce! È un po' piccola, ma non mi aspettavo niente di diverso. Francesca i suoi valori sono un po' migliorati, ma solo perché le stiamo somministrando i nutrienti attraverso la flebo. Quindi sa quello che deve fare... Ah, ingegnere, tra qualche giorno non le sarà più permesso entrare in questa stanza, la paziente ha espresso il desiderio di non vederla... Giusto il tempo per avviare le procedure!”
 Concluse il medico ridendo alle sue stesse parole.
 “Grazie dell'informazione. Fino a quel momento, però, rimarrò qui!”
 “Non posso certo impedirlo... Arrivederci!”
 Il medico e le infermiere uscirono sorridendo dalla stanza e loro rimasero soli.
 “È bella... Bella come te!”
 Le disse accarezzandole il volto.
 “Sì, certo...”
 Rispose con poca convinzione.
 Riccardo scosse la testa, consapevole che la sua Farfallina, non riuscisse a vedersi con gli stessi occhi con i quali la vedeva lui.
 “Posso sdraiarmi accanto a te?”
 “No!”
 Rispose, seria.
 “Lo farò lo stesso... Spostati solo un pochino!”
 La invitò con un cenno delle mani.
 “No!”
 Confermò con stizza.
 “Allora ti sposterò io!”
 Ridendo, la sollevò con attenzione, per non farle male, senza badare alle sue proteste e poi si accomodò accanto a lei, mettendole un braccio dietro la schiena e obbligandola ad appoggiare la sua testa sulla sua spalla. Non fu difficile, farla capitolare. Si lasciò andare, distendendo i muscoli e rilassandosi, ritrovando quel calore che tanto le era mancato. Non riusciva a nascondere le sue emozioni, era così felice di vederlo, così frastornata e confusa, ma anche eccitata, sconvolta. Essere tra le sue braccia... Lo aveva sognato per tanto tempo e ora il suo cuore e il suo corpo reclamavano quel contatto, quell'abbraccio che rigenerava ogni cellula del suo fisico maltrattato.
 “Sono stanca!”
 Sì, era stanca.
 Quei mesi l'avevano segnata e per la prima volta dopo tanto tempo, riusciva a sentirsi a casa, protetta.
 “Dormi un pochino... Io sono qui!”
 Le disse stringendola ancora di più, sentendo il suo respiro regolarizzarsi.
 Il suo respiro, caldo e dolce, lo riportò indietro, quando, nel loro letto, si addormentavano insieme, dopo aver fatto l'amore.
 Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da una serenità che credeva persa.

 “Lui è qui?”
 Chiese Armando, senza nascondere la sua agitazione.
 “Sì, è arrivato questa mattina!”
 Rispose con tranquillità, Marcella.
 “Credi sia una buona idea?”
 Si intromise Betty.
 “Betty, lo sai che non mi importa quello che pensi? Mi importa solo che mia figlia abbia fatto colazione e abbia pranzato! Sono certa riuscirà a convincerla a cenare e per ora va bene così!”
 Marcella si irritò. Era felice che Riccardo fosse tornato e soprattutto che fosse tornato per lei.
 “Mio figlio le ha fatto così tanto male!”
 Sostenne con arroganza.
 “Sì e quando si sarà rimessa, quando avrà partorito e si sarà ristabilita completamente, faranno le loro scelte... Per ora non provare a parlare con tuo figlio! Non voglio che si senta obbligato ad andarsene di nuovo! Non ora!”
 Betty, messa davanti a quelle parole, sussultò. Davvero, Marcella non si rendeva conto di quanto suo figlio fosse sbagliato?
 “Io sono solo preoccupata!”
 “Beh, io lo sono di più! Ho sbagliato a non obbligare mia figlia a tornare a casa sua! Ho sbagliato a non obbligarla a raggiungerlo! Sono stata una stupida ad accettare il modo in cui tutti noi lo abbiamo trattato! Perché è anche colpa nostra se se n'è andato! Forse se ci fossimo ricordati quello che abbiamo fatto noi...”
 “Ho provato a parlare con lui!”
 Replicò Betty.
 “Quando? Quando ci hai provato? Per quanto tempo nessuno di noi si è fatto vivo?”
 “È solo che...”
 “Che cosa? Ha sbagliato? E tuo marito? Lo ricordi il gioco con Calderon? E tu gli hai tenuto nascosto un figlio per quasi cinque anni! Sì, Armando! Tuo figlio non è peggiore di noi!”
 Disse rivolgendosi ad Armando che non seppe fare altro che sussurrare:
 “Per favore, basta, Marcella!”
 “No! Perché non me lo perdonerò mai di averla lasciata ridurre in quello stato! Lei lo ama e che lui!  Voi... Li avete visti insieme?"
 La donna, provata da tutto quello che era successo, dalla preoccupazione e dal senso di colpa, era decisa a far valere le sue ragioni.
 "Si completano!! Sono una sola cosa! Vi siete resi conto dello stato in cui versa Francesca? Senza di lui non riesce a vivere! Nicola, ricordi la sera di quella maledetta sfilata? Era per lui! È sempre stato per lui!!"
 Nicola abbassò lo sguardo, sentendo un forte malessere pervaderlo.
 "E Riccardo... Ha dimostrato di amarla! Mio Dio... È sempre stato così insofferente a tutto ciò che ci riguardava... Ma per lei ha accettato persino i nostri stupidi consigli, le nostre cene! Erano felici!  Non l'aveva tradita davvero! Non erano insieme quando è stato con quella donna e se quel bambino fosse stato suo, avremmo dovuto sostenerlo! E sostenere loro! Avremmo dovuto impedirgli di andare via!”
 “Nessuno glielo ha imposto!”
 Cercò di giustificarsi, Nicola.
 “Nicola, per favore! Lo abbiamo solo giudicato! E ora farete quello che vi dico! Lasciatelo in pace! Mia figlia sta male! Ed è l'unica cosa che mi importa! Lui la farà stare bene! Loro si amano, anche se si sono fatti del male, anche se non se lo dicono da mesi. Avranno una figlia e io spero se ne vadano da qui! Da te, da me! Da tutti noi!”
 Marcella piangeva, la tensione e la paura per quella figlia infelice, l'avevano esasperata. Era riuscita a convincere suo marito ad andare a prendere l'unico uomo che potesse aiutarla. E ora scaricava la sua frustrazione sulle persone a cui voleva bene da sempre e sull'amore della sua vita. Betty la abbracciò, forse capendo di essere stata ingiusta e cieca nei confronti di  Riccardo.
 “Sono una madre terribile. Ho praticamente cacciato mio figlio! Il mio bambino...”
 “Marcella... Non parleremo con lui! Puoi stare tranquilla. Digli che gli voglio bene, solo questo... E scusa... Scusa davvero!”
 "No, Armando! Dovresti essere tu a dirglielo! Tuo figlio lo merita! Merita le nostre scuse e non permetterò mai più che qualcuno si intrometta tra di loro!"
 Marcella respirava a fatica, a causa della tensione, ma anche della rabbia che provava nei confronti persino di se stessa.
 “Amore... Andiamo a casa!"
 La esortò il marito che poi si rivolse agli amici.
 "Ceniamo insieme?”
 “Cuciniamo qualcosa io e te, Marcella?”
 Disse Betty, stringendo la mano della donna.
 “Siamo due disastri in cucina!”
 Rispose, dopo qualche istante di esitazione, abbozzando un sorriso.
 “Ci faremo aiutare dalla cuoca! Andiamo!”
 Betty si alzò e la esortò a fare altrettanto.
 Insieme, uscirono dall'ospedale, sperando che davvero fosse giunto il momento della pace. Per tutti.

 La sera era ormai scesa e nella camera insisteva solo una lieve luce data dal tramonto e dai monitor a cui era ancora legata Francesca.
 Riccardo si godeva il corpo della sua donna, giocando con un ciocca dei suoi lunghi capelli neri.
 Aveva dormito tranquilla, tra le sue braccia e forse, per qualche minuto, anche lui si era lasciato andare alla stanchezza.
 La sentì muoversi, con un po' di fatica e la sentì stringerlo di più.
 Aprì gli occhi e quando lo guardò, Riccardo sentì il suo cuore accelerare. Gli sorrise nello stesso modo in cui lo faceva quando vivevano insieme.
 “Ciao!”
 “Ben svegliata, amore mio! Come ti senti?”
 “Bene...”
 Disse sprofondando il viso sul suo petto.
 “Anche io, sai?”
 Le diede un bacio sui capelli e le accarezzò la schiena. Era così magra che ogni costola era come un solco e si potevano contare gli anelli della spina dorsale.
