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Autore: MorganaMF    17/11/2018    1 recensioni
«Quando Duncan è arrivato al nostro accampamento, non avrei mai potuto immaginare tutto ciò che ne sarebbe conseguito. Voleva reclutare un solo elfo Dalish, e invece se ne è ritrovati due: i gemelli Mahariel, fratello e sorella. Gli ultimi rimasti della nostra famiglia, dopo che nostro fratello Tamlen era sparito nelle rovine.
Il Quinto Flagello mi ha portato via quasi tutto: ho dovuto abbandonare il mio clan, ho perso la mia famiglia... ho perso perfino una parte della mia vita, strappatami via dall'Unione. Ma, per assurdo, questo Flagello mi ha portato alcune delle cose più belle: ho trovato l'amore, ho incontrato le persone più strane... ho stretto rapporti profondi con molti umani, cosa che un tempo non avrei mai creduto possibile. Una di loro, in particolare, mi resterà sempre nel cuore: sarebbe diventata parte della mia famiglia, se le cose fossero andate diversamente. La cara, indimenticabile Hawke. È stata con noi fino alla fine, ci ha aiutati a sconfiggere il Flagello e sarebbe dovuta diventare un Custode Grigio; ma alla fine è andata per la sua strada, come tutti gli altri.
Non dimenticherò mai questo Flagello: nel bene e nel male, ha cambiato per sempre la mia vita.»
[M. Mahariel]
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Custode, Hawke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le porte della sala dell’Assemblea di Orzammar si aprirono di scatto. Tutti i deshyr, i nobili nani che ne facevano parte, fermarono il cicaleccio che inondava l’ambiente, lasciando spazio solo al suono dei passi del capitano della guardia cittadina.
«Chiedo umilmente perdono per l’intrusione, signori… ma abbiamo un problema.»
«Quale istanza è tale da giustificare una sì improvvisa interruzione dell’Assemblea? Stiamo cercando di rimettere in sesto Orzammar!» alzò la voce il supervisore Bandelor.
«I Custodi Grigi sono tornati, signore. E insieme a loro c’è la principessa Sereda Aeducan» disse allora la guardia. I mormorii e le esclamazioni si levarono immediatamente nell’aria. Harrowmont e Bhelen, entrambi presenti, reagirono in maniera opposta: se il primo si lasciò scappare un sospiro di sollievo, il secondo rimase a bocca aperta.
«Sono stati esiliati, la pena prevista in caso di tentato ritorno è la morte! Perché mai li avete lasciati tornare?» si adirò il principe.
«Perché io ho ordinato così.»
Molte si voltarono per guardarsi fra di loro, gli occhi sbarrati e le labbra dischiuse e sussurranti.
«Questa voce…»
«Non può essere!»
Il suono di pesantissimi passi scosse le pareti della sala: l’enorme golem a malapena passò dall’arcata del grande portone. Mentre passava a stento nello stretto corridoio che portava al centro dell’androne, i nani seduti sui seggi disposti tutt’attorno la fissavano sgomenti.
«Che c’è? Non riconoscete il vostro unico Campione ancora in vita?» disse Branka, sprezzante; Sereda e i Custodi la seguivano, per il momento ignorati dalla maggior parte dei nani.
«La voce è indubbiamente quella di Branka…» mormorò Bandelor, incredulo.
«Ma non è possibile! Quello è un golem!» esclamò qualcun altro.
«Se c’è un golem qui, allora Branka ha davvero trovato l’Incudine del Vuoto!» gridò entusiasta qualcun altro.
«O forse è un inganno architettato dai Custodi, ci sono maghi fra loro!»
