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Autore: Vanya Imyarek    19/11/2018    2 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                      CAPITOLO 24

    DOVE  TUTTI  AFFRONTANO  UNA  PROVA

 

 

 

Era ormai pomeriggio inoltrato quando Choqo e Itzèn si rimisero in viaggio verso casa.

 Era stata Linca stessa a sloggiarli, ricordando loro gli orari e chiedendo loro se le famiglie non avrebbero dato problemi per il tardivo rientro che si sarebbero garantiti. Dopo essersi accordata con Itzèn per altri incontri in un altro fine settimana (“Fate un po’ voi. Vi pare che qui si riesca a calcolare bene lo scorrere del tempo?”), la Duheviq era tornata alla sua forma arborea, chiudendo tutte le comunicazioni.

 A Choqo pareva quasi di aver appena avuto un’allucinazione molto lunga, e di aver passato le ultime ore a parlare con un qualsiasi arbusto. Nel tragitto di ritorno la ragazza fu silenziosa, cercando di elaborare più quel che era appena successo che quel che aveva appena sentito –parlare direttamente con una delle persone coinvolte nell’ascesa di Simay e Corinna! – e rimuginare su alcune cose su cui, dopo più approfondita considerazione, ritenne opportuno non rimuginare. E quando finalmente si ricordò di qualcosa da chiedere, qualcosa che avrebbe già dovuto venirle in mente tempo prima, il risultato le provocò ancora più confusione.

“Ehi, Itzèn. Hai detto che Linca era al servizio dell’Incendiario, e lo è stata per millenni. Come mai adesso è lì che vive da eremita invece di assistere la sua attuale incarnazione?”

 “Perché non è più necessario”

 “Come non è più necessario?”

 “Ti avverto che dovrai arrivare fin proprio alla fine della storia per scoprirlo”

 

                                                                      

                                                               Dal Manoscritto di Simay

 

 

Il capitano delle guardie in effetti arrivò molto vicino allo sbatterci fuori.

 Pover’uomo, era anche comprensibile: probabilmente il caos scatenato da Waray stava iniziando a dargli grattacapi seri, ed ecco un paio di ragazzini di buona famiglia che sentivano il bisogno di andargli a dire di prestare particolare attenzione. Ripensandoci, probabilmente è stato anche educato nel non mandarci immediatamente alla Notte; allora il suo comportamento ci lasciò semplicemente con l’amaro in bocca e una gran sensazione di fallimento.

 Ricordo quel colloquio, privo di particolari conseguenze, non tanto per l’importanza della nostra azione, quanto perché quella fu l’ultima volta che vidi Qillalla in termini davvero amichevoli.

 Due giorni dopo, fui tirato giù dal letto alle prime ore del mattino dal mio nuovo maestro, assieme ad altri cinque ragazzi.

 “Tutti al refettorio per la colazione” ordinò. “Vi verrà spiegato tutto mentre mangiate. Non esagerate con il cibo: probabilmente vi sarà richiesto il vostro massimo sforzo magico finora … no, solo quelli che ho detto io, voialtri potete continuare a dormire”

 Non ci stavo capendo nulla. Il mio primo pensiero fu che si trattasse di un nuovo comizio, ma nessuno mi aveva detto che ci sarebbe stato, e a giudicare dalle occhiate confuse dei miei compagni, era una situazione diffusa. Poi sospettai che si trattasse di una qualche emergenza, un terremoto o il crollo di una casa, ma scartai anche quell’ipotesi: anche se quelle erano situazioni in cui la nostra magia sarebbe stata richiesta, se fosse stato il caso ci avrebbero portati immediatamente sul luogo, senza preoccuparsi di farci mangiare prima. Ma insomma, che stava succedendo?

 Fu Waray stesso a mettere in chiaro le cose, e noi e a una più numerosa manciata di Sacerdoti già seduti ai propri tavoli.

 “Questo è un giorno di immane importanza per la nostra Storia” enunciò. “Questo è il giorno in cui il corrotto ordine delle Datrici di Morte sarà eradicato dal nostro Impero”

 Non potendo parlare, novizi e Sacerdoti si scambiarono occhiate confuse. Eradicare le Datrici di Morte? Sì, Waray ne aveva parlato, proprio nel suo discorso iniziale, appena consacrato. Ma in che modo contava di farlo? Sarebbe dovuta essere una mossa politica che avrebbe richiesto tempo e pianificazione, nulla a che vedere con un pugno di religiosi radunati di prima mattina!

 “Troppo a lungo quelle donne infami hanno tradito il loro scopo. Erano mani della giustizia divina, incaricate di privare della sua umanità chi se ne rendeva indegno; ormai da tempo immemorabile sono diventate l’equivalente di assassine prezzolate, obbedienti non al volere della dea Qisna, ma al denaro a loro consegnato. Noi porremo fine a questo scempio. Oggi marceremo fino al loro Tempio e invaderemo i loro quartieri, le trascineremo fuori e le esporremo agli occhi della folla. Tutti vedranno non soltanto i segni dei loro vizi, ma i loro volti. E chi più vorrà essere avvicinato da loro? Diverranno inutili per un compito che non sono più degne di adempiere, inutili a servire la loro dea”

 Sul serio? Non era un pensiero rispettoso, ma … sul serio? Se le Datrici di Morte erano tanto corrotte, era perché c’era qualcuno che le pagava in primo luogo perché seducessero i suoi nemici. E chi poteva permettersi qualcosa del genere, se non qualcuno di particolarmente ricco e potente? Importanti burocrati e amministratori, certo, ma soprattutto, qualche membro della famiglia imperiale sarà stato nel loro novero.

 Waray si sarebbe inimicato persone potenti e spregiudicate: se erano disposti ad assoldare Datrici di Morte per sbarazzarsi dei propri nemici, che avrebbero fatto a un Sommo Sacerdote che ostacolasse i loro affari? Non dubitavo che questa fosse la volontà della dea, era l’esecuzione che ne stava dando Waray che mi confondeva. Ma come avrei potuto protestare senza commettere peccato?

 Una mano alzata, seppur con esitazione, dal tavolo dei novizi: Capac. Forse sarebbe riuscito a porre meglio le stesse domande che frullavano nella mia testa?

 “E i Purificatori, mio signore?” chiese invece. “Che faremo se interverranno in loro aiuto? Loro sono veri devoti …”

 “Non interverranno” tagliò corto Waray. “Già da tempo i loro rapporti con l’altra setta del loro culto sono difficili. Sono certo che molti di loro approveranno della nostra azione, e anche quei pochi che ci disapproveranno, non potranno muoversi contro la maggioranza dei loro confratelli”

 Sì, ma le ripercussioni a livello politico? Se il Tempio avesse dovuto trovarsi a fronteggiare un assassinio, così presto dopo l’esilio di Pacha …? Un assassinio tramite incendio, magari, visto chi si sarebbe dimostrato particolarmente entusiasta di assistere a un simile delitto? Oppure, Sayre avrebbe potuto essere più sottile, e indirizzare eventuali complottisti a lamentarsi presso l’Imperatore. E se un’indagine sul Tempio avesse portato alla luce la mia identità?

 No, tutto questo piano, questo attacco, era una pessima idea … ma era il volere della Grande Madre, reso noto a noi tramite il suo Sommo Sacerdote. Dovevo solo pregare, solo affidarmi alla lungimiranza e alla provvidenza divina. E prepararmi a fare il mio dovere, perché il momento di avviarsi al Tempio della Morte era giunto.

 Un’altra prova dell’eccentricità di Waray fu che quello non assomigliò minimamente a un gruppo di religiosi che si avviava a punire una setta corrotta in nome della divinità, sembrava una sortita militare. Ci muovevamo quasi furtivamente (come se il nostro numero e le nostre vesti potessero farci passare in qualche modo inosservati: se non altro, ci procuravano occhiate perplesse dai mendicanti sulle soglie delle case e dai primi lavoratori che uscivano), i Sacerdoti più anziani in testa, noi novizi in mezzo, e Waray e i suoi assistenti in fondo al corteo.

 A noi venivano sussurrate raccomandazioni: non attaccare le donne a meno che non fossero loro stesse ad agire per prime contro di noi, limitarci a muovere la terra sotto i loro piedi per spingerle fuori dall’edificio, come io avevo fatto nella Piazza dei Fulmini. Se le sacerdotesse avessero usato la loro magia contro di noi, saremmo poi stati assistiti dai Purificatori che ne avrebbero cancellato gli effetti … certo che l’avrebbero fatto, altrimenti avrebbero dichiarato la loro lealtà alle Datrici di Morte, e si sarebbero attirati l’accusa di voler favorire la svendita del giudizio della loro dea. Molto probabilmente non avremmo subito danni seri come la completa e permanente necrosi di vari arti.

 Eccoci lì davanti. Il Tempio di Qisna era un edificio molto diverso da quello di Achesay: spiccava tra quelli circostanti perché era più basso, non più alto, e le pareti erano in roccia scurissima: un Sacerdote ci spiegò che la maggior parte dell’edificio era incassata nel terreno. Le mura nere erano incise di raffigurazioni di scheletri intenti in varie attività della vita quotidiana, rappresentativi di ogni singolo rango sociale, con l’unica eccezione di quello imperiale. Tutti sarebbero morti e si sarebbero decomposti, ma gli Imperatori avrebbero continuato a regnare al fianco del loro grande antenato Achemay, millenni dopo la loro morte.

