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Autore: _Metallica_    15/07/2009    2 recensioni
La mia prima fanfiction in assoluto, che tenevo in caldo da un bel po' di tempo. Kyle, Stan, Kenny e Cartman alle prese con un lavoro speciale (dedicato in particolare a tutti i lettori di Black Lagoon) che li constringerà a destreggiarsi tra mafia, azione, avventura, e perchè no, anche amore. (il rating non sapevo se metterlo rosso o arancione. Ho preferito arancione)
Genere: Generale, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bebe Stevens, Eric Cartman, Kenny McCormick, Kyle Broflovski, Stan Marsh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cartman attenta alle palle di Kenny

Cartman attenta alle palle di Kenny

POV KENNY

La luce potente del sole mi ferì gli occhi.

Era da tre giorni che non uscivo da quella stramaledetta stiva, e i miei occhi si erano abituati al buio quasi totale che vi regnava. Aspettando che le macchie luminose sparissero dal mio campo visivo, mi voltai verso gli altri.  Cartman strizzava le palpebre e lanciava una serie di fantasiose bestemmie a tutti i santi del cielo e della terra, mentre Kyle se ne stava zitto, e, lo percepivo chiaramente, cercava di trattenersi dal tirare un pugno a Eric, che tra i suoi insulti aveva incluso anche diversi riferimenti al credo ebraico. Io pensai con rimpianto al bel film porno francese che stavo guardando il giorno della nostra cattura. “Troie da dietro 9”. Ah, un vero capolavoro della cinematografia.

Ci trovavamo in un enorme spiazzo asfaltato, delimitato da un recinto e delle mura di cemento. A una ventina di metri da noi c’era una banchina con un pontile di legno, a cui era attraccata la nave.

-Signori, vi prego di seguirmi.- al suono di quella voce, i soldati che erano con noi scattarono sull’attenti, mentre noi tre ci girammo incuriositi. A parlare era stato un uomo sulla cinquantina, con i capelli corti e brizzolati e gli occhi color grigio ferro. Aveva il volto austero e deciso, la mascella quadrata, e la bocca, distorta in una piega severa, era talmente sottile da sembrare uno strappo in quella faccia coperta di rughe sottili. L’uomo aveva una divisa militare, su cui campeggiavano diverse mostrine. Non sono mai stato capace di evincere da quelle medagliette il grado nell’esercito, ma capii immediatamente che si trattava di un tipo importante.

Che palle... quel tipo sembrava la versione più vecchia di Arnold Schwarzenegger. Ed ero sicuro che Cartman si sarebbe messo nei casini.

Per fortuna sul momento non successe niente, e tutti e tre ci dirigemmo dietro “Arnold”. Che strano, lui ci voltava tranquillamente le spalle, non c’erano altri soldati con noi e, a quanto sembrava, era anche disarmato. La cosa mi inquietò. Doveva essere molto pericoloso.

Entrammo nel recinto di filo spinato, poi attraversammo un piazzale e varcammo una porta, che si trovava sul muro di un gigantesco edificio cubico di pietra grigia. L’interno era rischiarato dalle luci al neon, e percorremmo una marea di corridoi e stanze, prima di giungere davanti ad un portone di legno scuro.

Il caro Arnold bussò alla porta, che si aprì immediatamente. E, quando entrammo, rimasi scioccato.

Dietro una scrivania di vetro e acciaio era seduta una ragazza. Non donna, ma ragazza. Poteva avere al massimo la nostra età, ed era assolutamente bellissima. Aveva la carnagione molto pallida, sembrava quasi porcellana, il fisico tonico e formoso era fasciato da una maglietta rosa e attillata e da jeans chiari a sigaretta. Il viso, delicato e proporzionato, aveva un che di troiesco che mi mandò su di giri: labbra carnose e rosse, occhi verdi da gatta e ciglia lunghe, nerissime. Una cascata di ricci dorati completava l’opera.

Probabilmente passai i dieci minuti successivi a fissare le sue meravigliose tette, che sembravano dipinte da non so quale artista, e me le immaginai senza veli, magari riprodotte sullo schermo di una TV o su qualche bel calendario. E chissà com’erano al tatto... morbide, toniche... aaaaah...

E poi, mentre navigavo nel paradiso di quelle tette epiche, come quando da piccolo mi ero sniffato urina di gatto e avevo avuto delle visioni alquanto pornografiche, fui interrotto dalla voce di quella creatura angelica, che cominciò a parlare.

