Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Florence    19/11/2018    4 recensioni
Scoprirsi, perdersi e ritrovarsi oltre il tempo, oltre il dolore, oltre una lontananza che strappa l'anima.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 29 - Lettere

Cara Marinette Amore mio,

siamo partiti all’alba, destinazione Tokyo. Non pensavo saremmo andati in Giappone come prima meta, eppure è abbastanza lontano da Parigi e questo mi basta. Ci deve essere l’oceano e un continente tra te e mio padre, perché non so cosa potrebbe succedere se lui cambiasse idea e si facesse riprendere dalla brama di potere o se tu decidessi di cercarmi. Migliaia e migliaia di chilometri tra te e me. Il mio cuore si sta strappando, lo sento.

Sono frastornato e mi sento a pezzi, non avrei mai e poi mai pensato di poter essere io il motore di questo viaggio che mi porta via da te. Ora che i tuoi occhi non mi possono vedere e giudicare, ti confesso di aver pianto come un bambino lasciando la mia casa, scappando da te… Ho pianto davanti a Plagg, davanti a mio padre, anche davanti al suo staff. Ho pianto all’aeroporto mentre mi stavo imbarcando e ho continuato a piangere durante il primo volo che abbiamo preso. Ora sono da qualche parte in medio oriente, stiamo facendo scalo, so che devo essere forte perché sono ancora troppo vicino a Parigi e potrei decidere di tornare indietro, ma non accadrà. Non finché non avrò reso veramente innocuo mio padre e avrò tentato ogni strada per ritrovare mia madre.

Una volta ho letto su un libro che l’uomo è un albero, i suoi genitori sono le radici, i figli le foglie e l’amore della sua vita è il sole: è vero, potevo farmi bastare il mio sole, ma sarei rimasto un albero senza radici, sarei nessuno, perché le mie radici sono state mutilate e rischio di crollare, proprio come un vecchio albero.

Sono confuso e spaventato, so di non essere stato presente come avresti meritato negli ultimi tempi e di essere stato così debole da farmi vincere dal turbine degli eventi. E soprattutto perdonami per averti confusa con il mio comportamento a tratti possessivo e in altri momenti scostante.
Non posso pensare a come ti starai sentendo… a cosa starai soffrendo: c
redo che il tuo cuore sia stato spezzato da menzogne che ho chiesto io stesso che ti venissero raccontate, perché tu non pensassi neanche lontanamente di cercarmi o di fare sciocchezze con il tuo Miraculous. Ti ho baciata l’altra sera al parco e poi ti ho fatto dire che non conti nulla per me, che sei solo una pedina nei piani di mio padre… Perdonami… perdonami se puoi, ma ero disperato e non avevo altro modo per tenerti lontana da me se non spezzarti il cuore, perché è così che doveva andare.

Per proteggere te, per proteggere la mia famiglia, ho dovuto farti credere che tu non contassi più nulla per me. Ma non è così, non è mai stato così da quando ho capito quanto fossi importante per me e non lo sarà mai, comunque vada a finire la mia folle avventura.

Se ti faranno del male queste confessioni, dimenticale e ricordami solo per quello che ti fa star bene. Ma cosa scrivo a fare… non te le spedirò mai queste lettere… non ce ne sarà bisogno, perché presto io tornerò da te, te lo giuro… e chiarirò tutto a voce, guardandoti in quegli occhi che tanto amo.

Devo rimettermi in viaggio, posso scrivere solo nei momenti in cui sono lontano da loro: negli ultimi giorni sono successe tante cose che non ti ho raccontato e adesso posso affermare che mi fido di Nathalie e di mio padre, ma nonostante tutto non riesco a convincermene del tutto, devo rimanere lucido e prudente. Ma soprattutto non voglio che i miei pensieri per te vengano letti da altri, non voglio che la mia anima venga esplorata e tradotta da chi non deve saperne nulla. Se mio padre scoprisse che in fondo muoio di paura e di rimpianti, temo che tornerebbe subito a Parigi, ti prenderebbe il Miraculous e farebbe una pazzia. E’ meglio per tuttiche piano piano si dimentichino di Ladybug e di me e te insieme.

Ma tu non dimenticare mai, ti prego Marinette, anzi, c’è una cosa che devi ricordare sempre e per sempre: anche se sono solo un ragazzo di quindici anni, io ti amo come se ne avessi cento e ti giuro che lo farò fino alla fine della mia vita.

E che tornerò da te.

Tuo per sempre,

Adrien

***

La borsa di Marinette era piena e pesante: quando entrò in casa salutò appena i suoi che le rivolsero uno sguardo preoccupato e corse in camera. Mai come in quel momento avrebbe voluto essere già via di là e vivere in una casa tutta sua, dove avrebbe potuto piangere senza essere udita e urlare tutta la disperazione che le bruciava in petto, senza far preoccupare nessuno.

Fece cadere alla rinfusa per terra tutti gli oggetti che teneva in borsa finché non prese i plichi con le lettere che le aveva dato Fu. Un’etichetta aggiunta in un secondo momento indicava che queste erano state separate per anno e su ciascuna busta c’era un numero sequenziale. Quando le aprì, Marinette scoprì che ogni busta conteneva molte lettere scritte su carta sottile: ne contò centonovantotto, forse centonovantanove. Avrebbe impiegato ore per leggerle tutte, sebbene alcune fossero solo di poche righe.

Prese la prima lettera e inspirò cercando di farsi forza: se quello che le aveva detto Fu era vero, aveva tra le mani tutta quella che era stata la vita di Adrien negli ultimi sei anni.

Non aveva avuto più notizie di lui dal loro ultimo incontro in Places des Vosges, prima che se ne andasse, ma le era stato chiaro dopo poco tempo che la sparizione del suo Miraculous e la perdita dei ricordi di quella sera di maggio avevano un denominatore comune, cioè Adrien.

Lo aveva scoperto un pomeriggio, rientrando a casa dopo la scuola, un paio di settimane dopo quella bruttissima giornata, quando sua madre aveva portato in camera sua un plico su cui c’era semplicemente scritto “M.lle Doupain-Cheng”. Marinette aveva indugiato a lungo ad aprirlo e si era rifugiata sul suo letto sul soppalco, sospettando che contenesse qualcosa di molto importante. Non riceveva praticamente mai posta e quel pacco non era neanche affrancato, il che le era parso a maggior ragione inusuale. Aveva sperato con tutto il suo cuore che contenesse un messaggio da parte di Adrien o qualsiasi indizio che le portasse informazioni sul ragazzo, ed era rimasta delusa quando aveva trovato solo un fazzoletto appallottolato. Lo aveva svolto con il cuore che batteva forte nel petto e le erano caduti in grembo i suoi orecchini.