 Una speranza a dir poco ingenua, posso dire oggi, ma allora quella visione mi provocò un altro, brevissimo, turbamento: e se anche a me fosse capitato un destino simile …?

 Allontanai subito quel pensiero. Ma che mi passava per la testa? Io sarei diventato un Sacerdote, e il massimo onore che avrei ricevuto sarebbe stato in virtù dell’onore che io stesso avrei reso alla dea. Basta pensieri, ora: era arrivato il momento di agire.

 Non entrammo nel Tempio, ma scendemmo per la scala che conduceva agli alloggi sotterranei delle Sacerdotesse: facile riconoscerla, perché i simboli sull’ingresso la distinguevano nettamente da quella degli alloggi dei Purificatori. I Sacerdoti avanzarono per primi, e noi novizi, al nostro arrivo, fummo accolti dalle urla e dalle proteste delle donne. Nessuno parlò: Waray ci aveva imposto di farlo solo davanti alla folla.

 Le Datrici di Morte si rivelarono uno spettacolo impressionante: tutte con corpi bellissimi e prospersi, dai capelli lunghi e lucenti, indosso sobri abiti neri, e il volto dipinto in polveri nere e bianche, che ricalcavano il teschio sotto: pareva di avere a che fare con esseri soprannaturali, vere messaggere della Dea della Morte in terra, non con donne qualsiasi, tantomeno corrotte. E loro non avevano ricevuto nessun ordine al silenzio: l’aria risuonava delle grida e delle maledizioni di quelle donne. Mi sforzai di escludere quei suoni, ignorare il loro aspetto affascinante e spaventoso, e di concentrarmi sulla preghiera.

 Che tutto questo sia in tuo onore, Grande Madre, pregai. Ti supplico di sostenerci nell’essere strumenti della tua giustizia. Che lo sradicamento di questo culto sia un sacrificio a te gradito.

 Percepii la terra vibrare leggermente, in risposta alle mie preghiere. Sempre meditando invocazioni, spostai parte della mia concentrazione su una donna sulla ventina che cercava di attraversare il corridoio davanti a me: la terra sotto i suoi piedi si mosse, facendola cadere, poi il primo strato di terreno iniziò a slittare, trascinandola verso l’uscita. Lei mi lanciò una serie di insulti e maledizioni, per poi, vedendo che non mi piegavo, tacere e concentrare il suo sguardo su di me. Anche lei si stava raccogliendo in preghiera.

 Waray ci aveva rassicurati, e anche se i Purificatori ci avrebbero probabilmente guariti, presentarci alla folla mezzo decomposti dopo la nostra missione non ci avrebbe attirato le simpatie della folla. Come minimo, avrebbero protestato che chiaramente Qisna era contraria a quell’azione. Perciò rivolsi un’altra preghiera ad Achesay, e una nuvola di polvere investì il volto della Datrice di Morte, oscurandone la vista e interrompendone la concentrazione.

 Feci una fatica terribile a pregare, concentrarmi sullo spostare la donna su per le scale, e proteggermi nello stesso tempo. Uno dei Sacerdoti che erano rimasti nel cortile del Tempio mi venne in soccorso, afferrando la donna con la sua stessa magia, e io potei tornare a cercare qualche altra ‘vittima’. Scansai altre Datrici di Morte che venivano trascinate verso l’uscita e gli scudi di Sacerdoti che avevano le mie stesse idee, mi infilai in un dormitorio, ci trovai una ragazzina anche più giovane di me che doveva essere una novizia e pregai la terra per fare uscire anche lei.

 Qui ebbi più difficoltà a concentrarmi, con gli strilli e le suppliche di quella ragazza: molte altre erano donne adulte, sarebbero state diffamate, ma in grado di provvedere a sé stesse una volta che il culto le avesse allontanate … quella sarebbe stata svergognata in giovanissima età, e si sarebbe trovata sola, senza appoggi. Che fine avrebbe fatto? Probabilmente non era ancora stata contaminata con la pelle dei Kisnar, ma l’umiliazione pubblica l’avrebbe perseguitata per il resto della vita. Che le sarebbe successo? La sua famiglia sarebbe stata disposta a riaccoglierla?

 Non era a quello che dovevo pensare, dovevo eseguire la volontà di purificazione della Grande Madre. Gli dei avrebbero provveduto a quella ragazzina nel modo che avrebbero giudicato più appropriato, e che a un essere umano non era dato giudicare. Mandai su la novizia, che ormai singhiozzava disperatamente, e tornai a cercare altre Datrici di Morte.

 I miei confratelli ormai le avevano mandate fuori quasi tutte, e più che un attacco quello era diventato più un setaccio delle poche superstiti che erano riuscite a nascondersi da qualche parte. Ogni tanto, uno strillo segnalava la vittoria di uno dei nostri Sacerdoti.

 Io controllai il dormitorio delle novizie, ormai vuoto, poi passai in rassegna le stanze delle Sacerdotesse di rango più elevato. Anche quelle sembravano vuote: le avevamo mandate fuori tutte?

 Un altro urlo un un’altra stanza, evidentemente la mia ispezione non era stata così accurata.

 Controllai meglio i luoghi dove ero già passato, e notai una cassa dal coperchio appena sollevato, come per permettere a qualcuno all’interno di respirare. Marciai verso di essa e la sollevai di scatto. Dentro c’era Qillalla.

 Rimasi impalato a fissarla, senza riuscire a dire o pensare niente. Proprio lei, i lineamenti del volto chiaramente distinguibili nonostante i paramenti sacerdotali di quella sua setta. Ma non era possibile! Qillalla era una nobile in età da marito! Aveva detto di essere una nobile in cerca di marito … le Datrici di Morte spesso assumevano false identità per avvicinare i loro bersagli.

 Ma come? Perché? Lei, che mi aveva tanto aiutato? E dietro ordine di chi, Llyra? Ma non aveva senso … non aveva esplicitamente cercato di sedurmi, era piuttosto stata un costante appoggio! Lei, dal canto suo, restò per un istante impietrita, a fissarmi, poi distolse lo sguardo, senza dire una parola.

 In quella situazione di stallo irruppe Capac. “Simay! Ce n’è una anche lì dentro? Ti serve aiuto a tirarla fuori?”

 Un istante dopo, la terra si smosse, ribaltando la cassa e sbattendo Qillalla a terra. Lei si rannicchiò su sé stessa, ma non urlò, non supplicò, non ci maledisse, non cercò di scappare.

 “Ehi, ma non è quella ragazza che aveva chiesto il tuo aiuto?” Capac, a giudicare dalla sua reazione, non si aspettava una risposta affermativa. “Cosa?! Ma che? Tu non hai infranto il voto, vero?”

 Scossi la testa, ma non riuscii a guardarlo in faccia. Dopo la confidenza e la fiducia che avevo riposto in Qillalla, mi sentivo quasi come se l’avessi fatto.

 Per fortuna il mio confratello non interpretò quel gesto come una menzogna. “Bisogna avvertire subito il Sommo Sacerdote. Pensare che qualcuno abbia voluto infiltrare queste puttane ad adescare membri del nostro ordine! Se qualcuno avesse dubbi sulla giustizia di quel che abbiamo fatto, questo li toglierà tutti. Tu non preoccuparti, Simay, non ti sarà data la colpa”

 Nel bel mezzo di questo discorso, aveva iniziato a trascinare Qillalla in avanti, dimostrando peraltro una notevole abilità nella magia. Non diedi alla questione il peso che vi avrei dato normalmente: avevo finalmente visto Qillalla in faccia, per un attimo, e aveva gli occhi arrossati e le guance rigate di lacrime che le rovinavano lo strato di trucco. Mi accorsi che la ragazza tremava, pur non facendo nulla per ribellarsi.

 Ma che stava succedendo? Perché quel pianto? Era per la pubblica vergogna cui stava andando incontro? O era per me, in qualche modo? Non avrebbe avuto senso, ma potevo sperare che fosse stata anche solo un minimo mia amica sincera, che quello fosse il rimorso di avermi mentito?

 No, cosa speravo a fare? Non era possibile. Qillalla era stata inviata per distogliermi dalla retta via e rendermi un Kisnar, la creatura più abietta che esistesse, un destino peggiore della morte stessa. Inviata da Llyra, probabilmente: eccone una, di quei ricchi e potenti abbastanza da poter comprare i servigi di quella setta.

 E io avevo confidato in lei, per tutto quel tempo! Llyra sapeva … semplicemente tutto. Sapeva che mi ero reso conto delle mie origini, sapeva che avevo scambiato io quelle erbe, sapeva delle mie preoccupazioni e dei miei piani per difendermi da lei. Avevo avuto anche solo una speranza, in quella vicenda?

 Mi fermai. “Capac? Me ne occupo io”

 Non so se Qillalla sia stata ancora più abbattuta da quella frase, o se abbia sperato che quello fosse un tentativo di liberarla; se il caso è l’ultimo le ho purtroppo dato un’amara delusione.

 Immaginai di prendere l’affetto e l’amicizia che mi avevano legato a lei, e di rinchiuderli in un angolo separato e lontano della mia mente. Poi mi raccolsi in preghiera.

