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Autore: MorganaMF    09/11/2018    1 recensioni
«Quando Duncan è arrivato al nostro accampamento, non avrei mai potuto immaginare tutto ciò che ne sarebbe conseguito. Voleva reclutare un solo elfo Dalish, e invece se ne è ritrovati due: i gemelli Mahariel, fratello e sorella. Gli ultimi rimasti della nostra famiglia, dopo che nostro fratello Tamlen era sparito nelle rovine.
Il Quinto Flagello mi ha portato via quasi tutto: ho dovuto abbandonare il mio clan, ho perso la mia famiglia... ho perso perfino una parte della mia vita, strappatami via dall'Unione. Ma, per assurdo, questo Flagello mi ha portato alcune delle cose più belle: ho trovato l'amore, ho incontrato le persone più strane... ho stretto rapporti profondi con molti umani, cosa che un tempo non avrei mai creduto possibile. Una di loro, in particolare, mi resterà sempre nel cuore: sarebbe diventata parte della mia famiglia, se le cose fossero andate diversamente. La cara, indimenticabile Hawke. È stata con noi fino alla fine, ci ha aiutati a sconfiggere il Flagello e sarebbe dovuta diventare un Custode Grigio; ma alla fine è andata per la sua strada, come tutti gli altri.
Non dimenticherò mai questo Flagello: nel bene e nel male, ha cambiato per sempre la mia vita.»
[M. Mahariel]
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Custode, Hawke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando videro Sereda Aeducan all’azione restarono basiti. Era una vera forza della natura, nonostante la corruzione che aveva in corpo: una volta raggiunto l’androne che collegava il thaig Ortan con le Trincee dei Morti, si trovarono a dover combattere contro un’intera colonia di ragni giganti e un paio di prole oscura che sorvegliavano i cancelli. Sereda menava fendenti che non mancavano mai il bersaglio; calava la sua ascia su una creatura dopo l’altra, letale e precisa quanto il tristo mietitore. Impugnava e roteava la pesante arma a due mani come fosse una forchettina, e grazie al suo aiuto si sbarazzarono in fretta di tutte le creature. Merevar e Zevran restarono a fissarla senza ritegno mentre ripuliva la sua ascia circondata da pezzi di ragni.
«Che avete da guardare così? Sembra che non abbiate mai visto qualcuno che sa davvero il fatto suo» disse loro Sereda.
«In effetti sto rivalutando i parametri che uso per classificare l’abilità dei guerrieri» ammise Zevran, Merevar che annuiva al suo fianco con la mascella ancora cadente.
«Come riuscite a combattere così con la corruzione in corpo?» le chiese.
Alla nana sfuggì una risatina. «Se vi stupisce come combatto ora avreste dovuto vedermi quand’ero sana». Fece segno a tutti di seguirla oltre i cancelli; senza esitare iniziarono a percorrere il grande tunnel che collegava i due thaig.
«Sono sorpreso, principessa Sereda» le rivolse la parola Alistair. «Oghren aveva detto che voi nani siete più resistenti alla corruzione, ma siete rimasta ammalata quaggiù per mesi… eppure a un occhio inesperto sembrereste ancora in salute.»
«È una cosa perfettamente normale per la mia gente. Guardate Ruck, ad esempio: ormai non c’è più con la testa, ma non è ancora diventato un vero e proprio ghoul. Da quel che mi ha detto è quaggiù da cinque anni, o giù di lì». Sorrise appena al vedere la faccia esterrefatta di Alistair. «Molti dei Custodi che vengono regolarmente a Orzammar ci chiedono come sia possibile, ma non lo sappiamo con certezza. L’ipotesi più accreditata è che sia a causa della nostra vicinanza forzata con la prole oscura: la combattiamo da secoli ormai, e forse la selezione naturale ha favorito i nani più resistenti.»
