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Autore: Colarose    18/11/2018    8 recensioni
Quando si perde tutto, non si fa che rimproverarsi di non aver fatto di più per non perdere quel tutto.
E Harry ha perso tutto.
Ma gli verrà data un seconda possibilità.
Un viaggio nel tempo, 27 anni indietro nel passato.
Prima che Voldemort seminasse terrore, prima della Prima Guerra Magica, prima dei Mangiamorte e prima della fondazione dell’Ordine della Fenice.
Prima di quel 31 ottobre, prima di quell’esplosione.
Prima dei Malandrini.
Una nuova responsabilità si fa carico sulle spalle di Harry: vincere la Prima Guerra, prima che ce ne sia anche una seconda.
Ma ci sarà un piccolo imprevisto.
**********
Siete pronti per la lettura?
Ma soprattutto, siete pronti per la storia del quinto Malandrino?
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Rincorrere i segreti altrui, portando solo guai
 
«Potter» la voce rigida della McGranitt fece quasi sobbalzare Harry. Si voltò, guardando la professoressa che lo osservava decisa e determinata.

«Si?»

«Nel mio ufficio» Harry spalancò gli occhi.

«Cosa?»
«Nel mio ufficio» scandì la McGranitt, guardandolo con un sopracciglio alzato.

La mente di Harry lavorò freneticamente. Cosa aveva fatto? Cosa aveva fatto di male senza che gli altri ne fossero coinvolti? Guardò con uno sguardo interrogativo i suoi amici, mentre Remus sembrava terrorizzato.

«Ok…» disse riluttante, si alzò e seguì la professoressa, e gettando un’ultima occhiata ansiosa ai suoi amici, che non era per il motivo che loro pensavano, uscì dalla Sala di Studio.

James e Sirius già esultavano interiormente.

Remus si alzò «Sapete che vi dico? Mi è tornato in mente che devo ancora fare il tema di Trasfigurazione. È piuttosto difficile, meglio che vada in biblioteca» disse prendendo la borsa in spalla.

«Cosa?» sbottò James, oh no, non poteva andarsene di nuovo. Era da due giorni che era così, Harry non li lasciava un attimo, e quelle rare volte in cui se ne andava, anche Remus lo faceva. A volte portandosi dietro Peter con una stupida scusa.

«Non andare! Lo fai dopo!» esclamò Sirius, cercando di convincerlo. Un Corvonero gettò loro un’occhiataccia.

«No, meglio ora.»Insistè Remus.

«Andiamo, Remus, che ne dici di andare insieme in biblioteca?» ghignò James, estremamente convinto di averlo incastrato.
«Shhhh» sussurrò lo stesso Corvonero di prima, infastidito dalle loro chiacchiere.

«È arrivato il figlio di Madama Pince» sibilò Sirius, facendolo ammutolire. Il Corvonero riprese a fare i compiti di Aritmizia, mentre il Black si voltava verso Remus con un sorriso sfavillante.

Remus sbattè le palpebre, schiarendosi la voce «No, verrete cacciati in tempo due minuti a causa dei vostri stupidi schiamazzi»

Peter, che sembrava poco interessato alla conversazione, sembrò essere colto da un’idea. Una speranza si accese in lui.

«Dopo ce lo fai copiare?» chiese. Remus lo guardò rigidamente.
«No»
Peter si sgonfiò «Ma non riesco a farlo» piagnucolò.

Da quel che Remus ricordasse, non aveva neanche visto Peter aprire il libro di Trasfigurazione. Tuttavia, colse la palla al balzo; James aveva già capito le prossime due frasi prima che venissero dette. Si sbattè una mano in fronte.

«Se vuoi puoi venire con me, così ti aiuto a farlo» propose, sorridendo gentilmente.

«No no, Pete!» cercò di dissuaderlo James, non volendo subire il corso degli eventi senza fare niente «Pensa… il silenzio della biblioteca, sui libri… ti annoierai a morte! Remus che ti spiega cose incomprensibili, ti viene il mal di testa… resta qui, Pete.» Poi abbassò la voce «Possiamo sempre rubargli il tema»

«Presente!» esclamò Remus, alzando gli occhi al cielo, Sirius lo liquidò con un gesto della mano. Non faceva niente se Remus non c’era, potevano benissimo informare prima Peter e poi lui. Sembrava quasi che Remus evitasse a tutti i costi di trovarsi da solo con loro senza Harry.

Minus lo osservava incerto. Remus, a quel punto, cacciò i suoi occhi da angelo che ingannavano quotidianamente i professori, facendoli dubitare che fosse un buon Malandrino.

«Peter» sussurrò, appoggiando le mani al lungo tavolo, ricoperto di calamai, piume, pergamene e libri, mentre gli  alunni studiavano. «Se copi poi dopo non capirai davvero… non imparerai niente. Poi quando la McGranitt ti farà le domande, non saprai rispondere. La Trasfigurazione ti sarà utile un giorno, Peter, ti pentirai di non averla studiata» disse con tanta gentilezza da far sentire in colpa Peter in caso di un rifiuto.

«Tutte stronzate, Peter» sussurrò Sirius, imitando il tono soave e ragionevole di Remus, anche se non gli uscì molto bene. Peter si sentiva conteso come una fanciulla tra due principi di due regni, e non era sicuro che gli piacesse quella situazione.

Sembrava che andare a studiare in biblioteca, o restare lì, fosse una decisione da cui dipendesse il destino del mondo.

«R-ragazzi» balbettò, tirandosi indietro.

«Peter» lo chiamò James gentilmente. Peter si alzò di scatto, non sopportando la fusione inquietante di James e Sirius che imitavano il tono di Remus, ottenendo solo l’effetto contrario sulle persone.

«V-vado con Remus» disse «H-Ha ragione»

Prese freneticamente il libro e la pergamena, e si diresse verso il licantropo. Remus gli sorrise.

«Hai scelto bene, Peter» disse soddisfatto.

«Ma si tratta di andare in biblioteca…»
«No, si tratta del tuo futuro» chiarì Remus sicuro, poi gettando un’ultima occhiata a Sirius e James, che lo guardavano male, si diresse insieme al suo amico verso la porta, come se non fosse successo niente.

Harry e Remus sembrava che ce la stessero mettendo tutta per non far aprire bocca ai due Malandrini.

Il fatto che tutto questo lo stavano facendo per una persona, Peter, Remus lo giudicava piuttosto assurdo. Harry non gli aveva chiesto niente, non gli aveva chiesto di filarsela quando lui se ne andava. Ma Remus, (a parte il fatto che voleva aiutare Harry) in fondo, non voleva trovarsi nella situazione di dover dire bugie ai suoi tre amici. Lo aveva già provato una volta, e non gli era mai piaciuto. Quindi scappava il più possibile.

Chissà se Harry provava una sensazione di oppressione in petto ogni volta che mentiva. 

Chissà se gliene importava qualcosa.

Remus scosse la testa quasi in modo veemente, guadagnandosi un’occhiata stranita da Peter.

Questo non era il momento dei dubbi.



Sta di fatto che, con la Luna Piena alta in cielo, provarono a fare l’ennesimo tentativo. Con la foglia di Mandragola piegata come al solito in sette parti, erano capaci di affrontare l’alito puzzolente, il cibo che diventava un po’ acido quando lo masticavano e le mosche che cadevano a terra appena aprivano bocca.

Remus aveva chiesto delicatamente a James se non volesse aspettare un po’, magari per riprendersi al meglio senza quella fastidiosa, viscida, verde presenza in bocca.

«Non è che prenderla in bocca mi cambia la vita, Remus.» Aveva sbottato il corvino.

Per fortuna, il primo giorno, andò tutto liscio.

Il secondo giorno, a Trasfigurazione, non andò tutto liscio.

La Professoressa McGranitt era una buona Capo Casa, dopotutto, e si preoccupava per i suoi studenti. Dopo i primi del mese di Settembre, in cui Potter e Black erano insolitamente silenziosi, e i loro tre compari giù di morale, la McGranitt aveva tirato un sospiro di sollievo quando aveva visto che era tornato tutto alla normalità.