 Strizzò gli occhi e deglutì rumorosamente, ma cercò di rimanere tranquillo.
 “Che ore sono?”
 Chiese lei dopo qualche istante.
 “Non lo so! Ma ho fame! Pensavo che sarebbe carino cenare insieme! Che ne dici?”
 Se fosse stato necessario, l'avrebbe obbligata a nutrirsi, ma preferiva non sottoporla ad inutili tensioni.
 “Vuoi cenare qui?”
 Francesca sollevò il volto e lo guardò, divertita. Lui annuì.
 “Voglio cenare con te e visto che non posso portarti in un ristorante carino, mi accontento di questa camera! Che ne dici? Pensi sia possibile farci portare delle pizze?”
 “Non credo!”
 “Ma possiamo provarci...”
 “Sì...”
 Rispose felice come una bambina e lui, innamorato come mai, le accarezzò la guancia, sfiorandole le labbra.
 “Amore mio, ora me lo dai un bacio?”
 “No!”
 Disse scuotendo il capo e nascondendo il viso sul suo collo.
 “Capricciosa e smorfiosa!”
 Scherzò lui, stringendola forte a sé.
 “Si è svegliata anche lei...”
 Gli disse ridendo e Riccardo, senza chiederglielo, spostò le lenzuola e appoggiò le labbra sulla sua pancia e poi sussurrò qualcosa che Francesca non capì. La piccola si agitò e quando lui appoggiò la sua mano, spingendo leggermente, la piccola rispose con un calcio.
 “Ti odia anche lei!”
 Ma mentre lo diceva, sul suo viso non c'era che amore. Lui la guardò e i suoi occhi erano pieni di un'emozione e di un sentimento che Francesca non aveva mai visto. Le baciò ancora la pancia e poi con voce dolce, le disse:
 “No, piccola! Mi ama! Questo è amore!”
 “Io ti odio!”
 “Non importa... Lasciaci soli! Io e la mia bambina stiamo parlando male di sua madre...”
 Avvolse le mani sui lati della pancia e cominciò a sussurrare parole indirizzate alla sua bambina. Francesca si incupì, voltò il volto e sospirò.
 “Ne ha tutte le ragioni!”
 Sussurrò con tristezza.
 Riccardo strizzò gli occhi, fingendo di non averla sentiva, ma sentì una fitta allo stomaco, un dolore che lo scosse.
 Francesca doveva aver passato dei momenti terrificanti e la colpa era sua. L'aveva lasciata andare, credendo di farle del bene, senza accorgersi che, ancora una volta, aveva sbagliato tutto.
 Rimase stretto a lei ancora, fino a quando la piccola tornò quieta, poi si rimise accanto a lei.
 Si sdraiò su un fianco e cominciò a giocare con i suoi capelli, guardandole gli occhi, così dolci e pieni di amore. Rimase in silenzio, ammirandola e amandola di più ad ogni suo lieve movimento.
 “Ora mi dai un bacio o devo obbligarti?”
 Le chiese sorridendo, mentre con le dita le sfiorava le labbra che si schiusero nel più bel sorriso che lui avesse mai visto.
 “Vieni qui...”
 Pose le labbra sulle sue e le assaporò piano, godendosi la loro morbidezza.
 Sentì il suo sangue scorrere nelle vene, caldo, in pace, finalmente. Da quanto tempo non la baciava? Da quanto non provava quelle sensazioni? La strinse tra le braccia, continuando a baciarla con tenerezza.
 Fu lei a interrompere quel momento, con le dita cercò la sua pelle, sotto la barba e sorrise con tutto il viso.
 “Io ti odio!”
 “Sì, lo so!”
 Lo abbracciò e sprofondò il viso sul suo petto, accoccolandosi completamente su di lui, inebriandosi del suo odore che tanto le era mancato.
 Restarono come fossero un solo corpo fino a quando l'infermiera non entrò per sistemare la somministrazione della flebo e per portarle la cena, riportandoli alla realtà.
 Riccardo si alzò e con gentilezza si rivolse alla donna.
 “Mi scusi, pensa sia possibile ordinare delle pizze?”
 “Cosa?”
 Chiese l'infermiera, perplessa.
 “Beh, voglio dire, il cibo che servite non sembra particolarmente buono...”
 “Non è permesso introdurre qualcosa dall'esterno...”
 “Ma al bar ci sono delle pizze...”
 “Sono pizzette... Ma non credo sia una cosa possibile...”
 Rispose quasi stizzita.
 Quando fu uscita, Riccardo rise e si volse verso la sua Farfallina che lo guardava divertita.
 “Principessa, dovrai rinunciare alla pizza, almeno per stasera. Rimedieremo quando saremo a casa...”
 “Non l'avrei comunque mangiata!”
 “Bugiarda! Ma non importa... abbiamo tutto la vita per mangiare la pizza...”
 Tornò da lei e le mise il vassoio di fronte, accomodandosi sull'angolo del letto.
 “Tu non hai mangiato nulla per tutto il giorno...”
 “Mmmm già... E ho una fame da lupi.”
 Le disse ridendo.
 “Se vuoi puoi favorire!”
 Gli indicò il vassoio, storcendo il naso. Non sopportava quell'odore e avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare di mangiare. E lui lo sapeva! Lo capiva, ma lei doveva superare quel male che la divorava, quella debolezza che la portava a farsi del male. Lui non meritava tanto, non meritava il suo dolore.
 Dopo qualche istante, ridendo, le rimise il vassoio sotto il naso.
 “Non ci penso nemmeno! Quelle cose non sembrano terribili! Le mangerai perché sei tu quella ricoverata!”
 “E allora dovrai andare via... Per mangiare intendo!”
 Disse con un velo di tristezza e ansia.
 “E tu non vuoi?”
 “No...”
 Le scompigliò i capelli come se si trovasse davanti alla stessa ragazzina che lo faceva impazzire.
 “Se andassi al bar dell'ospedale a prendere qualcosa e poi fingessimo di essere in un ristorante e di aver ordinato cose diverse?”
 “È una stupidaggine! Forse... Forse dovresti andare a casa e mangiare qualcosa di diverso da quelle  schofezze.”
 "Ma vedi, io non voglio andare a casa! Voglio cenare con te! Sarò io a far finta di essere in un ristorante se tu non vuoi giocare!"
 La fece ridere e a lui bastò quello per sentirsi meglio.   
 "Mi aspetti?”
 “L'hai detto tu, non posso andare via!”
 Disse scimmiottandolo.
 Le diede un bacio che avrebbe voluto non finisse mai, tanto ne aveva bisogno, poi si staccò da lei e corse a prendere un paio di panini e dell'acqua. Gli bastava, non aveva bisogno di altro, se non di lei. Provò un forte senso di disagio a lasciarla sola, anche se per pochi minuti.
 Quando aprì la porta della sua camera e la vide sorridergli, il suo cuore sobbalzò. Era così bella, nonostante la stanchezza che si leggeva sul viso ancora pallido ed emaciato, ma era perfetta. Quell'alone di tristezza che quella mattina solcava il suo bellissimo viso, sembrava sparito, sostituito dalla dolcezza.
 Cenarono in silenzio perché per entrambi era sufficiente restare vicini per dirsi quello che provavano. Francesca finì a fatica ciò che le era stato portato e lui non le mise fretta.
 Poi, quando finalmente terminò di mangiare, lui prese il vassoio, appoggiandolo su una mensola.
 “Ti aiuto...”
 “Non ne ho bisogno...”
 “Ma a me va di farlo!”
 Tornò da lei e sorridendo, le diede un piccolo bacio sulle labbra.
 “Chicco, è tardi..."
 Guardò l'orologio e annuì.
 "Non voglio rimanere da sola stanotte!”
 Disse senza guardarlo, quasi con timidezza.
 “Nemmeno io! Dormirò sulla poltrona... È comodissima!”
 “Potresti dormire accanto a me!”
 Fu quasi una preghiera, che lo fece sussultare.
 Tolse il maglione e lo gettò sulla poltrona, poi si avvicinò a lei.
 “Solo se me lo dici!”
 Disse a pochi centimetri dal suo viso.
 Francesca alzò gli occhi e incontrò quelli del suo uomo.
 “Che cosa?”
 “Che mi ami!”
 “Io ti odio...”
 “E allora fingi di amarmi e menti, ma dimmelo!”
 “Perché?”
 “Perché ho bisogno di sentirtelo dire...”
 “Io... Io ti amo!”
 Prese il suo volto tra le mani e la osservò per qualche secondo. Era quasi arrossita ed era dolce come lo era sempre stata. Dolce e bellissima... E sua, nonostante tutto.