«Basta!» tuonò Branka pestando un piede a terra; tutti si zittirono immediatamente. «Io sono Branka. E sì, ho trovato l’Incudine del Vuoto» disse con fare trionfante, le esclamazioni che si abbattevano sulla sala scrocianti come pioggia. «Non solo ho trovato l’Incudine: insieme a essa ho trovato il campione Caridin in persona» aggiunse, e sembrò che la meraviglia generale non potesse avere mai fine. Branka sbuffò, seccata dai commenti che le volavano addosso. «Sì, sì, lo so: Caridin sparì secoli fa, dovrebbe essere morto, bla bla bla. State un po’ zitti e ascoltate! Caridin mi ha svelato il segreto dell’Incudine: per dar vita ai golem è necessario prendere la vita dai nani stessi. Non si può creare la vita dal nulla, capite? Egli stesso è stato tramutato in golem, e per tutto questo tempo ha protetto l’Incudine nelle Vie Profonde. Ha voluto ricompensare me per il mio valore, per essermi spinta oltre ogni limite pur di recuperare uno dei tesori più rari di Orzammar: mi ha resa immortale alzando su di me il suo martello, voleva fare di me la sua erede.»
«Quindi avete riportato l’Incudine a Orzammar? Potremo forgiare un nuovo esercito di golem?» esclamò un nobile, entusiasta.
«Purtroppo no. L’Incudine era un manufatto prodigioso, ma delicato: dopo secoli d’inattività si era indebolita, e mastro Caridin ha fatto giusto in tempo a riforgiare me. L’Incudine è andata distrutta, ma non temete: lavorerò alacremente per costruirne una nuova!»
«E Caridin? Che ne è stato di lui?» chiese Bandelor, rapito dal racconto.
«Con l’Incudine distrutta, non aveva motivo di vivere oltrela sua veglia era terminata. Si è gettato nella lava, dopo aver vissuto una lunga vita». Fece una breve pausa prima di riprendere la parola. «Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile senza l’aiuto della principessa Sereda e dei Custodi Grigi.»
Sereda e i Custodi tirarono un sospiro di sollievo: i falsi ricordi impiantati in Branka da Caridin avevano fatto il loro dovere. Il bello stava per arrivare: ora tutta l’attenzione, prima catalizzata su Branka, si spostò su di loro.
«Questi individui sono criminali!» sbottò Bhelen, furioso. «Vi siete lasciata raggirare da loro!»
«Oh, voi dite? Perché loro mi hanno raccontato una storia molto diversa. Siete voi il vero criminale!» gli puntò contro il dito pietroso Branka. «Avete architettato tutto voi: avete ucciso Trian e avete fatto ricadere la colpa su vostra sorella. E quando i Custodi hanno raccolto le prove per incriminarvi, avete incastrato anche loro!»
Le esclamazioni indignate si impilarono una sull’altra, molti occhi inquisitori si posarono su Bhelen e sulla sua mascella contratta.
«È naturale che vi abbiano raccontato simili menzogne su di me. Ma non c’è alcuna prova a sostenere tali accuse!»
«Certo, avete preso e distrutto tutte le prove che avevamo raccolto!» non resistette Merevar.
«Non preoccuparti, fratello» disse Sereda con disprezzo. «Ecco qui le prove che volevi». Si fece da parte e una figura che fino ad allora le era rimasta appiccicata come un’ombra scivolò al centro dell’attenzione. Ruck, ingobbito e agitato, si guardava attorno torcendosi nervosamente le mani e borbottando sommessamente.
«Quel… quel nano è stato corrotto dalla prole oscura!» strillò una nobile portandosi le mani al viso.
«Così come la principessa» si ritrasse appena uno dei nani nelle prime file. Sereda gli lanciò un’occhiata accigliata.
«Non temete, signori... la corruzione non si trasmette parlando» li prese in giro con supponenza. «Ho trovato Ruck dopo il mio esilio nelle Vie Profonde. Ha ormai perso il senno, ma sono riuscita a scoprire che era parte di una spedizione andata perduta cinque anni fa. Una spedizione organizzata dalla casta dei minatori.»
«Sì, lo ricordo bene… io stesso ho finanziato quella spedizione!» esclamò uno dei presenti.
«Ruck è riuscito a sopravvivere nonostante la corruzione. E ha visto delle cose davvero interessanti» disse ancora Sereda. «Dimmi, Ruck: riconosci qualcuno di questi nani?»