-Il mio nome è Bebe Stevens. Attualmente non vi occorre sapere il mio ruolo, sono solo la vostra... datrice di lavoro. Vi dico il mio nome vero, in modo che capiate che mi fido di voi. In questo lavoro bisogna necessariamente fidarsi dei propri soci, no? Trovo che la fiducia reciproca sia importante.-

Ehi, era solo una mia impressione, o mi aveva fissato in modo provocante? Non me l’ero immaginato, giusto? Beh, cazzo, quella tipa era la troia più troia che avessi mai visto... insomma, era il mio tipo! Chissà se sarei riuscito a portarmela a letto...

-In ogni caso, prima di ammettervi nella nostra famiglia abbiamo bisogno di saggiare la vostra abilità, perciò ho preparato una piccola missione per voi. Niente di che, è un incarico facile e tranquillo.-

-Sì certo, facile e tranquillo. Non mi suona affatto nuovo.- mormorò Cartman tra i denti. E aveva ragione. Il signor Junzo aveva pronunciato le stesse parole, quando, una settimana prima, ci aveva affidato il compito di dare alle fiamme un locale gestito da certi mafiosi del cartello di Manasarera. Per poco non ci facevamo ammazzare. Probabilmente, se in quel momento non fossi stato totalmente concentrato sulle tette di Bebe, avrei rifiutato l’incarico come al solito, ma ero talmente ansioso di compiacerla, in qualunque modo, che pensai di agire come un bravo cagnolino e darle retta. Lei, dopo un secondo di pesantissimo silenzio passato a fissare Cartman, continuò:

-Come referente invierò insieme a voi una delle mie sottoposte. Attenti, le sue valutazioni sono molto severe- e sogghignò- il suo nome è Wendy Testaburger. Wendy, vieni pure.-

Avvertii un lieve fruscio alle nostre spalle, e mi voltai. Ma cos’era, la casa di Diabolik? Davanti a me c’era una ragazza poco più che diciassettenne, con lunghi capelli corvini e un fisico sottile e sinuoso. A differenza dell’altra, questa aveva una bellezza molto più “pulita”. Insomma, non sembrava uscita da un bordello, ma l’uniforme alquanto succinta che indossava (tailleur nero corto con calze a rete e scarpe altissime) la rendeva decisamente sexy.

-Possiamo rifiutare l’offerta?- chiese Kyle, piuttosto seccato.

-Credo proprio di no- rispose Bebe con un sorrisetto.

 

POV KYLE

Bene. Bene. No, anzi, perfetto. Prima eravamo mercenari, facevamo quel cazzo che ci pareva e svolgevamo gli incarichi che decidevamo noi. Adesso ci eravamo ridotti a cagnolini al servizio di una stupida puttanella, e non solo, ora ci toccava quella sottospecie di palla al piede con il nome di Wendy Testaburger. Bene.

Il mio primo istinto fu di dare fuoco a quel posto, specie guardando l’espressione ebete di Kenny, che fissava la bionda come un gigantesco regalo di Natale. A quanto pare, la sindrome del gigolò era tornata. Ogni volta che Kenny adocchiava un essere di sesso femminile (il cui requisito principale erano tette, culo e una scarsa capacità locomotoria) andava in palla totale. Se una pioggia di meteoriti fosse caduta, lui non se ne sarebbe accorto, perché troppo occupato a cercare di perforare con lo sguardo gli abiti della pollastra di turno.

Il tipo che sembrava Rambo a cinquant’anni ci accompagnò fuori, e ci lasciò sul piazzale di asfalto, indicandoci una città vicina, Sattahip, in cui ci saremmo potuti riprendere un po’. Wendy, più tardi, ci avrebbe spiegato i particolari della missione e ci avrebbe dato una mano per trovare il posto. Che palle. Appena riuscii a trovare un minuto di tempo chiamai Stan e lo avvisai di venirci a prendere.

Probabilmente avremmo dovuto aspettare due o tre giorni prima di vederlo, perché, anche se la nostra nave era molto veloce, avevamo impiegato circa quattro giorni per arrivare in quella base.

-Sarà meglio trovare un posto per dormire- suggerì la nostra nuova compagna di viaggio. Se non altro era educata, ma il suo modo di parlare da signorina di buona famiglia mi infastidiva.

