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Autore: RoryJackson    08/11/2018    2 recensioni
"Chi sei?" Chiese una voce dietro di lei. Era una voce maschile, calda e profonda, stranamente umana. Rory si fermò impietrita. Possibile che fosse lui...? Girò il viso verso la voce la quale proveniva effettivamente dalla creatura, completamente sveglia e all'impiedi.
Questa volta, Rory, poté ben vedere gli occhi della creatura: dalla forma leggermente triangolare, confinavano con il muso beige. Le iridi rosse come il fuoco. - CAP 1
"Tu non sei in grado di spezzare un giuramento" constatò la giovane, placando in un momento l'animo di Shadow, [...] "Io mi fido di te" - CAP 10
Shadow: un essere tanto temibile eppure tanto umano. Un riccio dal cuore indurito per l'ingiustizia subita da parte degli uomini e che, per questo, odia con tutto se stesso. Riuscirà mai a cambiare idea?
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Rory era ormai abituata al suo calore pungente, ma quella volta fu particolarmente intenso, le sensazioni provate quasi la stavano stritolando in una nebbia di luce asfissiante. E la stessa cosa fu anche per Jessica, se non peggio visto che non era per niente abituata a quel genere di spostamento. La mano di Shadow si strinse su quella della ragazza. Non voleva ammetterlo, ma, essendo male avvezzo a portare due persone presso una destinazione così distante dalla loro precedente ubicazione, quel Controllo del Caos richiese più concentrazione - e, di conseguenza, energia - del solito. Se avesse potuto, avrebbe preferito trasportarle a piedi, forse sarebbe stato meno faticoso. In realtà, quel teletrasporto non sarebbe poi stato tanto traumatico se precedentemente non avesse esaurito le energie nel colpire, con una moltitudine di Chaos Spear, quelle maledette trappole robotiche - per non parlare del conseguente stress emotivo causato dall’idiozia di Rory e dalla sua insana voglia di farsi ammazzare. Non che Shadow nel suo piccolo non avesse apprezzato il pensiero, anzi, nessuno al di fuori di Maria era stato così gentile nei suoi confronti. Ma quella ragazza aveva davvero bisogno di capire che non poteva fare sempre di testa sua… E per l’ennesima volta a questa parte, il riccio dal manto ebano non poté non notare una certa similitudine tra di loro e, per certi versi, quante cose in comune avessero Rory e la piccola Maria. Ma non capiva perché perdesse tempo ad angustiarsi così per lui. Shadow non aveva mai avuto bisogno che qualcuno si preoccupasse così tanto per la sua sorte, né avrebbe mai necessitato del loro aiuto, così come quello di nessun’altro. Lui era l’essere perfetto, creato per sopportare pesi che nessuno avrebbe potuto reggere.
Tuttavia una voce, cupa e roca, dentro di sé diceva dell’altro. Un fievole quanto evanescente suono, inudibile a chiunque se non dalla sua coscienza, che recitava: “forse la verità è che non lo meriti, ci hai mai pensato?”
Sì, ci aveva pensato e per quanto fosse doloroso ricordare, non poteva farne a meno. E la conclusione alla quale arrivò era che, viste le conseguenze, forse quella vocina aveva ragione.
Antonio, appena vide la figlia, accompagnata dall’amica e dal minaccioso riccio, apparire in salotto come fantasmi nella notte, saltò dalla sedia terrorizzato come non era mai stato, cacciando un urlo che di severità non aveva nulla. Di sicuro avrebbe preferito che bussassero alla porta, così da dargli modo di ripetere nuovamente la sfuriata che aveva in mente di fare a Rory. Ma in quel preciso istante, dal momento che era pressoché ibernato in una condizione di stupore mista a orrore, fu come se le parole che aveva ben impresse fossero svanite nel buio più totale. Jessica dové trattenere un conato di vomito, mentre si appoggiò di peso contro la parete, premendo una mano sulla bocca: di certo, non avrebbe gradito viaggiare di nuovo usando Shadow come mezzo di trasporto.