Gli occhi spaesati del nano vagarono sui numerosi volti presenti: ci volle un po’, ma si fermarono su un giovane nano appartenente alla casta dei guerrieri. Ruck puntò il dito su Frandlin Ivo.
«Lui! Il bugiardo!»
«Ivo? Non era con la principessa quando è stata colta sul fatto?»
«Sì, ed è stato proprio lui a testimoniare che la principessa ha ordinato a lui e agli esploratori di uccidere Trian» bisbigliavano i nani tutt’attorno.
«Perché è bugiardo, Ruck? Raccontaci» continuò Sereda, prendendosi tutto il tempo necessario. Voleva godersi quel momento, gustarselo lentamente.
«Lui ha accusato. Accusato la bella principessa, detto bugie a tutti. Ma Ruck era lì, nascosto: Ruck ha visto. Nani cattivi hanno ucciso l’altro nano, prima che la bella principessa arrivasse. Lei è gentile, lei era triste quando ha visto il nano morto!»
Tutti guardarono Ivo con aria interrogativa. «Ivo, cosa avete da dire in vostra difesa?»
Ivo iniziò a sudare visibilmente. «Non è vero niente! Quel nano è folle!»
«Proprio perché è folle non ha ragione di mentire» incrociò le braccia sul petto Bandelor.
«Ruck ha visto! Ha visto il bugiardo parlare nelle Vie Profonde» gridò Ruck, puntando il dito su Bhelen «con l’altro bugiardo! Prima che il nano morisse!»
Sereda prese a fissare il fratello, le iridi più affilate di qualsiasi lama e gli angoli della bocca sollevati in un sorriso malevolo.
«Alcuni di voi erano presenti quel giorno, signori» parlò Sereda. «Non è forse vero che Bhelen si è presentato in ritardo al momento di partire per la spedizione? Eccovi spiegato il motivo. Stava tramando con Ivo, che era stato mandato in avanscoperta e mi attendeva nel thaig Aeducan, dove la loro trappola mi attendeva.»
I nani che avevano partecipato alla missione nelle Vie Profonde si guardarono senza dire nulla; non osavano esprimersi in sfavore di Bhelen, non ancora.
«Lord Ivo, se confessate ora potrete ancora salvare quel poco d’onore che vi rimane» esordì il supervisore Bandelor. Gli occhi di Ivo iniziarono a schizzare da ogni parte come biglie impazzite; alla fine non resse più. Scoppiò in lacrime.
«Sì, è vero. Ho mentito! Bhelen mi aveva promesso che una volta salito sul trono avrebbe riportato in auge il nome della mia ormai decadente famiglia!»
Lo sdegno divenne un boato che inondò la sala come un fiume in piena.
«Silenzio!» gridò Bandelor. «Bhelen, le accuse contro di voi sono gravi. Come rispondete?»
Bhelen si alzò in piedi con rabbia. «No! Non accetto nulla di tutto questo! Non accetto di essere giudicato sulla base di accuse lanciate da un nano senza senno, per non parlare del nostro cosiddetto Campione» indicò Branka. «Non capite? È tutto un tranello di Sereda! Se Branka è un golem, qualcuno deve controllarla con la verga! Forza Sereda, fai vedere a tutti la verga con cui obblighi Branka a dire ciò che ti fa comodo!»
«Non parlare di me come se fossi un mucchio di pietra inanimata, principino» replicò Branka, offesa. Aprì il palmo della mano rivelando l’oggetto metallico al suo interno. «Ecco qui la tua verga, nanerottolo. Nessuno mi controlla: Caridin ha dato a me la mia verga di controllo.»
Il sorriso di Sereda si ampliò; superò Branka e si mise in mezzo alla sala dell’Assemblea.
«Se mio fratello non ha il coraggio di ammettere le sue colpe anche di fronte all’evidenza, va bene. Per me non c’è problema. Se i fatti esposti non bastano, lasciamo giudicare gli Antenati e la Pietra…» puntò il dito contro Bhelen. «Sfido pubblicamente Bhelen a provare il suo onore di fronte a tutta Orzammar. Richiedo un duello all’Arena delle Prove!»