Con l’aiuto di una jeep raggiungemmo un piccolo hotel, il “Mangoes Guesthouse”, che si trovava sulla strada per Sattahip, a quindici chilometri dalla città di Pattaya. Era poco più che una bettola, ma, sin da quando ero giovane, ero abituato a non essere schizzinoso. Tuttavia, quando vidi la divisione delle stanze cambiai subito idea.  Io ero in camera con Cartman. CON CARTMAN! Di sicuro era stato Kenny. Quel maledetto stronzo di Kenny. E infatti lui era in una singola, accanto a quella di Wendy. Pervertito... E PERCHE’ A ME ERA TOCCATO CARTMAN?

Calma, calma. La faccenda non è poi così male, insomma... sempre sperando che a Cartman non vengano in mente le solite stronzate... MA LUI COMBINA SEMPRE STRONZATE!! Ok, posso, anzi, DEVO, cercare di trovare un’altra stanza.

Arrivai alla... ehm... “reception” dell’hotel, che sembrava più che altro l’anticamera di un bordello di pessima categoria, e, dietro il balcone, trovai un africano ciccione che ronfava come un ippopotamo. Il che, di per sé, non era così strano. La cosa che mi fece inorridire fu un quaderno con le pagine macchiate di caffè e Bacardi, e di qualcos’altro che non osai immaginare, e che riconobbi come il registro dei clienti. Chinai la testa, disperato, indeciso se toccare quel tizio e beccarmi il colera oppure passare la notte con Cartman. Decisi in due secondi: preferivo il colera.

Mi avvicinai al panzone, e provai a toccargli la spalla per svegliarlo. Le mie dita sprofondarono in due centimetri buoni di grasso. Per fortuna, il tizio aprì un occhio, incrostato di cispa, e mi fissò con un’iride profonda, color cioccolato.

-Che vuoi?- chiese con una voce da baritono. Bene, se non altro sapeva parlare e conosceva l’inglese, anche se l’accento era abbastanza discutibile.

-Io... vorrei sapere se c’è un’altra stanza libera, magari una singola, in cui potrei alloggiare.-

-No, non ce ne sono. Se vuoi però puoi andare a dormire con il vecchio Jimbo.-

-Ehm, chi sarebbe?- feci io, prevedendo il peggio. Il grassone indicò con un gesto vacuo una baracca a pochi metri da noi, dalla cui porta spuntava la mano di un uomo che reggeva una bottiglia di birra.

-EHI, JIMBO! VECCHIO UBRIACONE, VIENI FUORI!- vedendo che l’altro non reagiva, il ciccione si avviò verso la baracca con passo barcollante, poi toccò la mano che spuntava dalla porta ed esalò:- Porca troia, è morto! Che palle, poteva parcheggiare il suo culo fuori dalla mia proprietà e andare a crepare da qualche altra parte!-

Scioccato da questo grottesco esempio di fratellanza, girai i tacchi e decisi che, per quella notte, era meglio sopportare uno stronzo piuttosto che prendere le pulci o qualche orrenda malattia.

O almeno, così pensavo, finchè non raggiunsi la mia camera, la 1313 (della serie: numeri fortunati) e aprii la porta. In quel preciso istante, sentii il mondo crollarmi addosso. E non perché la stanza fosse sporca o simili, ma perché Cartman era lì, intento a tirare bestemmie e maledizioni contro un enorme, principesco, letto a baldacchino.

 

-Porco cazzo- fu la sola cosa coerente che riuscii a dire, prima di cominciare a farfugliare parole incomprensibili, scuotendo la testa da destra a sinistra. Cianuro. Mi serviva del cianuro, alla svelta. Ero preparato a tutte le eventualità, ma non a questa.

-KENNY- ruggì Cartman - se lo becco lo castro a mani nude e poi gli faccio inghiottire le sue fottute palle! Questa è di sicuro una sua idea!!-

Io mi limitai a darmi uno schiaffo sulla fronte, chinando la testa. Certo, non potevo strappare le palle a Kenny, ma quel vecchio marpione me l’avrebbe pagata, in un modo o nell’altro. Per esempio, avrei potuto negargli l’accesso ai siti porno. Tempo una settimana, e sarebbe tornato a chiedermi scusa con la coda tra le gambe.

