La regina dette alla luce un figlio e lo chiamò Asterione.
Apollodoro
Apollodoro
Il grande evento regale del 1913 dell’Europa fu il matrimonio a Berlino della figlia di Guglielmo II, imperatore di Germania, con il principe di Hannover, il 22 maggio. La città rutilava di bandiere, stendardi e pavesi, la stazione ferroviaria dove giungevano i vari sovrani era presidiata come un campo militare, da soldati e agenti in borghese, per tema di attentati.
Il banchetto di Stato fu allietato da 250 ospiti, tra uniformi e gioielli era tutto un grande, immenso scintillio.
Il Kaiser, Guglielmo, in uniforme di gala da dragone reale inglese, l’ordine russo di Sant’Andrea di traverso sul petto, dava il braccio alla regina Mary d’Inghilterra, seguiva re Giorgio V, in uniforme da colonnello dei dragoni prussiani, conduceva la moglie del Kaiser. Lo zar, pure lui nell’uniforme di colonnello dei dragoni prussiani con l’ordine dell’Aquila nera degli Hohenzollen, dava il braccio alla zia del Kaiser, mentre Alessandra seguiva accompagnata dal principe ereditario tedesco, Guglielmo, alias “Piccolo Willy”
I festeggiamenti mascheravano la tensione, le danze il nervosismo, le candele nei lampadari di cristallo balenavano nei preziosi intarsi dei mobili e sui monili, un ultimo palpito di luce prima che scoppiasse la catastrofe.
Che l’anno dopo il mondo era in guerra, scoppiava il primo conflitto mondiale.
Che si chiuse in quel novembre ’18, con una nuova geografia di potere, lacrime e dolore. La Russia si era ritirata dopo Brest-Litovsk nel marzo, nell’estate era scoppiata la guerra civile.
L’impero tedesco era crollato, il Kaiser aveva abdicato, come Carlo, imperatore di Austria e Ungheria, il granduca Ernie, fratello della defunta zarina, era la fine del vecchio mondo.
Alessio era perso sul filo dei ricordi, avevamo brindato alla fine delle ostilità, finalmente, fiori di gelo sorgevano ai vetri delle finestre per il freddo, pensava.
Nel maggio 1913, la famiglia Romanov aveva compiuto un un pellegrinaggio commemorativo in onore di Michele I, risalendo il Volga con un battello a vapore fino a Kostroma ove viveva quando apprese di essere salito al trono.
Olga, sorella dello zar, rievocava poi le manifestazioni di lealtà, le folle riunite per dare una fuggevole occhiata, persone che si inginocchiavano per baciare l’ombra di Nicola II, gli applausi.
Mio zio R-R rifletté invece la mera curiosità, le celebrazioni non avevano colpito nessuno in particolare, le speranze del popolo di una rinascita, di un miglioramento non trovarono riscontro.
Comunque, l’arrivo a Mosca, capitale storica, ove Michele I era stato incoronato, fu un trionfo.
Sostarono alla stazione circondati da un numero incredibile di dignitari, lo zar salì su un cavallo bianco e cavalcò da solo, sessanta piedi davanti a tutti e alla sua scorta, verso il Cremlino dalle rosse mura circondato da una folla plaudente, come un conquistatore, facendosi beffe degli eventuali attentati. Le decorazioni erano superbe, drappi di velluto con i simboli dei Romanov sul boulevard di Tyerskaya, ogni edificio coperto di pennoni, bandiere e quanto altro, forse ancora più suggestive di quelle di San Pietroburgo.
Nicola II scese nella Piazza Rossa, tutte le processioni religiose convergevano lì, si incamminò tra folle di sacerdoti metropoliti vestiti di velluto e raso, dalle lunghe barbe, vi era odore di cera e incenso che si levava dai turiboli, sacri inni vibravano nell’aria, camminando leggero sulla passatoia di velluto scarlatto per entrare nella cattedrale.
R-R sentì un colpo al cuore quando scorse il giovane zarevic, che doveva percorrere a piedi le ultime cento iarde come la zarina e le sue sorelle, prima di entrare nella cattedrale, una volta scesi dalle carrozze.
Stava a malapena in piedi, ancora i postumi dell’emofilia, o almeno così suggeriva un libro di recente pubblicazione, “Dietro il velo della Corte Russa”, tanto che un cosacco della guardia lo prese tra le braccia, portandolo dentro, tra le esclamazioni addolorate di tutti.
Il piccolo principe raddrizzò la testa e le spalle, senza fallo, deglutendo il nodo che gli serrava la gola, R-R si inchinò profondamente, fino a rimanere senza fiato, non aveva mai onorato gli zar Nicola II o suo padre Alessandro III con quel tributo.
“Ora che è finito andiamo a casa” disse Anastasia, deglutendo.
“Espana”Alexei, si alzò in piedi dalla sedia al divano, sorrisi senza precipitarmi a soccorrerlo o assillarlo se stava bene o meno, le perle che avevo alle braccia e alle orecchie erano piccoli frammenti di luna, una nuova luna.
La Spagna ci aspettava. Un nuovo inizio.
Yo soy Xavier.