 “Anche io! Non ho mai smesso nemmeno per un secondo di amarti! Ti amo! Ti amo da morire, piccola...”
 “Bugiardo!”
 Non badò a quelle parole, si limitò a scuotere la testa e poi si sdraiò accanto a lei, avvolgendola in un abbraccio.
 “Vuoi dormire con me?”
 “Voglio dormire con te!”
 “Allora taci... Posso stringerti tutta la notte tra le mie braccia?”
 “Sì!”
 “Allora spostati, sappi che se qualcuno dovesse sgridarmi perché non posso stare su questo letto, la colpa sarà tua!”
 Le disse ridendo.
 “Abbracciami e dimmelo ancora che mi ami!"
 Lo supplicò mentre si distendeva sul suo petto.
 “Ti amo più della mia vita! Tu sei la vita!”

 Si era alzato dal letto lasciandola ancora addormentata. L'aveva cullata per tutta la notte, l'aveva stretta e aveva potuto verificare quanto fosse magra, troppo magra. La sua pancia era quasi sproporzionata sul suo corpo troppo esile. Si sciacquò il viso e restò appoggiato alla porta del bagno, guardandola. Era indolenzito e aveva voglia di bere un caffè, ma l'idea di lasciarla sola, anche solo per poco, lo destabilizzava. Sentiva di doverla proteggere. Proteggere e amare.
 Si voltò, sentendo una mano che si poggiava sul braccio.
 “Riccardo... Sei già qui?”
 Marcella lo guardava con un sorriso dolce sulle labbra.
 “Non sono andato via...”
 La donna guardò la figlia che dormiva ancora e le parve serena, per la prima volta dopo tanto tempo.
 “Grazie...”
 “Non è necessario ringraziarmi, lo sai!”
 Riccardo si sentì a disagio. Perché aveva dovuto ringraziarlo? Cosa aveva fatto? L'aveva lasciata sola e aveva permesso che il dolore la portasse ad odiarsi.
 “Nicola sta parlando con il medico...”
 Alzò le spalle e si passò una mano tra i capelli, cercando un modo per non dover sopportare più a lungo quella situazione che lo rendeva insofferente.
 “Io... Vorrei bere un caffè!”
 “Rimango io con lei!”
 Lo esortò, Marcella.
 “Non fa niente, non voglio lasciarla sola... Voglio che mi trovi qui quando si sveglierà!”
 “Sei molto dolce, Riccardo! Ma vai a prendere il caffè. Non sarà sola! Comunque non dormi da due notti... Dovresti riposarti anche tu... Va a casa per qualche ora!”
 “No! Sono stato lontano da lei un po' troppo tempo! Vado a prendere il caffè, ma... Torno subito! Diglielo! Se si svegliasse, prima che sia tornato, diglielo!"
 Marcella sorrise. Era dolce, Riccardo. E amava la sua bambina.
 Non aggiunse altro ed uscì.
 Quasi si scontrò con Nicola che non si aspettava di vederlo ancora lì.
 “Oh... Ciao! Io non pensavo fossi qui!”
 “Già... Vado a prendere un caffè!”
 “Io volevo... Volevo ringraziarti!”
 “Ho già detto a tua moglie che non è necessario!”
 “Devo anche chiederti scusa...”
 “Sì, ok... Torno tra poco!”
 Riccardo tagliò corto e si diresse al bar. Non aveva alcuna intenzione di ascoltare le sciocchezze di quelle persone.
 Nicola lo lasciò andare ed entrò nella camera della figlia, sua moglie stava sistemando qualcosa e quando lo vide, gli sorrise.
 “È rimasto tutta la notte... Guardala, tesoro, sembra sia serena!”
 “È vero... Il medico ha detto che ieri ha mangiato tutto. Se i valori saranno buoni e non si rifiuterà più di alimentarsi, la dimetterà domani...”
 “È una notizia bellissima. Sono sicura che lui si prenderà cura di lei!”
 “Forse sì!”
 In realtà sapeva che sarebbe stato così. Riccardo non ci aveva pensato un attimo a prendere un aereo e lasciare tutta la sua vita per la sua bambina. Doveva ammettere che quello che provavano l'uno per l'altra, fosse un sentimento forte, ma non riusciva a smettere di pensare alla donna che aveva visto nel suo appartamento. Si chiese se glielo avrebbe detto e, in caso contrario, dovesse essere lui a parlarne alla figlia.
 Vederla con quel sorriso sulle labbra, così ingenua e inconsapevole, lo inquietò.
 "Marcella... Quella sera lui... Non era solo!"
 "No! Non dirlo! E soprattutto non provare a dirlo a lei! Guardala! Loro due si completano! Credi sia solo colpa di Riccardo, ma non è così! È lei ad averlo allontanato! Lascia che siano loro a gestire il loro rapporto! Si amano, Nicola! Vuoi davvero che torni a farsi del male?"
 "Marcella..."
 "Per favore, no! Dalle tempo! Lascia che si riprenda!"
 "L'ha tradita!"
 "Nicola... Perché lo odi? Perché non riesci ad accettare che sia l'unico di cui ha bisogno?"
 Nicola tornò a guardare la figlia e sospirò.
 "Non le dirò nulla! Ma... È amore questo? È amore ciò che li unisce? Sembra... Sembra siano succubi l'uno dell'altra... Non è un rapporto sano! Non lo è per lei!"
 "Sono entrambi dipendenti di loro stessi! Sì! Anche lui è cambiato! Anche lui ha visto l'inferno. Lasciamo che siano loro a decidere ciò che è meglio... Io credo che non le mentirà! Ha mostrato di aver imparato la lezione, sarà sincero e lei... Lei capirà! Perché è giusto! Si perdoneranno a vicenda!"
 Non riuscirono a concludere il discorso, perché un'infermiera entrò nel camera.
 Appoggiò il vassoio con la colazione e poi, con gentilezza la svegliò.
 Quando aprì gli occhi e non lo vide, sentì l'ansia e la paura assalirla. I suoi genitori erano lì, accanto a lei. Non poteva essere andato via. Non poteva più restare senza di lui.
 “Dov'è? L'avete cacciato? Chicco... No!”
 Gridò, senza considerare la presenza dell'infermiera.
 Sul volto di Francesca era riapparsa la disperazione e Nicola capì che la moglie aveva ragione. Senza di lui, la sua bambina, stava male.
 “No, no! È qui! È solo andato a prendere un caffè...”
 Le disse cercando di rassicurarla.
 “Per favore, non mandatelo via! Ho bisogno di lui!”
 Nei suoi occhi erano apparse le lacrime e Nicola la abbracciò, sentendola tremare.
 “Sì, principessa, lo sappiamo!”
 L'infermiera, con dolcezza, continuò a sistemare la flebo e poi si rivolse ai genitori.
 “Se mangerà anche oggi questa non le servirà più...”
 Poi lasciò la stanza.
 Marcella si avvicinò e accarezzò la guancia della figlia che sembrava ancora intimorita dall'assenza di Riccardo.
 “Tesoro, hai sentito? Ora vuoi fare colazione?”
 “Lo aspetto!”
 Disse semplicemente.
 “Ma potresti fargli una sorpresa... Sarebbe contento di sapere che hai già fatto colazione!”
 “Ho detto che lo aspetto!”
 Rispose guardando il padre con durezza.
 “Sono qui...”
 Riccardo entrò proprio in quel momento e sul volto della donna si dipinse un sorriso sincero e pieno di amore.
 “Ciao!”
 “Ciao...”
 Senza considerare Nicola e Marcella, si avvicinò a lei e le diede un piccolo bacio sulle labbra e le sussurrò qualcosa, lei lo guardò divertita e gli chiese di tenerle compagnia mentre faceva colazione.
 “Molto volentieri, piccola!”
 Nicola e Marcella rimasero in disparte, guardandoli. Sembravano completarsi e bastarsi. Come Giulio e Camilla anche loro si estraniavano dal resto del mondo. Ma sembrava che tra loro ci fosse qualcosa di ancora più grande, di assoluto. Erano davvero una cosa sola. Come avevano fatto a non capirlo prima? Marcella strinse la mano del marito che ricambiò e sorrise.
 Quando, dopo un tempo interminabile, Francesca finì la sua colazione, fecero per alzarsi ma Francesca chiamò la madre.
 “Mamma... Vorrei che mi portassi qualcosa da mettere... Voglio alzarmi!”
 “C'è una borsa nell'armadio! C'è una tuta da ginnastica, o preferisci qualcos'altro?”
 “Va bene la tuta... Chicco aiutami ad alzarmi...”
 “Cosa vuoi fare, farfallina?”
 “Voglio farmi una doccia...”