- Cartman...-

-KYLE, non ORA per favore. Adesso vado dal fottuto padrone di questa topaia e mi faccio spostare in un’altra camera. FANCULO!-

-Non credo che tu possa farlo, Cartman.-

-E perché no?-

-Ho appena tentato di fare la stessa cosa. Non ci sono altre camere disponibili.- mormorai io con un tono lugubre, gli occhi chini a fissarmi la punta delle scarpe. Riuscivo a percepire l’incazzatura di Cartman con una precisione impressionante. Era come un’aura di fuoco puro che partiva ad onde dal suo corpo per infrangersi contro il mio, e in quell’istante sentii la sua mascella scattare.

-Cosa? COSA? E IO DOVREI DIVIDERE IL MIO LETTO CON UN EBREO!?-

-CARTMAN, SE PENSI CHE IO SIA VAGAMENTE CONTENTO DELLA SITUAZIONE TI SBAGLI, PERCIO’ CHIUDI QUELLA CAZZO DI BOCCA, OK? CREDI CHE MI FACCIA PIACERE STARE IN STANZA CON UNO SCHIFOSO NAZISTA?- mi fermai, ansimante, e fissai Cartman con uno sguardo pieno di odio. Lui era abbastanza impressionato, e mi guardava con la faccia che avrebbe avuto un qualunque essere umano se avesse visto uno struzzo che ballava la mazurka con un pinguino handicappato.

-Ma allora anche gli ebrei hanno le palle!- esclamò con un ghigno teatralmente sorpreso stampato sul muso. Io tentai disperatamente di non farmi venire un attacco di bile in piena regola, e cercai con tutte le mie forze di non manifestare i miei scleri davanti a Cartman.

-Allora, Eric, facciamo così, dormiamo a turno sul letto, una notte per uno. Chi sta per terra si prende un po’ di coperte e si arrangia come può. Non dobbiamo starci molto, appena tre notti, quindi...- non mi sembrava una proposta irragionevole, anzi. Era assolutamente giusta e democratica. A quanto pare, però, Cartman non la pensava nello stesso modo.

-Eh, no, puoi scordartelo ebreo. Non ho nessuna intenzione di dormire per terra.-

-Allora credo che andrai a tenere compagnia al cadavere del vecchio Jimbo!-

-E chi cazzo è il vecchio Jimbo??- chiese Eric a metà tra il curioso e lo scandalizzato.

-Lascia perdere. Quando mi incazzo tendo a vaneggiare. Comunque è il caso di darsi una mossa, sono le due del pomeriggio e non ho voglia di litigare fino a stasera. -

-In questo caso è deciso: io dormo sul letto e tu per terra.-

-No!-

-Senti, Kyle, il letto è talmente grande che potremmo anche dormirci in due, no?- a quelle parole le mie sinapsi ebbero un leggero blackout. Non era possibile. Cartman, o meglio, il Cartman che io conoscevo, non avrebbe mai detto una cosa del genere. Rimasi due secondi a fissarlo, in silenzio, sperando che la mia mascella non toccasse il pavimento.

-Ho capito: tu non sei Cartman.-

- Kahl, che cazzate dici? E chi altro potrei essere?-

- Di sicuro non Cartman. Non credo che Eric avrebbe voglia di dormire nello stesso letto con un ebreo.- lui alzò gli occhi al cielo, e in quel momento mi parve, ma forse mi sbagliavo, che fosse arrossito.

-Ti prego, Kyle, ti ho fatto quella proposta perché non ho voglia di questionare su una cazzata del genere. Perciò, scegli: o dormi con me, o per terra.- detto questo, mi porse la mano. - O forse - disse ironicamente - sei talmente attratto da me che non riusciresti a controllarti dormendomi vicino?-

Sentii le orecchie bruciare, e capii che mi aveva fregato. Se avessi dormito per terra avrebbe insinuato che ero attratto da lui, cosa che d’altra parte avrebbe fatto anche se avessi accettato la sua offerta. La differenza stava solo nella sistemazione: un materasso morbido contro un duro pavimento.

Allungai la mia mano per stringere la sua, ma lui la evitò ridendo e mi diede uno schiaffo in testa. Dio che rabbia. Cartman aveva il potere di farmi innervosire. 

-Allora affare fatto, ebreo.- esclamò uscendo dalla porta, i muscoli del viso contratti in un’espressione che non prometteva niente di buono. -Ah, e ricordati di toglierti la sabbia dalla vagina, ti rende irritabile.

