Il
ritratto di Dorian Gray
Draco
entrò in casa portando sottobraccio un nuovo libro, dalla rilegatura in pelle
rosso scuro.
"Bene Mezzosangue. Ho scelto per te un altro libro di uno
scrittore babbano, Oscar Wilde, 'Il Ritratto di Dorian Gray', ed anche qui è
presente una certa dose di magia".
Si guardò brevemente attorno e notò come
per quel libro l'ambiente attorno a loro fosse già perfetto così com'era, senza
bisogno di nessuna modifica.
Lo stile era quello giusto, ottocentesco. E lo
stato di abbandono generale ben si accordava con il degradare dell'anima di
Dorian che da giovane innocente pian piano si era trasformato in un
mostro.
Draco ritrovava parecchio di sé stesso in quella vicenda. Anche lui
era un giovane affascinante, sapeva di essere bello, con le sue fattezze
angeliche, quasi eteree. Ma poi la sua anima era stata sporcata da quel
maledetto marchio che risaltava sulla pelle candida dell'avambraccio, e da tutto
quello che ne era seguito.
Fuori era rimasto per tutti l'algido Principe
delle Serpi, indifferente a tutto, che si lasciava scivolare addosso ogni cosa
come se non lo riguardasse, ma dentro invece si sentiva come quel
ritratto. Ogni cosa su di lui aveva lasciato un segno indelebile e profondo. La
paura gli aveva graffiato l'anima fino a farla sanguinare e le ferite ancora non
si erano del tutto rimarginate. Le cicatrici continuavano a bruciare quando la
notte gli incubi tornavano a tormentarlo e lui si svegliava all'improvviso
alzandosi di scatto a sedere sul letto, spaventato, sudato, con il batticuore,
ma soprattutto solo.
Perso nei suoi pensieri fu distratto da un lieve
fruscio di fronte a lui. Portando lo sguardo sul pavimento notò che Hermione non
era più nella sua posa da bambinetta che cerca di conoscere e sapere tutto, ma
si era portata le gambe al petto abbracciandole ed aveva il mento posato sulle
ginocchia. Il suo sguardo attento non lo aveva perso di vista neanche un attimo
e lo scrutava attentamente studiandolo, cercando di carpire anche i più profondi
segreti della anima.
Draco si spaventò all'idea che qualcuno potesse leggere
dentro di lui. La percezione che aveva di sé stesso era di un bosco devastato
dalle fiamme, con il terreno scuro ancora fumante e tronchi scheletrici,
anneriti che spuntavano da terra come frammenti di un passato gioioso e sereno
spazzato via dagli eventi della sua adolescenza. Una nebbiolina ad avvolgere il
tutto, a filtrare la luce del sole, a rendere ancora più confuso il presente e
soprattutto il futuro, non essendo chiaramente visibile la strada da
prendere.
E fra la nebbia lui avanzava, facendosi largo in questo paesaggio
desolato, ormai disilluso, amareggiato, ed ancora una volta consapevole di
essere solo.
« I presagi non esistono: il destino
è troppo saggio e troppo crudele per mandare degli
araldi.»
Il
ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde - Capitolo 18
Purtroppo
tutto quello che lo aveva travolto era stata per lui una continua sorpresa, non
era preparato. E come avrebbe potuto esserlo? Era solo un ragazzo, non era
pronto a sopportare un fardello così pesante sulla sua giovane schiena. Era
stato tantissime volte ad un passo dallo spezzarsi. Ma poi guardava sua madre e
per lei trovava la forza di andare avanti ancora una volta.
E ancora.
E
ancora.
Ed ora eccolo lì, sopravvissuto al suo incubo, ai suoi errori, ma
forse sopravvissuto anche a sé stesso, al ragazzo che era e che non sarebbe
stato più.
Tutti i suoi sogni, le sue speranze, spazzati via da Voldemort che
lo aveva relegato a quella non vita.
Si accorse di essersi perso ancora
una volta nei suoi pensieri e che Hermione lo fissava ancora attentamente col
suo sguardo penetrante con cui ricordava bene ad Hogwarts cercava di imparare
tutto quello che poteva. Ed ora rivolgeva a lui quello sguardo. Voleva
studiarlo, voleva capirlo. Chissà perché poi.