 Concedimi il tuo sostegno, Grande Dea. D’ora innanzi, riconosco che siete l’unico appoggio che posso avere. Vi supplico di aiutarmi a cancellare le distrazioni dalla mia mente. Non smisi la preghiera neanche per un istante, mentre Qillalla veniva trascinata lungo i corridoi e su per le scale, fuori da quella che era stata la sua vera casa (forse fu trascinata con più velocità e forza rispetto alle altre donne. Ero troppo concentrato sulla preghiera per badarci davvero).

 Fuori si era già radunata una piccola folla: le Datrici di Morte erano state raggruppate in un cerchio al centro della piazza, tenute a bada dai novizi che impedivano loro i movimenti. I Sacerdoti più anziani erano disposti a semicerchio intorno a Waray, mentre i Purificatori di Qisna si tenevano in disparte, pur osservandoci con assoluta serietà: evidentemente aveva avuto ragione chi ci aveva detto che non sarebbero intervenuti. Quanto al popolo, si era creata una vera e propria folla, che rumoreggiava, indicava le ex Sacerdotesse e ondeggiava sotto le spinte di quelli che cercavano di portarsi avanti per vedere.

 “Cittadini di Alcanta!” esordì Waray. Tutti si zittirono, ansiosi di non perdersi una parola. “Qui davanti a voi stanno le empie sgualdrine che hanno fatto mercimonio della punizione divina. Troppo a lungo queste donne infami si sono vendute al miglior offerente, portando la dannazione dei Kisnar non a chi lo meritava, ma a chi era designato dal denaro del suo nemico. Osservatele. Imprimetevi i loro volti nella memoria. Ricordatevene come dei volti di nemiche vostre e degli dei”

  La folla riprese a bisbigliare. ‘Era ora che qualcuno facesse finalmente qualcosa per quelle donnacce! Ma era legale fare una cosa simile? L’Imperatore aveva approvato? Non spettava comunque ai Sacerdoti di Achesay metter becco in queste cose. No, spettava a chiunque avesse un minimo di decenza come essere umano, e Waray finalmente l’aveva! Ma i Purificatori non dicevano nulla? Evidentemente approvavano’.

 Io stavo facendo del mio meglio per concentrarmi nell’ostacolare i tentativi di fuga delle Sacerdotesse, e senz’altro non pensare a Qillalla, non pensare neanche per sbaglio a Qillalla, lei non doveva disturbare la mia preghiera, e in tutto questo mi persi Capac che rompeva la formazione e correva a sussurrare qualcosa a Waray, troppo rapido perché qualcuno potesse rimproverarlo. Tornò sempre di corsa al suo posto, Waray fece per dire qualcosa, ma fu interrotto da un manipolo di guardie.

 “Sommo Sacerdote Waray. Vorreste spiegare il significato di questa azione?” il capitano Surne in persona era andato a interpellare la nostra guida, inchinandosi rispettosamente davanti a lui, ma usando un tono brusco che contrastava di molto con l’atteggiamento deferente.

 “Esattamente quel che ho già detto a questa gente” fu la risposta.

 “Siamo arrivati tardi. Non abbiamo sentito. Ripetete, per cortesia, e ricordate che queste saranno le parole che verranno riferite a Sua Altezza Manco”

 Ero tanto nervoso che mi pareva di faticare a respirare. Dovevo solo sperare che Waray gestisse bene la situazione, senza offendere nessuno e creare dissidi, ma visti i precedenti …

 “Abbiamo compiuto la volontà e giustizia divina” fin qui tutto bene … “Ormai le Datrici di Morte non erano più neppure degne dell’incarico sacerdotale. Dite, Capitano della Guardia, quante persone oneste avete visto tramutate in Kisnar per colpe semplicemente risibili? Quante volte voi e i vostri uomini siete stati impediti nel condurre quella che sapevate essere giustizia umana, perché le azioni di queste criminali erano interpretate come volontà di Qisna, a prescindere dalle transazioni economiche che sapevate esserci dietro?”

 Il capitano Surne e le sue guardie tacquero, continuando a fissarlo.

 “Voi agite per pregiudizio!” urlò una Datrice di Morte. “Non sapete nulla di quel che accade nel nostro Tempio!”

 La protesta fu accolta da una salva di fischi, e un distratto “Taci, donna blasfema” da parte di un Sacerdote.

 “Voi siete blasfemi, che costringete la vostra dea a invadere il Tempio di un’altra …”

 “Noi?” intervenne Waray, un sorrisetto compiaciuto come se la donna avesse appena detto quello che lui sperava. “E che mi dite, allora, della ragazza dei vostri ranghi che avete inviato a cercare di sviare uno dei miei novizi dalla retta via?”

 Questo non me l’aspettavo. Così come non mi aspettavo che la terra si smuovesse a separare leggermente Qillalla dalle sue consorelle, appena abbastanza da metterla in risalto agli occhi della folla. Lei si raggomitolò ancora di più su sé stessa, nascondendo il volto nelle ginocchia che teneva abbracciate.

 “Ah! Puttane!” rise qualche giovane, e l’eco non si fece attendere.

 “Schifose! Ve lo meritate questo!”

 “Siete brave a tenervi la bocca occupata, no? Quindi state zitte!”

 “Baldracche ipocrite!”

 “E tu cos’hai da rannicchiarti, troietta? Mi sembra che a quelle come te piaccia stare aperte!”

 “Perché queste cose sono state permesse? Avrebbero dovuto mandarle in un bordello, altro che tentare bravi giovani degli altri Templi …”

 “Che schifo”

 “Seppellitele sotto terra, altro che esporle davanti a tutti!”

 “Ordine, ordine! Silenzio!” queste naturalmente erano le guardie.

 Io stavo lì come uno stoccafisso, avevo pure perso la concentrazione e fu necessaria una spallata di Capac per riportarmi all’ordine. Che fallì, tra l’altro: non riuscivo che a cercare di elaborare quello che era appena successo. Tutta quell’acrimonia della folla, tutti quegli insulti rivolti verso Qillalla, una persona che fino a un’ora prima avevo visto come un’amica preziosa, avevano un che di sbagliato, fin repellente. Avrei quasi voluto che nulla del genere fosse mai successo, che quella sortita non fosse stata fatta … ma cosa stavo pensando?

 Era la volontà della dea che si compiva, come ero costretto a ricordarmi ormai ogni cinque minuti da quando Waray era stato eletto. Non potevo volere diversamente.

 Piuttosto, c’erano altre implicazioni in quello che il Sommo Sacerdote aveva rivelato pubblicamente: se si fosse saputo che una Datrice di Morte aveva come obiettivo un qualsiasi novizio, doveva esserci già stata qualche persona sveglia che si era chiesta ‘ehi, ma perché?’. Magari ne avrebbe parlato in giro, avrebbe fatto nascere una curiosità verso di me, oppure a chiederselo sarebbe stata una guardia, e sarebbe partita un’investigazione … no, senz’altro sarebbe partita un’investigazione, con tutti i ragazzi di famiglie nobili che si trovavano tra i novizi. Quasi sicuramente sarebbero arrivati a me, e a quel punto sarebbe sorta la domanda: che avevo fatto perché qualcuno mi facesse prendere di mira da una Datrice di Morte?

 E se Llyra avesse fatto qualcosa per insabbiare le indagini, o impedito a Manco di prendere misure, la gente avrebbe parlato. Il rischio che le mie vere origini fossero scoperte aumentava spropositatamente.

 E cos’avrei fatto? Cos’avrei potuto fare, da solo? Perché Capac era andato a parlarne, accidenti a lui? Perché Waray aveva sentito il bisogno di rivelarlo come parte del suo argomento contro la setta? Era una qualche prova a cui la Grande Madre mi stava sottoponendo?

 Basta. Mi focalizzai completamente nella preghiera. Era l’azione migliore da compiere, soprattutto in vista di simili difficoltà. Non avrei più fatto affidamento completo su una persona umana per aiutarmi: Achesay sarebbe stata l’unica in tutto il creato a cui avrei affidato le mie speranze. E non potevo farlo se non mettevo da parte le distrazioni e non mi concentravo sull’agire come da lei indicato.

 Compresi solo confusamente cosa stava succedendo: a quanto pareva il capitano aveva accettato che il Tempio di Qisna avesse mosso offesa per primo a quello di Achesay, e che ciò avrebbe riferito al sovrano quando gli avesse riferito della vicenda; ma avrebbero dovuto attendere nuovi accertamenti, e un’investigazione sulla vittima. Le Sacerdotesse, ormai inutili al loro culto, sarebbero state prese in custodia dalle guardie imperiali e ricondotte ai loro luoghi d’origine, presso le loro famiglie, ma costantemente tenute d’occhio dagli agenti locali, perché non contaminassero nessuno con il nucleo del peccato che portavano in loro.

 Gli uomini si avvicinarono per sollevare le ex Datrici di Morte da terra e allontanarle, proteggendole al contempo dalla folla che continuava a schernirle. Io potei smettere la mia preghiera, e rialzarmi a contemplare la scena. Quelle che all’inizio erano apparse come ministre di un culto terribile e misterioso, strumenti di feroce punizione divina, non erano più che un gruppo di donne dalle vesti strappate e sporche di terra, alcune piangenti, alcune dallo sguardo fisso a terra, altre ancora ancora a testa alta e orgogliose.