Per l’ennesima volta i nani esclamarono sguaiatamente; il supervisore Bandelor impiegò parecchi minuti per riuscire a placare gli animi.
«Mi sembra una richiesta ragionevole, e che va tra l’altro a vostro favore, Bhelen… dato che le prove contro di voi sono schiaccianti, vi conviene accettare. Saranno gli Antenati che riposano nella Pietra insieme ai vecchi Campioni a giudicarvi.»
Bhelen non rispose; guardava la sorella con espressione furibonda, ma lei sorrideva soddisfatta come non mai.
«Che c’è? Hai paura di affrontare la tua sorellina? Ormai sono debole e corrotta… potresti avere la meglio, per una volta» lo sbeffeggiò. Bhelen digrignò i denti, rabbioso.
«E sia.»
 

Un’ora più tardi gli spalti dell’arena erano gremiti: l’intera città era stata messa a soqquadro dalla notizia, e i nani avevano abbandonato ogni attività per assistere al duello fra gli ultimi due Aeducan rimasti. Il gruppo dei Custodi occupava i posti d’onore con Branka, l’altra grande attrazione della giornata.
«Questa me la voglio proprio godere» intrecciò le mani dietro la nuca Merevar, adagiando la schiena sullo schienale di pietra. Melinor lo guardò con tanto d’occhi.
«Da quando ti piacciono queste cose? Un tempo avresti definito tornei e duelli come questi delle pagliacciate…»
«Anche ora trovo che sia una pagliacciata. Lasciar decidere gli antenati tramite un duello? Assurdo, sono le armi e le abilità dei guerrieri a decidere, e non c’è niente di giusto in questo. Ma ho visto Sereda combattere, e darà una bella lezione a quel suo viscido fratello… non potrà che essere uno spettacolo bellissimo» ridacchiò l’elfo. Oghren sghignazzò al suo fianco.
«E questo è l’elfo di cui sono innamorata, signore e signori» si accodò alle risate Hawke.
«Signore e signori» le fece eco il presentatore delle Prove «siamo tutti qui riuniti per assistere a un evento straordinario: Sereda e Bhelen Aeducan combattono per provare il proprio onore di fronte ai loro cittadini e agli Antenati!»
La folla urlante eruppe in un assordante boato mentre i due fratelli entravano nell’arena, entrambi vestiti di lucenti armature.
«Hai un bel coraggio a sfoggiare l’armatura della casata Aeducan, Bhelen» disse Sereda, sollevando la visiera del suo elmetto.
«Sta’ zitta, Sereda» ribatté Bhelen. «Pensa alla tua, di armatura, che cade a pezzi.»
«Non sarà all’ultima moda, ma che ci vuoi fare… l’ho recuperata nelle Vie Profonde. Sai, mi hai fatta sbattere laggiù vestita di stracci. Ho dovuto arrangiarmi» ribatté l’altra, gelida. «Ma non preoccuparti, reggerà contro di te.»
Proprio in quell’istante suonò il corno: il duello poteva cominciare.
Sotto lo sguardo sbigottito di tutti, Sereda piantò la sua ascia a terra e si appoggiò comodamente con il gomito sull’impugnatura. Bhelen s’indignò al punto da non riuscire a proferire parola.
«Che c’è? Ti sto aiutando» gli sbatté in faccia il suo disprezzo Sereda.
«I tuoi trucchetti non funzioneranno. Non mi indurrai ad attaccare per primo» sibilò Bhelen.
Sereda prese a rimirarsi le unghie. «Oh, va bene. Fai pure. Mi domando cosa penseranno loro» accennò con la testa al pubblico. «Tutti conoscono il mio valore… penseranno che hai paura.»
Costretto ad ammettere che la sorella aveva ragione, Bhelen sfilò rapidamente un pugnale dalla cinta e lo scagliò verso di lei, che scansò il proiettile con facilità.