 “Hai bisogno di me?”
 Chiese Marcella, sapendo bene che non era di lei che Francesca aveva bisogno.
 “No! No... Faccio da sola!”
 “Bambina noi andiamo via... Torneremo nel pomeriggio!”
 Annuì e li salutò.
 “Ciao mamma, Ciao papà!”
 “A dopo, bambina! Ciao Riccardo!”
 “Ciao!”
 Riccardo continuava a mantenere un tono distaccato e freddo. Non potevano biasimarlo. Era sempre stato prima un ragazzo e poi un uomo particolare e sapevano bene che non avrebbe dimenticato tanto presto quello che aveva passato e quello che le aveva fatto. Era stato segnato profondamente da ciò che era successo e aveva bisogno di lei, quanto lei ne avesse di lui. Marcella sperò che non si isolassero nel loro mondo, che lasciassero la porta aperta, perché non sarebbero più stati soli.
 “Farfallina, pensi mi sgriderebbero se facessimo la doccia insieme?”
 Le chiese dopo averla accompagnata in bagno.
 “Non lo so, ma non voglio!”
 Disse distogliendo lo sguardo dal suo uomo.
 “Io sì!”
 “Tu... Tu vuoi vedermi? Vuoi davvero che il mio corpo ti disgusti?”
 A quelle parole, una fitta allo stomaco lo colse alla sprovvista. Si fece forza e si avvicinò, prendendole il viso tra le mani.
 “Tu sei sempre bellissima! E trovo che il tuo pancione sia meraviglioso!”
 “Non parlo della pancia... Ma di tutto il resto!”
 La guardò ancora con tenerezza, sapeva bene che lei non voleva che lui vedesse quanto fosse magra e debilitata, ma non aveva bisogno di vederla nuda per saperlo. Le sfiorò le guance con i pollici e si fece serio.
 “Temi che possa chiederti di fare l'amore?”
 “Cosa? No... No, io credo che vedresti qualcosa di brutto e disgustoso!”
 Finse di non sentirla, ma il dolore allo stomaco aumentò.
 “Piccola, prima di essere dimessa dovremo chiedere al medico se fare l'amore sia un problema per te o per la bambina...”
 Le sfiorò le labbra con un bacio, cercando di trasmetterle tutto il suo amore.
 “Vuoi... Vuoi fare l'amore con me?”
 Chiese lei, confusa e nervosa.
 “Ti sembra assurdo? Ti desidero...”
 “È vero?”
 Era difficile credergli. Si era vista allo specchio e sapeva di non esser più bella come prima. Ed era spaventata da quella realtà. Temeva che lui smettesse di guardarla con gli stessi occhi, che smettesse di vederla come prima. E lui riuscì a leggere nei suoi occhi il timore e la paura.
 “Vuoi che te lo provi?”
 “No... No, io... Io... No!”
 Si staccò da lui, quasi come se le sue mani l'avessero scottata e si allontanò di qualche passo.
 “Hai paura di me, Farfallina?”
 “No...”
 Gli occhi le si riempirono di lacrime. Non voleva deluderlo, avrebbe solo voluto farsi amare, ma era terrorizzata da se stessa e da quello che era successo in quei mesi.
 “Non volevo metterti fretta, piccola!”
 Le disse, capendo perfettamente i suoi dubbi.
 “Mi hai lasciata da sola per tanto tempo, Chicco...”
 “Sì! E non me lo perdonerò mai!”
 “È anche colpa mia...”
 “Io non posso tornare indietro. Se potessi cancellerei tutti gli errori che ho fatto, tutti... Ma posso cercare di essere l'uomo che meriti adesso... Voglio fare l'amore con te... Non adesso, non qui, ma voglio sentire il tuo amore e voglio dimostrarti che ti amo più di prima!”
 La abbracciava da dietro e le accarezzava la pancia dolcemente, la piccola di mosse e scalciò, facendolo emozionare e facendo ridere lei.
 “L'abbiamo svegliata...”
 Francesca appoggiò le mani sulle sue e abbassò gli occhi, guardandosi la pancia.
 Rimasero in quella posizione fino a quando la piccola si acquietò e fu Riccardo a rompere quel silenzio carico di emozioni.
 “Piccola, non sei abbligata, ma vorrei che mi dicessi di sì! Posso guardarti mentre sei nuda?”
 “Sì, ma... Ma non devi giudicarmi...”
 “Non lo farei mai!”
 Francesca annuì, sciolse il loro contatto e si voltò, si spogliò e si lasciò guardare.
 Riccardo avrebbe voluto toccarla, abbracciarla e avvolgerla con tutto se stesso, ma rispettò la distanza che lei aveva posto tra loro e osservò ogni sfumatura del suo corpo. Il suo corpo perfetto, segnato dal dolore che lui le aveva provocato, le gambe lunghe e così magre, le braccia sottili. La pancia sembrava un peso troppo grande da portare per una donna tanto sottile, così consumata. Fu pervaso dal senso di colpa, dai rimorsi e dalla consapevolezza che fuggire da lei fosse stata la cosa più odiosa che avesse mai fatto.
 L'acqua scorreva sulla sua pelle bianca, bagnava i suoi capelli neri e lunghi. Teneva gli occhi chiusi, non lo guardava, forse troppo imbarazzata, troppo indimidita da lui. Ricordò la  notte in cui l'aveva fatta sua per la prima volta: aveva le stesse incertezze, lo stesso atteggiamento impacciato. Come faceva a restare la stessa ragazzina di sempre? Eppure in lei c'era qualcosa di più. Era fragile, ma anche forte. Era capace di mostrarsi a lui nonostante tutto. Era fiera, così forte da mostrare le sue debolezze. Non era mai stato tanto ammaliato da lei, nemmeno quella notte, nemmeno quando si amavano disperatamente.
 L'amore che provava, l'aveva sostenuta, sorretta. La solitudine l'aveva segnata, ma non l'aveva cambiata, l'aveva resa ancora più donna e lui... Lui non era nulla rispetto a lei! Non era altro che un egoista, un debole che senza di lei non era che un piccolo e inutile uomo.
 Distolse lo sguardo quando si asciugò e lasciò si rivestisse rispettando il suo pudore.
 Quando Francesca ebbe recuperato un po' di tranquillità, si guardò e sospirò.
 “Ora sono io a dover fare una doccia... Sono venuto subito qui e indosso ancora quello che avevo in aereo...”
 “Vuoi andare via?”
 Chiese senza riuscire a nascondere l'ansia.
 “No, ma non voglio nemmeno che il medico scappi per colpa del mio aspetto...”
 Disse ridendo.
 “Io credo tu sia bellissimo!”
 “Ma tu non sei indicativa!”
 “Non sono l'unica a trovarti attraente! Le vedi le infermiere?”
 Sospirò con rassegnazione.
 “No... Non le vedo! Ho occhi solo per te!”
 Provò a darle un bacio, ma lei si scostò e con voce triste, gli chiese:
 “Chicco... Sei andato a letto con altre donne?”
 “Cosa?”
 “Mentre eri in Texas... Sei andato a letto con altre donne?”
 “Perché me lo chiedi? Ora sono qui!”
 “Hai fatto l'amore con altre donne?”
 “Non voglio mentirti, ma non voglio parlare di questo!”
 Si allontanò da lei, innervosito e colpevole.
 “Cosa provi quando sei con loro?”
 “Francesca...”
 “Posso capirti... Io ti ho allontanato da me!”
 “Tu sei l'unica donna importante. Sei l'unica che ami più della mia vita...”
 “Ma cosa provi quando fai l'amore con le altre...”
 “Nulla...”
 “Chicco...”
 “Sono un uomo, piccola... Sono uno stupido essere guidato dal proprio istinto! Ma non c'è emozione, né trasporto. Penso solo a me stesso... Tutto qui! E poi mi sento insoddisfatto, come se mi mancasse qualcosa. Non vedo l'ora di rimanere solo...”
 “Ma ti piace...”
 “Francesca... Per favore, basta!”
 La supplicò.
 “Scusami!”
 Francesca sorrise sconfitta. Forse non aveva alcun diritto di chiedergli nulla, del resto era stata lei a imporgli quella lontananza e lo conosceva. Il suo Chicco aveva sempre bisogni di conferme. Era forte, ma odiava la solitudine e lei lo aveva costretto a restare lontano.
 Riccardo si avvicinò, lentamente, quasi con timore
 “Non devi chiedermi scusa, amore mio! Io... Sono stato a letto con delle donne, sì. Ma vedi... Io credevo che tu non mi volessi più! Avevo bisogno di non pensare a te, a lei, a tutto quello che credevo di avere distrutto!"