 

POV KENNY

Dopo aver sistemato la roba nella mia stanza, che era proprio accanto a quella di Wendy, (a quanto pare, per una volta la fortuna mi aveva aiutato) decisi di fare una passeggiatina nel giardino dell’hotel. Appena uscii di fuori, però, mi accorsi che non sarebbe stato possibile. Perché? Il “giardino” consisteva in un minuscolo fazzoletto di terra riarsa ed erbacce, ed era occupato da una specie di baracca. Davanti a quello spudorato esempio di incompetenza edilizia, un africano ciccione stava gridando bestemmie contro un tizio sdraiato per terra.

Non c’è che dire, eravamo capitati proprio in un posto del cazzo.

-ALLORA NON ERI MORTO, EH? CHE CAZZO CERCAVI DI FARE, DI SCOLARTI TUTTA LA BIRRA DEL MIO ALBERGO?-

Cristo, ma perché ci eravamo fermati in quell’albergo? Se i gestori erano loro, non c’era da stare tranquilli. Beh, perlomeno erano divertenti, e sarei rimasto ore a guardarli, se una voce, con una delicatezza degna di un tricheco, non avesse urlato:-KENNY!!- era Cartman. Il resto della conversazione lo capii ben poco, ma mi bastò sentire le parole “strappo” e “palle”, per capire che non era il caso di farmi vedere da Eric. Probabilmente pensava che fosse mia la colpa di quella sistemazione, e naturalmente ignorava che a dividere le stanze era stata Wendy, non io.

In ogni caso, sarebbe stato molto difficile spiegargli la verità prima che mi strappasse le palle. Mi guardai intorno, alla ricerca di possibili nascondigli o alberi su cui salire, ma quel posto sembrava il deserto del Sahara. E poi, oltre un muretto, vidi la mia salvezza: una palma, che si ergeva solitaria sfidando la piattezza del paesaggio circostante.

Saltai agilmente il muretto, poi mi tolsi la maglietta e la usai per aiutarmi con la salita. Il tronco era liscio, ma con un lavoro come il mio ero bravo in questo genere di cose, e ben presto arrivai sulla cima. Giusto in tempo, perché dieci minuti dopo vidi Cartman che usciva dalla porta, bestemmiando in tutte le lingue. Porca troia... se mi avesse beccato sarebbero stati guai.

Rimasi fermo e zitto mentre lui si guardava intorno e mi chiamava, mentre io pregavo che non guardasse in alto.  E infatti, due secondi netti dopo, alzò la testa.

-Merda-

-KENNY! TI ERI NASCOSTO, EH? ASPETTAMI CHE ARRIVO!- sfortunatamente, Cartman era quello che, tra noi quattro, poteva vantare il fisico più atletico. Siccome da piccolo era grasso e tutti lo prendevano in giro, ossessionato dalla linea, passava pomeriggi in palestra per aumentare la massa muscolare. Oltretutto il suo lavoro di ladro lo aveva dotato di un’agilità fuori dal comune.

Saltò su per il tronco con una forza e una velocità che mi spaventarono, e quando si issò sulla cima della palma aveva una faccia così brutta che rabbrividii. Cominciai a urlare solo quando estrasse un coltellino a serramanico.

-Bene, Kenny, adesso facciamo i conti...-

-NO! Senti, posso spiegare! CARTMAN FERMO CON QUEL COSO!!- urlai. Lui si bloccò, la lama puntata contro il cavallo dei miei pantaloni.

-Spiegare cosa?-

- L- le stanze... è stata Wendy a deciderle, non io!  E vi ha messo in stanza insieme solo perché non vi conosce bene e non sa che vi odiate!-

-Peccato, per una volta che potevo divertirmi.-

Io sospirai di sollievo. Le mie preziose, uniche palle erano salve, Cartman si era placato e, cosa più importante, avrei dormito nella stanza accanto a quella di Wendy.

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Angolo dell'Autrice

Questo è decisamente un capitolo di transizione, ma che volete farci, li lascio calmini prima che gli eventi comincino a degenerare. Huhu, li adoro! se solo esistesse 1 fumetto di SouthPark penso che avrei tutti i numeri.

E ora, la mia risposta quotidiana:                             Luke Spontich: grazie mille per la recensione, che, essendo la prima, fa comunque un certo effetto! e poi le tue osservazioni mi hanno fatto molto piacere, cercherò di migliorare sempre di più.

Per concludere, chiedo a chi legge senza recensire di lasciare un commentino, e in anticipo: GRAZIE MILLE!!

  
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