«Sempre il solito imbroglione, pronto ad aggirare gli ostacoli» sentì montare la rabbia dentro Sereda; prese l’ascia e la fece roteare in aria prima di caricare, mentre Bhelen faceva lo stesso.
Il clangore dei loro colpi iniziò a risuonare nell’arena, smarrendosi via via fra le voci concitate degli spettatori.
«Come hai potuto fare tutto questo, Bhelen?» gridò lei nell’abbattersi sul fratello. «Io ti volevo bene, nostro padre te ne voleva… hai distrutto la nostra famiglia!»
Bhelen scansò il colpo e rispose prontamente, ma Sereda lo bloccò con l’asta della sua ascia: erano quattr’occhi.
«Sì, la nostra bella famiglia felice» le fece il verso lui. «Nostro padre non aveva occhi che per Trian, e Trian non aveva occhi che per se stesso! Passava le sue giornate a darmi ordini come se fossi stato un servo qualunque! E poi c’eri tu, l’Aeducan più amata di sempre… tutta la città non faceva che leccare la pietra su cui passavi! Nessuno si degnava mai di dare attenzione a me!»
«E questa è stata la tua brillante idea per metterti in mostra?» gridò Sereda, allibita, liberandosi dall’ascia di Bhelen e indietreggiando. «Sbarazzarti di tutti noi era l’unico modo? Potevi darti da fare, muovere quel tuo patetico deretano!»
«Ho passato la vita a farmi in quattro!» le si gettò contro furiosamente Bhelen, livido di rabbia, verde d’invidia. «Ma non era possibile con voi due davanti a me! Io sarei stato sempre il terzo, sempre l’ultimo… il povero, inutile Bhelen! Anche adesso, dopo tutto la fatica fatta, sei tornata a rovinare tutto! Saresti dovuta morire nelle Vie Profonde!»
Qualcosa scattò in Sereda all’udire quelle parole: Bhelen non la vedeva più come una sorella da tempo, ormai. Comprese di essere solo un ostacolo sul percorso di quello che un tempo era stato suo fratello. Proruppe in un grido che fece gelare il sangue nelle vene persino alle persone sugli spalti: Bhelen la guardò spaesato giusto il tempo necessario a Sereda per caricare. Lasciò cadere l’ascia, abbassò la visiera dell’elmo e corse in avanti, investendo il fratello in pieno petto: egli perse l’arma nel cadere, e finirono entrambi in una nuvola di polvere. Scaturì una raffica di pugni, calci, rotolamenti: la gente sugli spalti vedeva a malapena, sentiva i grugniti e le grida iraconde dei due. Quando la polvere iniziò a diradarsi, videro Sereda sfilare un paio di pugnali dallo stivale di Bhelen. Sentirono il nano gridare di dolore mentre Serena lo puntellava al suolo trafiggendogli una mano dopo l’altra; la videro alzarsi in piedi, Bhelen che gemeva di dolore con il volto rotto e sanguinante, le mani fissate al suolo. Sereda andò a recuperare la sua ascia e tornò da Bhelen, torreggiante su di lui nonostante la bassa statura. La sollevò sopra la testa.
«Dì a tutti la verità» intimò al fratello. Ma egli esitò. Gli mollò un calcio nel fianco facendolo urlare di dolore. «Dillo!»
Lo riempì di calci finché, preso per sfinimento, Bhelen non parlò.
«Sì, sì! Sono stato io!» ammise gridando. «Ho incastrato Sereda, e ho fatto uccidere Trian!»
Lo stadio proruppe in un tumulto d’indignazione, e nessuno udì le velenose parole che Bhelen indirizzò a sua sorella.
«Ho ucciso nostro padre, e pensavo d’aver ucciso anche te… e non me ne pento. Lo rifarei» quasi sussurrò quelle ultime parole, gli occhi spiritati fuori dalle orbite. Il viso di Sereda si deformò, un autentico ritratto della rabbia: i Custodi si protesero in avanti, vittime come tutti gli altri della suspence mentre Sereda calava l’ascia sulla testa di Bhelen, lanciando nell’aria un grido disumano. L’arma affondò con un tonfo e il silenzio si fece totale.