Potter e Black che bisbigliavano, Lupin che li rimproverava (anche se in quel momento non era presente. Povero ragazzo, aveva avuto una notte terribile), e l’altro Potter e Minus che giocavano a tris (non sapeva se doveva esserne effettivamente contenta).

Tutto nella norma, insomma. James sembrava che si stesse riprendendo, e la conferma l’aveva avuta quando aveva trovato tutti i quadri del secondo piano al contrario, mentre le persone raffigurate al loro interno urlavano indignate, chi ricoperto di vino, chi aveva ricevuto un tavolo in testa, e chi era caduto sul lampadario.

Naturalmente, ripresi o no, le punizioni non si risparmiavano. Aveva cercato di cavar fuori qualcosa a Harry Potter, ma non ci era riuscita. Aveva mostrato una gran faccia tosta.

Potete capire la sua confusione quando li vide di nuovo tutti in silenzio, senza emettere il minimo fiato. Ma non sembravano arrabbiati l’uno con l’altro, e lì le sorse un piccolo sospetto.

«Per la prossima lezione mi dovete portare un tema di sessanta centimetri sullo Scambio» annunciò, Susan sbuffò «Potete andare» continuò poi, mentre tutti gli studenti mettevano a posto le loro cose e si accalcavano verso l’uscita.

«Tranne Potter, Black, Minus e Potter, per cortesia» finì di dire, i quattro si raggelarono.

Manco fossero pali, si girarono tenendosi rigidi e si diressero verso la cattedra, sempre rimanendo zitti.

La professoressa aspettò che i curiosi se ne andassero.

«Ho notato che siete stati… piuttosto silenziosi» la McGranitt assottigliò gli occhi, i quattro sudarono freddo. Peter sembrava prossimo allo svenimento, mentre progettava già la sua fuga in Messico in caso di condanna all’incarcerazione ad Azkaban.

«Cos’è successo?» domandò.

Harry non poteva davvero crederci, che dopo Voldemort, le torture, una guerra e tanto altro, aveva ancora paura della McGranitt.

Era qualcosa di inconcepibile.

I ragazzi si gettarono un’occhiata d’intesa, mentre intanto le loro sorti erano nelle mani di Sirius. Di solito era lui che si faceva avanti e mentiva.
Sapeva mentire, o meglio, sapeva dire le cavolate più assurde facendole sembrare veritiere grazie alla sua faccia che non tradiva la minima emozione.
Poteva anche dire che erano zitti perché erano scioccati dalla visione di uno snaso che si suicidava, e sarebbe riuscito a farlo sembrare vero.

Naturalmente, con qualche limite.

Black tirò fuori una pergamena e una penna, e gli altri lo imitarono. La prof aggrottò le sopracciglia.

«Forma di protesta» scrisse, per poi alzare il foglio.

Gli altri si limitarono a scrivere «Quello che ha detto Sirius»

La McGranitt alzò un sopracciglio «Forma di… protesta? Per cosa?»

Black sembrava molto appassionato mentre scriveva «Verso gli studenti che parlano durante le lezioni» gli altri tre alzarono il foglio di prima.

Harry gli gettò di sottecchi un’occhiata stranita (del tipo: «Ma cosa Merlino stai dicendo?»)

La professoressa credeva che ciò fosse quasi al limite dell’assurdo. I Malandrini che avevano intenzione di fare i bravi studentelli era qualcosa di davvero improbabile.

Mantenne la sua espressione scettica «E come mai la fate? Siete voi stessi studenti» interrogò.

«Noi vogliamo capirvi, professoressa, immaginiamo quanto sia difficile tenere tutti a bada» scrisse Sirius, guardandola dritta negli occhi.

«Crediamo inoltre che sia importante stare attenti alla lezione, quel che ci insegnate, potrà esserci molto utile in futuro»  scrisse James con un’aria da ruffiano, quasi palesemente copiando quel che aveva detto Remus.

«Tutti voi professori vi mettete d’impegno per questa scuola, per noi. Abbiamo capito che non rispettarvi è molto maleducato e irriconoscente» la scrittura di Peter era leggermente tremolante, e aveva le guance rosse rosse per l’agitazione.

 Harry gettò un’occhiata veloce alle altre risposte «In fondo, quel che fate, non è verso i vostri interessi, ma soprattutto verso i nostri. Quel che possiamo imparare qui, non riusciremo mai a recuperarlo in futuro. Tanto vale approfittarne»scrisse incerto.

Le sopracciglia della McGranitt raggiunsero altezze che gli altri comuni esseri viventi non potevano replicare.

Annuì rigidamente, mentre decideva se doveva far finta di crederci o no.
«Per quanto avete intenzione di non fiatare?» chiese.

«Per un mese… o due. Vedremo se questa forma di protesta avrà successo. Capisce che, in quattro (Remus si è rifiutato di farla. Crede che sia una stupidaggine e che nessuno ci darà conto. Un vero pessimista…) possiamo far ben poco, anche se siamo estremamente popolari e affascinanti. Oltre che carismatici, naturalmente. Cosa possono fare  quattro bellissimi ragazzi contro una massa di oltre cinquecento studenti? Dobbiamo essere realisti, professoressa. Quindi non ci dia troppe speranze» scrisse Sirius, talmente velocemente che la scrittura gli venne un po’ disordinata, ma tanto la McGranitt, grazie al suo lavoro, aveva imparato a decifrare anche le scritture più indecifrabili. Era un gioco da ragazzi leggere quella di Black.

«Possiamo congedarci, professoressa? Credo che il pranzo sia iniziato da qualche minuto. Ho molto appetito.» Scrisse James sorridendo, senza tuttavia mostrare i denti (sia mai che la foglia fosse incastrata fra questi).

La McGranitt li studiò un attimo, poi sospirò interiormente. Mentivano, era evidente, e probabilmente anche loro sapevano che non li credeva. Ma non sembrava che volessero gettare Mrs Purr nel lago, o far esplodere fuochi d’artificio nella serra, o colorare la barba di Albus, o cantare sul tavolo della Sala Grande, o dedicarle una serenata (0gni avvenimento riferito a eventi passati è puramente casuale)

«Andate» disse, sedendosi sulla sedia dietro la scrivania.

I Malandrini le rivolsero cenni di saluto rispettosi e si diressero verso l’uscita.
Black, dopo neanche due secondi da quando si era voltato, tossì violentemente.

Minerva si bloccò.

«Sbaglio o sento un odore familiare? Questa puzza, quando…» alzò lo sguardo, ma l’aula era deserta.

L’odore già dissolto nell’aria.
          
 
                                          
                                                                  *


James e Sirius osservarono serafici Harry andarsene grazie a un diversivo creato da loro.

Un primino era corso verso di lui «Harry!»aveva detto, i capelli rossi e gli occhi allegri. Il Malandrino lo aveva osservato confuso. «Ciao, sono Charley Bithes! Ho sentito che sei molto molto bravo in difesa, mi puoi aiutare per il tema? Per favooore, non riesco proprio a farlo! Sono al primo anno, quel che faccio io, per te, sarà una cavolata!» aveva esclamato, parlando in modo concitato, e prima che Harry potesse rifiutare, lo aveva preso per il braccio improvvisamente, trascinandolo con una forza che non ci si aspettava dal suo corpo mingherlino.

«Ehi ehi, aspetta!» aveva cercato di fermarlo Harry.

«Ragazzi, Harry Potter! Ci aiuterà ragazzi!» aveva urlato il ragazzino a un gruppo di amichetti, questi si erano alzati ed erano corsi verso Harry, come se fosse un animatore travestito da Topolino.

Harry aveva gli occhi spalancati dall’orrore, trascinato da una mandria di bambini.

Mentre era distratto, cercando di gestire la strana euforia dei primini dal fare un tema, Charley fece l’occhiolino a James. Poi si voltò, mentre sfiorava compiaciuto i due galeoni in tasca.