 

Camminarono a lungo nelle Vie Profonde senza incontrare anima viva: nemmeno le creature delle caverne vivevano in quella parte del regno sotterraneo. Persero la cognizione del tempo, e più passavano i giorni più il gruppo si faceva quieto e silenzioso. Le Trincee dei Morti erano situate nelle profondità più remote, e ci vollero loro tre giornate abbondanti di estenuante discesa. Quando finalmente videro e varcarono i cancelli desiderarono di non averlo fatto.
I tre Custodi e Sereda iniziarono a sentire nelle loro teste un canto irresistibile e inquietante: si spinsero fino al limitare di un grande crepaccio e guardarono giù. Videro l’arcidemone che ruggiva davanti a un infinito esercito di prole oscura: l’enorme drago sputò un fiume di fuoco come a voler incitare le creature, e poi prese il volo. Il gruppo si mise al riparo dietro a un mucchio di rocce mentre il rettile alato volava sopra di loro; fortunatamente non furono avvistati. Sentirono un boato riecheggiare dal fondo del crepaccio, ove la prole oscura si stava mettendo in marcia.
«Stanno marciando verso la superficie!» si allarmò Melinor. «Non abbiamo più tempo ormai!»
«Non disperare, abbiamo ancora un po’ di vantaggio. L’orda sta uscendo nelle Selve Korcari, ricordi? Devono prima arrivare fin là e poi risalire fino alla superficie. Non so perché l’arcidemone voglia uscire allo scoperto da laggiù, ma questo ci darà un po’ di vantaggio» tentò di rassicurarla Morrigan. Sperò in segreto che l’arcidemone divorasse sua madre, sempre che fosse ancora nella loro capanna.
«Se solo non dovessimo occuparci anche di Loghain… quell’ignobile farabutto ci farà solo perdere tempo prezioso!» imprecò Alistair.
«Loghain? Non è un eroe del vostro popolo?» alzò un sopracciglio Sereda.
«È una lunga storia… ve la raccontiamo strada facendo» rispose Leliana, da bravo menestrello.
 

Con la maggior parte della prole oscura impegnata a marciare verso le Selve Korcari, le Trincee dei morti si rivelarono per lo più libere. Incontrarono qualche sparuto gruppo di prole oscura qui e là, ma non fu un problema.
«Non avrei mai creduto possibile riuscire a vedere con i miei occhi la vecchia Bownammar» mormorò Oghren mentre attraversavano il thaig.
«Quanta maestosità… tutta andata in rovina» sospirò Sereda.
Camminarono fra le rovine della vecchia città-fortezza tutto il giorno, le orecchie tese per cogliere anche il più piccolo rumore; ma tutto ciò che udirono fu l’eco dei loro passi. Arrivarono a percorrere tutto il thaig da cima a fondo, ma Branka non era lì.
«Le tracce sembrano scendere ancor più in profondità» osservò Oghren.
«Oltre Bownammar? Non si sa nemmeno cosa ci sia oltre a questo thaig» ribatté Sereda.
«Esatto. Branka sta cercando l’Incudine del Vuoto, che non a caso è stata considerata perduta per secoli… forse è soltanto seppellita da qualche parte. Branka ha scavato dappertutto, sia nel thaig Ortan che qui a Bownammar… probabilmente quando non ha trovato nulla ha deciso di spingersi ancora più in profondità, anziché darsi per vinta.»
«Cos’è l’Incudine del Vuoto?» chiese Melinor.
«Non gliel’hai detto?» esclamò Sereda guardando Oghren con sorpresa. «Si tratta di uno dei capolavori più grandi di tutta la storia nanica, Custode. Fu inventata dal Campione Caridin, il più grande fabbro mai esistito: era con quella che forgiava i golem.»
«I golem esistevano davvero? Credevo fossero soltanto leggende» esordì Hawke. Sereda le lanciò un’occhiataccia di sufficienza.
«Ecco cosa succede a vivere con troppo ossigeno, lassù in superficie» scosse il capo. «I golem sono ormai una parte antica della nostra storia, è vero, ma sono tutt’altro che leggende. Erano il fiore all’occhiello dell’impero nanico: enormi guerrieri di pietra che valevano venti guerrieri ognuno. Se ne trova ancora qualcuno nelle zone più remote delle Vie Profonde, ma per attivarli serve uno strumento chiamato “verga di controllo”. Ogni golem ha la sua verga, ma trovarle quaggiù è un’impresa impossibile.»