La gioia che aveva provato nel rivedere Tikki, che si era subitaneamente materializzata davanto a lei, aveva permesso per un po’ a Marinette di alleggerire l’enorme fardello che pesava sul suo cuoricino spezzato.

Ma subito dopo la kwami l’aveva prontamente informata che era stato Adrien a impossessarsi del suo Miraculous: per un breve tempo, Tikki era stata parte di lui assieme a Plagg, quando il ragazzo aveva attivato il sommo potere dello Ying e dello Yang per usare il potere della creazione e della distruzione assieme.

Era stato Adrien Agreste, quindi, ad abbandonarla, tradirla e depredarla per poi scomparire. In un primo momento Marinette non aveva voluto neanche crederci, poi si era dovuta arrendere all’evidenza che non aveva capito nulla del ragazzo che amava. Aveva sempre e solo pensato che ci fossero confusione e dolore in Adrien, tanta insicurezza e anche tanto bisogno di essere amato, ma si era trovata di fronte all’evidenza che dietro il suo lo sguardo turbato e la sua riservatezza, Adrien fosse squassato dalla tempesta che si agitava silenziosa nel suo animo. La sua mente aveva architettato un piano preciso e spietato per arrivare ad impossessarsi degli orecchini e usarli come merce di scambio con Papillon: lei era stata solo una pedina in quei giochi, il ragazzo aveva fatto tutto da solo., senza coinvolgerla e farla preoccupare. L’unica consolazione che Tikki le aveva potuto dare era stata la certezza che nessun desiderio era stato espresso da Adrien mentre indossava entrambi i Miraculous, quindi nessuno aveva messo a repentaglio la propria esistenza per cercare di riportare a casa Emilie Agreste: non c’era stata nessuna magia in quella notte di Maggio, solo il silenzio che Adrien aveva lasciato dietro a sé.

Nel cofanetto non c’era altro, oltre agli orecchini e al fazzoletto: non una lettera, non parole di spiegazione. Marinette se lo era rigirato a lungo tra le mani, ma quella scatoletta anonima aveva continuato a rimanere vuota, come vuoto era il suo cuore da quando Adrien era scomparso. A ben pensare, considerando la modalità anonima e superficiale con cui erano stati impacchettati i suoi orecchini, non c’era nulla di evidente che avesse potuto correlare quel cofanetto al ragazzo che Marinette amava: Adrien sembrava così attento, lui non avrebbe mai manipolato una cosa così preziosa in quel modo frettoloso. Forse, in definitiva, non era stato lui a rimandarle il Miraculous, ma qualcuno che, nonostante la poca cura, le aveva voluto più bene di lui.

Forse davvero Marinette non aveva capito nulla di Adrien.
Allora, strisciante, si era insinuato in lei il dubbio che veramente il ragazzo avesse cambiato vita e si fosse lasciato alle spalle il loro legame dimenticandosi di lei, di quello che era stata la loro amicizia prima e quel dolce amore poi. Lentamente si era convinta che non potevano essere veri quei ricordi sfumati che aveva della notte in cui era stata ritrovata da Kim: Adrien era andato via senza una spiegazione e le parole su cui aveva basato la speranza di riabbracciarlo forse erano state solo frutto della sua immaginazione. Qualcuno le aveva detto che tutto era stato fatto per amore, ma non ricordava chi lo avesse detto e ogni cosa sembrava voler dimostrare il contrario.

Probabilmente Adrien non l’aveva mai davvero voluta con sé nel suo disegno di vita e lei si era immaginata tutto, anche quella spiegazione che per un po’ l’aveva consolata.

E, lentamente, poco a poco ogni giorno, Marinette aveva iniziato ad andare avanti pensando a lui sempre meno, finché Adrien era diventato solo il primo pensiero fugace al mattino e l’ultimo della sera. Per anni il ricordo del ragazzo l’aveva accompagnata nel sonno tra lacrime via via sempre meno copiose e il suo volto dolce e gentile era sfuggito quasi subito dai suoi sogni, sempre meno frequenti, fino a scomparire del tutto.

Che stupida che era stata.

Marinette guardò ancora la firma sul foglio che teneva in mano: si era sbagliata di grosso a pensare che Adrien l’avesse dimenticata e quelle lettere ne erano la prova. Ogni parola significava per lei una colpa lasciata a macerare per anni nel suo cuore svuotato; ogni volta che vedeva scritto il suo nome sulla carta, era acido gettato sulla sua pelle. Adrien aveva scritto tutte quelle lettere per lei: era incredibile.

La ragazza sentì il cuore perdere un colpo e un pensiero grattò la sua mente svuotata per accogliere quelle intime confessioni, come un tarlo malefico capace di divorare ogni fibra della sua residua coscienza: lei non aveva scritto niente ad Adrien, ogni suo pensiero se l’era tenuto per sé e aveva avvelenato il suo animo per sei infiniti anni, tramutando la mancanza di lui in rancore e la solitudine in rimpianto; si era addirittura forzata a convincersi che lui l’avesse tradita per cercare di soffrire di meno. E, per questo, lei non lo aveva cercato, non aveva lasciato nessuna prova per dimostrare quanto le era mancato il suo più grande amore. Aveva sofferto in silenzio, si era sforzata di dimenticarlo, lasciando che per tutti gli altri si fosse trattato solo di una breve infatuazione adolescenziale, temporanea come un raffreddore: aveva permesso che tutti, lei per prima si fossero convinti che il tempo avesse lenito le ferite e l’oblio avesse mangiato ogni dolore, così come le avevano consigliato di fare.

Dimenticalo, se è scomparso senza più ricercarti significa che non era degno di te. Significa che non ti voleva bene. Significa che sei stata fortunata.”

Alla ragazza tornarono in mente quelle parole sentite fino alla nausea, come acqua sporca che torni su da uno scarico intasato: avrebbe voluto urlare e spaccare qualcosa, sfogare la rabbia e il dolore sopito e urlare finalmente al mondo quel maledetto “io lo sapevo!” che ruggiva dentro di lei da allora. Avrebbe voluto distruggere qualcosa a mani nude, facendosi del male, punendosi fisicamente per l’accettazione e il grigiore in cui aveva scelto di sopravvivere quando invece avrebbe potuto vivere, se solo lui non le avesse negato la sua presenza.

***

Amore mio,

a Tokyo la vita sembra la stessa che a Parigi: mi hanno iscritto ad una scuola, c’è chi mi insegna scherma, mi fanno le foto, suono il piano. Eppure è tutto completamente diverso.

Manca il sole, manca l’aria, manca la voglia di svegliarsi la mattina e di prender sonno la sera.

Guardo ad ovest, perché tu sei lì. Il giorno che io vivo, tu lo vivrai domani, i miei pensieri per te ti arriveranno mentre dormi.