"Ehi Mezzosangue, perché mi
stai fissando?" le chiese piantando le sue lamine di acciaio in quegli occhi ora
vispi ed attenti. Non ottenne alcuna risposta ma vide Hermione piegare il
capo da un lato. Era la prima volta che la vedeva muoversi. Aveva percepito i
suoi movimenti, aveva notato i suoi cambi di posizione. Aveva intuito che si era
mossa già quando aveva trovato la sua poltrona pulita, ma mai l'aveva vista
muoversi.
"Stai cercando di leggere il mio ritratto?" le chiese con voce un
po' più dolce rispetto al tono gelido usato poco prima.
"Attenta, potresti
trovare qualcosa di più orribile di quello di Dorian Gray. Sai, ci sono stati
dei momenti... difficili... nel mio passato e per superarli ho fatto cose di cui
non vado particolarmente fiero, ma erano necessarie per salvare quel poco
che mi era rimasto".
Sul viso di Hermione comparve un sorriso triste ed
amaro, di chi ben conosce il dolore di perdere una parte di sè.
"Anche tu hai
perso molto in quella dannata guerra, Mezzosangue".
Lentamente il fantasma
annuì caricando quel semplice gesto di un dolore tanto forte da essere quasi
tangibile.
Draco era sicuro che se le fosse stato concesso, sarebbe scoppiata
a piangere, tanto i tratti del suo viso, in genere neutri, erano distorti dalla
sofferenza.
"Tutti abbiamo perso qualcosa, chi più, chi meno. Ma non tutti
siamo riusciti ad andare avanti".
Gli occhi di Hermione avevano ripreso a
studiarlo con attenzione.
"Tu ormai sei un fantasma, è normale che il tuo
tempo si sia fermato ad allora. Ma io? Ormai anche io mi sento uno spettro, lo
spettro di me stesso".
"E guardami!" esclamò poi con veemenza, alzandosi di
scatto in piedi ed indicandosi. Poi le voltò le spalle e si passò le mani sul
viso e tra i capelli, quei crini biondissimi che aveva lasciato crescere,
incurante del suo aspetto e soprattutto di ciò che gli altri avrebbero potuto
pensare di lui. Non gli importava poi così tanto ormai di tenere alto il nome
della sua casata.
Si rigirò di nuovo. "Guardami - stavolta la voce ridotta
quasi ad un sussurro - Sono patetico, vero?". Sul suo viso un'espressione
amara.
Sul viso di Hermione invece comparve un sorriso dolce e lentamente
scosse la testa.
"Dici di no Mezzosangue, ma come definiresti uno che per
parlare con qualcuno, per avere un contatto "umano" si riduce a parlare con un
fantasma?".
Hermione ora lo guardava perplessa e si mordicchiava il labbro
inferiore. Come fargli capire cosa pensava? Le venne spontaneo fare quel gesto
semplicissimo che per Draco valse più di mille parole, che in quel momento
sarebbero state vuote e fuori luogo. Avrebbero rovinato la magia di quell'attimo
perfetto che si era creato tra loro.
Hermione lentamente si portò una mano
sul cuore e puntò i suoi occhi profondi in quelli del ragazzo che le stava di
fronte.
« Ognuno di noi porta in sé stesso il cielo e
l'inferno.»
Il
ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde - Capitolo 4
"Grazie
Mezzosangue - disse Draco portandosi a sua volta una mano sul cuore - anche io
ti sono vicino" le disse con una dolcezza a lui sconosciuta ma che gli era
venuta spontanea, direttamente da quel muscolo che batteva ora deciso sotto la
sua mano.
"Adesso però preferirei tornare a casa e restare un po' da solo".
Tanto valeva essere sincero fino in fondo.
Hermione annuì e con la mano che
fono ad un secondo prima era sul suo cuore, accennò un saluto.
Draco raccolse
da terra il libro, che era caduto malamente quando era scattato in piedi, e
raccolse la sua bacchetta che era rotolata via, spengendola. Andò verso la porta
del salone, si voltò a guardare quel timido saluto, il primo che la Mezzosangue
gli rivolgeva, sorrise, le sorrise, e poi lasciò la Villa dei
Fantasmi.
Per la prima volta dopo tanto tempo in quel bosco bruciato, vide
spuntare dal terreno ancora fumante qualche timido filo d'erba, mentre qua e là
faceva capolino qualche raro fiore di campo.
Draco tornò il giorno
successivo e come al solito dopo aver salutato la 'sua' Mezzosangue, si sedette
sulla sua poltrona e riprese la lettura di quella storia che gli ricordava
terribilmente la sua.
« Scelgo gli amici per la bellezza, i
conoscenti per il buon carattere, i nemici per
l'intelligenza.»