Stavano ancora parlando fra loro quando Zevran li zittì tutti.
«Ehi, ascoltate!»
Una strana cantilena giungeva fino a loro come un suono ovattato. Si guardarono attorno e videro una crepa nella parete: dopo un reciproco sguardo d’intesa vi s’infilarono attraverso. Si ritrovarono in un tunnel illuminato a malapena da qualche torcia accesa qui e là. Strane escrescenze rossastre e viscide erano attaccate alle pareti.
«Oh, che schifo… cosa sono?» disse Hawke. Si avvicinò per osservarle meglio. «Sembrano sacche di uova… come quelle dei ragni.»
«Sì, beh… stai lontana. Non mi piacciono per niente» la tirò indietro per una spalla Merevar. La voce riprese a cantilenare, e loro la seguirono. Man mano che si avvicinavano riuscirono a distinguere le parole.
«Primo giorno, vengono e tutti prendono.
Secondo giorno, ci picchiano e ci mangiano.
Quinto giorno, tocca a una fanciulla sparire nel nulla.
Sesto giorno, lei grida e nei sogni ne sentiamo le strida.
»
«Per la grazia del Creatore… chi è?» mormorò Wynne.
«Settimo giorno, lei crebbe dopo che in bocca il loro vomito ebbe.
Ottavo giorno, violentata l’hanno, e noi tutti insieme li odiammo.
Nono giorno, lei ghignò e quelli della sua stirpe divorò.
La sua fame mai è saziata, ora che una bestia lei è diventata.
»
Entrarono di soppiatto in una piccola caverna e la videro: una nana china su alcuni cadaveri di prole oscura, intenta a farli a pezzi. Si avvicinarono con cautela, ma quella non sembrò fare caso a loro mentre continuava a ripetere la sua oscura filastrocca. Quando furono abbastanza vicini, gli occhi verdi di Oghren si sbarrarono.
«Hespith!»
Al sentir pronunciare il suo nome la nana si voltò. Lo sguardo era assente, la corruzione ormai si era stabilita nel suo corpo da tempo: li fissò uno per uno.
«Impossibile. Nani, elfi e umani. Le ore dei pasti portano solo cadaveri.»
«Era il capitano di Branka» spiegò Oghren ai Custodi, ma quel nome fece imbizzarrire la nana.
«Branka! No, Branka! Non voglio sentire, non voglio pensare!»
«Lady Hespith, mi riconoscete?» si fece avanti Sereda. Le mise entrambe le mani spalle, senza temere il contatto con la sua pelle coperta di pustole: erano entrambe corrotte. «Sono lady Aeducan. Abbiamo combattuto insieme qualche volta, ricordate?»
Con l’esperienza fornitale dalla vita con Ruck degli ultimi mesi riuscì a comunicare con Hespith.
«Aeducan… principessa…» mormorò quella. «Voi siete come me, oscura… impossibile… Branka ha fatto questo anche a voi?» si mise le mani nei capelli e prese a strapparseli. «No, Branka! Perché lo hai fatto?»
«No, lady Hespith! Lei non c’entra, non l’ho incontrata!» alzò la voce per farsi sentire al di sopra delle grida della nana impazzita, e quella parve calmarsi. «Cos’è successo, lady Hespith? Che ne è stato della vostra spedizione?»
La paura s’impadronì di Hespith unitamente a un profondo dolore; erano emozioni talmente forti in lei da penetrare persino il velo di follia che l’accompagnava da lungo tempo.
«Non sono riuscita a fermarla. Lei non ascoltava, l’Incudine era tutto ciò a cui pensava… tutto ciò che voleva. Pensavo volesse anche me, ma ha preferito l’Incudine al mio amore.»