Chissà che cosa sogni, amore mio…

Io non sogno più: non ho prospettiva per adesso, speravo di andare in Cina e affrettare la nostra ricerca, invece siamo ancorati a questa isola per far fiorire gli affari di mio padre e crearci un alibi credibile. Papillon si sta ridimensionando, Gabriel Agreste ha la meglio su di lui e io devo fargli da Grillo Parlante e farlo ragionare per riportarlo verso la strada che abbiamo intrapreso e che ogni tanto pare dimenticare.

Se mia madre è viva, la troveremo e non servirà a nulla usare in nostri Miraculous. Se invece è morta, nessuno morirà per riportarla indietro. Per questo adesso Tikki è con te: perché non avrei mai e poi mai potuto fare questa cosa da solo, anche se ci ho provato, anche se ti ho detto che era quello che avrei voluto fare. Ci ho provato, Tikki te l’avrà raccontato, ma non ho avuto il coraggio. E’ sempre stato quello il mio problema: la mancanza di coraggio...

Ho detto a mio padre che ho promesso che tornerò da te e che non voglio fare come ha fatto mia mamma, ma ho commesso un errore. Lui si è chiuso di nuovo in se stesso, non ha compreso cosa significhi davvero speranza, promesse, attesa. Si è sentito punto nel vivo ed è tornato più cocciuto di prima. E’ un uomo estremamente fragile, anche lui.

Lui non lo vuole capire, non si vuole arrendere, non pensavo fosse capace di tanto amore, ma tanto amore l’ha portato a troppa rabbia e disperazione. Si è accartocciato sulla sua perdita e non riesce a muoversi da lì. “La ritroveremo quando voglio io”, mi ha detto, quando gli ho chiesto cosa ci facciamo ancora a Tokyo. Papillon ha paura e anche io ne ho da vendere. Probabilmente lui non è ancora pronto a scavare a fondo per capire cosa sia accaduto a sua moglie e per certi versi posso comprenderlo.

Ho chiesto di mantenere il più possibile basso il mio profilo pubblico, perché non voglio distrazioni, non voglio fama, non voglio che tu abbia informazioni su di me e pensi a qualche assurda sciocchezza per ritrovarmi; forse però mi vedrai in foto su qualche rivista… vorrei tanto poter essere io a vedere te, il tuo sorriso, le tue espressioni buffe quando mi guardavi e arrossivi, ma ho chiesto di non sapere più nulla su di te, perché anche la mia forza potrebbe vacillare. Eppure vorrei sentirti balbettare di nuovo in mia presenza, arrossendo come una piccola fragola matura, vorrei poterti abbracciare e affondare il naso tra i tuoi capelli, baciare le tue labbra morbide e rimanere stretto a te tutta la notte, ma non possiamo. In nessun modo tu devi venire da me o io devo tornare, se non quando Papillon non ci sarà più.

Ci è stato concesso troppo poco tempo. Custodisci il tuo miraculous, non fartelo mai portare via. Io tornerò.

***

Un'altra lacrima rotoló giù dalla guancia di Marinette mentre stringeva tra le mani l'ennesimo foglio che Adrien le aveva scritto. Si trattava di un diario, più che di una vera serie di lettere indirizzate a lei, perché alcune di quelle non gliele avrebbe mai potute spedire.

Oh quanto poco aveva potuto conoscere quel ragazzo e quanto, invece, lo amava, incondizionatamente, anche con i suoi sensi di colpa, con i suoi misteri e quei segreti che, parola dopo parola, le trituravano il cuore!

La calligrafia elegante e sottile era uno degli aspetti di lui che non ricordava. Si perdeva tra quelle lettere familiari eppure sconosciute e ogni volta che compariva il suo nome non poteva fare a meno di notare che era scritto con più cura delle altre parole, come fosse un segno di rispetto o di amore.

Aveva avuto la conferma che quel che aveva sospettato anni prima, cioè che il famoso plico in cui le erano stati riconsegnati i suoi orecchini, provenisse da Adrien, in qualche modo. All’epoca non aveva voluto dare retta alle sue sensazioni, si era barricata nella certezza che lui l’avesse dimenticata e basta. Era sparito, non aveva più avuto una parola per lei, era diventato un estraneo: le era bastato questo per convincersi che fosse vero, ma nel profondo del suo animo aveva sempre sperato, e forse anche saputo, che non poteva essere stato così.

Lettera dopo lettera non aveva ancora chiuso occhio, nonostante fosse notte inoltrata, rapita dalla scoperta che tutta la vita di Adrien era descritta in quelle pagine e ogni momento di quei lunghi anni di attesa le veniva svelato in un crescendo di sofferenze, rimpianti e speranze.

Quasi non si accorse che in lontananza lungo la Senna, ma non così distante da non essere udito fin dalla sua mansarda, svariate auto della polizia e ambulanze a sirene spiegate stavano infrangendo il silenzio della notte. Fu Tikki ad avvertirla e spronarla ad accorrere nelle vesti di Ladybug: era suo dovere ricordare che, prima di tutto, lei era l'eroina di Parigi.

Scorse con un tremito le ultime parole della lettera che aveva tra le mani: era una richiesta accorata di proteggere il suo potere e di aspettarlo. Come pugnalata al cuore, si mise in marcia, si trasformò e si gettò a capofitto nella mischia.

Parigi aveva bisogno di eroi.

***

Marinette amore mio,

sto impazzendo chiuso in questa villa esotica, da solo. Ho solo la compagnia di Plagg, unicamente quel pazzo kwami che prima o poi strozzerò con le mie mani. Nathalie sembra avere preso le distanze da me, ma anche da mio padre in realtà. Quella donna è misteriosa tanto quanto sorprendente, mi piacerebbe che prima o poi anche tu la conoscessi per quello che è, ma intanto resto da solo.

Voglio uscire, voglio incontrare i miei amici, voglio venire da te e baciarti strapazzarti di coccole. Voglio baciarti, mi manca la tua pelle… Ho dei vaghi ricordi riaffiorati dopo mesi e mesi di oblio: forse il regalo che mi ha fatto Nathalie comprende anche l’aver perso alcuni ricordi che erano preziosi per me… che è successo realmente tra noi, Marinette? Ho negli occhi la tua immagine nel mio letto vestita di bianco. Siamo insieme, stiamo per unirci come fare l’amore, ma poi scompare tutto, c’è solo paura. Nathalie non sa a cosa mi stia riferendo, ha ammesso di aver usato il suo potere su di me per cancellare parte della mia memoria e come conseguenza io non riesco a controllare bene i brandelli di ricordi di così tanto tempo fa, perché sono stati sconvolti, tagliati, accartocciati come un foglio di brutta copia gettato via. Ricordo solo fuoco e dolore, passione e angoscia e non so cosa sia davvero successo con te. Abbiamo fatto l’amore, Marinette? Ti sei donata a me? Non dormo più da quando ho questo pensiero… non posso più continuare a parlare da solo con un pezzo di carta, voglio sentirti vera tra le mie mani, voglio i tuo baci i tuoi graffi… Voglio scappare con te ed essere solo tu ed io.