 Si sedette accanto a lei e le prese la mano, portandola alla bocca e baciandogliela.
 Era fredda, sottile e fredda.
 "Mi dispiace... Santo cielo, Farfallina, dovrei riscrivere completamente la mia vita..."
 "Come... Come fai? Io... Io non riesco nemmeno ad immaginare le mani di un uomo che non siano le tue su di me!"
 Sospirò profondamente e cercò di trovare le parole giuste.
 "Io... Io non sono come te! Non sono forte come te! Sono... Nella mia vita ho avuto un'unica certezza e sei tu! So che può sembrare assurdo, che posso sembrarti ridicolo, ma è vero! Ogni traguardo raggiunto, ogni successo, era tuo. Io sono tuo! Tu ci sei sempre stata! Ad ogni tappa della mia vita, c'eri! È a te che ho sempre pensato, senza nemmeno saperlo! Ogni donna che ho avuto è stato un errore! Ogni istante senza di te, è stato sprecato! Credimi!"
 "Ma... Ma quando sei con loro... Quando le guardi, cosa provi? Senti le stesse cose che provi quando... Quando facciamo l'amore?"
 Si passò le mani tra i capelli e si morse un labbro.
 "Oh, Farfallina, tu non immagini nemmeno quello che sento quando facciamo l'amore! Non so perché abbia avuto altre donne, forse... Forse in loro cercavo te! Nessuna, piccola, nessuna mi ha mai amato come sai amarmi tu! Non ti dirò cosa abbia sentito con le altre donne, ma voglio dirti quello che provo quando faccio l'amore con te... Mi sento bene, felice, come se fosse l'unica cosa che riesce a darmi pace... Ti terrei stretta a me ogni istante. Sentirmi dentro di te è qualcosa che non è solo eccitante, è... È sentirmi completo... la tua pelle, le tue mani, le tue labbra... Sono mie! Siamo una cosa sola, piccola! Mi sento solo senza di te! Mi sento vuoto. Non smetterei mai di baciarti... Fare l'amore con te significa essere me stesso! Significa tutto! Sei mia, sono tuo! Potrei morirci, tra le tue braccia! Ti giuro, amore mio! Ogni volta è come scoprire qualcosa su di me! E non finisce quando ci alziamo dal letto... Il tuo profumo, il tuo sapore, mi rimangono addosso per tutto il giorno, continuando a farmi sognare... Basta chiudere gli occhi per sentirti! È qualcosa che mi rimane dentro e mi fa sorridere e sperare di ricominciare da capo... Fare l'amore con te non è solo quello... È tutto... Sei tu! È quello che sono! E ti giuro che mi dispiace aver perso tempo con altre donne che non hanno mai contato nulla. Mi spiace di essere andato a letto con quelle donne... Che i miei errori ci abbiano rovinato la vita! Mi credi?”
 Le prese il viso tra le mani e la obbligò a guardarlo. I suoi occhi erano pieni di lacrime.
 "Ti prego! Devi credermi!"
 La supplicò non solo con le parole, ma anche con la voce, gli occhi e le mani.
 “Sì... Voglio crederti. Te ne andrai ancora? Quando mi dimetteranno, tornerai a Houston?”
 “No! Non posso!”
 Scosse la testa e sorrise.
 “Ma vorresti!”
 “No! Non posso perché non sono mai stato tanto male. Perché mi manchi come l'aria! Sei tutto!”
 “È vero? O vuoi solo lei?”
 “Lei è il nostro amore...”
 “È dolore!”
 “No! Sono io il dolore! Sono io il male! Ma ti giuro che non sarà più così!”
 La strinse tra le braccia, cercando di cancellare il dolore di entrambi, cercando di trovare in quel contatto persino se stesso. E non fu deluso: lei si lasciò andare, rilassandosi e infondendogli un po' di pace.
 Senza accorgersene, la accompagnò sul letto, sdraiandosi accanto a lei. Le baciò con dolcezza la punta del naso, le guance e poi baci si fecero più passionali, sugli angoli della bocca, sulle labbra, fino al collo.
 I loro respiri si fecero più profondi e le loro labbra emisero dei piccoli gemiti.
 Riccardo riprese il controllo di se stesso e rise, guardandola con desiderio.
 "Dio... Mi fai impazzire! Darei qualsiasi cosa per essere a casa, da soli!"
 Gli accarezzò i capelli con le dita e ricambiò il sorriso.
 “Vuoi andare a casa?”
 “Sì! Voglio andare a casa! Nella nostra casa, insieme a te!”
 “Mio padre avrà un infarto! Farà di tutto per impedirmelo... Non ti sopporta!”
 “E credi me ne importi? Ho lasciato che i giudizi di tutti mi portassero lontano da te... Non andranno così le cose! Non più!
 “Non ho smesso di odiarti!”
 Gli disse continuando a giocare con le ciocche dei suoi capelli.
 “No? Oh, ma io sono un arrogante... Un prevaricatore. Non mi importa se mi odi! Io ti amo e mi basta!”
 “Sei uno stupido idiota!”
 “E tu una Farfallina capricciosa e viziata!”
 Le sfiorò le labbra con la sua bocca e la sentì sospirare e farsi seria.
 "Chicco... io non posso  odiarti! Io ti amo!”
 La trasse a sé e lei si rifugiò sul suo petto.
 “Lo so, piccola! Ti amo da impazzire, Farfallina! Morirei per te!!"

 Non aveva chiuso occhio quella notte. L'aveva cullata e baciata. La sua mano era rimasta sulla sua pancia e quando la bimba si muoveva, si rendeva conto che nulla gli avrebbe restituito quello che aveva perso. Sorrideva perché la piccola sembrava rispondere alle sue carezze. E poi la sua dolce farfallina, dormiva tra le sue braccia e nulla era bello come il suo respiro sul suo collo. Nulla era paragonabile a sentirla vicino a lui. Le aveva fatto del male ed era stato male. Provò ad immaginare quello che provava. Lei sapeva che lui era stato con altre donne. Credeva di averne bisogno, ma la verità era che lui aveva bisogno solo di lei. Fin da ragazzini aveva bisogno di lei. Dei suoi bellissimi sorrisi. Francesca lo amava da sempre e anche lui. Senza nemmeno saperlo.
 Ricordava ogni momento passato con lei, da quando piangeva in braccio alla sua mamma, quando strillava così forte da diventare viola, quando aveva mosso i primi passi, quando aveva pronunciato il suo nome per la prima volta. Sorrise e le spostò una ciocca di capelli che le ricadevano sul viso. Ebbe un piccolo fremito, ma tornò subito tranquilla, stringendolo ancor più forte.
 Quanto era buffa.
 "Chicco"
 Il modo in cui pronunciava quel diminutivo era sempre stato dolce. Non gli era mai piaciuto, in realtà, aveva anche poco senso, forse, ma lei aveva deciso che sarebbe stato per sempre il suo Chicco e lui... Lui la amava. La amava come un fratello maggiore a quel tempo, ma era amore. Un amore che si era plasmato con gli anni, che era cambiato, si era rafforzato, era diventato passionale e aveva occupato la mente, era entrato nelle vene, sotto la pelle. Alla fine era diventato un bisogno assoluto. Dalla prima volta in cui avevano fatto l'amore, era diventata la sua donna ed era assurdo che ci avesse mpiegato la vita intera per accettarlo, perché lo aveva sempre saputo. Quella notte non avevano solo unito i loro corpi: avevano fuso la loro anima, il loro sangue. Per questo quando erano separati non erano altro che un pallido riflesso di ciò che davvero erano.
 Amore. Un amore unico, che li elevava dal resto del mondo. Erano nati per amarsi e niente e nessuno avrebbe potuto cambiare le cose. Nemmeno la morte li avrebbe divisi, il loro amore era così grande, che non poteva finire. E lui lo avrebbe alimentato quell'amore, godendo di lei e del suo sorriso, quel semplicissimo sorriso del quale non riusciva a fare a meno per star bene, del quale necessitava per vivere.
 Le baciò la fronte e, con l'indice, le toccò la punta del suo nasino all'insù. Anche la loro bambina avrebbe avuto lo stesso nasino perfetto? Sperò che le somigliasse, che fosse bella quanto lei e dolce, tenera, quanto lei.
 "Farfallina..."
 Fece una piccola smorfia di fastidio e cercò di allontanare il dito. Quel suo modo di fare tanto infantile lo fece ridere e continuò con i dispetti.
 "Smettila..."
 Mugugnò, implorandolo.
 Invece di accontentarla, la sollevò, obbligandola ad aprire gli occhi e iniziò a darle piccoli baci su tutto il viso e le fece il solletico.