Prima che Remus potesse dire anche solo una sillaba fu bloccato da Sirius, e subì la stessa sorte di Harry: trascinato contro la sua volontà.

Mentre Peter correva dietro di loro, intuendo l’agitazione generale, Sirius, insieme a James, si tiravano dietro Remus.

Uscirono dalla Sala Comune, poiché il diversivo sarebbe durato pochi minuti e dovevano assolutamente nascondersi.

A un certo punto, Sirius mentre passava vicino al muro, notò una porta che non aveva mai visto.
Con Remus che si faceva ancor più bianco, raggiungendo le tonalità di un lenzuolo, Sirius spinse la porta, sentendo che qualsiasi aula ci fosse stata all’interno sarebbe stata ideale per parlare.

Era una stanzetta abbastanza confortevole, e i Malandrini (tranne Remus) si chiesero perché mai non l’avessero mai notata e soprattutto, perché ci fosse un luogo del genere in una scuola, in un corridoio dove solitamente ci si dirigeva a lezione.

Un tappeto dall’aria morbida era steso a terra, con vari cuscinetti sopra disposti in cerchio, e alcuni fogli erano messi ordinatamente su un tavolino, con qualche libro.
James si risvegliò dalla stupore e spinse tutti dentro, prima che Harry venisse a cercarli. Secondo i loro calcoli, e le rassicurazioni di Charley, sarebbe stato  impegnato per cinque minuti.

Chiuse la porta.

«Bene!» esclamò ghignando, lasciando perdere per quel momento l’unicità di quella stanza. Si sedette tranquillamente su un cuscino, incrociando le gambe.

Sirius e Peter lo seguirono a ruota, mentre Remus, dopo aver guardato con occhi spalancati i cuscini, sospirò e si sedette stancamente.

«Perché ci avete portati qui? Perché Harry non c’è?» chiese Peter con uno sguardo interrogativo.

«Mi avete rapito.» Sussurrò Remus osservandoli infastidito.

«Sì, più o meno» ammise James scrollando le spalle, come se fosse cosa da niente «Ma era l’unico modo per non permetterti di andartene. E comunque Peter, siamo qui perché dobbiamo parlare di una cosa che riguarda Harry, e che ci nasconde. Quindi, logicamente, lui non deve starci» spiegò.

«Oh» disse Peter perplesso «E cosa ci dovrebbe nascondere?»

«Non lo sappiamo, perciò stiamo facendo questa “riunione”» parlò Sirius lentamente e con eccessiva espressione facciale. L’alito puzzolente uscì ancor di più.

«Capisco benissimo, grazie» si difese Peter, indispettito.

Il Black sorrise divertito. E Remus si chiese fino a che punto dovesse mentire, se dovesse assecondare le loro teorie e supporre insieme a loro, o non assecondarle e non supporre niente.

Che cavolo doveva fare?
Da una parte voleva che gli altri lo scoprissero, dall’altra non lo voleva. Harry o gli altri? Egoismo o altruismo? Harry o l’Amicizia? Amicizia o Harry? Amicizia o Amicizia?

Amicizia.

Questo era il problema di fondo. Si maledisse quel giorno per essere stato sveglio fino alle due, maledisse la sua stupida curiosità, maledisse Harry per non l’averlo schiantato e avergli fatto un Oblivion, maledisse l’Incantesimo Vestigium, maledisse la libreria di suo padre e maledisse la sua testardaggine.

Maledisse un po’ tutto quel che lo aveva condotto a quello, perché se non avesse saputo niente di niente, se fosse stato cieco per un altro po’ verso le stranezze di Harry, ora sarebbe lì, interessato, ad ascoltare i sospetti di Jamie e Sir, facendo supposizioni e proponendole agli altri. Senza alcun senso di colpa, senza alcuna ansia e senza dover mentire.

Intanto, James e Sirius avevano preso a spiegare, con Remus che ascoltava distrattamente. Erano cose che già sapeva, ascoltava soltanto le loro supposizioni.

Si fece più attento al battibecco tra Sirius e James, sempre riguardo le intenzioni di Harry. Evidentemente, non avevano raggiunto ancora un punto d’incontro.

«Cosa potrebbe mai fare qualcuno a quest’età, Sir?» sbottò James, poi contorse velocemente la bocca, per rimettere la foglia di Mandragola al proprio posto.

Forse, se ascoltava e interveniva solo se interpellato, era meglio. E diceva una parte di verità. Una via di mezzo, insomma, no?

«Harry se è capace di duellare con Bellatrix, non vedo perché non dovrebbe saper fare altro!» esclamò Sirius, stizzito e gesticolando per evidenziare il concetto.

«È Harry!» ribadì James, gli occhi spalancati.

«E noi naturalmente sappiano tutto di lui! Dove abita, nomi dei genitori, del suo addestramento in duello, della super magia che ha imparato per rendere inutili le fottute protezioni di Potter Manor, fatta dai più abili maghi in circolazione,  ovviamente.» Si adirò Sirius, facendo trasparire il suo sarcasmo da ogni sillaba.

«Non puoi gettare tre anni di amicizia nella pattumiera. Non puoi smettere di fidarti di una persona solo per poco.» Sibilò il corvino «Io mi fido di lui.»

 «Come faremo durante la guerra?» pensò Remus sconsolato.

«Anche io!» sbottò Sirius, sulla difensiva.

James lo guardò come se avesse detto qualcosa di paradossale «E allora dimostralo, razza d’idiota!»

«Ehm» intervenne Peter, poiché la situazione stava degenerando «Credo… che non dovremmo essere così affrettati.»

Sirius sospirò, arrendendosi. Poi fece un sorrisetto, cercando di alleggerire la tensione «Affrettati o no, il qui presente signorino Potter du-»
«Uno»
«Due, ieri mi ha confessato di aver pensato che Harry fosse un sirenetto. O mezza Banshee, o mezza Veela»

Remus credette di essersi rotto un paio di costole nel tentativo di non ridere. Ma la sua faccia era talmente rossa, e i suoi occhi talmente divertiti, che si capiva benissimo cosa cercava di nascondere.

«Un sirenetto…?» esalò

«O una mezza Veela» rincarò la dose Sirius, facendo arrossire leggermente James.

«Scherzavo» borbottò, alzando gli occhi al cielo. Peter rideva liberamente, mentre Remus immaginava Harry correre saltellando per la scuola (in stile Heidi, per intenderci) con i capelli biondo lucente al vento.

Il biondino invece si stava divertendo ad immaginarlo nuotare allegramente per il Lago, spaventando i Serpeverde nei sotterranei. Magari qualche capriola… e qualche relazione amorosa con la Piovra Gigante.



«Oh, tesoro mio… nessuno mi hai mai cagato di striscio in novecento anni di vita…»
«Oh, Piovra, ma tu sei così viscida, così schifosa… come mai nessuno ti ha preso in considerazione? Vorrei tanto mangiarti-»

«Mi fai arrossire… ah, piccolo pervertito…»
«-Tagliarti in tante fettine e cuocerti al forno…»




«Se Harry fosse una mezza Veela» disse Remus, schiarendosi la voce «Avrebbe file di ragazze dietro»

«Oh beh, non è che se la cava tanto male» ridacchiò Peter.

Tutti risero leggermente, poi i sorrisi scemarono, e tornò il silenzio.

«Cosa ne pensi tu, Remus? Seriamente» mormorò James, quasi timoroso di rompere il silenzio confortevole. Ma mormorare o urlare non serviva a niente, perché subito nell’aria si fece strada una tensione, tutta irradiata da Remus.

Il licantropo l’osservò per un po’. Ecco, la Dea Bendata si stava dirigendo verso di lui, ma poi aveva sbattuto contro un palo, era rimasta stordita e poi era svenuta.  Perché fino a ora tutto era andato bene per lui.

Maledetto palo.

Remus ebbe l’impressione di aver maledetto troppe cose quel giorno.