 Ci provai anche, a non concentrarmi su Qillalla. Non potei non notare che si era morsa le mani a sangue.

 Ma che … scoprire la verità su di lei? Ebbi di colpo la consapevolezza di non esserci arrivato neppure vicino. Certo, mi ero appena deciso a non pensarci, probabilmente non l’avrei neanche più rivista, ma non potevo cancellare, così di colpo, tutto il sostegno che mi aveva dato in quel mese, anche se falso.

 Noi osservammo mentre le Sacerdotesse venivano condotte via, e la folla si diradava per seguirle: non eravamo certo noi, i giustizieri, la fonte di interesse principale. Rimasero nella piazza solo un paio di persone, che mi fecero strabuzzare gli occhi: Sayre e Linca. Che ci facevano lì? Con tutte le conseguenze che l’inchiesta avrebbe avuto su di me … era possibile che fosse stato lo stesso Sayre a incaricare Qillalla di avvicinarsi a me, per poi farla fallire di proposito?

 Del resto, aveva ancora una talpa nel nostro Tempio di cui ignoravo l’identità. Poteva essere stato lui a suggerire quell’attacco a Waray … ma no, il Sommo Sacerdote esprimeva solo il volere della dea, senza coinvolgimenti umani!

 “Che spettacolo edificante, mio signore!” commentò allegramente l’Incendiario, rivolto a Waray. “Una vera manifestazione della giustizia divina. Possiamo sperare in un bis?”

 Per tutte le mie preoccupazioni riguardo a Waray, semplicemente adorai l’occhiata di puro disprezzo con cui questi rispose. “Artigiano, se non sai distinguere quello che tu stesso ha definito come la manifestazione della giustizia divina da uno spettacolo di strada, quel che posso dirti è tornare al tuo lavoro e non immischiarti in faccende che non capisci”

 Sayre rispose con l’inchino più falso del mondo, mentre alle sue spalle Linca annuiva vigorosamente e rivolgeva gesti di approvazione a Waray, procurandosi sguardi ancora più disgustati da quest’ultimo.

 “Chiedo umilmente perdono se vi ho offeso, mio signore. Volevo semplicemente esprimere, con la scarsa cultura che mi ritrovo, tutta la mia ammirazione per la vostra integrità di servo divino, e per il coraggio che voi e i vostri aiutanti qui state dimostrando nel proseguire la vostra opera”

 Waray, che pover’uomo, non sapeva nulla di chi aveva davanti, annuì più compiaciuto. “Tu rimani sulla retta via, artigiano, e nulla di tutto questo ti coinvolgerà. Il Tempio di Qisna è stato solo il primo in cui abbiamo svolto l’ordine di riforma della nostra signora: gli altri seguiranno a breve, e renderemo Tahuantinsuyu un vero luogo di onore per gli dei”

 “Le vostre riforme non saranno gradite a tutti” avvertì Sayre. “Confido solo … che abbiate qualcuno che vi protegga” aveva parlato a Waray, ma l’occhiata che aveva accompagnato queste frasi era indubbiamente rivolta a me. Così come un sorriso che non riuscivo a non vedere come beffardo.

 “Che il vostro giorno si concluda pacificamente, buoni Sacerdoti!”

 E su queste parole, ci fece la cortesia di defilarsi. Qualcuno gli rivolse segni di benedizione, rallegrato da un simile supporto popolare, qualcun altro, come un Capac veramente furibondo, parve trattenersi a stento dal maledirlo a voce abbastanza alta perché si sentisse in tutta Alcanta.

 Mi resi improvvisamente conto che se Qillalla era stata una spia tutto il tempo, adesso di sicuro anche Llyra sapeva della sua identità. E non si era mossa contro di lui? Certo, avrà avuto il mio stesso problema della mancanza di prove, ma dalla sua posizione, avrebbe potuto incastrarlo per qualunque reato e nessuno avrebbe messo in discussione la sua parola. Potevo sperare che Sayre e Llyra, con i loro obiettivi discordanti, si distraessero a vicenda abbastanza perché potessi escogitare una soluzione che mi proteggesse da entrambi?

 “La nostra opera qui è conclusa” dichiarò Waray, riportandomi al presente. “Torniamo al Tempio, e vediamo di essere pronti per la nostra prossima missione”

 

 

Choqo sospirò, richiudendo il manoscritto. Da quando aveva scoperto che Qillalla era una Datrice di Morte, aveva solo sperato che fosse scoperta e allontanata da Simay, e se avesse letto quel brano senza prima aver parlato con Linca, avrebbe esultato alla sua pubblica umiliazione. Ma dopo quel che aveva scoperto di lei, di quella faccenda da voltastomaco che era stata la sua infanzia, le pareva quasi di aver letto qualcosa di sporco, che non sarebbe mai dovuto succedere.

 Che era successo poi a Qillalla? Simay l’avrebbe più rivista? L’Incendiario sembrava avere ancora degli usi per lei: come si era conclusa quella vicenda?

 Choqo temeva che non l’avrebbe scoperto molto presto. E da quel che aveva capito, forse stava per trovare informazioni più interessanti nel manoscritto di Corinna.


                                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

Dopo quello strazio che era stata la seconda prova – tanto per aver incrociato Simay quanto per l’aver effettivamente cacciato l’animale più dannatamente veloce che avessi mai visto – mi sentivo piuttosto ambivalente verso la terza.

 A confronto con le altre due, ballare per ventiquattro ore ininterrotte era una cosa tranquilla e davvero poco violenta; d’altro canto … ballare per ventiquattro ore ininterrotte.

 La linfa di shillqui, avevo avuto modo di verificare, aveva effetti davvero terrificanti, ma anche con l’energia concessami da quella specie di droga, non ero sicura che sarei riuscita a completare la missione. Certo, avevo qualche vantaggio: per conto mio non avevo mai fatto che balli di gruppo estremamente semplici e ripetitivi, quindi avevo una scusa per evitare mosse complicate che mi stancassero troppo, e poi potevo sempre provare a centellinare la linfa, bevendone piccoli sorsi ogni tanto per mandarmi avanti.

 Inoltre, una volta che avessi iniziato a ballare sarebbe stato un sacrilegio interrompermi, quindi non dovevo temere l’interferenza di Dylla e delle dame di Llyra. Malitzin era stata sorprendentemente ben disposta ad aiutarmi, ma avrei dovuto vedere anche le reazioni delle donne dell’harem (nel quale avrei dovuto svolgere la prova) e poi quella di Manco. Praticamente tutto il palazzo aveva notato le sue incredibilmente regolari visite alle sue concubine, e da quel che avevo capito dagli schiavi veterani, quest’occorrenza era la norma in tempo di pace. Se fosse arrivato lì sperando in una bella festa con quelle poveracce, e io mi fossi trovata lì a danzare senza poter smettere un attimo … sarebbe stato strano. Per non dire che non avevo nessuna voglia di vedere quel che faceva Manco con il suo harem. Ma era l’unico posto in cui Malitzin avrebbe potuto guardarmi senza che nessuno obiettasse, e avrei dovuto farmelo bastare.

 Dovetti fare una vera alzataccia per non farmi bloccare da Dylla, concedendomi così pochissime ore di sonno e recendomi nelle stanze dell’harem già esausta. Si cominciava bene!

 “Corinna!” mi salutò Malitzin, già sveglia. “Manco non essere qui. Vicino a porta, così controllo te e loro”

 Trovare un’altra persona minimamente decente da quelle parti era stato un vero sollievo, ma non ero ben sicura di potermi fidare di lei. Certo, non pensavo che fosse una spia di Llyra o cose simili, i suoi problemi linguistici erano quasi certamente genuini (quel ‘ai vostri ordini, nobile troia’ lo ricorderò per il resto della vita) e per questo mi faceva anche un po’ pena (non avevo mai pienamente apprezzato la traduzione facilitata che mi aveva concesso Energia fino a quel momento), ma dopo le spettacolari delusioni di Sayre e Simay in rapida successione, non me la sentivo di dare confidenza a qualcun altro. Alasu era un’eccezione, ma non ne avrei fatte altre, e tutte quelle persone sarebbero state solo un ricordo quando sarei tornata a casa. Comunque, non potevo fare a meno di sentirmi un po’ grata per la nuova schiava.

 Entrai nella prima stanza dell’harem, ignorando le tre donne addormentate, presi un respiro profondo, e cominciai.

 La mia ‘danza’ non era veramente nulla di più di qualche saltello e agitamento di braccia, terribilmente sgraziato e noioso, e per di più avevo una sorta di ansia da prestazione per Malitzin che mi guardava fissa, a malapena battendo le palpebre. Dopo qualche minuto poi urtai un mobiletto, svegliando una delle concubine, che mi fissò perplessa e inquisì su che accidenti stesse succedendo, e una volta ottenuta risposta, decise di non rimettersi a dormire e mettersi a guardare anche lei lo spettacolo. Adesso avevano due persone che fissavano le mie pallide imitazioni di balletti che avevo visto in località di vacanza: che potevo chiedere di più?