Credevo di non averti mai sfiorata, dimmi che è così ti prego, voglio portare con un me un ricordo bello e puro di noi due insieme. O forse è tutto frutto della mia immaginazione. Non riesco più a capirlo, ma quando ci ritroveremo, Marinette sarà tutto bellissimo. Qualunque cosa sia accaduta, sarà come ricominciare da zero, senza errori, pressioni, incomprensioni, paure.

Siamo ripartiti: addio Tokyo, grazie a Dio. Credo che la mia eredità sia aumentata di un bel po’ con questa simpatica sosta e non me ne può importare di meno. Adesso hanno tappezzato con le mie foto mezzo Giappone, vorrei scappare a gambe levate. Lo so che ti arrabbierai, ma qua le ragazzine sono ancora più moleste di Chloé: sono riuscite addirittura ad infilarsi in casa nostra, mi hanno aggredito letteralmente. Mio padre urlava “chiamate la sorveglianza”, ti ricordi Josh, l’autista?, ne ha prese alcune di peso e le ha scaraventate in giardino. Per fortuna è intervenuta Nathalie: ha imparato a usare bene il suo Miraculous e le ha tutte convinte a rimettere a posto, pulire  casa e andarsene. Mio padre l’ha guardata con ammirazione e io per un attimo ho pensato che avremmo potuto tornare a Parigi, perché non occorreva più continuare questa ricerca.

Non voglio che lui dimentichi mia mamma, io non voglio dimenticarla, ma vorrei solo arrivare alla fine di questo incubo.

E tu che cosa fai, amore mio? Come ti trovi nella nuova scuola, hai anche tu degli ammiratori che ci provano con te? Sarei offeso se non ce ne fossero…

Ma io tornerò. Lo giuro.

Tuo per sempre,

Adrien

***

Lo scenario che Marinette trovò era infernale: dalla stazione della metropolitana del Louvre uscivano come topi in fuga dalla nave che affonda, decine e decine di persone con abiti stracciati e visi inespressivi, ciascuna con un ordigno tra le mani, ciascuna senza anima.

Pur essendo notte fonda, c’erano molte persone che urlavano e cercavano di scappare ovunque. Ladybug corse verso di loro e riuscì a farne allontanare un piccolo gruppo, mentre alle loro spalle gli altri urlavano dilaniati da morsi e colpi.

La prima squadra di assaltatori mandata dall’esercito indossava giubbotti antiproiettile e maschere protettive, avanzava in formazione compatta. La prima linea degli zombie sganciò le sicure e lanciò le bombe: gli agenti caddero a terra feriti e terrorizzati, chi poteva se la dava a gambe rompendo le righe e facendo precipitare nel caos le forze dell’ordine.

Ladybug ritornò nella mischia, voleva capire cosa diavolo fosse quell’allucinazione splatter che stava lasciando feriti tutto intorno a lei. Era convinta che si trattasse proprio di un inganno, come il giorno prima, quando aveva affrontato quella specie di robot vomitato dalla terra assieme a Carapace.

Afferrò un soldato immobile al suolo e cercò di farlo alzare per portarlo via di lì, confidando che l’uomo collaborasse, quando un colpo violento sulla schiena la fece cadere a terra senza fiato. Si voltò appena in tempo per vedere su di sé uno di quei mostri armato di un lungo tubo di ferro. Provava un dolore atroce al costato, ma doveva a tutti i costi reagire. Si difese scalciando con le gambe, cercando di farlo indietreggiare e si rese conto che non era un’illusione, ma era reale. Lo colpì con entrambi i piedi e lo fece cadere all’indietro, vide con orrore la carcassa andare in pezzi e le ossa staccarsi dalla carne. Quello non poteva essere vero!

Cercò di caricarsi un ferito sulle spalle e lanciò lo yo-yo per avere un appiglio che la potesse far scappare dal cuore dell’attacco.

Mollò la presa decine di metri più lontano, nello stesso luogo dove aveva messo al riparo i primi turisti, osservò ferite simili a strappi sulla carne del giovane privo di sensi e per un attimo temette che potesse risvegliarsi e attaccarli.

Lo lasciò alle cure delle altre persone e corse verso un’ambulanza per indicare ai soccorritori il luogo dove stava radunando tutti quelli che poteva salvare.

-Ladybug, anche lei è ferita!-, la informò senza nascondere la paura un giovane volontario della Croix-Rouge, indicando la sua schiena. La ragazza cercò di ruotare la testa per guardare cosa fosse, mentre il dolore si amplificava ad ogni movimento: effettivamente aveva un profondo squarcio nella tuta e, sotto ad essa, una ferita solcava la sua pelle, proprio al di sotto del piccolo tatuaggio nero che custodiva sulla schiena, tra le scapole

-Si faccia medicare…-, la pregò il ragazzo, ma Ladybug scosse la testa e tornò verso il fronte di non-morti che continuavano a terrorizzare le forze armate. Non era mai accaduto prima che la sua tuta cedesse, mai.

Non poteva essere reale, ad ogni passo ne era sempre più convinta. Oltrepassò i soldati e rimase da sola, nel mezzo tra i due schieramenti immobili.

Uno degli zombie tolse la sicura e lanciò ai suoi piedi una bomba.

***

Amore mio,

la Cina è sterminata: sono passati quasi diciotto mesi e ancora non abbiamo iniziato davvero a cercare la mamma. Vorrei sapere dove si trovano i tuoi parenti, vorrei conoscerli, ritrovare un piccolo frammento della tua famiglia quaggiù, per sentirmi meno solo.

Tra tre giorni sarà il mio compleanno: 17 anni. Non potrà che portarmi sfortuna, ma tanto ci sono abituato.

Stanotte, per la prima volta da allora, mi sono trasformato in Chat Noir e ho iniziato a correre come un pazzo verso ovest. Ho corso per ore finché non sono crollato. Plagg mi ha abbandonato e ho dovuto chiamare mio padre per farmi venire a prendere. Ci hanno messo mezza giornata a trovarmi. Non mi sono mai sentito così in trappola per una mia decisione. Come ti dicevo, la sfortuna si accanisce su di me.

Di colpo, una sera non tanti giorni fa, mi sono tornati alla mente quei momenti che abbiamo vissuto insieme quella notte in camera mia. Ho ricordato chiaramente la tua pelle morbida, il tuo profumo speciale; ricordo la passione che mi aveva travolto e che non avevo mai pensato di poter provare. Mi sono bruciato, quella notte ed è successo di nuovo quando tutto mi è tornato alla memoria: ho iniziato a pensare a te non solo come mia anima gemella, ma anche come una meravigliosa creatura di carne e pelle, come a qualcosa di proibito che avrebbe potuto essere solo per me. Quanto avrei voluto continuare a vivere assieme a te, scoprirci piano piano, riprovare ancora quei momenti… Avrei voluto essere il primo per te… Ma spero di tornare per esserlo, prima o poi. Mi aspetterai? Forse sono un illuso a sperarlo. Adesso, chissà tu cosa fai, con chi sei… E’ per questo che sono scappato, perché volevo correre da te… Perché tu sei mia.