 "Sei cattivo!!"
 "Lo so! Ma avevo voglia di sentire la tua voce e di vedere i tuoi occhioni! E volevo dirti che io e mia figlia, questa notte, abbiamo giocato e parlato!"
 A quelle parole, Francesca dimenticò il dolce risentimento provato a causa del risveglio e istintivamente, portò le mani sulla pancia.
 "Che cosa vi siete detti?"
 "Abbiamo constatato che siamo fortunati!"
 "Fortunati?"
 Annuì.
 "Fortunati, sì! Abbiamo te, nessuno al mondo è fortunato quanto noi! Sei bellissima anche con i capelli così ridotti, lo sai?"
 Gli diede un piccolo buffetto sulla spalla ridendo.
 "Ti amo tanto, amore mio!"
 Sentì il suo respiro farsi più profondo e si accorse che stava ridendo, felice, anche se non riusciva a vederla perché nascondeva il viso tra il collo e la spalla.
 "Questa notte ho parlato con il tuo medico..."
 Sollevò il volto, un po' preoccupata.
 "E... E cosa ti ha detto?"
 "Che ti dimetterà oggi... Gli ho promesso che non farai più alcuna stupidaggine!"
 "Io... Io non volevo!"
 "Lo so, piccola! E comunque sai bene che non ti permetterò più di farti del male!"
 La sentì fremere e le parole che disse, furono solo un sussurro.
 "Mi dispiace, ma non mi sono resa conto che... Che avrei potuto farle del male!"
 "Piccola, devi promettermi che mai più, per nessuna ragione, smetterai di pensare a te stessa! Sei troppo preziosa per lei e per me! Giurami che ti curerai, che ti amerai quanto ti amo io!"
 Francesca rimase in silenzio per qualche istante, lo guardò negli occhi e vide la preoccupazione e l'angoscia che doveva provare. Annuì e gli accarezzò la guancia.
 "Ti prometto che farò attenzione e che il mio stupido orgoglio non prevarrà mai più! Non ti lascerò andare via! Sei tu la mia vita, Chicco!"
 Poi senza pensare lo baciò con amore e lui la ricambiò.
 Francesca non vide le lacrime che gli solcarono le guance.
 Lacrime di sollievo e di felicità, quella che era certo, avevano ormai conquistato.

 La giornata passò serena, suo padre le aveva fatto visita per pochi istanti, forse imbarazzato dalla presenza di Riccardo. Poi finalmente, il medico le permise di prepararsi e tornare a casa.
 Marcella osservava la figlia che si vestiva e sistemava le sue cose nella borsa e lo faceva con allegria, come se in lei qualcosa si fosse riacceso.
 “Mamma... Io vado a casa mia...”
 Le disse quasi con timore, come se quella verità fosse inaccettabile per la madre.
 “Cosa?”
 Chiese curiosa.
 “Vado a casa mia, nella nostra casa...”
 Marcella rise.
 “Oh... Ma certo! Non pensavo saresti venuta da noi! Le tue cose sono pronte. Ho fatto preparare da Marta tutto quanto. Tutti i vestiti, i ricordi. Sono negli scatoloni."
 Poi le porse un trolley.
 "Questa è una piccola borsa per questa notte. Ma domani ti farò avere il resto!”
 “Papà non ne sarà felice...”
 “Lo sai, non importa! E poi credo abbia capito una cosa. Tu e lui siete nati per stare insieme e se ne farà una ragione! Però ti chiedo di prenderti cura di te stessa! Per favore, bambina mia! E prenditi cura anche di lui!"
 “Lo farò!”
 Rispose con un sorriso che racchiudeva la sua riconoscenza per il sostegno.
 “È tornato Riccardo... Vi lascio! Chiamami quando ne hai voglia! Riccardo, per favore, te la affido... A presto!”
 “Se vuoi puoi accompagnarci...”
 Disse Riccardo, mentre si avvicinava alla sua donna e le baciava le labbra.
 “Ti ringrazio, ma no! Forse avete qualcosa da recuperare!”

 Aprì quella porta che era rimasta chiusa per troppo tempo e la fece entrare per prima. Appoggiò le borse nell'angolo e si tolse il maglione, buttandolo per terra. Le parve un po' spaesata e la vide guardarsi in giro quasi circospetta.
 "Anche a te sembra un po' strano, non è vero?"
 Disse mentre la abbracciava. Lei scosse la testa.
 "Non è strano. Il mio cuore è rimasto qui..."
 "Il mio è sempre stato con te!"
 Lei lo guardò ma non gli disse che si sentiva a disagio.
 Quella casa era la loro casa. L'avevano scelta insieme e lei si era divertita ad arredarla. L'ultima volta che ci era stata, avevano fatto l'amore. Poi lui era andato via. Socchiuse gli occhi.
 Era andato via perché era stata una stupida, ma lui...
 Si sentiva male pensando alle altre donne ed era strano. Ma quella casa aveva risvegliato in lei la paura e il dolore provato. Mentre lasciava che lui la stringesse, guardò il soggiorno.
 Era ordinato e pulito e le sembrò strano. Sospettò fosse stata sua madre ad occuparsene. Il mazzo di fiori posto sul tavolo, era un chiaro segno che ci fosse la sua mano.
 Riccardo si allontanò da lei e le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
 “Vuoi aspettarmi? Devo davvero fare una doccia! Sul serio, piccola, mi sembra di essermi rotolato nel fango...”
 Le disse ridendo.
 “Vengo anche io...”
 “Non è necessario... Tu mettiti sul davano, accendi la TV o lo stereo...”
 “Voglio guardarti anche io...”
 Aveva bisogno di vederlo, di toccarlo, non voleva aspettare e non voleva rimanere sola nemmeno per un momento, non nella loro casa.
 Come se lui le avesse letto nei pensieri, la baciò dolcemente,  senza aggiungere  nemmeno una parola, le prese la mano conducendola in bagno.
 Gli sbottonò la camicia, con calma e sentì i brividi percorrere la sua pelle ad ogni tocco. Lasciò fosse lui a spogliarla.
 L'acqua scorreva, bagnando i loro corpi; ma non era il calore dell'acqua a riscaldarli, erano le loro mani che si sfioravano, che si cercavano. Da quanto tempo non sentivano quelle sensazioni? Si accarezzavano e le dita erano sensibili e la loro pelle reagiva facedoli sussultare.
 Rimasero in quel bagno per molto tempo e poi si vestirono insieme, senza fretta.
 Non furono necessarie le parole, si erano detti tutto solo con gli occhi. Avevano ritrovato un po' dell'intimità che credevano persa.
 Francesca si sedette sul divano, cercando di riprendere confidenza con quell'ambiente tanto familiare ma anche lontano. Era stanca ma non aveva alcuna voglia di dormire. Incrociò le gambe con un po' di fatica e aspettò che lui finisse di trafficare in cucina e la raggiungesse.
 “Farfallina, cosa mangiamo stasera?”
 Le chiese allegro.
 “Vuoi uscire?”
 “No!”
 Disse prendendole un mano e baciandole il palmo.
 “Non sono malata...”
 “Ma io non lo credo! Usciremo domani, se vorrai... Stasera voglio solo stare con te. Soli...”
 “Hai passato tre giorni in ospedale...”
 “I più belli da tanto tempo, ma qui è diverso, è casa nostra e possiamo fare quello che vogliamo! E io voglio ordinare qualcosa di buono, cenare e sdraiarmi su questo divano a guardarti. Tu puoi leggere o guardare un film!”
 “E se ti guardassi anche io?”
 Gli disse sorridendo.
 Gli occhi di Riccardo incontrarono quelli di Francesca e lui provò il desiderio di averla.
 Nella tranquillità e nel silenzio di quel bagno, i suoi sensi addormentati, si erano risvegliati e il bisogno che lei gli desse amore, lo divorava.
E il suo bisogno, non era solo fisico. Era qualcosa di più forte del mero compiacimento. Aveva bisogno che lei gli regalasse se stessa e voleva darsi a lei per dimostrare che nulla era cambiato.
 Si fece serio e con il pollice le sfiorò il labbro inferiore, per poi baciarglielo.
 “Io... Io voglio fare l'amore con te!”
 Francesca si irrigidì e sentì uno strano connubio di piacere e timori.
 Osservò l'espressione del suo uomo e vi lesse la stessa voglia di sempre e l'amore che provava, anche lei aveva bisogno di sentirlo. Di sentire lui e il suo cuore battere dentro di lei, ma era pronta?
 “Io... Io ho paura!”
 Riccardo aggrottò la fronte e le chiese, perplesso:
 “Di me? Non ti farò del male e non ne farò alla bambina! Il medico ha detto che non è un problema...”