 Riuscii a resistere addirittura un’ora e mezza prima di chiedere il primo sorso di linfa di shillqui: ero fin sorpresa di essere durata così a lungo, ma iniziavo già ad avere braccia e gambe davvero indolenzite. Fu una vera impresa per Malitzin, cui era stata affidata la tazza, versarmene un po’ in bocca mentre continuavo a ballare, e un po’ se ne andò sprecato cadendomi addosso; ma la carica di vigore che mi garantirono quelle poche gocce fu molto gradita.

 Contrariamente alla volta prima, in cui mi ero tracannata tutta la tazza quasi d’un fiato e mi era sembrato sul punto di esplodere per l’energia che mi sentivo scorrere dentro impazzita, in quell’occasione mi sentii piacevolmente rinvigorita, proprio come se avessi ricevuto un po’ di forza e leggerezza in più nel muovermi, e mi fosse stata sollevata la fatica di dosso. Magari era così che le Sacerdotesse la assumevano regolarmente … ma avvertirmi costava loro troppo sforzo? O davano per scontato che, in quanto aspirante Sacerdotessa, lo sapessi già?

 Nel lasso di tempo che durò l’aiutino chimico di quel sorso, la maggior parte delle concubine si svegliò, e tutte ritennero molto interessante quel che stavo facendo: mi ritrovai presto con un vero e proprio pubblico di diverse persone. Solo che, al contrario di Malitzin che si limitava a guardare con la massima attenzione, queste decisero che avrei avuto bisogno di consigli.

“Ma perché ti muovi sempre in quel modo? Una piroetta, così …” seguì dimostrazione. “Chinati e ruota velocemente su te stessa, adesso ti faccio vedere!”

 “No, no, quando ti chini, fai questo gesto con le braccia”

 “Credo che voglia risparmiare le forze” intervenne Aylla. Sussultai nel riconoscere la ragazza che aveva subito quell’aborto. Stava decisamente meglio rispetto all’ultima volta che l’avevo vista, ma aveva ancora un’aria generalmente stanca e stressata, come se avesse dormito poco in quei giorni. Però mi sorrideva quasi con affetto: forse ricordava che l’avevo assistita, e ne era in qualche modo riconoscente?

 “Non assillatela tanto, ragazze, dovrà farlo ancora per tutto il giorno”

 “Almeno potrebbe mettere un po’ di attenzione ai piccoli dettagli, se proprio non vuole fare niente di esagerato!” commentò una donna sulla ventina, chiudendo le mani a coppa e poi facendo movimenti velocissimi con le dita. “Qui, vedi come muovo le dita? Puoi farlo mentre ti abbassi piano, così …”

 “Quella è la mossa più scontata e noiosa della danza tradizionale!” la rimbeccò un’altra. “Non darle ascolto, ragazzina, e guarda me!”

 La concubina in questione gettò allegramente alle ortiche tutte le raccomandazioni sul ‘non sprecare energia’ e si gettò in uno spettacolare salto che non avevo visto neppure nei pochi spettacoli di danza classica a cui avessi mai assistito.

 “Per quello dovrà buttar giù tutta la tazza, poveretta!”

 “E l’hai pure fatto male! Guarda, così si fa!” un’altra donna eseguì lo stesso tipo di salto, solo con ancor più leggerezza … non fosse stato che nell’atterraggio abbattè uno sgabello.

“Ahia!”

 “Ben ti sta a fare la saputella!”

 “Cosa fate? Cosa succede qui dentro? Perché tutto questo chiasso?!” sbraitò un vecchietto, piombando nella stanza agitando selvaggiamente un bastone nodoso. Le concubine erano troppo occupate a ridere per rispondere, perciò quello strillò e sputacchiò qualcosa a Malitzin, cercando di tirarle una bastonata; lei schivò come se ci avesse fatto l’abitudine e spiegò a grandi linee, nel suo soqar stentato, quello che stava succedendo.

 Il vecchio mi guardò malissimo, poi, sbuffando come se avesse un grave attacco d’asma, si piazzò a sorvegliare l’ingresso esterno dell’harem. Le donne risero ancora di più.

 “E’ il vecchio guardiano” mi spiegò Aylla. “Lui e Malitzin sono un po’ alle strette, qui dentro. Per fortuna non gli è neanche passato per la testa di provare a interromperti…”

 “Per fortuna per lui, intendete” borbottai. “Ci metto niente a prenderlo a calci mentre ballo”

 Ci fu una risata generale.

 “Allora lo sa anche lei che il suo stile di ballo sembra una rissa da taverna!” commentò allegramente una concubina, suscitando altre risate. Mi trattenni un momento dal sospirare. Ma perché mi era capitato proprio quel branco di honcoi starnazzanti? Il contegno silenzioso di Malitzin ora mi pareva quasi confortante.

 Le donne iniziarono poi a chiacchierare dei loro istruttori di danza, a ricordare lezioni passate insieme nel caso questi fosse lo stesso per due o più di loro, e confrontare i loro talenti. Una ex schiava, che era un tempo stata una danzatrice professionista, divertì molto tutte con i suoi racconti di sabotaggi tra rivali invidiose e stratagemmi per sfuggirvi, e bizzarrie di ammiratori infatuati. Poi parlarono degli spettacoli di danza che avevano visto, della spettacolare esibizione che alcune schiave donate da una famiglia yrchllese avevano un tempo dato al palazzo della famiglia di una (“E’ uno stile molto comune dalle tue parti, Malitzin?”), o di come uno spettacolo di ballerini di strada di Alaya una volta fosse stato completamente rovinato dalla pioggia (“E dire che quei poverini hanno anche provato a danzare sotto l’acqua, ed erano anche bravi! Peccato che nessuno abbia voluto fermarsi a vederli …”). E ancora, se fosse meglio la danza o un’esibizione puramente musicale (“Senza neppure un po’ di movimento? Capisco in occasioni solenni, ma per una festa!”), o perfino teatrale (“Datemi una storia per carità, ore di persone che si limitano a saltare mi ucciderebbero dalla noia!”).

 Il tutto mentre le ore passavano e io continuavo ininterrotta i miei patetici saltelli, sforzarmi di non farmi deconcentrare dalle loro ciarle e ogni tanto facendomi aiutare da Malitzin per qualche sorso di linfa di shillqui.

 A un certo punto della giornata, quella che doveva essere una prova iniziatica per accedere al sacerdozio si trasformò in un vero e proprio spettacolo: altre mie compagne tra le schiave vennero a dare un’occhiata, Dylla si fermò giusto il tempo di commentare che non pensava sarei durata tanto a lungo, perfino la figlia di qualche nobile si avvicinò per rubare un’occhiata, di nascosto alla madre. Alasu, nelle prime ore del pomeriggio, piombò di corsa e rossa in viso nelle stanze dell’harem, dichiarò di aver temporaneamente abbandonato il negozio e suo padre per dirmi che stavo facendo un lavoro eccezionale e augurarmi buona fortuna, fece esattamente quello, e poi scappò via di nuovo.

 Bene, una ribellione durata il tempo complessivo di due minuti, ma purtroppo non si poteva avere tutto e subito.

 Arrivò anche Linca, a un certo punto, in un gruppetto di alcuni schiavi di artigiani: i suoi colleghi se ne andarono quasi subito, lei si trattenne ancora un po’, per rivolgermi uno sguardo di approvazione e commentare sulla mia ottima idea nell’andare a esibirmi proprio lì.

 Credo che chiunque tu sia, lettore, potrai molto facilmente immaginare la mia paranoia: perché lì? Si stava riferendo alla spia di Sayre nell’harem?

 Già, l’avevo quasi dimenticato, una di quelle donne così frivole che mi circondavano era in realtà in combutta con quel bastardo, probabilmente gli avrebbe riferito ogni dettaglio della mia prova, per che scopo al momento non lo potevo neanche immaginare, ma avesse anche solo provato a impedirmi di diventare Sacerdotessa e avrei rintracciato ogni sua singola incarnazione per scannarlo …un momento. Molte delle concubine avevano risposto con sorrisi a quella frase di Linca. Se la donna era una sola, perché …?

 Dio, che stupida. Ero riuscita a dimenticare dove, di preciso, mi trovassi.

 In una specie di gabbia dorata dove donne con la sfiga di essere troppo belle venivano vendute, da schiavisti o dalla loro stessa famiglia, per essere i giocattoli sessuali di un maniaco. Dove vivevano senza quasi contatti con l’esterno, a parte quelle poche sortite per parlare con altri nobili, che comunque si concludevano non appena una del corteo di Llyra si faceva vedere. Dove rimanevano incinte, magari speravano davvero di avere un bambino, e venivano fatte abortire perché la loro felicità non rientrava nei piani di varie persone.

 Non avevo fatto caso a come tutte quelle storie di divertimenti e curiosità, feste e lezioni e spettacoli con gli amici, fossero al passato, spesso venivano menzionati anni da quei momenti. Da quanto tempo quelle poverine erano rinchiuse lì, in quell’aria viziata dai profumi e quel clima depresso, senza distrazioni che non fossero Manco? Era davvero probabile che quella mia involontaria e improvvisata esibizione di un ballo ridicolo fosse la cosa più interessante che fosse successa in quell’harem da molto, molto tempo.

 E io le avevo criticate? Le avevo paragonate alle ragazze vacue i cui chiacchiericci mi infastidivano a scuola? Avrei dovuto cercare di ballare meglio solo per loro.