«Credo che... abbia buone intenzioni. Secondo me c’è un motivo più che valido per cui non ce lo dice, forse non vuole coinvolgerci in qualcosa di troppo grande» disse, e nello stesso momento in cui vide le facce confuse degli altri, capì che forse  aveva detto un po’ troppo.

«Troppo grande?» ripetè Sirius «Cosa ti stai immaginando, Rem?»
«Niente di particolare. Forse anche io sto viaggiando troppo con la fantasia» chiarì immediatamente Lupin .

«Quindi che facciamo?» Peter pose la fatidica domanda, in cui tutti si lanciarono occhiate incerte.

«Beh… indaghiamo?» propose banalmente James, Sirius spalancò gli occhi.

«Oh, ma davvero? Pensavo che dovessimo spazzare i camini! Magari potevamo risalire alle sue origini tramite la pece, dato che i suoi capelli sono dello stesso colore! » disse sarcastico, fingendo meraviglia e stupore.

«Altro che Orion, il tuo secondo nome doveva essere Sarcastic» ribattè James. Si poteva dire che il sarcasmo fosse usato quotidianamente dal suo migliore amico.

«Non esiste questo nome» disse Sirius, con una faccia impassibile. Potter aveva l’impressione che così lo stesse prendendo ancor più in giro. Sventolò la mano in modo svogliato.

«Dettagli»

«Comunque, escludendo il fatto che sia una creatura, direi che è qualcosa al di fuori del catalogato. Nel senso, che non si trova sui libri. Forse dovremmo osservarlo più attentamente, e non farci sfuggire i dettagli» riflettè Sirius.

«Però vi prego» iniziò Peter disperato, con le mani giunte «Non fatelo notare troppo! Si vedeva come lo osservavate in questi giorni! Perfino io me ne sono accorto!»

«E quando avevi intenzione di dircelo?!» esclamò James allarmato. Forse anche Harry se ne era accorto, e quindi già immaginava che avessero capito qualcosa.

Oh, Merlino…

 «E tu, Rem?»
«Oh beh» balbettò il Lupo Mannaro colto alla sprovvista.

«Nel caso che uno di noi noti un avvenimento strano, o anche un misero di dettaglio, deve riferirlo agli altri componenti del gruppo dei Malandrini, tranne Harry, naturalmente. Tutto quello detto in questa stanza, deve rimanere segreto. E qui, dichiaro la riunione-semimaladrinesca chiusa. Grazie per l’attenzione» quasi urlò Sirius, per sovrastare tutti, con tono pomposo.

Gli altri si alzarono «Potevamo anche capirlo senza che tu usassi tutto il tuo vocabolario» disse Remus ironico, sorridendo leggermente, lasciando per un attimo da parte il fatto di dover poi raccontare tutto a Harry.

«Conosco anche altre parole. E poi è una comunicazione ufficiale, così fa più figo» replicò Sirius indispettito, dirigendosi verso la porta.

Uscirono tutti quanti velocemente, e poi camminarono con noncuranza nel corridoio, come se fino a poco tempo fa non stessero facendo supposizioni su uno dei loro più cari amici.

James si voltò indietro, per riguardare la porta della misteriosa stanza.

Davanti ai suoi occhi, questa scomparve.


*


I cinque, stretti come sanguisughe sotto al mantello dell’Invisibilità, si avvicinarono cautamente agli alti alberi.

«Ora, o mai più» sussurrò James. Era l’unico a non cacciare un fiato sgradevole, poiché la foglia l’aveva persa durante le elezioni della squadra di Grifondoro, facendo una capriola sulla scopa per mettersi in mostra con un gruppo di ragazzine. Sirius, dopo aver saputo del fatto, fu ancor più convinto della sua scelta nel non entrare ancora in squadra. All’inizio aveva detto «Il mio pubblico mi ama follemente, oltre al fatto che fare il telecronista, sfottendo pubblicamente James, è sempre un’esperienza emozionante» al che James gli aveva dato un pugno piuttosto forte sul braccio, e Sirius era scoppiato a ridere, dicendo che l’anno prossimo avrebbe provato ad entrare in squadra.

«Perché?» pigolò Peter, che tremava.

«Per Remus» rispose semplicemente il corvino, mentre il Lupo Mannaro osservava con occhi indecisi e timorosi la Foresta Proibita.

«Vi prego, ragazzi» disse, guardandoli supplicante «Non fatelo. Davvero, non ce n’è bisogno! Posso farcela da solo, ho resistito per sei anni, resisterò per altri!»

«Pff» sbuffò Sirius «E certo! Abbiamo buttato inutilmente due mesi al vento con delle maledette foglie disgustose in bocca! Ma per favore, Rem, non ci faremo fermare dalla “Foresta Proibita” e il fatto che nel nome c’è “Proibita” rende il tutto più allettante»

Harry alzò le sopracciglia «Bene, che ne dite di farci un accampamento intanto che decidete? » esclamò sorridente, sfregandosi le mani.

Tutti gli gettarono un’occhiataccia.

«Siamo Grifondoro o no?» domandò James in tono incoraggiante.

«Si!» risposero gli altri risoluti, tranne Remus, che non voleva entrare prevalentemente per il fatto che sperava ancora che i suoi amici si arrendessero in quell’impresa assurda.  Anche Peter aveva dato un sì esitante.

«Ci sarà un motivo se il Cappello ti ha messo in questa casata, vero Pete?» chiese James retorico, sorridendo al biondino
«Em… sì?»
«Esatto! E allora sei abbastanza coraggioso per questo! Difendi il tuo orgoglio, Peter!» esclamò.

 Minus lo guardò un attimo, poi, costringendosi ad assumere un’espressione convinta, annuì. James sorrise ed entrarono in quella selva che sembrava tanto oscura (e probabilmente lo era).

 
James stava andando completamente a caso, svoltando a destra e sinistra con l’unico obbiettivo di raggiungere il buio più totale, andando sempre più in fondo.

Benchè fuori dalla foresta, che sembrava quasi un mondo a parte, ci fosse il sole alto in cielo, dovettero accendere le bacchette, perché altrimenti rischiavano di inciampare in continuazione sulle radici.

Harry sembrava parecchio indeciso, e si mordeva il labbro in continuazione. Poi quando vide che James stava per svoltare a sinistra, decise di intervenire, prima che finisse male.

«Lì no!» esclamò agitato. James si bloccò.

«Perché?» chiese, con un misto di sospetto e sorpresa. Immagini di lunghe zampe grigie e pelose si affacciarono nella mente di Harry, lo scricchiolare causato dal camminare di quegli enormi ragni, ragnatele caliginose e occhi bianchi.

«Perché l’anno scorso seguii Hagrid di nascosto e vidi in lontananza dei grossi ragni» mentì.

Sirius spalancò gli occhi indignato «Sei… sei andato nella Foresta Proibita senza di noi?» esclamò, con una nota di tradimento nella voce, come se quello che aveva fatto Harry fosse un atto ignobile e vergognoso.

«Ha parlato di grossi ragni, per l’amor del cielo!» strillò Peter, mordicchiandosi le povere unghie. Indietreggiò, cercando di dirigersi al più presto verso il sentiero di destra. L’unica cosa che lo fermò dall’andare e lasciare gli amici lì, fu il pensiero di camminare da solo.

Per fortuna, lo strillo di Peter, spostò l’attenzione su di lui. James sospirò, poi assottigliò gli occhi verso la direzione dove Harry gli aveva detto di non andare, sperando di scorgere qualcosa. Non ci riuscì, quindi si diresse verso quella opposta.

«Muoviamoci»

 
Dopo pochi metri, raggiunsero il buio perfetto, la foresta era talmente fitta che si vedeva poco e niente. Faceva freddissimo, e Remus aveva avuto la brillante idea di usare la fialetta (che una volta doveva essere destinata a James), per accendere un fuocherello mentre gli altri si stringevano nei loro mantelli.