Un gelido imbarazzo cadde sul gruppo: istintivamente alcuni sguardi si mossero su Oghren, che rimase di sasso nel comprendere che Branka aveva avuto una storia con lei.
«Branka mi ha tradito… con te?» farfugliò, più confuso che adirato.
«Ha tradito tutti. Lei ci ha usati, ha lasciato che ci prendessero… che ci mangiassero… che ci trasformassero» tremolò la voce di Hespith, e prese a scuotere freneticamente il capo. «Poi toccherà a me. Ma io non voglio. Non voglio diventarlo! Ma lei, lei lo ha permesso… a lei non importa!»
Nessuno capiva a cosa si stesse riferendo, ma tutti sospettavano che non fosse nulla di buono. Sereda strinse appena le mani attorno alle sue spalle. «Hespith… cos’ha permesso Branka?»
Hespith rimase a guardarla alcuni istanti, come se stesse cercando le parole; poi la prese per mano e iniziò a condurla attraverso un cunicolo vicino. Dopo essersi scambiati un’occhiata titubante con Sereda, tutti si decisero a seguirla.
Hespith li guidò lungo pavimenti scivolosi, ricoperti di un orrendo e maleodorante liquido rossastro. Alcuni di loro dovettero tapparsi il naso per evitare di vomitare, tanto il puzzo era forte. Il cunicolo si aprì infine su una grotta, e lì tutti si fermarono impietriti. Hespith lasciò la mano di Sereda.
«Madre della nidiata» puntò avanti il dito.
Restarono col fiato sospeso di fronte a quello spettacolo immondo: un’enorme figura dall’aspetto vagamente umanoide era assopita al centro della caverna. Al posto delle gambe aveva una moltitudine di tentacoli che le davano per metà un grottesco aspetto di piovra; il torso era seppellito da strati di pallido grasso impilati uno sull’altro, su cui spiccavano quattro paia di mammelle smunte e penzolanti.  Il volto era lo stesso di tutta la prole oscura, la testa era glabra e inclinata di lato mentre il mostro dormiva. Accantonate in un piccolo anfratto laterale c’erano le carcasse di altre creature identiche, morte da chissà quanto.
«Laryn era il suo nome» mormorò Hespith.
«Quella… quella cosa è Laryn?» bisbigliò in risposta Oghren, che conosceva la nana che un tempo si faceva chiamare così.
«Branka ha detto: “per il bene di Orzammar”» continuò Hespith, gli occhi puntati sulla sua vecchia amica. «”Per l’Incudine”. Ha lasciato che ci prendessero, voleva più prole oscura per far scattare le trappole.»
«Hespith… cosa significa? Quali trappole, e perché diamine Branka vorrebbe più prole oscura? Cosa c’entra tutto questo con questo mostro?» incalzò Oghren, sconvolto e confuso dalle rivelazioni sconnesse di Hespith.
«Laryn partorisce la prole oscura ora. È una madre della nidiata.»
Tutti rabbrividirono.
«Quindi è così che nasce la prole oscura?» disse Alistair, gli occhi sconvolti sull’enorme ammasso di carne corrotta in mezzo alla stanza.
«Per questo ci odiano… per questo hanno bisogno di noi. Per questo prendono le donne, per questo le nutrono. Ma ciò che è davvero abominevole non è il fatto che tutto questo accada… ma che sia stato permesso» sussurrò Hespith.
D’un tratto una spada volò nell’aria: si conficcò dritta nella testa della madre della nidiata, che riaprì solo per un attimo i suoi piccoli occhietti iniettati di sangue prima di spegnersi. Tutti si voltarono verso Melinor: il suo braccio era ancora proteso in avanti, gli occhi accesi dalla magia; ansimava pesantemente. Era visibilmente sconvolta, e solo Morrigan comprese perché: quando erano tornate insieme a Ostagar per recuperare i trattati avevano visto alcune donne sopravvissute mentre venivano trascinate via dalla prole oscura, ancora vive. Non avevano compreso il motivo di tali gesta, non avevano potuto aiutarle; ma ora sapevano. Melinor non riusciva a smettere di pensare che sarebbe potuto succedere a lei, non poteva smettere di pensare che forse sarebbe morta così. Se avesse seguito la tradizione dei Custodi Grigi, se si fosse recata nelle Vie Profonde una volta giunta la sua ora, forse l’avrebbero presa e l’avrebbero ridotta così. Comprendendo lo stato d’animo della gemella, Merevar partì senza una parola; si arrampicò sull’enorme cadavere e recuperò la spada per lei.