 Ci provai anche, copiando alla meglio le mosse che mi avevano mostrato quel mattino, solo che continuavo a inciampare nei mobili e a impigliare le dita nei tendaggi: più che uno spettacolo di danza sembrò quello di un buffone. Ne risultarono le risate di tutte le presenti, Malitzin compresa, e ciò mi colse alla sprovvista perché di tanto in tanto mi dimenticavo di lei. Era stata così immobile e silenziosa per tutto il mattino, concentratissima nel suo compito! La testimone perfetta, davvero.

 Il pomeriggio trascorse serenamente, tra chiacchiere allegre e rilassate come sospettavo non si sentissero da tempo in quelle stanze, e io che, rinunciati i tentativi di diventare una grande danzatrice, riprendevo i miei saltelli. Le concubine, tutte stipate in quella stanza, si fecero portare lì il cibo dalle loro schiave e cercarono anche di offrirmene un po’ (raramente in vita mia ho avuto tanta fame come quella volta: ventiquattro ore di esercizio fisico, e niente cibo), ma rischiavo di strozzarmi a mangiare mentre ballavo.

 Quando finalmente calò il sole (solo poche ore di quello strazio, ormai il grosso era fatto, dovevo solo resistere un poco), arrivò l’unico serio rischio in tutta la giornata: nientemeno che Sua Maestà l’Imperatore Manco. Precisamente quello che temevo, chi si aspettava che sarebbe successo davvero? Pachtu me lo doveva il ritorno a casa, oh se me lo doveva …

Per alcuni istanti, l’unica cosa che in quella stanza si mosse fui io che continuavo a ballare. No, non ci pensavo neanche a buttare all’aria le mie possibilità di ritorno per una stupida testa coronata!

 Le concubine lo guardarono nervosamente, Malitzin tenne gli occhi fissi su di me con una costanza a dir poco ammirevole. Quanto a Manco stesso, si limitò a fissare il quadretto davanti a lui con una sorta di educata perplessità, prima di illuminarsi.

 “Stai svolgendo una delle prove per il noviziato di Pachtu. Non è così?”

 Non mi aspettavo una domanda e un tono così gentili ed educati.

 “Sì, mio signore” mi limitai a rispondere nel mio miglior tono formale.

 “Non interferirò. Continua il tuo impegno, fanciulla, e sarai ricompensata”

 Detto questo, uscì come era arrivato. Mi sembrò di sentire un collettivo sospiro di sollievo dalle concubine alle mie spalle, ma stavo ancora cercando di elaborare la cosa. Avevo appena visto l’Imperatore, di tutte le persone presenti in quell’angolo di mondo, offrirsi di lasciarmi in pace nella mia prova e darmi anche un mezzo augurio di buona fortuna? Wow.

 Questo contrastava incredibilmente con l’immagine che finora mi ero costruita di lui, quella di un regnante inetto, disorganizzato, guerrafondaio e incapace di gestire la sua stessa famiglia. La sua risposta era stata quella che mi sarei invece aspettata da una guida saggia e comprensiva: non aveva neanche chiesto perché mi fossi messa proprio lì, o preteso che mi allontanassi. Aveva accettato la mia presenza lì come un fatto, e aveva deciso di non disturbare. Perché? Sembrava … qualcosa che Simay avrebbe potuto fare, data la sua ossessione per la religione, se non si fosse fatto abbindolare da Waray.

 O forse ero io che stavo ricamando troppo su una semplice concessione di generosità. Non doveva essere tanto comune, per Manco, avere riguardi verso gli altri, se il sollievo delle sue amanti al vederlo andarsene era di qualche suggerimento. A meno che … questo tizio lo sapeva che le Sacerdotesse avevano voto di castità, vero? Perché considerato che quei maledetti schiavisti che mi avevano portata lì contavano inizialmente di vendermi proprio al suo harem, perché mi ritenevano abbastanza bella da interessargli … non è che avrei ricevuto qualche ‘richiesta di gratitudine’ in cambio?

 Il pensiero fu quasi orribile che quasi smisi di ballare, riprendendo velocità solo per l’avvertimento di Malitzin. Ancora poche ore, ancora poche ore. Mi sarei occupata di tutto il resto quando la mia ultima prova fosse finita, pensai, ingoiando i miei ultimi sorsi di linfa di shillqui.

 Il tempo passò, qualche concubina annunciò che si sarebbe ritirata nella sua stanza per dormire, dopo avermi augurato un’ultima volta buona fortuna. Qualcun'altra sopravvalutò la sua capacità di resistere al sonno, perché si addormentò seduta o sdraiata lì dov’era, su un letto o un tappeto o il pavimento. Pochissime mostrarono la grande determinazione di vedermi ballare fino all’ultimo, e questo sacrificando l’energia che avevano per chiacchierare. La stanza piombò nel silenzio più assoluto.

 Era una vista che mi suscitò una certa tenerezza: in quel momento quelle donne, dalla vita così difficile, non sembravano altro che un gruppo di adolescenti che si fossero riunite per una festicciola notturna a casa di un’amica, per poi non reggere al sonno e addormentarsi dove capitava. Avevano passato una giornata serena? Magari per merito mio?

 Non avevo per niente pensato a loro, dopo lo spettacolare fiasco dello scambio di erbe, ma ero stranamente felice di esser servita a distrarle.

 Verso le prime ore del mattino Malitzin prese a scrutare continuamente il cielo, quel mondo effettivamente non conosceva orologi ed era l’unico modo per sapere quando avrei dovuto fermarmi. Dovevo farmi forza per ancora qualche passo, ormai era quasi finita … quasi finita … ma quando si decideva a finire? Un ultimo sforzo, non potevo crollare proprio ora. L’effetto di quegli ultimi sorsi si stava già esaurendo o era solo una mia impressione? Le braccia e le gambe erano o indolenzite o intorpidite … sarebbe finito presto …

“Un intero arco solare” annunciò Malitzin. “Finito. Potere smetti”

 Mi lasciai cadere a terra di peso. E subito dopo il sole entrava chiaro e forte dalle finestre, la stanza era piena di gente, e una Malitzin molto preoccupata mi scuoteva.

 “Corinna. Sveglia. Tu accusata”

 “Buh?” fu la mia intelligentissima risposta. A malapena ricordavo dove fossi, la luce improvvisa mi accecava, e ogni singolo arto mi doleva come mai prima d’ora in vita mia, neanche dopo tutto il lavoro da schiava dell’ultimo mese e mezzo.

 “Fatela uscire!” urlò una voce maschile all’esterno.

 “Sveglia, presto” mi sollecitò Malitzin, cercando di sollevarmi. Ma non mi avevano lasciata dormire neanche un minuto!

 “Ma è stata qui a ballare tutto il giorno, ieri!” una voce femminile, una delle concubine. Ehi, stava parlando di me? A chi? “Non può aver rubato nulla”

 Ci misi qualche secondo a comprendere appieno il significato di quelle parole, ma poi … accusata? Rubato? Era la voce di una guardia quella che avevo sentito prima? Chi mi aveva accusata di aver rubato cosa? Era per quelle tazze, vero? Era per quelle stupide tazze? Le avrei restituite subito, e poi avevo appena passato la terza prova, non potevano accusarmi proprio ora, doveva esserci qualche legge in proposito!

Perché speravo mi avessero accusata del furto delle tazze … se qualcuno a caso mi avesse accusato di aver preso, non so, gioielli o documenti imperiali o roba simile …

Stavo già iniziando a uscire, seguita a ruota da Malitzin, quando Dylla arrivò di corsa e mi diede uno spintone che mi buttò a terra.

 “Alzati, criminale!” urlò. “Ladra! Ti rendi conto di quello che hai fatto? Ringrazia che sarai interrogata prima, ucciderti subito sarebbe la cosa più giusta da fare!”

 Oh cazzo, pensai a ripetizione. Non poteva aver reagito così per quelle tazze, vero?

 “Cosa avrei fatto?” protestai. “Non ho mai rubato niente di valore, non ho idea di cosa stia succedendo!”

 Dylla fece per scagliarsi di nuovo su di me, ma fu la guardia a trattenerla.

 “Ha diritto a un processo, come tutti” spiegò lui. “Se sarà trovata colpevole, a lei ci penserà il boia. Sappiamo che ci sei fedele anche se non sei così … esuberante nel dimostrarlo”

 Il minuscolo frammento di gratitudine che sentii per questa guardia fu immediatamente annegato dalla preoccupazione. Boia? Si parlava già di esecuzione? No, no, non potevo morire lì! Non quando ero così vicina al mio obiettivo! Non potevo morire proprio, dannazione!

 Ero così terrorizzata che mi sentivo costantemente sul punto di svenire mentre mi lasciavo condurre dalla guardie verso i capannoni degli schiavi. Sentii passi di corsa, un vecchio che urlava, e la guardia si voltò.

 “E tu?”

 “Io testimone” rispose Malitzin, che aveva continuato a seguirci. “Io visto lei ballare tutto giorno. No rubato”

 La guardia sospirò e le fece cenno di seguirci. Io mi rimproverai immediatamente per l’ondata di sollievo che sentii. Se qualcuno, come ormai era chiaro, mi aveva incastrata, probabilmente si sarebbe inventato una storia che non avrebbe potuto essere smontata da ogni singola donna dell’harem e la loro custode.