Una pozzanghera calda si allargò sotto ai piedi di Sereda, la quale si scostò e scrollò i piedi schifata. Guardò Bhelen.
«Ecco la fine che ti meriti: in una pozza del tuo stesso piscio» gli disse. L’ascia era calata talmente vicina alla testa di Bhelen da avergli graffiato l’orecchio sinistro: i suoi occhi erano immobili, e se non era morto lo sembrava di certo.
L’arbitro delle Prove si avvicinò ed esaminò la situazione.
«Bhelen è stato sconfitto» annunciò; il pubblico era silente, ancora impressionato dalla scena e dal fatto che Sereda non avesse spaccato a metà il cranio del fratello. «Lady Aeducan, non intendete finirlo?»
Negli occhi della nana brillò una luce cupa e tetra. «Oh, ho intenzione di finirlo, sì… ma a modo mio.»
Gli occhi Bhelen parvero riprendere vita dopo quelle parole: rimase inerme a osservare la sorella mentre riprendeva la sua arma. La vide togliersi uno dei bracciali dell’armatura, restando con il braccio scoperto; con la lama dell’ascia si tagliò appena il polso, e il sangue iniziò a sgorgare. Bhelen iniziò a dimenarsi come un animale impotente al macello mentre Sereda si accovacciava su di lui.
«No, no! Ti prego, no!»
«Siamo una famiglia» gli sussurrò lei con falsa dolcezza. «Le famiglie restano unite nella buona e nella cattiva sorte… e questa è la sorte che tu hai scelto per noi. È giusto che tu ne sia parte.»
Con la mano libera spinse a terra la testa di Bhelen e gl’infilò il polso ferito in bocca, costringendolo a bere il suo sangue corrotto. Bhelen scalciava, le lacrime che si mischiavano al sangue sul suo viso.
«Non sei contento? Volevi la gloria, come me e Trian… ora condividerai parte della mia gloriosa fine» gli sussurrò a un orecchio. Si alzò, gelida e pungente come una stalattite, e diede le spalle a Bhelen.
Qualcuno iniziò ad applaudire; poi un altro paio di mani si unì, e un altro ancora. L’intera arena applaudiva a Serena, dandole tutto il supporto che si era ben meritata.
«Beh… questa sì che è stata un’esecuzione coi fiocchi» deglutì Alistair, un po’ intimorito dalla principessa dei nani.
«Oh sì… uno spettacolo degno della corte d’Orlais. Se ne scrivessi una canzone spopolerebbe, laggiù» applaudiva Leliana.
Nel frattempo lord Harrowmont e un corteo di nobili si erano portati giù nell’arena: tra le mani di Harrowmont brillava la corona dei re e delle regine di Orzammar.
«Smascherando i crimini di vostro fratello e sconfiggendolo davanti agli occhi della città e degli Antenati, avete dimostrato il vostro valore, lady Aeducan. Pertanto è un onore per l’intera Assemblea dei deshyr proclamarvi nuova regina di Orzammar.»
La folla acclamò Sereda, felice di avere finalmente una nuova regina; ma quella non si decideva a muoversi, né aveva l’intenzione di farlo.
«Lady Aeducan…» la incalzò lord Harrowmont.
«Andiamo, Harrowmont… non sarò io la prossima regina» disse, scatenando le più disparate reazioni.
«Ma siete l’unica erede!»
«Sì, e sono corrotta!» s’indicò come a volersi mostrare per bene. «Quanto durerò senza perdere del tutto il senno, eh? Uno, due anni? Se siamo fortunati… no, lord Harrowmont» decretò con decisione camminando verso di lui. Gli sfilò la corona dalle mani e gliela mise davanti al naso. «Mio padre voleva che foste voi a succedergli. Io voglio onorare le sue ultime volontà.»
«Lady Aeducan… vostro padre non voleva lasciare Bhelen sul trono, ma se voi foste stata in vita vi avrebbe nominata come sua erede!»