Avevano i piedi doloranti e non sapevano neanche dove erano, e nessuno aveva preso fino ad ora in considerazione il ritorno alla scuola.

Come ritornarci?

Ma erano troppo presi a cercare altro per badare a questo.

La bacchetta di Harry illuminò a terra, tra le piante, finche non trovò la benedettissima rugiada.

«L’ho trovata! L’ho trovata, ragazzi!» esclamò, James corse velocemente verso di lui, chinandosi a terra.

«Assistente!» chiamò il corvino, e Peter corse al suo fianco. «Cucchiaino in argento!»

«Prego, signore» disse professionalmente Minus, porgendogli pomposamente il cucchiaino, che brillava grazie al riflesso della luce, facendolo sembrava un Cucchiaino Divino sceso in terra, per salvaguardare la vita degli altri Cucchiaini (vita molto brutta, la loro. Anche se non c’è vita peggiore di quella della Carta  Igienica).

«Fialetta di cristallo!»
«Ecco qui, signore!»

James la osservò brevemente, ricordandosi di quando la rubò dal laboratorio di suo padre. Serrò la mascella e si concentrò sul prendere la rugiada.
Harry mosse la foglia, facendo cadere lentamente la goccia. James la raccolse con il cucchiaino, e la versò nella fialetta.

«Prendine un altro po’» disse.

Presero tre-quattro gocce di rugiada, e poi chiusero la fialetta. «E questa è di Sirius» stabilì James, affidandola a Remus.

Andarono avanti per un po’, cercando di ignorare gli scricchiolii sinistri che sentivano di tanto in tanto.

In conclusione, avevano quattro fialette in mano. All’inizio erano stati dubbiosi riguardo al fatto che se fallivano avrebbero dovuto rifare la scampagnata, però leggendo e rileggendo le istruzioni, avevano capito che non era necessario rifarla. Infatti, queste dicevano: «…e la rugiada raccolta in un cucchiaino in argento in un luogo che non sia stato contaminato né dalla luce del sole, né dalla presenza dell’essere umano per sette giorni interi»

Questo andava a significare che contava il luogo da cui proveniva la rugiada, e non il luogo in cui poi l’avrebbero messa. Potevano tenersela.

Tutti e cinque si sedettero a terra, appoggiandosi al primo tronco che trovarono, quattro di loro con una fialetta in mano, riposandosi un attimo.

Seguirono due-tre minuti di silenzio totale, anche se non molto rilassato, visto il luogo in cui si trovavano.

«Sapete, dicono che qui dentro ci sono i centauri» disse Peter, spezzando il silenzio «Strano che non li abbiamo incontrati»

«Forse abbiamo evitato involontariamente il loro territorio» suppose Harry, in modo svogliato.

«Che ore sono?» chiese Sirius. Remus guardò l’orologio al polso.

«Le 16.04» rispose questi.

Erano passate due ore.

«Mio dio» gemette Sirius «E ora dobbiamo camminare per altre due ore per ritornare?»

«Io ve l’avevo d-»
«Non dirlo, Remus, non dirlo» lo interruppe James immediatamente «Non. Dirlo.»

Dopo un po’ si alzarono.

«Aspettate!» esclamò Peter «C-come torniamo a Hogwarts?» sussurrò, quasi timoroso di dirlo, poiché rendeva il tutto ancor più reale e preoccupante.  La domanda scatenò un silenzio tombale, più tombale di quello di prima.

«E-eh?» balbettò James, sbiancando, facendo apparire il suo volto ancor più bianco a causa della luce della bacchetta «Come si torna?» si rivolse a Sirius.
«Come si torna?» domandò quest’ultimo di rimando, smarrito.

«No no no no» bisbigliò Remus.

«Vorresti dire che non sai nessun incantesimo per ritrovare la strada?» strillò Sirius, con gli occhi spalancati.

«Non è che ora è esclusivamente colpa mia!» si difese Remus.

«Oh Merlino, Merlino, merlano, merletto, mingherlino, Mimmo, no no no no» James si stropicciava la faccia con la mano sinistra.

«TU!» urlò euforico, colto da una forte speranza, rivolto a Harry. Potter 1 sobbalzò. «Tu sai come tornare a Hogwarts, vero, amico mio?»
Non diede nemmeno il tempo a Harry di proferire parola, che gli si avvicinò pericolosamente «Giuro che se tra tanti incantesimi che conosci, non ne sai uno che ci riporti a casa, per te finirà molto male, Harry. Molto male»

Il corvino lo osservò un attimo, riflettendo «L’Incanto Quattro Punti!» esclamò, facendo spuntare sorrisi sollevati agli altri.

Stese la bacchetta sul palmo della mano e proferì «Guidami»

La bacchetta prese a ruotare come una specie di bussola, puntando a sinistra.

«Di qui!» esclamò Harry.

«Ah, Harry» disse James ghignante, il colorito che tornava piano piano normale. Gli mise un braccio sulle spalle «Ti ho mai detto  che ti adoro?»


*


James soffocò una risata, mentre guardava il risultato del loro piccolo scherzetto. Il libro che sgridava la Evans perché lo usava troppo.

«Voi umani! Non vi importa niente della nostra vita!» urlava il libro, aprendosi e chiudendosi «Ci sono certi di voi che ci lasciano in pace, che ci permettono di uscire la sera! E poi ci sono i diavoletti come te, ragazzina! Che ci tengono sempre in mano! Hai idea di quanto sia straziante essere infilato brutalmente nella borsa, essere fissato per ore, voi che ci sfogliate senza riguardi, spogliandoci ogni volta delle nostre conoscenze!» ora aveva un tono isterico e disperato «Voi che ci trattate come oggetti! Tu non meriti il mio rispetto, non meriti di tenermi tra le tue mani sfruttatrici, tu non meriti di entrare come e quando vuoi nella nostra casa e portarci lontano dai nostri parenti come se niente fosse! Sei… sei… così… egoista! IO ME NE VADO!» detto questo, il libro volò via velocemente, di volontà propria, svoltando in un corridoio in cui dopo un po’ di tragitto si sarebbe accasciato a terra, finendo l’effetto dell’incantesimo.

Lily rimase lì, con gli occhi spalancati a fissare il punto dove un attimo prima c’era il libro. Aprì e chiuse la bocca, come un pesce fuor d’acqua, mentre i Malandrini si facevano rossi in faccia, nel tentativo di trattenere le risate.

Poi realizzò che era il libro di Pozioni «Mi servi!» esclamò «No no, il tema è per domani» sussurrò, e prese a correre «Ehm… libro… scusami! Signor Libro!»

Prima di continuare la ricerca del libro, si fermò, guardando dietro di lei.  «Ovunque voi siate, perché so che siete qui, vi consiglio caldamente di sigillare le porte e le finestre del vostro dormitorio.» Disse minacciosa, poi si voltò e corse.

Aspettarono alcuni minuti, poi James tolse il mantello e scoppiarono a ridere.

«No… no» esalava Sirius, tra un ululato e l’altro «È STATO FANTASTICO» urlò.

Remus parve calmarsi, asciugandosi le lacrime agli occhi, poi ricominciò a ridere.

Peter mentre faceva sentire la sua risata squillante, tossì, rischiando di strozzarsi. Continuò a tossire, finchè non fu sicuro che la foglia si fosse rimessa al suo posto. Ma la risata a dir poco divertente di Sirius, che ululava e si rotolava a terra, fu capace di farlo ridere di nuovo.

«Sono curioso di sapere il motivo di tanta ilarità» disse una voce divertita, facendo bloccare tutti.

Sirius rimase per un attimo steso a terra, con le guance rosse e doloranti, poi vide la figura del preside e si alzò rapidamente.

«Professor Silente!» esclamò sorridendo sfavillante «Un vero piacere vederla!»

«Posso dire altrettanto, signor Black» rispose piacevolmente Albus.

«Non si è ancora ricolorato la barba di blu?» domandò James, osservando tristemente la barba rigorosamente bianca.