«Sto morendo di una cosa peggiore della morte: il tradimento.»
Dette quelle parole, Hespith sfilò di mano a Oghren la sua ascia: la sollevò sopra la testa e la fece scendere all’indietro, colpendosi nel bel mezzo della schiena. Schizzi di sangue colpirono Oghren e Sereda mentre la lama della grossa ascia fuoriusciva sul davanti dallo stomaco di Hespith; la nana cadde a terra senza vita in una pozza di sangue.
Nessuno parlò: ciò che avevano appreso era troppo sconvolgente. Avevano appena scoperto come si riproduceva la prole oscura, cosa che Duncan non aveva mai fatto in tempo a dire alle sue reclute; e scoprirono che Branka, per qualche ragione a loro ignota, aveva lasciato le nane della sua spedizione a quell’infausto destino. Oghren si riprese la sua ascia estraendola dal corpo esanime di Hespith.
«Dopo questo, direi che abbiamo tutti bisogno di riprenderci prima di andare avanti.»
 

Imboccarono il tunnel che partiva dal nido della prole oscura e cercarono di mettere fra loro e quell’orrida caverna quanta più distanza possibile. Rimasero accampati quasi una giornata intera, senza proferire parola che non fosse necessaria. Le donne del gruppo, come era naturale che fosse dopo ciò che avevano visto, stavano sempre sul chi va là: al minimo rumore scattavano in piedi e mettevano mano alle armi, ma fortunatamente nulla di vivo sembrava aggirarsi da quelle parti.
Ripartirono il giorno seguente e camminarono a lungo; era passato quasi un giorno intero quando finalmente il tunnel si aprì su una grande caverna. Il baluginare di un fuoco illuminava l’entrata.
Si avvicinarono con grande cautela: scorsero delle tende abbandonate. Era un accampamento.
«Branka dev’essere vicina» mugugnò Oghren senza alcuna gioia. Wynne era accanto a lui e lo guardò con apprensione.
«Oghren, va tutto bene?»
Il nano la squadrò per bene. «Mia moglie mi ha abbandonato a Orzammar ed è partita in missione, mi ha tradito con una donna e poi ha dato in pasto tutte le nane alla prole oscura. Niente va bene!»
Proprio mentre diceva questo, una placca di ferro uscì dal suolo e sbarrò la via del ritorno; una pesante rete metallica cadde sulle loro teste e li imprigionò, schiacciandoli a terra.
«Dannazione, che diavoleria è mai questa? Opera di Branka, sicuramente!»
«Oghren?»
Una figura saltò giù da un gruppo di rocce: una nana in armatura massiccia, con la faccia smunta e segnata dalle difficoltà, i lunghi capelli bruni e unticci raccolti in due trecce intirizzite. Si avvicinò alla comitiva e li scrutò con attenzione.
«Maledizione, Branka! Non startene lì impalata, liberaci!» gridò Oghren.
La nana li guardò tutti con una freddezza sconfortante. «Perché siete qui? Cosa volete? Dovete avere una validissima ragione, se vi siete spinti fin quaggiù.»
«Abbiamo bisogno del vostro aiuto per eleggere il nuovo re» andò dritta al punto Sereda. Non c’era alcun calore nelle sue parole; semmai un velato disprezzo.
«Non mi dire… e così il vecchio Endrin ha tirato le cuoia. Che ne è stato di tuo fratello Trian?»
«Bhelen lo ha fatto uccidere, e ha fatto ricadere la colpa su di me; sono stata esiliata nelle Vie Profonde.»