Il
ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde - Capitolo 1
E
in effetti era quello che aveva sempre fatto. Si era circondato di ragazze
bellissime ma vuote. Di ragazzi che lo assecondavano sempre senza mai
contraddirlo o contrariarlo, come un vero re davanti alla sua corte. E i nemici?
Gli bastava guardare davanti a sé per la risposta. Estremamente intelligente e
quindi stimolante. In un modo o nell'altro lo spingeva sempre a dare il meglio
di sé. O il peggio, a seconda dei punti di vista. Lo faceva sentire vivo.
Ma
in fondo erano mai stati nemici davvero? Perché l'aveva odiata per tutto quel
tempo? Perché gli avevano insegnato a farlo. Perché gli avevano ordinato
di farlo. Ma poi a lui cosa gliene poteva importare del sangue che scorreva
nelle sue vene? Invece sentiva uno strano senso di gratitudine nei suoi
confronti, perché lo odiava per ciò che era e non per chi era. Lo odiava
perché era un ragazzino arrogante, pieno di sé, dalla lingua tagliente, convinto
che tutto gli fosse dovuto. Ma non lo invidiava per i suoi soldi, non lo adulava
per la potenza della sua famiglia, non tentava di ottenere qualcosa da lui. Lo
odiava solo perché era Draco e lo faceva con la stessa intensità con cui gli
avrebbe voluto bene se solo lui si fosse mostrato diverso, più
umano.
"Grazie... Hermione".
« Quando voglio immensamente
bene a qualcuno non ne dico mai il nome, è come cederne una
parte.»
Il
ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde - Capitolo 1
Gli
suonava così strano pronunciare quel nome. Ripensò a tutti gli anni passati e si
chiese se mai, almeno una volta, l'avesse chiamata per nome, anche soltanto nei
suoi pensieri. Hermione.
No, per lui era stata sempre solo la
Mezzosangue.
Sul viso del fantasma comparve un'espressione sorpresa. Non si
aspettava di sentire il proprio nome pronunciato da lui. Non le era mai
piaciuto, troppo legato al passato, preferiva dei diminutivi. Ma detto da lui,
in quel momento, si era caricato di una dolcezza del tutto nuova ed
inaspettata.
Nel momento in cui Draco pronunciò il suo nome, si rese conto di
essersi affezionato a quel fantasma con cui poteva (riusciva) per qualche ora a
tornare sé stesso, e che lo riportava ad un periodo della sua vita in cui poteva
dire di essere stato sereno. Forse anche felice, ma sicuramente sereno.
Probabilmente non si sarebbe mai abituato del tutto a pronunciare il suo nome,
ma ora era consapevole, aveva realizzato che quella era la sua
Mezzosangue. Ormai non poteva più negare di sentirsi legato a lei.
«
Oggigiorno la gente conosce il prezzo di tutte le cose e non conosce il
valore di nessuna.»
Il
ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde - Capitolo 4
Nei
giorni che seguirono, Draco non poté fare a meno di chiedersi come aveva fatto
in tutti quegli anni a sbagliarsi così tanto sul conto di Hermione. Più passava
del tempo con lei e più intuiva dalle sue espressioni, dai suoi gesti, una
persona completamente diversa da quella che ricordava. O forse era meglio dire
da quella che si era costruito nella sua mente.
Rileggendo i comportamenti
dei tempi di Hogwarts alla luce di tutto quello che era successo dopo, vedeva
una ragazza coraggiosa e leale, che trovava in quello in cui credeva la forza di
portare avanti le sue sfide e le sue decisioni. Una persona decisa a dimostrare
quanto valeva, non per pura vanteria, ma solo per farsi accettare da un mondo in
cui si sentiva vagamente estranea. E lui non l'aveva capito. Ecco un altro
rimpianto che si aggiungeva alla sua già lunga lista. Chissà dove lo avrebbe
condotto prolungare quello strano rapporto che si era creato tra loro. Per ora
grazie a lei finalmente trovato il coraggio di guardarsi realmente dentro e
cominciare ad accettarsi. Nessuno fino ad allora era riuscito a fare tanto per
lui. Ma nessuno fino ad allora si era veramente fermato ad osservare
attentamente la sua anima. Tutti si erano limitati ad etichettarlo come Malfoy e
valutare il modo migliore di sfruttare la sua amicizia o almeno una sua
parvenza.
Presto anche 'Il Ritratto di Dorian Gray' finì e così Draco
scelse un nuovo libro.