Silente ridacchiò «Questa è più facile da abbinare» disse, osservando distrattamente la tunica verde scuro, con sopra disegnate delle scie dorate, mentre alcuni brillantini erano sparsi qua e là.

«Le dico che quella blu la completa, non è vero Remus?» il corvino si rivolse al licantropo, che sospirò.

«Lo scusi, professore» sussurrò mortificato.

«Figurarsi, signor Lupin! Accetto sempre consigli»

«Vabbè, comunque, la barba blu le da quel tutto…» James gesticolò, cercando una parola che non sembrasse offensiva. Stimava molto Silente, e sicuramente di presidi così non ce n’erano. Se avesse consigliato a un preside qualunque di colorarsi la barba, gli avrebbe dato una punizione. Silente no, era più aperto a queste chiacchierate, ma questo non lo rendeva un preside meno rispettabile.

«di strambo» completò il preside, togliendolo dall’impaccio «Ho sempre voluto non cadere nell’ordinario, ma la barba blu credo sarebbe eccessiva»

«Lei dice, signore?»

«Ne sono assolutamente sicuro» chiarì Silente, poi un luccichio si accese nei suoi occhi «A proposito del libro di Pozioni della signorina Evans…»

Tutti si bloccarono «Le assicuro, signore, che si è fermato dopo un po’ di metri! Evans non lo rincorrerà per tutto il castello!» si difese subito.

«…credo sia stata un’idea molto originale, e grazie per avermi informato signor Potter. La signorina Evans che rincorre un libro credo che avrebbe portato a parecchi problemi. Un po’ come rincorrere i segreti altrui, per cercare di acchiapparli e svelarli, portando solo guai.» concluse, sorridendo bonariamente «Buona giornata» si congedò.

«Buona giornata!» risposero loro.

Harry osservò il preside allontanarsi, poi sentì una pressione nella tasca dei pantaloni.

Confuso, ci infilò la mano, e sentì della carta.
Ne tirò un po’ fuori, cercando di non farsi notare dagli altri.

Gli bastò vedere uno scorcio di una scrittura obliqua, per capire cos’era.

Si attendeva una chiacchierata col caro Albus Silente.



Harry era consapevole del fatto che andare dal preside, in quei giorni, non fosse esattamente una scelta saggia, non dopo quel che gli aveva detto Remus.
Ma Silente non lo chiamava in ufficio da un bel po’, quindi credeva che fosse piuttosto importante. Forse aveva a che fare con il fatto di una sua probabile scomparsa,  di cui, a giudicare dalla scorsa chiacchierata, si sapeva poco e niente.

Davvero, Harry sperava che non gli stesse nascondendo di nuovo qualcosa per “il bene superiore”, o per vivere al meglio la  “sua nuova giovinezza”.

Harry continuò a camminare nel corridoio, finchè non giunse di fronte al gargoyle.

«Caramella al sapone» pronunciò, e questi si aprì. Aveva appena scoperto che ad Albus Silente piacevano le caramelle al sapone, quelle che uscivano dalle caramelle Tutti Gusti+1. Forse quel poveretto per una volta aveva acchiappato un gusto “decente”.
Le scale si fermarono di fronte alla porta, ed Harry bussò.

«Entra pure, Harry» disse la voce pacata del preside. Il corvino aprì lentamente la porta, entrando nel bizzarro ufficio dell’uomo.

«Buonasera, professore» lo salutò Harry. Silente lo osservava con le mani incrociate, gli occhi azzurri che lo esaminavano.

«Buonasera anche a te. Siediti pure» Harry si avvicinò e si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania, dopo aver dato una lieve carezza a Fanny, che sembrava essere nei suoi giorni migliori.

La Fenice tubò felicemente.

Per una volta, Harry accettò l’invito e prese una caramella al limone, masticandola con gusto e sentendosi improvvisamente più calmo. Silente aggiunse felicemente una quinta persona alla sua lista personale di chi aveva assaggiato le sue care caramelle in settanta lunghi anni.

«Per cosa mi ha chiamato, professore?» domandò Harry.

«Ho scoperto qualcosa sul tuo viaggio nel tempo» lo informò l’uomo, sorridendo lievemente. Potter si sporse verso la scrivania, tutt’orecchi.

«E… quindi?» lo esortò Harry, dopo alcuni attimi di silenzio. Non sapeva sinceramente se il professore lo facesse apposta a tenere sulla corda le persone, ma era fermamente convinto che questa abitudine dovesse togliersela. Non erano in TV.

Forse lo faceva perché gli piaceva vedere che una persona pendeva dalle sue labbra. Ma a quel punto non è che Harry se ne importasse tanto, di pendere o no dalle sue labbra, non quando si trattava di scomparire.

 «Non ho scoperto se hai creato una dimensione parallela, o se sei andato davvero indietro nel tempo, ma posso dirti che ho trovato il modo di non farti scomparire. Non credo che quello possa essere nelle mie possibilità, forse lo scopriremo solo con l’avanzare degli anni.» Disse Silente «Forse con qualche sintomo o altro»
Harry sospirò interiormente, anche se poi fu immensamente felice del fatto che potesse evitare di rendere tutto quello che stava facendo inutile.

«Come si può fare?»

«Ci tengo a specificare che se tu avessi creato una dimensione parallela, non saresti scomparso, i tuoi collegamenti con quell’altra dimensione sarebbero rimasti gli stessi. Saresti stato una specie di estraneo, un intruso in quella dimensione, che non aveva le proprie “radici” lì» spiegò il preside «Se invece fossi rimasto nella tua dimensione, a quel punto avresti rischiato di scomparire, poiché le tue “radici” erano piantate lì, e questo non si poteva cambiare. Dipenderesti dagli eventi che succedono qui, in poche parole, la tua vita dipenderebbe dalla signorina Evans e dal signor Potter»

A questo punto, Harry non era sicuro se fosse meglio la dimensione o il futuro cancellato. Nella dimensione sarebbe stato tutto più facile (e avrebbe lasciato nell’altra dimensione la situazione che c’era prima che se ne andasse)  mentre nel futuro cancellato forse avrebbe davvero cambiato qualcosa, anche se cancellando i suoi cari.

«“Meglio prevenire che curare” si dice. Meglio prevenire una tua eventuale scomparsa, invece di aspettare che accada per davvero» Silente si era alzato, camminando avanti e indietro nell’ufficio. «Quindi credo sia meglio fare un collegamento ultraterreno con i tuoi genitori»

«U-ultraterreno?» balbettò Harry, confuso.

Il preside lo osservò intensamente «Sono spiacente di informarti, Harry, e ci ho riflettuto davvero molto, che credo che sia altamente improbabile far “risorgere” i tuoi genitori, e tutti gli altri tuoi cari»

Harry si aspettava di balzare dalla sedia sorpreso, urlare, arrabbiato con l’Universo. Ma non lo fece, non seppe perché, la sua faccia si limitò a diventare completamente assente, e stranamente, non senti tutta quella sorpresa che si sarebbe aspettato da lui. Forse, inconsciamente, non ci aveva mai davvero sperato. Dopotutto, gli avevano talmente inculcato che “Dalla morte non si può sfuggire”  che era possibile.

Harry annuì, lasciando sorpreso lievemente Silente. Si sarebbe aspettato una reazione simile a quella di un anno fa.

Poi riprese, una volta che fu sicuro che il corvino fosse ritornato nel mondo reale.

«Vedi Harry, ciò di cui siamo sicuri, è che solo l’anima di una persona va nell’aldilà. Il corpo, naturalmente, resta in terra. I morti non possono essere riportati dall’aldilà, è una magia troppo grande, e credo che non riusciremo mai a crearne una. Anche la “reincarnazione” dei James e Lily che si sono sacrificati per te, con quelli che ci sono ora, nel mio modesto parere, è impossibile, com’è impossibile rinascere. Ogni anima è individuale, perché forgiata dagli eventi della vita. Ciò che abbiamo passato contribuisce al nostro essere, gli eventi ci cambiano, ci modellano e ciò ci porta a ciò che ora siamo» disse il preside, risedendosi dietro la scrivania «Se non avessi commesso tutti gli errori, se non avessi patito le stesse sofferenze, credi che saresti uguale a come sei ora? Credi che avresti sviluppato comunque una così profonda empatia verso le sfortune della vita degli altri?»