«Bene, e in quanto legittima erede io abdico in vostro favore» annunciò a gran voce. Si guardò attorno. «Se qualcuno ha qualcosa in contrario, lo dica subito.»
Nessuno osò aprire bocca; Sereda sorrise e tornò a guardare lord Harrowmont.
«Inginocchiatevi, lord Harrowmont» gli ordinò, ed egli ubbidì. Sereda posò la corona sulla sua testa argentata e lo fece rialzare. Si voltò verso la platea di spettatori. «Lunga vita a re Pyral Harrowmont!»
La stessa frase rimbombò un paio di volte dagli spalti, per lasciar subito spazio a esclamazioni gioiose e canti.
«Lady Aeducan, io… non so come ringraziarvi. Mi avete reso un grande onore, e spero di essere all’altezza» le disse Harrowmont.
«Era la cosa giusta da fare» ribatté Sereda con grande modestia. Abbassò gli occhi per non mostrare la loro acquosa brillantezza. «Voglio che resti impresso nella storia che almeno uno dei figli di re Endrin Aeducan ha reso onore a suo padre e al suo nome.»
 

«Non so come ringraziarvi, Custodi. Senza di voi le cose sarebbero andate a finire molto, molto diversamente» disse Sereda due giorni più tardi nello stringere le mani di tutti loro. «Grazie infinite, davvero. A tutti voi» disse ammiccando in direzione di Oghren.
«Allora, come avete risolto la faccenda del marmocchio di Bhelen?» chiese quest’ultimo con la sua proverbiale delicatezza. Per Sereda era stato un bel colpo scoprire che a palazzo c’era una senza casta con in grembo il figlio di Bhelen.
«Seguiremo la tradizione. Se nascerà femmina, tornerà nel distretto della polvere con sua madre. Se sarà maschio… ci occuperemo di lui come si deve, in modo che non diventi come suo padre. Forse c’è ancora speranza per la stirpe degli Aeducan.»
Sereda diede ordine alle guardie di aprire i cancelli di Orzammar per lasciar uscire il gruppo. «Buona fortuna con la vostra guerra civile. Orzammar sarà pronta ad accorrere al vostro richiamo.»
«Con voi a comandare le truppe, la vittoria è già nostra» le sorrise Melinor, ricordando che Sereda aveva ripreso la sua posizione di comandante dell’esercito.
«Chi meglio di una principessa mezza ghoul potrebbe guidare i nani contro il Flagello?» ridacchiò lei. «E non dimenticate che arriverò a cavallo di un golem!»
Oghren aggrottò le sopracciglia. «Come… come va con Branka? Si è accorta che la verga che le abbiamo dato non è quella autentica?»
Sereda picchiettò l’oggetto metallico camuffato da pugnale che sporgeva dalla sua cintura. «Ehi, anche se è falsa è pur sempre stata forgiata da Caridin. Branka non se ne accorgerà mai, finché io avrò quella originale. Piuttosto, Oghren… siete sicuro di voler lasciare Orzammar? C’è posto per un veterano come voi nell’esercito.»
«Nah» agitò la mano lui, scacciando via la proposta. «Voglio stare il più lontano possibile dalla mia ex moglie di pietra.»
«Come volete» sospirò Sereda. «Allora… a presto, Custodi.»
Il gruppo salutò i nani e varcò la soglia della città: dopo un mese passato là sotto, la luce diretta sulle loro pupille fece quasi male. Restarono un attimo fermi oltre i cancelli: Oghren non riusciva a riaprire gli occhi. Mai aveva visto una luce simile in vita sua.
Le guardie stavano per richiudere le porte ma Sereda li fermò.
«Aspettate, io… voglio provare una cosa.»
Mosse con cautela i passi verso la soglia.
«Principessa, cosa fate? Non potete uscire in superficie, o perderete il vostro rango!» si preoccupò una delle guardie.
«Oh, ma fatemi il piacere… voglio solo capire com’è qua fuori, dato che dovremo marciare all’aperto fra non molto!»