«Ma senti questa!» si mostrò stupita e anche un po’ divertita Branka. «E io che lo avevo sempre ritenuto un buono a nulla, quel Bhelen; invece è una vecchia volpe… a ogni modo, non posso aiutarvi. Sono troppo vicina a scoprire l’Incudine del Vuoto per tornare in superficie proprio ora. Non butterò all’aria anni di sacrifici!»
«Sacrifici come Laryn?» sbottò Oghren. «Abbiamo incontrato Hespith, e ci ha detto tutto. Che cos’hai fatto, Branka? Come sei potuta cadere così in basso?»
«Voi non capite, nessuno capisce!» tuonò Branka. «Ogni grande impresa ha un prezzo da pagare! Mi servivano hurlock e genlock da usare per capire come far saltare le trappole, ma a quanto pare quei mostri non girano molto da queste parti… però un giorno una delle donne è stata attaccata di notte, abbiamo sorpreso un hurlock che le vomitava in bocca e l’abbiamo ucciso. Ma ormai era troppo tardi per lei. Abbiamo visto la sua trasformazione avvenire lentamente, e quando ho capito che poteva generare prole oscura ho fatto ciò che un vero Campione deve fare: prendere le decisioni che nessuno vorrebbe prendere.»
«Avete ucciso la vostra intera casata, la vostra famiglia… avete lasciato che si trasformassero in prole oscura, le avete profanate… nessun Campione degno di questo nome farebbe mai una cosa del genere» sibilò Sereda tra i denti. Fu chiaro a tutti in quel momento che rivedeva Bhelen in Branka. «Nessuna impresa va pagata con il sangue della propria gente!»
«Come volevasi dimostrare… menti piccole come le vostre non possono arrivarci. Io riporterò i golem al popolo di Orzammar! La nostra grandezza è per la maggior parte perduta e sepolta nelle Vie Profonde, ma io posso riportarne indietro una parte!»
«Ha perso completamente la testa» bisbigliò Hawke ai suoi compagni. «La sua sete di potere ormai l’ha portata oltre ogni limite!»
 «Tu, chiacchierona! Che hai da parlottare?» la richiamò Branka, ma subito la sua espressione s’illuminò quando vide il suo bastone. «Aspetta… tu sei una maga. Ci sono molte maghe qui!» esclamò pazza di gioia, una scintilla d’isteria che si accendeva dietro alle sue iridi. «Voi potreste aiutarmi a superare le ultime trappole!»
«Naturalmente, perché non aiutare la pazza che ci sta parlando attraverso una rete?» rispose Morrigan, seccata. Ma Sereda la zittì con un cenno della mano.
«Se vi aiutiamo, voi dovete giurare solennemente di aiutare noi: tornerete con noi a Orzammar, garantirete per me e per i Custodi e voterete contro Bhelen.»
«Sereda, non vorrete davvero collaborare con questo mostro senza sentimenti!» bisbigliò Leliana poco più indietro. Sereda si voltò verso di lei, e incontrò anche gli occhi stanchi e severi di Melinor. Fidatevi di me disse loro in labiale prima di tornare a incalzare Branka.
«Farò tutto ciò che devo per tornare a Orzammar. Allora, Branka: affare fatto?»
«Per me va bene. Tanto non mi interessa chi si siederà su quel trono.»
Il sorriso di Sereda aveva un che di diabolico mentre si allargava. «Bene. Allora liberateci, e partiamo subito. Andiamo a prendere l’Incudine.»


Si inoltrarono nel labirinto di trappole: lungo il tragitto trovarono resti di prole oscura e di nani che erano stati usati da Branka per capire il funzionamento delle trappole. Erano tutte vecchie conoscenze di Oghren. Il nano era caduto preda dello sconforto: la moglie non lo degnava della minima attenzione, sembrava totalmente ignara del male che aveva perpetrato. Passava accanto ai cadaveri dei suoi stessi amici e parenti come se fossero vecchi mobili che ormai neanche si vedono più, tanto ci si è fatta l’abitudine.