 Improvvisamente le guance di Francesca si colorarono di rosso, spalancò gli occhi e lo guardò con imbarazzo.
 “Gliel'hai chiesto? Mio Dio, Chicco! È il mio medico! È imbarazzante!”
 “Imbarazzante?”
 Chiese senza capirla.
 “Sì, lo è! Sei un idiota!”
 “Facciamo lamore?”
 La provocò con malizia.
 “No!”
 Rispose, spingendolo più lontano da lei.
 “Lo sai, vero, che non smetterò di chiedertelo?”
 Il sorriso che aveva dipinto sul volto, la fece ridere.
 “Perché sei un arrogante prevaricatore!”
 “Sì e perché ti desidero, ma sono anche terribilmente affamato! Quindi, come prima cosa mangeremo! Poi ne riparleremo!"
 Disse, alzandosi.
 "Chicco... Io... Non voglio deluderti!"
 Una scossa percorse  la sua schiena. Si fermò e cercò di capire cosa stesse provando in quel momento e cosa provasse lei.
 Si voltò e la vide con la testa china, intenta a stropicciare un cuscino che aveva tra le mani.
 "Tu... tu non puoi deludermi!"
 “Io... Io sono orribile. Mi faccio schifo!”
 Quando alzò gli occhi su di lui, erano pieni di lacrime e sentì la rabbia che scorreva nelle vene. Rabbia verso se stesso, perché aveva permesso alla sua meravigliosa donna di arrivare a pensare una cosa tanto orribile.
 “Tu sei sempre così attraente, invece!”
 Si inginocchiò davanti a lei
 “Tu sei una pazza idiota, non io! Tu sei bellissima e ti desidero più di qualsiasi cosa al mondo. Sei la donna più bella che abbia mai guardato. Sei la mia donna e ho bisogno di te e delle tue mani, delle tue carezze e dei tuoi baci! Voglio fare l'amore con te! Ma non solo perché quando mi tocchi  sento i brividi! Non solo perché sei ecitante e attraente! Voglio sentirti mia e voglio che mi ami! Ho bisogno di te, piccola! Lo capisci?”
 Si alzò e la prese tra le braccia, portandola nella loro camera e sdraiandola sul letto.
 La strinse tra le braccia e le baciò la bocca con dolcezza. La sentiva tremare, era tesa, a disagio, aveva paura delle sue mani e del suo tocco e lui lo percepiva. Sentì la bocca riempirsi di amaro e la consapevolezza che fosse tutta colpa sua, lo faceva stare male.
 "Devi rilassarti, amore mio! Io voglio solo che tu stia bene! Voglio solo vederti sorridere e voglio tu sia felice! Non mi importa nulla del tuo corpo! Potresti essere enorme, oppure un passerotto, ti amerei comunque! Ma ti giuro, Farfallina, che sei bellissima e... Oh, piccola, se solo potessi vedere quello che vedo io..."
 “Ho paura e non solo che tu possa trovarmi orribile... Ho paura di te! Di quello che puoi farmi!”
 "Non ti fidi di me?"
 Chiese sempre più devastato.
 "No, io..."
 "Per favore, piccola! Dimmi quello che provi! Dimmi cosa senti!"
 "Chicco... Sei andato via! Mi hai lasciato sola! Ti avevo chiesto tempo... Solo un po' di tempo! Avevi promesso di starmi vicino, di seguire la gravidanza..."
 Sospirò e deglutì, nonostante la bocca fosse disidratata.
 "Non riuscivo a guardare i tuoi occhi! Erano pieni di male... Ero io ad avertelo fatto quel male! E... Ho sempre solo voluto te, stare con te, baciarti, toccarti... Ma credevo che tu stessi meglio senza di me!"
 "Mi sei mancato così tanto... Avrei solo voluto che tu fossi qui... Volevo poter contare su di te!"
 Gli disse sussurrando tra i singhiozzi.
 "Mi sono sentita... Io credevo che saresti tornato... Credevo... Credevo avresti lottato per me! Sono stata così stupida! Non ho mai smesso di amarti, Chicco! Era solo il mio orgoglio! Ero... Ero arrabbiata! Volevo che soffrissi anche tu e che per una volta, una sola nella mia vita, fossi tu a... A perdere! Invece... Non è una guerra! Tu... Tu hai sofferto! Io lo so! Ed è colpa mia! Non ti sono stata vicina, ho ignorato le tue suppliche! Sono orribile! Ho... L'ho odiata! Volevo che lei morisse e lo volevo perché sapevo che ti avrebbe distrutto! Come puoi amarmi? Come puoi desiderarmi? Sono meschina, cattiva!"
 "Guardami, piccola!"
 Le braccia abbandonarono la sua schiena e le mani cercarono il suo viso, sollevandolo e imponendole di guardarlo.
 "Io avrei solo dovuto capirti! Avrei solo dovuto restare qui ad aspettarti! Non puoi deludermi perché non sei tu ad aver mentito! Io con te ho sempre perso, hai capito? Ho perso anni che avremmo potuto vivere insieme, ho perso un figlio, per il mio egoismo! Ho rischiato di perdere te, per la mia superficialità e per la mia debolezza! Non dirlo mai più che sei meschina! Non lo sei, amore mio! Sei fiera, orgogliosa! Sei forte e sei la vita! Il tuo sorriso è tutto, piccola!"
 Francesca spostò un mano, fino a toccargli il viso. Asciugò la lacrima che gli bagnava la guancia e non la spostò, cercando di cancellare il sale dalla sua pelle.
 "Io non so se puoi, ma te lo chiederò lo stesso! Dammi un'altra possibilità! Non farmi morire... Per favore, amami! Me lo avevi promesso! Mi avevi promesso che mi avresti amato nonostante tutto..."
 "Ma io ti amo! Ti amo da sempre e sarà così per sempre... Ma tu? Il tuo amore è abbastanza? Andrai via di nuovo?"
 "No... Te lo giuro! Sei tutto!"
 "Sono tutto? Ma quella donna mi ha sostituita... Ti ha dato tutto quello che io non ti ho dato!"
 "Niente! Non mi ha dato niente! Fingevo fossi tu! Chiudevo gli occhi e fingevo di essere dentro di te e ogni volta era più frustrante... Per favore, voglio solo che tu mi perdoni! Per tutto!"
 "Per favore, abbracciami! Sono stanca! Di tutto, Chicco! Abbracciami e basta!"
 La strinse mentre entrambi piangevano tutte le loro lacrime. Lacrime che, mescolate, assumevano un sapore meno amaro.
 "Ti amo, ti amo così tanto!"
 Le sussurrò, dopo un tempo indefinito.
 Francesca, esausta, si era lasciata andare e si era addormentata.
 La guardò e sorrise.
 "Morirei per te, piccola!"
 Si alzò e la coprì con una coperta, poi, dopo averle dato un'ultima occhiata, lasciò la camera.
 Prese il telefono e ordinò la cena, Francesca doveva nutrirsi e fino a quando, non si fosse rimessa completa, si sarebbe preso cura di lei.
 Mentre aspettava la consegna,si accasciò sul divano e si massaggiò le tempie. Ripensò agli ultimi mesi e a quanto si fosse sbagliato.
 La sua Farfallina, non aveva smesso di amarlo, semplicemente, per l'ennesima volta, lui non l'aveva compresa.
 Dopo qualche minuto, il portiere lo avvertì che la cena era stata consegnata e, con solerzia, sistemò ogni portata su un vassoio, in modo ordinato. Prese un fiore rosso dal mazzo che era stato posto al centro del tavolo e tornò in camera da letto.
 Lei era rimasta nella stessa posizione, con i capelli sparsi sul cuscino, le labbra socchiuse e le guance ancora umide.
 Una mano era poggiata sulla sua meravigliosa pancia.
 Si avvicinò lentamente, per godere ancora per qualche istante di quella visione che lo portava in paradiso.
 Appoggiò il vassoio su letto e intrecciò le dita alle sue, sentendo un lieve movimento che lo fece sorridere.
 "Farfallina, è arrivata la cena!"
 La svegliò con un bacio e la trovò buffa mentre sbatteva le palpebre infastidita dalla luce.
 "Oh... Mi sono addormentata!"
 "Sei ancora molto provata, piccola! È normale! Devi riposare, ma prima..."
 Le indicò il vassoio e prese il fiore, porgendoglielo.
 "Prima devi cenare!"
 Prese il fiore e lo portò alle narici.
 Non avevo nessun profumo, forse perché quello del suo uomo la inebriava e cancellava ogni altro odore.