“Ciao, papà”, azzardò la mora verso l’uomo, accennando un piccolo sorriso imbarazzato, ritenendo fosse il modo migliore per rompere il ghiaccio. Niente, suo padre non si decideva di smettere di squadrarli inebetito, la bocca così aperta da riuscire quasi con la mandibola a toccare terra. Era alquanto ridicolo e Shadow non aveva intenzione di restare a guardare ancora quella faccia scioccata. Alzò gli occhi al cielo e, dopo essersi allontanato quanto bastava dal gruppo, incrociò le braccia.
“Ehm, papà…?” continuò Rory, schioccando le dita proprio di fronte agli occhi dell’uomo.
“C-come avete…?” balbettò lui, ancora incapace di formulare una frase di senso compiuto.
“Papà, calmati” disse lei, non riuscendo a trattenere una leggera risata, e continuò spiegando: “Shadow sa anche teletrasportarsi da un posto all’altro e ci ha fatto il piacere di accompagnarci”.
Antonio aggrottò la fronte, basito. Non solo quel riccio era in grado di distruggere qualsiasi cosa nel giro di miglia in virtù di quella sottospecie di colpi energetici, ma era in grado anche di fare questo?! Non poté fare a meno di rendersi conto che, ormai, la sua vita era più simile ad un videogioco piuttosto che alla realtà. Incapace di capire se dovesse ringraziare o meno la creatura, annuì, dando segno alle due giovani, che non smettevano di osservarlo in tensione, di essere vivo e vegeto.
Silenzio.
Rory tirò un respiro profondo, permettendo al suo cervello di fare appello a tutte le riserve di coraggio che aveva in corpo, affinché potesse esclamare le seguenti parole: “Papà, devo chiederti il permesso di restare fuori per un po’”.
L’uomo sbatté gli occhi, cercando di razionalizzare ciò che aveva appena udito. Infine, avendo finalmente recuperato lucidità, assunse un’espressione tutt’altro che conciliante.
“Ma sei impazzita?” esclamò lui, con un tale impeto da lasciare stupiti i presenti, “non so quello che è successo stanotte, non so dove sei stata per tutto questo tempo, tra l’altro in compagnia di ques… sua”, disse lui, facendo ben intendere l’opinione che s’era fatta sul riccio. Disgusto e un pregiudizievole presentimento che difficilmente sarebbe cambiato, avendo osato fare del male all’adorata figlia, “e vorresti che ti dessi il permesso di restare fuori? Te lo ripeto: sei impazzita?”
“Senti un po’”, grugnì Shadow, cercando di dare sfoggio di tutto il suo autocontrollo - ciononostante il suo tono non fece che guadagnarsi, da parte di Antonio, ulteriore timore verso di lui. Ad ogni modo, quell’atteggiamento puramente ostile non piacque affatto al riccio nero, per cui non si sprecò più di tanto nel modulare la voce, “tua figlia rischia la morte ogni giorno da quando ha messo piede nel dirigibile di Eggman e se resta qui sarete tutti in pericolo”.
All’unisono si voltarono verso di lui, attoniti. Fu Rory a parlare.
“Cosa vuoi dire…?” chiese, cercando di dissimulare l’inquietudine che stava pian piano prendendo sopravvento. Shadow sbuffò sonoramente: odiava dover dare spiegazioni.
“Vuol dire che, avendolo ingannato nascondendogli lo smeraldo del caos, hai acceso il suo odio nei tuoi confronti, e ora vuole vederti morta”.
“E come lo sai?” intervenne Jessica. Una domanda che poteva essere facilmente mal interpretata, ma la sua era semplice curiosità. Il nero, tuttavia, le rivolse un’eloquente occhiataccia, manifestando tutto il desiderio che aveva nel parlare con lei. Ma decise di risponderle, per quanto la cortesia non fosse il suo forte.
“Lo so e basta”, si limitò a dire il riccio, per poi ritornare a rivolgersi all’uomo, “se Rosa restasse qui, morirebbe di sicuro. E se Eggman scoprisse che abita in questa casa, saresti in pericolo anche tu”.