Ora mi hanno riportato a casa, le mie idee sono meno confuse, la mia passione sta lentamente ridimensionandosi. Lascio che il tempo passi inesorabile e ogni secondo lontano da te è un rintocco sull’orologio che segna l’evolvere della mia pazzia.

Shangai è asfissiante, vorrei almeno poter raggiungere finalmente il Tibet, tanto lo sappiamo bene che, se mia madre è viva, si trova là. Ma Papillon è tornato alla carica e vuole cercare l’altro libro dei Miraculous, perché ha scoperto che ne esistono due e in uno dei due sono racchiusi maggiori segreti. Lui ha l”’edizione sbagliata”, a quanto pare, e ci sta coinvolgendo in questa folle ricerca. In qualche modo forse tutto ciò ha un senso, perché lui sostiene che, con il nuovo libro, potremmo scoprire molte più cose e concludere la ricerca senza alcun tipo di rischio o uso improprio dei Miraculous. Ma tanto quello non accadrebbe, perché i tuoi orecchini lui non li avrà mai.
Mi sento solo, sono solo. E tu sei troppo lontana da me…

Ho conosciuto una famiglia, sono persone carine e per bene, la figlia ha un anno meno di noi e ti somiglia un po’, ma i suoi occhi non sono azzurri, non c’è cielo né mare dove perdersi. Lei non è te, nessuno potrà mai essere te.

Cerco una fetta di azzurro, ma non esiste. Il cielo è grigio, il mare non c’è, gli occhi, qua, sono tutti neri.

Quando tornerò a casa, perché io tornerò, te lo prometto, voglio passare una settimana solo a guardare i tuoi occhi e naufragarci. E poi un’altra settimana di baci, e una di carezze. Voglio ricominciare da quella notte, da quei baci, dalla tua pella così calda sulla mia.

Voglio fare l’amore con te, Marinette…

Tuo, tuo, tuo, per sempre solo tuo,

Adrien

***

-Via di lì!-, fu l’ultima cosa che Ladybug riuscì a udire, prima che un boato enorme  la facesse volare a metri di distanza e un dolore fortissimo la stritolasse come una morsa di ferro.

Era esterrefatta, dolorante, incredula. Sanguinava. Ma se fosse stata una vera bomba, lei non sarebbe più stata in grado di rendersi conto di tutto ciò. Si guardò attorno nella vana speranza di vedere un lampo verde accorrere al suo fianco, ma si rassegnò all’idea di essere sola e nei guai. Nemmeno Carapace l’avrebbe aiutata ormai.

Si sentì sollevare di peso da braccia forti e spostata in un luogo più sicuro.

-Volevi farti ammazzare?-, un soldato le urlò da dietro una bandana nera, la fece stendere, qualcuno controllò l’entità delle sue ferite. -E’ un miracolo che sia ancora viva-, disse l’altro.

Ladybug si aggrappò alla spalla di uno dei due per sollevarsi, -Aiutami-, chiese e fu rimessa in piedi. Inspirò cercando di non urlare dal dolore, -Andate da chi ha bisogno-, ordinò e, con un balzo e mille coltellate nel costato, sparì da lì e salì fino alla cima di un edificio adiacente allo slargo dove stava avvenendo lo scontro.

Notò immediatamente che era tutto immobile: uno degli zombie, quello che per primo l’aveva colpita con una spranga, annusava l’aria cercando qualcosa attorno. Solo quando si fermò, puntando nella sua direzione, Ladybug comprese che era caduta nella sua trappola: erano illusioni, ma era lei il vero scopo di quell’attacco mezzo reale, mezzo immaginato.

Non ce l’avrebbe fatta da sola, quella volta più che mai se lo sentiva e urgeva un aiuto. Rammentò dell’attacco delle Sapotis e scosse la testa: non voleva tirare Nath in ballo, non era pronto, non era sufficientemente forte e non sapeva neanche quali poteri avrebbe potuto affiancarle, ma non aveva altra scelta.

Scoccò un’occhiata feroce al suo nemico e si sottrasse alla sua vista, volando via appesa al filo del suo yo-yo.

Nelle retrovie, attaccato ad un comunicatore, il comandante delle truppe speciali osservava senza parole lo scenario di pura follia che il monitor gli rimandava.

-Sono illusioni-, Ladybug si fece strada fino al comandante, lo aveva raggiunto subito dopo la sua fuga: -Mi guardi: sarei morta altrimenti e non è questa tuta magica a proteggermi. C’è qualcosa di vero che si muove là dietro, ma il resto sono tutte illusioni. Ho messo al sicuro un ragazzo: aveva segni di morsi sul suo corpo, ma l’assicuro che non è diventato uno zombie…-

Il comandante annuì attendendo altre informazioni: -Le prometto che sistemerò tutto, ma adesso ho bisogno che troviate il modo di intrattenere questi cattivi finché non sarò di ritorno… devo andare a chiamare rinforzi. Loro vogliono me, quindi se sgomberate l’area non dovreste ricevere nuovi attacchi: per il resto... improvvisate!-, suggerì, e con un balzo scappò via.

***

Marinette Purrincipessa del mio cuore!!!

Non ci crederai mai, ma il tuo Principe ha finalmente preso la patente!

Credo che mio padre l’abbia comprata, perché non so quanto siano stati obiettivi gli esaminatori, qua in ambasciata. Ad ogni modo, amore mio, quando tornerò ti verrò a prendere con la mia auto e scapperemo insieme, ti va?

Lasciamo i kwami a casa, solo tu e io, lasciamo anche i telefoni e ogni cosa che possa disturbarci. Scappiamo da tutti i doveri e i ricordi che fanno male, scappiamo e dimentichiamoci di tutto. Saremo solo Marinette e Adrien e nient’altro.

Basta ricerche folli, basta gelosie, basta responsabilità.

Basta nascondersi perché sei biondo, perché ti riconoscono, perché è pericoloso, perché non è abbastanza adatto, basta anche scappare.

Mi basterebbe rimanere chiuso in una stanza con te per tutta la vita e averti tutta per me…

Anzi, sai che voglio fare? Compro una macchina, ti rapisco e guido finché non siamo sul mare. Ci chiudiamo dentro e passiamo un giorno intero a fare l’amore sui sedili.