Grazie all’aiuto delle maghe del gruppo, Branka li condusse oltre gli ultimi marchingegni: si ritrovarono su un ampio terrazzo che si affacciava su un fiume di lava. In fondo, su una pedana sopraelevata, brillava un oggetto metallico di color azzurro vivo.
«L’incudine del Vuoto» mormorò Branka, totalmente rapita da quella visione. Era talmente sopraffatta che nemmeno si accorse dei golem che sorvegliavano la sala tutt’attorno.
«Fermi!»
Uno di loro, il più grosso e imponente, si affrettò a pararsi fra il gruppo e l’Incudine. «Avete superato le trappole… notevole. Ora ditemi perché siete qui.»
«E tu chi saresti? Lasciami passare!» strinse i pugni Branka.
«Io sono Caridin, e da secoli veglio sull’Incudine. Non vi permetterò di avvicinarla.»
«Caridin? Il Campione che ha creato l’Incudine?» esclamò Sereda, esterrefatta. «Ma non è possibile… voi dovreste essere morto secoli fa! E poi Caridin non era un golem, li creava soltanto!»
«La storia che è giunta a voi figli di Orzammar è errata. Io non sono mai morto. Mi hanno messo sull’Incudine quando ho iniziato a ribellarmi al volere del re.»
«Cosa vuol dire che vi hanno messo sull’Incudine?» lo interpellò Branka.
«Questo è un segreto che in pochi conoscevano, anche ai miei tempi… ma è giunto il momento di rivelare la verità. I golem non venivano forgiati dalla roccia come tutti credono, poiché non si può creare alcuna vita dal nulla: serviva la vita di un nano per creare un golem. All’inizio i volontari non mancavano, era appena finito il Primo Flagello e la prole oscura invadeva le Vie Profonde e distruggeva i thaig: Orzammar andava protetta, e molti valorosi guerrieri si offrirono all’Incudine. Ma dopo qualche tempo il re iniziò a mandare all’Incudine nani senza casta, criminali e chiunque si opponesse al suo volere. Mi rifiutai di prendere le vite di persone che non si erano offerte, e lui ordinò ai miei assistenti di trasformare anche me. Fortunatamente loro non sapevano creare verghe di controllo fatte a regola d’arte, così mantenni la mia volontà e i miei ricordi: presi l’Incudine e fuggii insieme a pochi fedeli golem nelle Vie Profonde. Decisi che nessuno avrebbe più usato l’Incudine, poiché è uno strumento maledetto che verrebbe usato per scopi malevoli. Succede sempre: il potere acceca persino i re più saggi.»
«Sciocchezze!» ebbe l’ardire di ribattere Branka. «Ho passato anni a cercare l’Incudine, e ora vorreste impedirmi di prenderla? Potrebbe riportare Orzammar alla grandezza!»
«O alla sua rovina!» tuonò Caridin, la sua voce profonda che riecheggiava tutt’attorno. «Voi non avete idea di quante persone innocenti ho dovuto legare su quell’Incudine! Mai più deve accadere! L’Incudine va distrutta!»
«Siete un egoista! Non vi importa del vostro popolo? Dei vostri eredi? Io sono un Campione come voi, e farò tutto ciò che è necessario per riportarla al posto che le spetta!»
«Branka ha ragione» le si avvicinò Sereda. «Dobbiamo fare tutto il necessario per il bene del nostro popolo.» Senza alcun preavviso mollò un pugno in faccia a Branka, che cadde a terra priva di sensi. «Ecco cosa dobbiamo fare per salvare Orzammar: eliminare tutti i pazzi invasati» disse guardando la nana svenuta. Mosse lo sguardo sul golem. «Mastro Caridin, ho una domanda: i golem mantengono la memoria della loro vita come nani, una volta forgiati?»
«No. I ricordi rimangono sopiti dentro di loro. Il mio caso fu diverso perché i miei assistenti non avevano svolto il lavoro a dovere. È possibile ripristinare i ricordi se si vuole, ed è ciò che noi facevamo con i guerrieri volontari… ma non con tutti gli altri, per ovvie ragioni. Si sarebbero ribellati, perciò instillavamo ricordi falsi in loro. Perché me lo chiedete?»