Le reazioni delle persone dalle quali era ora accerchiato erano abbastanza differenti. Rory era stranamente delusa nel sentir pronunciare da lui il suo vero nome, ma cercò di non darlo a vedere. In effetti lo scienziato aveva più volte manifestato una sorta di accanimento nei suoi confronti, non poteva certo dare torto al compagno. Jessica e Antonio non sapevano se rivolgere le proprie attenzioni al riccio o alla povera Rory, troppo increduli per poter pronunciare parola alcuna.
La mora si morse il labbro inferiore e convenne, mormorando: “È vero. Dopo il lavoro c’è stato un altro attacco da parte di Robotnik, e se Shadow non fosse venuto in mio soccorso, ora…”
“Che cosa?” scattò il padre, non sapendo se essere arrabbiato con la giovane o in pena per la triste sorte dalla quale fortunatamente era scampata, “e perché non mi hai chiamato subito?”
Questa volta intervenne Jessica in difesa dell’amica: “Con tutto il rispetto, Antonio, non è stata colpa sua. Io ero con lei e posso assicurarti che in momenti come questi pensi solo a salvarti la pelle. Sai, purtroppo noi non sappiamo né teletrasportarci né buttare giù un muro con una mano”, esclamò l’ultima frase con ironia, causando straordinariamente una lieve quanto fugace increspatura sulle labbra del riccio nero.
“Durante il salvataggio, Rory ed io siamo state divise. Lei è rimasta con Shadow, io sono stata portata al rifugio di Sonic grazie ad una sua amica, quindi non ho proprio avuto modo di prestarle il cellulare”.
“Il rifugio di Sonic?” chiese l’uomo, strabiliato, “Sonic ha un posto dove abitare qui?”
Jessica annuì e affermò: “Sì, anzi, a combattere Eggman sono stati proprio Shadow e Sonic, per difenderla”.
Evitò opportunamente di parlare del gesto avventato della amica, consapevole che se il padre avesse saputo di sicuro l’avrebbe rinchiusa in casa a vita.
Riccio ed umano si scambiarono una lunga e faconda occhiata, prima di parlare. Antonio, benché si ostinasse a ritenere Shadow una creatura pericolosa, viste le numerose volte nelle quali aveva mostrato un atteggiamento aperto al conflitto, si sentì in dovere di rivalutarlo. Ciononostante, non era neanche lontanamente sufficiente acciocché potesse riuscire a fidarsi di lui e dargli in affido Rory.
“E se invece… sarai tu stesso ad uccidere mia figlia?” disse lui, titubante ma più gelido che mai verso il nero.
“Papà…” protestò la ragazza, ma tacque non appena il padre la zittì con un cenno della mano, poi rivolse la sua attenzione di nuovo verso Shadow, il quale parve più meditabondo del solito.
“Se dovessi perdere di nuovo le staffe, ed invece di far saltare un’intera collina decidessi di... disintegrare lei?”
Il riccio nero ammutolì per qualche istante, incapace di dire niente come rare volte gli era capitato in vita. Una parte di lui si infuriò a causa del temperamento così maldisposto dell’uomo, quantunque non avrebbe potuto dargli completamente torto. Ed era ciò che gli faceva più rabbia. Davanti ai suoi occhi apparvero le immagini più spaventose, tutte ritraenti gli innumerevoli modi in cui avrebbe potuto farle del male. Data la sua forza, anche un movimento leggermente più accennato avrebbe potuto seriamente danneggiarla, e si scoprì tanto sensibile al pensiero da rimanerne a dir poco inquietato e nauseato.
Non si era mai curato dell’opinione che la gente potesse avere di lui, malgrado ciò non poteva accettare le accuse di Antonio che ledevano il suo animo più di quanto potesse presumere. La sua bocca si strinse ancor di più, se possibile, in una sottile linea dura, mentre, decidendo di mettere da parte il suo orgoglio, cercava le parole giuste per tirarsi fuori da quell’odiato impiccio.
“Farle del male è stato un errore”, esordì lui, cupo, “ma, per quel che serve, ti assicuro che mai più si ripeterà”.