Non arrossire, Marinette! Non vergognarti più di mostrarti a me o dell’effetto che fanno le mie mani sulla tua pelle… Amore mio…

Scusami, forse ero troppo allegro prima… Abbiamo brindato io e Josh scolandoci una bottiglia di Tequila: gli ho detto che non avrei più avuto bisogno di lui, quando saremo tornati e lui ha finalmente parlato! E’ stato un evento.  Ha detto: “Tanto mi toccherà venire a recuperarti con una tanica di benzina, ti conosco fin troppo bene, biondino”: INCREDIBILE!!! Come conosciamo poco le persone che vivono a un metro da noi… Come conoscevo poco te!

Non ce la faccio più a stare lontano dalla mia Marinette, quasi quasi metto benzina e scappo da te!

Ti amo dolce ragazza dei miei sogni.

***

Doveva rimanere lucida, doveva pensare e ragionare. Chi poteva esserci dietro un simile attacco? Mancò la presa su una grondaia e per poco non cadde nel vuoto; imprecando si tenne al filo dello yo-yo e si dondolò fino ad arrivare all’appiglio più vicino.

Non ce la faceva da sola… si sentì schiacciare dal peso di quella consapevolezza, strinse i denti e con un urlo soffocato riuscì a tirarsi sù, sentendo il fuoco sulla schiena. Che cosa diavolo aveva inventato quel bastardo di nemico sconosciuto? Come aveva fatto a squarciarle tuta e pelle?

Roteò lo yo-yo e lo agganciò al comignolo della sua casa, lasciandosi andare e atterrando sul balcone.

Doveva prendere il miraculous dell’ape e portarlo a Nathaniel immediatamente.

Entrò di soppiatto in camera sua, frugò nella borsa e prese la scatoletta: solo allora i suoi occhi scorsero le lettere di Adrien, sparse per tutto il pavimento e sul letto.

Non era riuscita a finire di leggerle tutte, sentiva il richiamo di quel disperato grido di aiuto che silenziosamente era andato perso nel tempo.

Le parole scritte dal suo unico vero amore avevano colpito come gocce di acqua inesorabili ogni più piccola particella della sua anima e del suo cuore e non poteva lasciare che tutto andasse perduto proprio nel momento in cui lui finalmente era tornato…

Anch’io vorrei fare l’amore con te…

Strinse i denti e si lasciò cadere giù dalla finestra tonda di camera sua: il filo teso dello yo-yo la riportò su, verso le stelle, nella direzione della casa che anni prima aveva abitato e arredato nel vano tentativo di dar vita alla sua illusione personale con Nathaniel Kurtzberg.

Una lacrima volò via e cadde giù, da qualche parte sui tetti di Parigi.

***

Marinette, amore mio,

ho ritrovato una tua foto nel mio cellulare: è la foto di Ladybug, quando non sapevo che fossi tu. E’ l’unica che ho e mi domando come posso essere stato così cieco a non riconoscerti sotto la maschera.

Guardo e riguardo questa foto e ti vedo bellissima… Quel costume mi manca tanto, Marinette… mi manca tanto afferrarti e farti volare attaccata al tuo yo-yo, mi manca sentire il tuo peso tra le mie braccia, mi mancano i momenti in cui il tuo profumo leggero mi solleticava per un attimo i sensi e io perdevo la testa e mi comportavo come un idiota.

Ecco: ora sono il più idiota dei gatti che camminano tra i tetti di Lhasa. Miagolerei alla luna, se la vedessi, ma ci sono solo nuvole e sprazzi di stelle lontanissime.

Guarda quella stella accanto a Sirio, quella si riesce a vedere tra le nuvole, ma forse tu non ci riuscirai da Parigi: c’è troppa luce. Qua imperano il buio e il silenzio e io posso immaginare un cielo stellato solo per noi…

Ti voglio Marinette… La tua assenza mi fa male… Ho giurato di rimanerti fedele, e mi ci sto impegnando non sai quanto. Ma non lo sapevo che in Tibet, oltre i monaci, ci sono anche tante, tante ragazze… Hanno tutte gli occhi neri, ma a volte mi giro e ne vedo una che somiglia  a te. Esile, piccolina, con lo stesso taglio degli occhi e un sorriso dolce… ma non sei tu e io impazzisco, Marinette! Aiutami, dimmi cosa devo fare, come devo resistere a questo vuoto che mi buca l’anima e a questa voglia che cresce ogni volta che penso a te!

Abbiamo trovato una pista. Tra tre giorni saliremo più in alto, dove vivono alcuni monaci eremiti che forse hanno informazioni per noi.

Una donna mi ha visto e ha pronunciato il nome di mia madre. Lei è stata qui… ma nessuno adesso sa dove sia. Dobbiamo parlare con un uomo che vive tra le montagne, troppo in alto per trovarlo senza altre avventure.

Vorrei avere le ali e volare da te per riprendere un po’ di fiato. Mi basterebbe un tuo bacio, uno solo e veloce, per ritrovare un po’ di forza.

O forse impazzirei.

Io tornerò, ricordalo sempre… Ma voglio sapere cosa fai, se stai bene, se ti ricordi di me e di quello che eravamo.

Ho bisogno di sapere dove sei… con chi sei… E non lo saprò mai…

Ti amo, amore mio.

***

Adrien era da qualche parte a Parigi, così vicino a lei eppure così disperatamente lontano. Aveva mantenuto la promessa, era tornato ed era andato a cercarla, forse l’aveva vista e inseguita, ma ormai era lontano di nuovo. Anni luce da lei, incastonato in una nuova vita, nuovi amori, figli.

Lo sentiva… Di nuovo mancò la presa, stavolta con lo yo-yo, tuffandosi nel vuoto; di nuovo i suoi riflessi la salvarono dal cadere sul suolo duro e freddo. Di nuovo provò dolore sulla pelle dilaniata. Di nuovo le lacrime presero a spingere prepotenti sotto le palpebre serrate.

Doveva smettere di pensare e concentrarsi sulla sua missione. Aveva un Miraculous tra le mani e non poteva concedersi il lusso della distrazione. Avevano già perduto quello della Volpe, non avrebbe consegnato in mani sbagliate un altro potere così grande.

Si pentì di  non aver chiesto a Maestro Fu quale fosse il potere dell’Ape, per un attimo le balenò l’idea di indossarlo lei per amplificare i suoi poteri: sarebbe stato possibile? Avrebbe sopportato tutto quel potere, nelle condizioni in cui versava?

Si fermò sul tetto piatto di un distributore di benzina, stava avvicinandosi di nuovo al luogo dove imperversava la furia dell’illusione. Se una persona poteva accogliere su di sé il potere della Coccinella e quello del Gatto nero, per arrivare ad avere un potere enorme, allora avrebbe potuto provare a fare lo stesso con quello dell’Ape.

Aprì la scatoletta e lasciò che Pollen si manifestasse a lei.