 "Se ti dicessi che non ho fame, mi obbligheresti a mangiare, non è vero?"
 Annuì e alzò le spalle.
 "Ovvio! Sia io che la mia bambina siamo affamati, quindi non puoi rifiutarti!"
 Francesca scosse la testa, rassegnata e diede un'occhiata al vassoio. Riccardo aveva ordinato i suoi piatti preferiti e primavera a disposti con ordine e dedizione.
 "Li ho ordinati al ristorante che ti piace... Solo per stasera! Domani ti preparerò io la coazione e il pranzo e, se vorrai, domani sera potremmo uscire... O cucinare insieme! Tu sei un disastro, ma io no!"
 Sorrise e lo baciò.
 "Un giorno alla volta..."
 Riccardo le sorrise.
 "Sì, un giorno alla volta, per tutta la vita! Ora... Ora mangiamo!"
 Si lasciò convincere e fu bellissimo.
 Cenarono insieme, nel loro letto, parlando della bambina.
 "E... E come sta andando il tuo lavoro?"
 Gli chiese con un filo di apprensione.
 "Bene... Credo! Ho mollato tutto e... E non lo so! Forse Forbes mi metterà alla porta!"
 "Mi dispiace... È colpa mia!"
 "Ehi... No! Io non sarei mai dovuto andare in Texas! Avrei dovuto lavorare qui! Sono io ad aver sbagliato! Ma lo sai? Non mi importa! Mi sono divertito! È stato davvero entusiasmante lavorare a quei progetti, ma il lavoro non è così importante! E se temi che non possa provvedere a te e alla bambina, ti informo che ho un discreto gruzzoletto per i momenti di bisogno!"
 Disse, scherzando.
 "Che stupido! Sai bene che non mi riferisco a questo! E comunque ti ricordo che anche io ho un piccolo capitale e ho un lavoro!"
 Rise e continuò.
 "Allora, tu potresti lavorare e io crescere la bimba! Ti aspetterei a casa, cucinerei..."
 Francesca scoppiò a ridere e gli diede un buffetto sulla spalla.
 "Sono sicura che il tuo mentore non ti lascerà andare! Sei così intelligente..."
 "Forse... Domani lo chiamerò, ma non voglio parlarne adesso! Te l'ho detto: non è importante!"
 "E cosa vuoi fare allora?"
 La guardò. Avrebbe voluto amarla. Avrebbe voluto farla sua ma non le avrebbe messo fretta.
 "Ora porterò questi piatti in cucina e ti lascerò riposare!"
 Le sfiorò le labbra con un bacio e si alzò dal letto, prendendo il vassoio.
 "Chicco... Io..."
 "Piccola, non devi dire nulla! Non è necessario! Io sono felice di essere qui, nella nostra casa! Buona notte, amore mio!"
 Annuì e lo vide uscire dalla camera da letto.
 Si sdraiò e si raggomitolò sotto le coperte, chiudendo gli occhi.
 Riccardo invece si buttò sul divano, cercando di non pensare più a nulla.
 Nonostante lei non gli avesse chiesto di passare la notte insieme, era sereno, perché erano insieme.
 "Chicco!"
 Si era addormentato e la sua voce gli arrivava quasi ovattata. Del resto, aveva passato tre notti in bianco e il suo corpo aveva ceduto al torpore.
 "Chicco, che cosa fai?"
 "Farfallina..."
 "Non puoi dormire qui!"
 Si stropicciò gli occhi e si mise seduto. La vide davanti lui, con la stessa tuta che indossava prima, con gli occhi grandi, aperti e curiosi.
 "Non avevo voglia di cercare le lenzuola per il letto dell'altra camera..."
 "Dovresti dormire nel nostro letto!"
 Scosse la testa e le prese la mano.
 "Sto bene qui! Davvero, non devi preoccuparti! Non ti sto chiedendo niente!"
 "Lo so! So che non mi stai chiedendo nulla! Sono io che ti chiedo di venire di là!"
 "Ehi, se non sei pronta, non ti toccherò nemmeno con un dito. Voglio solo tu stia bene, che tu sia serena. Ti giuro, che se non vuoi che ti stia vicino, non ti obbligherò! E mi va bene, devi credermi! Dormirò qui, sul divano... Ti darò tutto il tempo che ti serve!"
 "È... È stupido e sbagliato!"
 "Forse, ma l'unica cosa che voglio e restare qui! Quindi ti chiedo solo di non lasciarmi!"
 "Cosa?"
 Chiese stupita.
 "Ho paura... Paura che non riuscirai a perdonami davvero! E io non posso vivere senza di te! Per favore! Non lasciarmi mai più! Io ho bisogno di te! Sei tutto... Ti prego, amore mio!"
 "Chicco, ma di cosa parli?"
 "Io ti ho tradito! Ho avuto altre donne in questi mesi..."
 "Non dirlo più, per favore! Non voglio più sapere niente!"
 "Voglio che tu sappia che c'è stata una donna... Una donna che ho frequentato per un po'! Non contava nulla, ma per un po'... Beh, lei... Io credo che lei abbia creduto che potesse nascere qualcosa! Quando l'ho capito è finita!"
 "Basta, per favore!"
 "Non voglio dormire con te, se non mi perdoni! Ma per farlo, devi sapere tutto!"
 Francesca ritirò la mano che lui le stava stringendo e cercò di elaborare le sue parole.
 Si passò le mani tra i capelli e si asciugò le lacrime che non era riuscita a trattenere.
 Il suo Chicco aveva avuto delle storie lontano da lei. Lo sapeva, lo aveva immaginato, ma faceva male. Faceva male sapere che le sue mani avevano toccato un altro corpo, per l'ennesima volta. Ma voleva che il passato non interferisse più.
 Lo conosceva da sempre, conosceva le sue debolezze, le sue fragilità. Lo amava anche per quelle sfumature del suo essere. E voleva dimenticare tutto. Voleva ricominciare.
 Si voltò, vedendolo affranto, con il volto triste e sconvolto.
 Gli tese la mano e quando lui gliela strinse, disse:
 "Chicco, facciamo l'amore! Ho bisogno di te! Per favore, dimentichiamo tutto! Dimentica tutto! Dimentica lei..."
 "Lei non è niente!"
 "Allora dimentica il suo corpo, i suoi baci! E falli dimenticare anche a me! Dimostrami che per te sono davvero l'unica donna! Dimostrami che mi ami! Fammi sentire bella! E non lasciarmi! Non lasciarmi mai più!"
 Riccardo si alzò in fretta e la strinse tra le braccia.
 Fu un abbraccio lungo, disperato e pieno di bisogno e significato.
 Quando i loro corpi si staccarono, la prese tra le braccia, la portò sul letto e senza parlare, la spogliò e baciò ogni centimetro del suo corpo prima di entrare in lei.
 La amò con delicatezza, con dolcezza,  donandogli tutto se stesso e facendole ricordare che era una donna bellissima e desiderabile. Lui non aveva mai avuto dubbi che lei fosse l'unica e lei si diede a lui come se fosse la prima volta. Lui sentiva il suo amore, lei cancellò il suo dolore e lui tutte le sue paure. Nessuno dei due si sentiva così appagato da tanto tempo. Per lui riscoprire quelle sensazioni fu come tornare alla vita e lei dimenticò il disgusto per il suo corpo e per se stessa. L'inferno in cui erano sprofondati, si era trasformato in pace, in gioia, in amore.
 Erano tornati ad essere una sola cosa.
 Si appartenevano.

°°°°°°°°°°°°
Ok, sono imperdonabile!
Posso cercare di discolparmi, dicendo che ho avuto l'influenza (è vero), ma vi assicuro che sono la prima a sentirmi in colpa!
Questo capito è stato durissimo!
Perché c'erano talmente tante cosa da chiarire, che non potevo certo farli tornare insieme senza alcun chiarimento. In realtà avranno modo di parlare ancora, ma c'è tempo, no?
Non questo capitolo ho disseminato alcuni indizi su come intendo concludere la storia, ma questo qualche capitolo, i miei due piccioncini, avranno un po' di tregua e saranno felici.
Io spero che questo capitolo sia abbastanza chiaro, non troppo fumoso.
Vi abbraccio!

E adesso voglio lasciare un piccolo pensiero ad una donna che mi segue e mi ha fatto capire una cosa. Una cosa che non credevo davvero di poter pensare.
Ho iniziato a scrivere per dare voce alle mie fantasie, per me stessa. Adesso invece scrivo soprattutto per chi legge! Se solo avessi un'unica lettrice e fosse lei, sarei felice ugualmente.
Grazie!
Amiche, magari lontane, senza volto, ma reali!
   
 
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