 Davanti a quello che era stato il mio alloggio si era radunato un vero e proprio capannello di persone, al cui centro stava Namina, che reggeva una collana di placche d’oro su cui erano incastonati disegni in gemme azzurre e bianche. Alla mia vista, si incupì, e poi iniziò a ripetere le sue accuse.

 “Era nascosto tra le sue coperte. Un gioiello della compianta Imperatrice Cusi”

 “Che cazzo stai dicendo?” urlai. “Io non l’ho toccato! Non mi sono avvicinata agli alloggi imperiali per tutto il giorno, lo sa tutto il benedetto palazzo, ho un’infinità di testimoni!”

 “Ma la refurtiva è stata trovata nel tuo letto” intervenne una guardia con una voce calma che mi diede incredibilmente sui nervi. “Riesci a pensare a qualcuno che, per una qualunque ragione valida, abbia voluto incastrarti? Condannandoti ingiustamente a morte?”

 Sì che ce l’avevo, il problema era che questo qualcuno aveva le chiappe sul trono. Non potei fare altro che scuotere la testa. L’uomo sospirò di nuovo, per rivolgersi al gruppo degli schiavi lì radunato.

“Ascoltate bene le mie parole: se nessuno dichiarerà di aver impiantato false accuse, questa ragazza sarà uccisa. Per te, che hai commesso il delitto, una giovane innocente morirà. Rifletti bene sul peso delle tue azioni”

 Nessuno si mosse, nessuno parlò. Altro sospiro dalla guardia. “Vieni, ragazza. La gravità del tuo gesto è sufficiente da richiedere un’udienza immediata”

 Meraviglioso, dovevo ancora metabolizzare la cosa e cercare di preparare una difesa …

 “Chi dovrà giudicarmi?”

 “Per un crimine contro l’autorità imperiale, è questa stessa il giudice”

 Llyra. Oh … doveva succedere un miracolo. Sarei stata condannata. Non mi avrebbero giustiziata sul posto, vero? Avrebbero dovuto almeno chiamare il boia, preparare gli strumenti … sarei dovuta scappare in quel lasso di tempo.

 Grazie tante, come? I miei tentativi di fuga da qualsiasi posto fino a quel momento erano stati un fiasco! E poi di sicuro la mia cella sarebbe stata la più sorvegliata di sempre. Sperare in un miracolo di Pachtu? E quando mai mi aveva aiutata, quel bastardo? Mi aveva portata lì proprio per usarmi come ‘esperimento’, se fossi morta al massimo avrebbe cercato un rimpiazzo! Non volevo essere lì, non volevo. Volevo tornare a casa, dai miei genitori, in un Paese dove nessuno aveva nulla contro di me e non ero invischiata in nessuna congiura e non esisteva la pena di morte!

 Volevo vivere.

 La stanza in cui si doveva tenere l’udienza era la sala del trono, la stessa dove Manco aveva tenuto il suo discorso dopo la parata trionfale per Yrchlle. La stanza mi sembrò immensamente più grande, svuotata di tutta quella folla, e io mi sentii ancora più piccola e insignificante. Cosa ci avrei scommesso che era stato quello l’intento dell’architetto.

 Mi sorpresi nel vedere che Manco era presente, sul suo trono grande e ornato, e Llyra era nel suo, al fianco dello sposo. Non sarebbe stata lei a giudicarmi, dunque, ma quello che la sera prima era parso tanto ragionevole …

 Stupida, non dovevo permettermi di sperare! Probabilmente le prove contro di me erano troppo gravi, l’esito di un processo dato dalla persona più giusta ed equa in quelle circostanze sarebbe stato negativo.

 “Vostra Altezza” esordì la guardia, prostrandosi a terra e spingendomi a fare altrettanto. “Abbiamo portato l’imputata. Nessuno schiavo ha dichiarato colpevolezza, ma abbiamo un testimone che dichiara di averla vista impegnata in tutta la giornata di ieri”

 “Danzava nella sua prova per il Sacerdozio, certo” confermò Manco. “L’ho vista io stesso. Ma dunque, se questa fanciulla ha danzato ininterrottamente per tutto un giorno e poi è crollata addormentata, come può confermare il guardiano e, suppongo, le mie spose inferiori, quando sarebbe avvenuto il furto, e perché è stato impiegato tanto tempo a scoprirlo?”

 “Tu” la guardia richiamò l’attenzione di Namina, che sussultò. “Raccontagli quello che hai visto”

 “V-vostra Altezza, sono stata io a trovare la refurtiva” esordì. “Stamane ero andata a portare alcuni avanzi di cibo presso il letto della mia compagna: sapevo che aveva faticato molto e probabilmente non era riuscita a mangiare nulla in tutta la giornata, e volevo darle un segno della mia stima”

 Ma se a malapena ci eravamo mai calcolate prima?

 “Ho notato che il suo letto era sfatto, ho cercato di riordinarlo un poco, e quel … la collana dell’Imperatrice vostra madre è scivolata fuori. Avrete molti testimoni pronti a dichiarare che io abbia immediatamente allertato la vostra guardia, Altezza”

 Manco sospirò. “Non è prova sufficiente. La giovane non si è avvicinata al proprio letto per una giornata intera, in cui chiunque avrebbe potuto entrare nel dormitorio degli schiavi e nascondere la refurtiva, per incastrarla. Con la controversia che ha avvolto il Tempio dei Fulmini, non mi sorprenderei di qualcuno disposto a sacrificare una schiava innocente pur di metterlo ulteriormente in cattiva luce”

 Oh? Possibile che avessi davvero qualche magra speranza di cavarmela?

 “Mio signore e mio sposo” Llyra intervenne per la prima volta nella conversazione. “Come avete giustamente detto, ricordate i recenti disordini. Questa ragazza non avrà forse sufficienti prove della sua colpevolezza, ma neppure della sua innocenza: è evidente che si sia recata molto presto a iniziare la sua prova, e avrebbe potuto compiere il suo furto prima ancora. Sarebbe stata una copertura perfetta: nessuno avrebbe sospettato nulla di una giovane così ardentemente religiosa che affrontava una prova in onore del suo dio”

 “Ma in tal caso, il furto avrebbe dovuto essere notato ben prima” obiettò Manco. “Chi è lo schiavo che si occupa della tesoreria?”

 Llyra aggrottò appena la fronte. “Rayllu, mio signore e sposo. Ma Rayllu è ormai anziana, la sua vista e memoria sono ormai scemate tanto che eravamo prossime a sostituirla con uno schiavo più giovane”

 “Sì, ora ricordo. E’ già stata interrogata?”

 Ci fu qualche istante di silenzio.

 “Non siamo riusciti a trovarla, Vostra Altezza” si decise ad ammettere Dylla. “Ha abbandonato la tesoreria, ed è stata sostituita immediatamente, ma lei sembra proprio essere sparita”

“Certuni, nella vecchiaia, possono cadere in stato confusionale” osservò Manco.

 “Mio signore e sposo, può una vecchia in stato confusionale compiere azioni tanto precise quali rubare un prezioso cimelio, nasconderlo nel letto di una schiava più giovane convenientemente assente per l’intera giornata, e poi sparire tanto abilmente in modo da lasciar ricadere la colpa su di lei?”

 “E per nessun motivo!” scattò Dylla, per poi impallidire. “P-perdona-t-temi, Vostra Altezza. Ma conosco Rayllu da tanti anni, e so che nessuna più di lei è più fedele alla vostra stirpe. Rayllu morirebbe per voi, morirebbe pur di non tradirvi”

 “Sfortunatamente, il tuo cameratismo è fuori luogo in questa situazione” la freddò Llyra. “Ma dobbiamo essere lucidi, e muoverci con cautela in una situazione che potrebbe avere conseguenze ben più importanti di un paio di schiave. Rayllu dev’essere ritrovata e interrogata; nel frattempo, Corinna verrà trattenuta in custodia della guardia imperiale”

 Non era una vera e propria condanna a morte, ma stranamente la cosa mi logorò ancora di più i nervi. Avevo qualche speranza, e una tentata fuga l’avrebbe rovinata? Non ne avevo nessuna, e la fuga era l’unica via di salvezza? Quanto avrei voluto sapere!

 La guardia si mosse per risollevarmi da terra, ma due persone piombarono improvvisamente nella stanza.

 “Cosa credi di …” esordì la guardia, mentre i due intrusi si prostravano a terra davanti alla coppia imperiale. Erano Sayre e Linca. Ma che …? Di preciso, di quanto era appena peggiorata la mia situazione?

 “Vostra Altezza, vi supplico di perdonarmi per l’improvvisa invasione” esordì l’Incendiario. “Ma la situazione lo rendeva necessario. Non potevo permettere che venisse commesso un grave errore giudiziario ai danni di una brava e devota ragazza”

 Ora non ci stavo capendo più nulla. Sayre stava … facendo cosa, cercando di scagionarmi? A che gli serviva? Perché? O stava per dire cose che avrebbero peggiorato ancora di più la mia situazione, o mi avrebbero rimesso in libertà ma impedito di accedere al sacerdozio? Non capivo più nulla, dannazione!