-Mi chiamo Pollen e son… Oh, ciao Marinette-, trillò la vocina della enorme ape così simile in dimensioni e fattezze alla sua Tikki. La creaturina guardò la ragazza davanti a sé e storse la bocca: -Non capisco, che ti è accaduto?-, domandò indicando le ferite sul suo corpo.

-Ho bisogno di una mano…-, le rispose Ladybug e prese la fibbia, cercando un posto su di sé per agganciarla.

-Che vuoi fare, Ladybug?-, la kwami agitò le zampine davanti a sé, volando attorno alle mani di Ladybug: -Tu non puoi prendere il mio potere!-, la mise in guardia, cercando di allontanare il miraculous da lei.

-Devo, Pollen!-, Ladybug cercò di essere il più convincente possibile, -Non riesco a fermare il nemico con i miei soli poteri-, spiegò mostrando ancora le sue ferite.

-Ma tu non puoi!-, insistette Pollen, lottando furiosamente per prendere il suo Miraculous: -Ti potrebbe uccidere!-

Ladybug frenò ogni resistenza e guardò la bestiolina: -E allora? Vinceranno loro?-, domandò abbattuta e incredula.

-Trova chi ti aiuti-, fu logica risposta, -una persona che possa accogliere il mio potere e che sia abbastanza saggia da saperlo usare per fare del bene-.

Ladybug strinse i pugni: non poteva che obbedire al volere di Fu e andare a cercare Nathaniel. Aprì la scatoletta per farvi rientrare Pollen e balzò nella direzione giusta, scuotendo la testa e maledicendosi per le conseguenze che avrebbe avuto la sua scelta.

***

Ho infranto la mia promessa, amore mio.

Ho indagato su di te, ho violato la tua vita.

Ho scoperto che sei andata avanti, che lui ha vinto.

Non posso biasimarti, né posso biasimare lui, perché probabilmente anche io avrei fatto lo stesso, avendo vicina una persona come te.

Ci sto male, ti mentirei se dicessi il contrario, mi sento spaccato in due: una parte che vorrebbe scappare e prenderti e portarti via da lui, un’altra parte che capisce e spera che tu possa essere felice. Ma tu non devi essere felice senza di me!

E con grande vergogna, profonda vergogna, ammetto di aver tradito anche io la promessa che ti ho fatto. Ho “conosciuto” altre ragazze, ho cercato di ritrovare qualcosa di te in loro, sono stato con loro, inutile girarci intorno.

Non voglio dirti di più, perché voglio dimenticare.

So che lo farò ancora e che me ne pentirò ancora. So che non mi capirai e che forse è tutto perduto, ma io ti amo, ti amo visceralmente e non posso più, mai più fare a meno di te.

Siamo saliti tanto in alto con le guide Sherpa e usando i droni, così in alto che ho pensato di poterti vedere da lassù. Ma ho visto solo nuvole e sogni infranti e ho pianto.

Ha pianto anche l’uomo che stavamo cercando e che abbiamo trovato nell’ultimo luogo della nostra ricerca. Ha pianto e io ho capito che noi non conoscevamo affatto mia mamma: era una matrioska di misteri, la donna dalle sette vite, la persona più ammaliante della terra e più sfuggente. Non me la ricordo quasi, la mamma: più la cerco, più sfuma l’immagine che ho di lei.

Ho iniziato a sperare ogni giorno di più che arrivi la notizia che è morta. Sono un mostro a pensarlo e una bestia a scriverlo, ma io voglio solo tornare da te. Non mi interessa più nient’altro...

È te che voglio stringere tra le mie braccia, sono tuoi gli occhi che mi devono guardare, è abbracciato a te che voglio addormentarmi dopo aver fatto l’amore. Non l’ho ancora fatto l’amore, Marinette, aspetterò te, anche se ora stai con un altro.

Qua ci sono solo sesso e bugie, patetiche scuse e fughe. E ogni volta è una ferita sulla mia anima, una ferita di cui non riesco a fare a meno, perché significa che per qualche istante non ho pensato a niente, neanche a te,

Ho iniziato a bere, sai? L’avresti mai detto? Quel bravo ragazzo che ero… bevo e fumo, e qua hanno anche roba pesante. Ho iniziato con una tequila per festeggiare e adesso è una droga, perché mi stordisce e mi impedisce di pensare a te. E di soffrire.

Ci sposteremo in Myanmar e lì sarà la fine, me lo sento.

Ma io tornerò, vivo o morto tornerò da te e finalmente sarai mia.

Sarai mia prima o poi, Marinette...

***

Nathaniel Kurzberg era stato il suo primo amico. All’età di undici anni, al loro primo anno di College insieme, Marinette e Nathaniel erano amici inseparabili: sedevano vicini, studiavano insieme, durante la ricreazione stavano sempre appiccicati a scambiarsi figurine o a leggere fumetti, il pomeriggio andavano al parco e giocavano a fare i supereroi.

Per questo Marinette non si era mai resa conto che l’interesse che aveva il ragazzino non era pura e semplice amicizia: tra i loro compagni iniziavano a fiorire i primi discorsi innocenti di amore, qualche ragazzina iniziava ad avere il ciclo e in tanti non parlavano che di baci e carezze e ”cose da grandi”. Nathaniel voleva qualcosa di più, cercava di capire cosa significasse essere attratti da una femmina e allora si era dichiarato, pensando che ne sarebbe seguito un bacio appassionato, come nei film, e tanto, tanto amore. Era andato a comprare un peluche alla sua amica e un bel giorno, in gita al Musee Rodin, glielo aveva regalato, chiedendole se avesse voluto essere la sua fidanzata.

Marinette lo aveva guardato incredula, si era messa a ridere e “stai scherzando vero, SuperNathan?”, gli aveva detto, prendendo il pacchetto e strizzando l’amico in un abbraccio fraterno. E lui, con la coda tra le gambe, aveva annuito e ammesso che era stato solo uno stupido scherzo.

Avevano continuato a giocare a fare i supereroi per qualche mese, finché il ragazzo non era stato preso di mira da alcuni compagni più grandi e lei lo aveva difeso a spada tratta.

“Non ho bisogno del tuo aiuto, so cavarmela da solo”, l’aveva rimproverata lui e si era battuto da solo, buscandone più di quelle che aveva dato. Da allora non erano più stati amici per la pelle e, via via che crescevano e Marinette diventava sempre più carina, lui si allontanava da lei, confuso, intimidito e desideroso di altri tipi di attenzione da parte della ragazza, sui cui fantasticava di continuo.