Harry lo guardò un attimo, indeciso «Credo di no…» rispose infine.

Forse sarebbe stato più felice, forse sarebbe stato fin dall’inizio un vero Malandrino come suo padre. Forse un po’ più arrogante, o più studioso grazie all’influenza di sua madre. E molto probabilmente, a sette anni non avrebbe imparato a cucinare le uova, pensò divertito.

«Esatto! Ne sarebbe uscita una persona diversa. Una persona forse simile a molti aspetti del tuo carattere, ma fondamentalmente diversa. Prediamo come esempio James» esclamò Silente, ed Harry aggrottò le sopracciglia.

«James?»

«Qual è la più grande differenza che noti con tuo padre?» domandò Albus. Harry ci pensò un attimo.

«Oh beh,» iniziò imbarazzato «che non bullizza Piton, suppongo, come non bullizza gli altri. I primi tempi è stato un po’ difficile fargli capire che era sbagliato…» sussurrò.

«Se tu non l’avessi sgridato, sarebbe rimasto un bullo, ma poiché ci sei tu, non lo è. Anche la perdita di suo padre lo sta cambiando lentamente. Sono eventi che l’hanno cambiato, che lo stanno facendo crescere in modo diverso. La sua anima è un po’ più diversa da quella di tua padre» il preside sembrava metterci molta enfasi nello spiegare tutto questo.

Harry pensò a Regulus, a Sirius e Piton, e capì meglio. «Sì, fila liscio»

Figurarsi se Silente non avrebbe detto qualcosa che filasse liscio.

«I tuoi “veri” genitori, sono coloro che si sono sacrificati per te, e che al momento, sono nei cieli. Se colleghi la tua vita a loro, non dipenderai più dai James e Lily di questo tempo.»

«E come facciamo a creare un simile collegamento?» chiese Harry.

«Il Rituale Caelum Terrae» proferì Silente «un rituale molto antico e quasi dimenticato. Pochi ne sono a conoscenza. Fa proprio al caso nostro. È un rituale piuttosto particolare, che fa diventare ancor più stretto il collegamento tra un morto e un vivente, o lo crea. Alcune testimonianze dicono di aver sentito la voce della persona con cui hanno fatto il collegamento, nei momenti di estremo bisogno nella loro testa. E il fatto che poi furono controllati al San Mungo, senza trovare alcun danno mentale, non fa che avvalorare questa possibilità di piccola comunicazione» concluse il preside divertito.

Harry non sapeva se esserne inquietato o felice. Ma sentiva un “però” nell’aria.

«Perché tutto questo mi puzza di magia oscura?» chiese, alzando un sopracciglio.

Silente sospirò «Viene generalmente considerata una Magia Oscura. Qualsiasi cosa che abbia a che fare con la morte viene considerata oscura. Ma in casi come questi, le intenzioni fanno la differenza» spiegò «Diciamo che però è… piuttosto pericoloso e doloroso»

«Oh, perfetto» pensò Harry con sarcasmo «se non morirò perché i miei genitori non finiranno l’amore alle 18.53, diciotto secondi e  quarantasette millesecondi del 26 Novembre del 1979, morirò per un rituale. Si può sempre rimediare, insomma»

Silente non sapeva se dirgli che su quattro maghi che avevano provato il rituale, due erano morti. 

«Quante possibilità ci sono che muoia?» sussurrò Harry.

Silente ci pensò un attimo «Per te? Credo poche. Se hai sopportato un viaggio nel tempo di ventisette anni, che è un’immensa magia, uscendone vivo e intero, credo che riuscirai a superare anche questa»

«O magari diventerò un bambino di sette anni» borbottò acidamente Harry, alzando gli occhi al cielo.

Negli occhi di Silente comparve un luccichio divertito «Credo che i tuoi genitori l’abbiano fatto apposta a farti ritornare un bambino»

«Il tuo nucleo magico è potente, comunque. Sopporterà questo rituale. Probabilmente ne uscirai sfinito e dolorante, ma non morto» aggiunse, cercando di rassicurarlo.

Harry se lo augurava caldamente, anche se fare questo rituale non gli andava ancora molto a genio.

«Qual è il procedimento?»

«Dovrai posizionarti all’interno di un cerchio di rune. Dovrai completamente essere assente dal mondo, la mente dovrà essere vuota e aperta, a tal punto da percepire la magia dentro e fuori di te. Credo che dovrai mettere una goccia di sangue su ogni runa, per simboleggiare che vuoi i tuoi genitori, persone del tuo stesso sangue, le più strette. Quelle che non volevano i propri parenti, hanno messo qualcosa che era strettamente collegato a loro. Un sangue di un parente delle loro persone, o un oggetto a cui quella persona era particolarmente affezionata. Ma qui basterà il sangue. Oltre al fatto che rilascerai inconsciamente molta magia, anche la magia di un’altra persona dovrà contribuire. Io lo farò. Lasciando da parte le modestie, so che sarò in grado di farlo e che la mia magia basterà. Dovrò pronunciare delle complicate formule in continuazione.» il preside si bloccò, come colto da un pensiero.

«E poi?»

«E poi serve la Pietra della Resurrezione. Si deve disciogliere una piccola parte e dovrai berla all’inizio del rituale. A quel punto, a metà, compariranno i tuoi genitori, sottoforma di fantasmi, per così dire. Dovrai però continuare a concentrarti a occhi chiusi, dovrai resistere alla tentazione di vederli. Poco tempo dopo, sentirai un dolore lancinante per tutto il corpo, e proseguirà per un bel po’, a quel punto potrai anche interrompere la tua concentrazione. Ti sentirai come schiacciato. Quando il dolore cesserà, il rituale sarà completato.» sussurrò Silente, come se solo ora gli fosse venuto in mente.« Il problema è che quella pietra si è persa nei secoli…»

Harry spalancò gli occhi.

«So dov’è, professore» affermò, il problema stava sulle due maledizioni che la proteggevano.

Albus lo guardò, colto di sorpresa. Più gli anni passavano, e più era curioso sulla precedente vita del suo interlocutore.

Per qualche folle attimo, bramò la Pietra, come se fosse tornato ai tempi in cui lui e Gellert la cercavano ossessivamente. Poteva rivedere Ariana, non le aveva mai chiesto davvero scusa, dopottutto… il suo visetto innocente e sereno…
Scosse la testa. I Doni della Morte li aveva sempre cercati, anche se ora aveva lasciato perdere la ricerca, dato che aveva capito che la bramosia del potere non è mai cosa buona. All’inizio, perfino lui pensava che lo avrebbero reso immortale, invincibile. Questo dimostrava che lui, per quanto intelligente, era comunque un idiota come tutti.

«Dove?» chiese Silente.

Harry ci pensò attentamente alla risposta. Non voleva davvero finire come ai suoi tempi, in cui Silente ci era andato da solo e poi era caduto in tentazione.

Non c’era nemmeno nessun Severus Piton adulto e fedele che potesse aiutarlo.

«Credo sia meglio non dirglielo per ora, professore» asserì infine.

«Ma potrei andare a prenderla, e fare al più presto il rituale. Così sarai sicuro di non scomparire» provò il preside.

Harry avrebbe tanto voluto dirgli in faccia di non usare certe abilità da persuasore su di lui perché non funzionavano più da un po’ di tempo. E che non glielo stava dicendo ora solo per non vederlo morto stecchito.

«Prefissiamo un giorno per andarci insieme, e quello stesso giorno vi dirò dov’è.»

«Potrebbe essere pericoloso, Harry…»

«Se non ci sarò io cadrà in tentazione!» sbottò Harry spazientito «La Pietra è naturalmente protetta, poiché è un oggetto di estremo valore!»