Rory socchiuse la bocca, stupita dall’improvvisa espressione di mestizia che la creatura dal manto onice aveva dipinta in viso e suppose che, probabilmente, il riccio non si era ancora perdonato per ciò che accadde due settimane addietro. Avrebbe voluto dirgli qualcosa… qualsiasi cosa pur di cancellare quella sottile - ma quanto bastava per farle comprendere che stava davvero soffrendo - smorfia afflitta, ciò nondimeno le parole in occasioni tali si sprecavano. Sospirò.
“Papà, mi dispiace di averti fatto preoccupare”, sussurrò Rory, con sincero rammarico, dopodiché andò verso di lui per abbracciarlo affettuosamente, “ma posso garantirti che Shadow sa mantenere le promesse”.
Antonio subito si sciolse a quel contatto, consapevole che la figlia fosse così riservata da non abbracciare qualcuno di sua spontanea volontà, perfino il suo vecchio, se non in occasioni importanti.
“Fidati di lui”, disse lei, come ad esortarlo con gentilezza a fare ciò che lei stessa faceva: credere in lui.
L’uomo, dopo un certo lasso di tempo atto a contenere i suoi timori, decise di mettere fine all’astio che provava verso il riccio e, una volta sciolto l’abbraccio con Rory, provò a chiedergli: “Per quanto tempo dovrebbe stare via?”
“Finché sarà necessario”, rispose la creatura, seriamente.
“Questa non è una risposta”, disse l’uomo, con un tono leggermente alterato. Quel riccio sembrava non avere la benché minima idea di cosa significasse separarsi da un figlio! “Rosa ha gli esami universitari tra meno di un mese, e deve studiare”.
La mora strabuzzò gli occhi per poi schiacciare la mano sulla fronte, emanando un suono sordo piuttosto pronunciato. Cavolo!
“Tecnicamente avrei anche un lavoro e dovrei seguire il corso di Ju jutsu…” sussurrò lei tra sé e sé, imbarazzata, consapevole dell’opinione che suo padre avesse in merito: lo studio innanzi tutto!
“Alle tasse posso pensarci io, per adesso”, rispose Antonio, alquanto contrariato, avendo potuto udirla con chiarezza “basta che tra giugno e luglio dai gli esami che devi dare”.
“Tuo padre ha ragione, ciccia. Ti mancano quattro esami e sarai dottore in Giurisprudenza!” convenne Jessica.
“Al rifugio di Sonic può studiare tranquillamente”, ribatté Shadow, seccato, sebbene rimase piuttosto sorpreso da quella rivelazione. Non che la ritenesse una stupida o che gli interessasse chissà quanto il suo livello di istruzione, ma dai lineamenti del viso e dal modo di fare non sembrava affatto una giovane donna, per di più studiosa, in procinto di laurearsi.
“Per quanto riguarda il giugiàzu…” continuò l’uomo verso la figlia.
“Ju jutsu…”
“Sì, beh, per quella roba lì, vedremo in futuro cosa fare. In fondo il corso sarebbe finito tra un mesetto”.
Rory sospirò e si voltò verso Shadow, rivolgendogli un mezzo sorriso. Era un’espressione a tratti sollevata e a tratti titubante, che il riccio nero riuscì a decifrare alla perfezione.

Recitava le parole “ti prego, perdonaci”.










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Angolo dell'autrice: ciao, ragazzi. Here we are. Un altro capitolo è finito, e una nuova avventura aspetterà queste due povere e giovani ragazze, in balia di codesto burbero riccio nero. No vabbe, mi rendo conto di postare con grande lentezza, ma, capitemi. Ormai non ho più tempo neanche per guardarmi allo specchio. :c 
Questa volta niente previsioni sul prossimo capitolo: vorrei prendermi del tempo (un bel po') per riordinarmi le idee e portare avanti la storia quanto basta per arrivare a postare almeno un capitolo al mese. Quindi ci si vede. 
Fatemi sapere che ne pensate <3
Un bacio,
Ro
   
 
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