 “E hai delle prove a sostegno della sua affermazione?” chiese Llyra, impassibile.

 “Sì, Vostra Altezza, le ho. Consistono nel fatto che il gioiello ritrovato nella stanza della ragazza non sia quello rubato a voi, e che anzi questo non sia probabilmente mai stato rubato”

 “E su cosa fondi questa tua dichiarazione?”

 “Nessuno ha controllato davvero la tesoreria. Se non erro, l’allarme è scattato perché il gioiello è stato ritrovato nelle coperte di questa schiava, dunque nessuno si è preoccupato di verificare la mancanza della collana nella gioielleria. Vi supplico di mandare qualcuno a farlo, Vostra Altezza: ritroverete lì il vostro gioiello”

 “E dunque, come spieghi la collana in possesso della ragazza?” intervenne Manco, con l’aria di qualcuno che cerca di dissimulare di non aver capito assolutamente nulla.

 “Un ragazzo di Ichiraya, un ex schiavo che ha passato il test dei quattordici anni, mi ha chiesto di prenderlo come apprendista. Per dimostrarmi le sue belle speranze, mi ha inviato alcune sue creazioni ispirate a gioielli portati dall’Imperatrice Cusi, e ha usato Corinna come tramite per contattarmi. Ho chiesto a lei di tenere i campioni a causa del disordine che regna attualmente nella mia bottega, e lei ha gentilmente acconsentito”

 Ovviamente non era vera una singola parola. Che stava succedendo? Cosa ci guadagnava l’Incendiario a mentire per me? E poi, c’era qualche sostegno a questa sua bugia? O voleva farsi scoprire apposta per chissà quale suo piano?

 Le prove c’erano, si scoprì. Manco mandò immediatamente Dylla a controllare la tesoreria, e finalmente si scoprì che sì, quella collana per cui era stato fatto tanto chiasso era rimasta al suo posto per tutto il santissimo tempo. E non era neanche identica a quella che era stata trovata nel mio letto, solo simile per il metallo e le pietre usate.

Non avevo capito nulla di quel che stava succedendo, ma feci del mio meglio per non darlo a vedere, e comportarmi come sollevata che la giustizia avesse davvero fatto il suo corso (sarebbe sembrato strano altrimenti). Llyra sospirò.

“Tanto disturbo e il rischio di condanna a morte di un’aspirante Sacerdotessa per nulla. Rayllu dev’essere sostituita al più presto, e tu, Namina, cerca di indagare più a fondo prima di lanciare accuse. Abbiamo sfiorato una grave ingiustizia e un disastro diplomatico, quest’oggi. Che nessuno di voi lo dimentichi”

 Ma … la sfacciataggine di quella donna! Ero sicura che fosse stata lei a orchestrare tutto l’incidente, e anzi l’intervento di Sayre le fosse decisamente tornato scomodo, ma eccola lì a fare la giusta sovrana che riconosceva la giustizia e impartiva una lezione a quei deficienti dei suoi sudditi. Perfino Manco non poté fare altro che essenzialmente ripetere le sue parole, e tutti noi fummo lasciati uscire.

 Sayre e Linca si diressero verso la loro bottega, tranquilli, come se non fosse successo nulla di eccezionale. Dopo tutto il caos tutti stavano cercando di capire cosa fosse successo da fonti terze, a parte qualche occhiata curiosa nessuno badava a me, presi immediatamente la decisione strategica di correre loro a dietro.

 “Si può sapere perché l’hai fatto?” sibilai.

 “Quel che è giusto è giusto, Corinna. Mi hai tanto aiutato con quel ragazzo, avrei dovuto farti ammazzare così per nulla? Vieni con me un attimo, ti spiego cosa rispondergli quando sarai uscita da qui”

 Ecco, di sicuro lui aveva più esperienza nel parlare in codice di me. Avrei dovuto chiedergli di darmi lezioni, se avessi continuato a infilarmi in quei casini. Certo che andarmi a cacciare nella sua bottega, senza nessun altro … non era molto probabile che mi avrebbe ferita o uccisa, avrebbe fatto troppo chiasso, esattamente come la notte in cui noi avevamo scoperto la sua identità. Però poteva inventarsi qualcosa per fregarmi. Per quel che ne sapevo, stavo camminando dritta dritta verso il suo nuovo piano.

 “Allora?” lo aggredii non appena ebbe richiuso la tenda di ingresso. “Che vuoi da me?”

 Sì, ero spaventata. Ma non avevo nessuna intenzione di darglielo a vedere, proprio come quando ero stata infatuata di lui. E proprio come allora, lui non si lascò fregare per un istante dalla mia recita.

 “Niente di più che una curiosità” rispose col suo solito fare tranquillo e amichevole. “Perché Energia ti ha portata qui?”

 Cosa? Come sapeva che ero stata portata qui da un dio? Alla Notte quello, perché gli interessava tanto? Cosa voleva ancora fare con me?

 Lui non aggiunse nulla, limitandosi a fissarmi sorridendo in attesa di una risposta. Mi resi conto, a scoppio ritardato, di aver appena buttato alle ortiche la mia possibilità di fingere ignoranza di quel che stava succedendo, la mia reazione era stata troppo palese. Sarei sempre potuta uscire senza rispondergli niente, non era esattamente nella posizione di trattenermi … a meno che non volesse ricorrere a sua volta a un ricatto e farmi condannare per qualcosa. Un’esperienza del genere bastava e avanzava.

 Ma poi, mi conveniva interrompere quella conversazione? Certo, stavo parlando con l’Incendiario, quello che avrei potuto definire come un terrorista, uno che non si sarebbe fermato a nulla pur di proseguire quali che fossero i suoi piani … ma anche incarnazione umana di un’entità divina, come quella che mi aveva trascinata in quel mondo. Magari avrebbe potuto darmi informazioni utili lui stesso?

 Non mi era sfuggito che fino a quel momento era stato l’unico a non usare il nome di Pachtu, ma quello di Energia, quello con cui il mio rapitore stesso si era presentato. Che altre nozioni avrei potuto imparare sul dio che avrei servito, forse ignote o male interpretate dai suoi fedeli?

 Non potevo certo fidarmi di Sayre, ma onestamente, non mi sembrava di avere molte altre scelte al momento per capire quel che mi era successo.

 “Ha detto che era un esperimento” ammisi. “Voleva prendere qualcuno e trapiantarlo improvvisamente in … un contesto culturale molto diverso, e vedere cosa sarebbe successo. Mi ha solo detto dove mi trovavo, dato la capacità di capire la vostra lingua, e poi non si è più fatto sentire, neanche quando ho cercato di pregarlo”

 No, non gli avrei detto di provenire addirittura da un altro mondo. Non ero sicura che perfino Sayre avrebbe potuto credere a una cosa simile. Onestamente, ero spaventata all’idea che non avrebbe potuto credere a tutto il resto: sembrava un comportamento così insensato!

 “Sembra precisamente il genere di cose che Energia potrebbe fare” sospirò Sayre. Oh, buono a sapersi. “Tu stia cercando di diventare Sacerdotessa per contattarlo e farti rimandare a casa tua, vero?”

 Non risposi, limitandomi a guardarlo male. C’era un limite alle cose che avrei rivelato … e poi, mi resi conto che era l’unica spiegazione logica per il mio comportamento. E infatti Sayre continuò a parlare, con uno sguardo che mi parve vagamente compassionevole.

 “Non ci riuscirai. Se vuoi tornare al tuo luogo d’origine, chiedi aiuto a qualche mercante, lavora in cambio di passaggi da carovane, ma affidarti a Energia sarebbe completamente inutile”

 Io sbuffai. “Certo. E adesso vado a dare retta a uno che avrebbe tutti i motivi per evitare un maggior numero di Sacerdoti”

 “Credi quello che preferisci, Corinna. Ma siccome nutri tanta devozione, ti aiuterò svelandoti un piccolo mistero teologico su ciò cui stai per consacrare la tua vita”

 Io sbuffai ancora, iniziai a muovere un passo per andarmene, poi fui trattenuta dal pensiero: e se fosse stata un’informazione rilevante?

 “Tutti i membri della mia famiglia non causano altro che problemi all’umanità. Quello che cambia è il motivo. Io lo faccio in vista di portare loro vantaggi più grandi. Altri lo fanno perché non si sentono abbastanza venerati. Altri ancora perché pensano sia loro dovere, per istruire la vostra razza. Altri ancora non se ne rendono neppure conto, tanto poco vi considerano. Energia è un caso a parte, come me. Lui si rende perfettamente conto delle conseguenze delle sue azioni su di voi. E compie unicamente quelle che lo divertiranno di più”

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ci ho messo più tempo di quel che sperassi, ma alla fine eccolo qui, il nuovo capitolo. In compenso, il prossimo dovrebbe uscire la settimana prossima: due capitoli al mese, ma non posso garantire su una distanza regolare, non quando non solo dovrò iniziare a lavorare sulla tesi triennale, ma visto che non avevo già abbastanza roba da fare, mi sono unita a un’associazione di volontariato. Dovrò fare i salti mortali per scrivere, nei prossimi mesi.

Ma a parte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi siano interessate entrambe le sue parti: grazie davvero a tutti quelli che vorranno commentare, inserire nelle preferite/seguite o anche solo leggere silenziosamente!

 


  
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