La Pietra in sé non era protetta, ma l’anello sì. E sapeva che era stato Voldemort a proteggerla senza neanche sapere cos’era, ma giudicava molto probabile il fatto che la famiglia Peverell potesse averla protetta.

E sì, sapeva che non l’aveva fatto. Ma poteva farlo.

Albus cercò di non mostrare il suo turbamento né di fare domande, poiché sapeva che Harry non avrebbe risposto nemmeno a una di loro. Non negò né confermò niente.

Dopo un breve silenzio, sospirò e riprese parola: «Che ne dici tra una settimana? Il 7 ottobre? Sarà sabato, credo saremo liberi entrambi.»

«Che ne dice di mattina presto? Possibilmente prima che James, Sirius e Peter si sveglino. Questo avviene generalmente a mezzogiorno e mezzo. Però ci sono giorni miracolati in cui si alzano più presto»

Silente non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito «Non saprei Harry, non ho mai dormito con i tuoi compagni»

Harry stette un attimo in silenzio «Penso che alle nove vada bene» disse infine.

«Bene, Harry. È quasi giunta l’ora di cena, non voglio trattenerti oltre»  disse Silente, sorridendo leggermente.

Harry sorrise, alzandosi.

Poi si bloccò, mentre era ormai a metà stanza. Anche lui aveva qualcosa da dire al preside, non ora, per quella giornata avevano parlato abbastanza.

«Preside, dopo aver fatto il rituale, credo che dovremmo fare un’altra chiacchierata nel suo ufficio» disse, voltandosi.

«Devi dirmi qualcosa?» chiese Albus, confuso.

Harry annuì «Riguarda… la sconfitta di Voldemort» specificò ghignando.

Silente sorrise «Allora aspetto con ansia questa chiacchierata» rispose.

Il corvino lo guardò un attimo, fece un cenno di saluto e poi si voltò, facendo pochi passi e aprendo la porta.

Dopo un po’ di scale, uscì dal gargoyle, dirigendosi rapidamente a destra per andare in Sala Grande.

Forse, se avesse guardato indietro, avrebbe visto Sirius svoltare l’angolo, bloccandosi e osservandolo uscire dall’ufficio del preside.

Non lo vide, per sua sfortuna, o fortuna, poiché in questo modo non aveva altro da pensare.

Sirius ghignò, godendosi la bellissima sensazione che ti senti dentro quando smascheri una bugia.

«In biblioteca, eh?» sussurrò.

Poi, gli tornò in mente: ci era andato con Remus. Ma lui era tornato pochi minuti fa, dicendo che Harry era rimasto in biblioteca.

Ma stare pochi minuti dal preside era, secondo Sirius, impossibile.

Il suo ghigno si affievolì lentamente.

Anche tu menti, Remus?









Angolo Autrice
Ecco finalmente un nuovo capitolo! Ci ho messo più del solito a pubblicarlo, mi scuso.
Nella prima scena Peter una fanciulla indifesa, corteggiata da due princip- ok, basta. Mi è piaciuto scrivere quella scena. Alla fine Remus viene colto da un lieve dubbio, ma subito lo scaccia. Poi, la lezione della McGranitt  XD XD. Non so come mi sia venuta in mente una simile scemenza, ma all’inizio avevo pensato di farli dire che lo facevano “per solidarietà per i muti” ma poi mi son chiesta come a loro fosse venuta una cosa del genere, e quindi non l’ho messa. E sì, ho preferito non mettere una bugia logica e perfettamente normale XD. Inoltre, è frustrante quando trovi nei caratteri di Word la calligrafia perfetta di un personaggio ma poi arriva EFP, che naturalmente, non ce l’ha. Ad esempio quella di Harry, avevo trovato una simile che poteva essere “l’evoluzione” (esagerata, ma vabbe) di quella che aveva al secondo anno (Viner Hand ITC) e l’ho messa anche se sapevo che non potevo metterla qui.

Vabbè, dubito che possa importarvene qualcosa ma ormai ero partita, scusate.
Per il personaggio di Charley Bithes forse… ma eh, forse, mi sono ispirata, senza neanche accorgermene, a quello di Colin Canon (ma che poi nella versione inglese di cognome fa Creevey. Ma Canon non è più azzeccato? Insomma… canon… la macchina fotografica…? Meglio se chiudo il becco, va’)

Primini subdoli…

Finalmente James e Sirius riescono a rapire Remus e Peter. Qui Remus è in conflitti morali e bla bla bla. Ok, a parte questo, è diviso tra l’amicizia di Harry e quella degli altri. Non sa a quale essere più fedele. Ci è finito di mezzo, questo povero Cristo. Entrano nella Stanza delle Necessità, e James la vede anche scomparire.

Secondo voi, stanno indagando anche su quella?

Mi sono divertita molto a scrivere il dialogo amoroso tra Harry e la Piovra Gigante, praticamente ridevo da sola. XD

I Malandrini fanno la loro incursione nella Foresta Proibita, e fortunatamente non incontrano bestie selvagge. Forse sarebbe stato più coerente se le avessero incontrate, ma mi sembrava inutile scriverle.

Raccolta la rugiada, tornano al castello.     

Poi, terza/quarta scena. A questo punto, direi di passare direttamente al dialogo con Silente.
Spero di aver risolto, almeno decentemente, l’interrogativo che Silente e Harry si sono chiesti al Cap. 31 (“Ah i Cooman… sempre a profetizzare!”). La scena del Cap. 31 non era prevista originariamente nella trama, non doveva essere scritta né si doveva fare alcun accenno sul viaggio nel tempo di Harry, poiché questo, non è di alcuna utilità. Ma poi mi è balzata in mente di scriverla, così, in modo superficiale, e ora ne sto pagando le conseguenze. Mi sono venuti esaurimenti nervosi, praticamente. Vabbè, poi mi sono pure arrabbiata con me stessa, solo per una forte volontà (e perché ero a letto) non ho scagliato un oggetto a caso in stile Harry. E poi ho cercato di trovare una soluzione, e qui ringrazio la mia santa migliore amica che mi sopporta senza lamentarsi (anche non essendo questa gran fan di Harry Potter)  mentre parlo della mia fanfiction. È l’unica cosa che mi è venuta in mente, il rituale, purtroppo.

Harry viene beccato mentre esce dall’ufficio da Sirius. E qui, iniziano i sospetti anche verso Remus.

Che dire, le cose stanno procedendo bene per i nostri personaggi…

Proprio l’altro ieri, a proposito, ho visto i Crimini di Grindelwald, e sì, ho bisogno di sclerare, mi dispiace.



ALLARME SPOILER

Ma stiamo facendo seriamente?! No, davvero, seriamente?  Ci sono certe cose fantastiche, Johnny Depp e Jude Law hanno recitato benissimo. Gellert Grindelwald già lo amo, così come il giovane Newt. Anche quell’animale di origini cinesi è fantastico e a dir poco tenero. Tralasciando le altre piccole cretinate che ho visto e che si possono trascurare, il film si poteva giudicare bello e si poteva salvare. Ma il finale ha rovinato TUTTO (che poi sto film non sembra girare intorno a una trama principale, al contrario del primo). Credence è Aurelius Silente? Il fratello di Silente? No no, ragazzi, nooo. Vi prego, non potete modificare in questo modo il Canon, così a caso. Credence è anche troppo giovane, poi…
No no, Grindelwald o mente o mente, non c’è altra spiegazione. Non voglio credere che il film che ho visto sia “Animali Fantastici e i Crimini della Rowling”. Il fatto che poi forse non è vero, è pure brutto. Perché i fan faranno 465749938 di teorie e fantasie per due anni e poi scoprono che non è vero. («aaaaaah, scherzettoooo! Ma visto come siamo simpatici, eeeh?» «Ma vaffan-»). Però preferisco che non sia vero, sinceramente.
FINE SPOILER



Alla prossima!

P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!
   
 
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