«So che non vi piacerà, ma vi prego di alzare il martello su quell’Incudine per l’ultima volta. Voglio che Branka diventi un golem.»
Tutti sobbalzarono: nessuno se l’aspettava.
«No. Non posso farlo, giovane nana. Ho cercato di espiare le mie colpe proteggendo l’Incudine, giurando che non sarebbe mai più stata usata per forgiare golem. Come potete chiedermi di fare questo, dopo ciò che vi ho detto?»
«So di chiedervi molto, Mastro Caridin; credetemi. Ma ci sono delle ottime ragioni, lasciate che vi spieghi.»
«Ma dico, siete impazzita? Perché volete fare una cosa del genere?» la interruppe Oghren, parandosi fra lei e Caridin rosso in viso.
«Perché è la cosa migliore per tutti! Branka ha commesso dei crimini imperdonabili, persino per un Campione! Dev’essere punita, ma nessuno a Orzammar oserebbe mai condannare a morte un Campione. Dobbiamo essere noi a fare giustizia, noi che abbiamo visto con questi occhi ciò che ha fatto! La ucciderei anche subito, ma è il nostro unico lasciapassare per Orzammar. Se diventasse un golem potremmo controllarla, farle recuperare i ricordi solo in parte, giusto perché sappia chi è e ci dia il suo appoggio.»
«Sarebbe una fine ironica: ha cercato l’Incudine per anni, e ora che l’ha trovata finirà sotto al suo martello. Io dico che è proprio quello che si merita» fu d’accordo Merevar. Nessuno parlò apertamente, ma il silenzio lo fece per loro: dopo tutto ciò che avevano visto, diventare un golem era una fine più che misericordiosa.
«Inoltre avere un golem nell’esercito sarebbe un grande aiuto contro il Flagello» disse Sereda a Oghren, che ancora fissava sua moglie con aria restia. «Oghren… andiamo. Sai anche tu che è la cosa migliore da fare. Branka non se ne andrà mai di qui senza l’Incudine, e non possiamo lasciare che quello strumento torni a Orzammar. Ho imparato bene la lezione che Bhelen mi ha insegnato: le serpi si nascondono ovunque, soprattutto dove non le cercheresti mai. Prima o poi la storia di Caridin si ripeterebbe». La sua espressione si fece compassionevole mentre posava le mani sulle spalle di Oghren. «Non è più la donna che conoscevi. Tutto ciò che conta per lei è l’Incudine, non le importa niente di te. So che fa male, ma non possiamo permetterle di tornare a Orzammar in questo stato. È pericolosa. Trasformarla in golem è la cosa migliore.»
Oghren chiuse gli occhi e abbassò la testa scarlatta. «Lo so.»
«Voi, giovane guerriera» Caridin si rivolse a Sereda. «Chi siete? Qual è il vostro nome?»
«Sono Sereda Aeducan.»
«Aeducan… una casata di nobili guerrieri e condottieri che risale al mio tempo. Mi fiderò del vostro buon nome, lady Aeducan, e ho udito le vostre ragioni… mi sembrate una donna onorevole, dunque vi proporrò uno scambio: esaudirò il vostro desiderio, se promettete di distruggere l’Incudine.»
«Non potevate farlo da solo? Avete avuto secoli di tempo» commentò Hawke.
«I golem non possono nemmeno toccarla. Altrimenti l’avrei fatto.»
Sereda camminò fino a portarsi sotto all’enorme golem. «Accetto. Vi giuro solennemente che distruggerò io stessa l’Incudine quando avrete terminato con Branka.»
Se avesse potuto sorridere con quel suo volto pietroso, Caridin l’avrebbe fatto. Raccolse il corpo di Branka e lo portò sull’Incudine.
I colpi del martello continuarono per quasi due giorni: l’ultimo capolavoro di Mastro Caridin prendeva forma.



 
   
 
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