Nessuno ebbe nulla da ridire: Sereda venne investita dalla luce del sole, e se fosse stata una seguace della Chiesa andrastiana l’avrebbe scambiata per la grazia del Creatore in persona, tanto era accecante. Quando riuscì finalmente a mettere a fuoco, si trovò a fianco di Oghren: entrambi fissavano il cielo imbambolati e pietrificati.
«Sembra… sembra proprio di caderci dentro, come dicono tutti… pensavo fossero solo storielle» farfugliò Oghren. Sereda rimase muta come un pesce per alcuni istanti prima di proferire parola.
«Credo… credo sarà meglio portare le truppe ad addestrarsi qui fuori» deglutì. Con gli occhi fissi sul mostro celeste picchiettò la mano sulla spalla di Oghren. «Beh, Oghren… buona fortuna qua fuori.»
Indietreggiò fino alla soglia di Orzammar come un’ubriaca; i cancelli si richiusero lasciando Oghren fuori.
«Ehi, amico» si abbassò per studiarlo da vicino Zevran. «Tutto a posto?»
Oghren non apprezzò la vicinanza e arretrò bruscamente con il viso. «Sì, sì… mi ci abituerò. Ma tu stammi alla larga, elfo!»
Ridacchiando si allontanarono dalla montagna, culla di Orzammar: fu una gioia respirare l’aria fresca, sentire il calore del sole nel freddo frizzante del clima montano. Fu come un’ondata di beatitudine in grado di spazzare via magicamente tutte le cose orrende che avevano visto sottoterra.
Scesero la lunga scalinata che portava ai piedi della montagna, e alla fine del tragitto si arrestarono bruscamente.
«Non posso crederci» sbarrò gli occhi Melinor, incredula. Merevar la superò con la stessa espressione impressa sul viso.
Sten li attendeva con il suo spadone assicurato alla schiena. Ci fu un lungo momento in cui nessuno parlò.
«Il vostro corriere mi ha trovato» disse allora Sten, criptico come sempre; ma c’era qualcosa di diverso e di nuovo in lui.
«Lo vedo» alzò un sopracciglio Merevar. «Cosa ci fai qui? Pensavo non volessi più stare con noi a “perdere tempo”.»
«Io… mi sbagliavo» ammise il qunari. «Pensavo foste poveri d’onore, ma avete fatto in modo di restituirmi la mia spada nonostante io vi abbia lasciati indietro. Per me significa molto, mi avete ridato una ragione di vita. E intendo ripagarvi servendovi con la spada che mi avete restituito.»
Merevar sorrise soddisfatto; stava per parlare, ma qualcosa alle spalle di Sten lo lasciò senza parole.
«Sten, cosa… cos’è quella cosa alle tue spalle?»
«Oh, quello… è un regalo. L’ho trovato lungo la strada.»
Oghren si mise le mani fra i capelli. «Dannazione, sono partito da Orzammar per lasciarmi un golem alle spalle… e ora me trovo un altro fra i piedi?!”
«Io non sono un regalo, tanto per cominciare; e siete voi nanetti a stare fra i piedi a me» puntualizzò il golem con voce stizzita. «Io sono Shale. E voi, con quei bastoni… siete maghe? Bah. Vedete di starmi alla larga.»
 

 

NOTE AUTRICE
 
E anche a Orzammar è finita! Uno sviluppo diverso rispetto alla storia originale, ma diciamoci la verità: anche in gioco un duello contro Bhelen nell’Arena delle Prove sarebbe stato fantastico, per un Custode Aeducan!
E mentre i nostri eroi combattevano sottoterra, Sten ha riavuto la sua spada e ha rintracciato il gruppo… non potevo lasciarlo a morire da solo nelle Selve, vi pare? Così lungo il tragitto è passato per Honnleath e ha raccattato Shale. Ora i seguaci sono al completo!
Sperando che questo sviluppo alternativo della quest di Orzammar vi sia piaciuto, vi saluto. Ci rivediamo a Denerim!
   
 
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