Gliele aveva rinfacciate tutte quelle piccole sciocchezze da ragazzini, la volta che si erano incontrati di nuovo grazie ad Alya. Era successo più tre anni prima, forse, Marinette quasi non lo ricordava più di preciso. Lei era sempre più bella, secondo quanto le veniva detto, e lui, incredibilmente, non era più il ragazzino mingherlino che andava a scuola con loro, ma si era fatto un gran bel ragazzo, dalla parlantina sciolta e dallo charme veramente stuzzicante. Le aveva detto di essersi sentito ridicolo più e più volte, ripensando a tutti i pasticci che aveva combinato, di non ricordare nulla di quando era stato akumizzato la seconda volta e l’aveva rapita, ma che quell’episodio lo aveva fatto riflettere molto sul suo modo di porsi con le donne. Aveva anche ammesso che la cotta che aveva per lei era stata oggetto di molte sedute da uno psicologo e che alla fine aveva capito che in realtà avrebbe voluto solo che loro due continuassero a essere amici fraterni come da piccoli.

Avevano scherzato per ore come vecchi amici davanti ad una birra che era diventata calda, poi, inaspettatamente, Nathaniel si era avvicinato a lei e l’aveva baciata.

La prima reazione di Marinette era stata quella di tirargli un ceffone: come si era permesso quello stupido ragazzino testa di pomodoro… ma un istante dopo aveva capitolato. Aveva un disperato bisogno di amore e di contatto fisico e si era aggrappata a lui come un naufrago alla zattera, trasformando un bacio dato per rivalsa in un turbine di passione repressa per troppo tempo.

Nathaniel, riemergendo da quell’inaspettato uragano, l’aveva guardata stupito: “Non pensavo fossi così passionale!”, le aveva detto al settimo cielo e si era tuffato anima e corpo nel rifarsi degli anni persi a desiderarla, a dispetto di quel che il suo psicologo gli aveva consigliato.

Lei era il suo Tesoro e lui continuava ad essere SuperNathan, ogni giorno e ogni notte.

Marinette si fermòograve; in prossimità della strada adiacente alla sua vecchia abitazione. Soppesò la scatoletta tra le mani: -SuperNathan…-, mormorò e se la portò alle labbra, prendendo quanta più aria riuscì. Rivide gli occhi verdi del giovane appannati dalla vergogna e dal piacere, quella fredda notte di pioggia; ricordò il suo corpo nudo, la voce agitata che la implorava di ascoltarlo, di capire. E dopo, ricordò il pianto dirotto di Nath mentre prendeva dalla loro casa le sue cose e le ficcava senza logica in una valigia troppo piccola per contenerle tutte; ricordò le braccia forti e gentili dell’“altro”, che consolavano quello che aveva creduto essere l’uomo della sua vita, con gesti di amore che lei non avrebbe mai saputo dargli Provò ancora quella sensazione orrenda di sentirsi un “di più”. Sporca, inutile, maledetta, nuda anche lei di fronte a un tradimento che non aveva mai pensato di dover gestire.

Una luce si accese nell’appartamento, ne seguì un’altra, un’ombra passò davanti alla finestra. No, erano due. Si mossero per un po’, le loro ombre divvennero una e fu di nuovo notte in casa di Nath.

Ladybug strinse la scatoletta e scappò via: avrebbe vinto il nemico da sola, in qualche modo, senza rovinare l’esistenza all’uomo che l’aveva rovinata a lei.

***

Amore mio,

siamo tornati alla civiltà comunemente intesa come tale. Mio padre è più inquieto che mai, tortura Nathalie che ormai, è evidente, non vive che per lui. La illude di abbandonare la ricerca di mamma, poi ritratta e si butta in altre indagini e procrastina il nostro ritorno a casa.

L’altra sera mi ha detto di andar via, di lasciar perdere i suoi fantasmi e tornare alla mia vita, perché per adesso lui non intende tornare, ma finché avrà il miraculous della Farfalla non ho fiducia a lasciare questa ricerca incompiuta nelle sue sole mani. D’altra parte non posso né voglio privarlo anche del suo potere, ma ho paura che non rispetti il patto e venga da te per riprendersi gli orecchini: quindi devo  rimanere qua, a controllarlo.

Non me ne ha voluto parlare direttamente, ma credo che mio padre abbia trovato degli scritti, poche cose, ma credo che abbiano rafforzato in lui l’idea che possa far tornare la mamma usando i nostri poteri. Ma per poter creare, deve essere distrutto qualcosa: la distruzione dovrà vincere sulla creazione un attimo dopo che essa si sarà manifestata. Dice che saprà come farlo e chi dovrà farlo, dice che devo stare tranquillo che la mia vita non ne sarà sconvolta, ma nel mio linguaggio vuol dire che la sua vittima d’elezione sei sempre tu. E io dovrei essere il tuo carnefice. Tanto lo so che non può essere diversamente. O tu o lei. O io.

Ormai mio padre ha Nathalie dalla sua, lei gli obbedisce ciecamente e non so se avrebbe il coraggio di fermare ancora i suoi piani, come fece quattro anni fa, prendendo il suo Miraculous e rendendolo innocuo. A volte mi ubriaco talmente tanto che al mattino non ho ricordi di quel che è successo la sera prima: mi domando sempre se sia per causa mia o perché Nathalie ha usato il suo potere su di me. E’ un inferno, Marinette… Tu non dovrai mai sapere quello che ho fatto, che ho provato, che ho patito… Ma nonostante tutto sono convinto di aver fatto la scelta giusta: ti ho messo io nei guai, servendo la tua identità su un piatto d’argento a Papillon, io dovevo proteggerti e continuerò a farlo.

Quindi rimango ancora qua, alla volta dell’Indocina. Mio padre continua a intrattenere i suoi interessi commerciali, disegna, crea, vende, guadagna, usa la mia immagine facendomi sfilare e fotografare, costringendomi a sorridere come se fossi solo un involucro senza un’anima straziata dentro. Lui ci riesce a rimanere apparentemente se stesso, io no, sono mostruosamente cambiato. Il ragazzino che conoscevi non esiste più e ho paura di questa cosa, perché potrebbe significare che l’uomo che sto diventando non sarà più accettato da te.

Mi sono fatto un tatuaggio, sai? Te lo mostrerò quando tornerò: ci riderai su, oppure lo vedrai prima su qualche rivista o se dovrò fare altre sfilate per lui, ma non per il momento. Finora l’ho sempre tenuto nascosto, ma temo che durerà ancora poco.

Ciao Marinette, anche se mi hai dimenticato, io ti amo sempre come allora.

***

Pollen era ben nascosta in un posto in cui nessuno l’avrebbe potuta trovare: Ladybug aveva patteggiato con lei che, nel malaugurato caso che fosse stato realmente necessario, le avrebbe permesso di usufruire dei suoi poteri, ma non del potere speciale, che sicuramente l’avrebbe messa in serio pericolo.

Con le mani libere e un po’ più rinfrancata da quel “piano B” che si era assicurata, Ladybug corse a perdifiato fino al luogo dove la battaglia aveva imperversato e ancora fiumane di zombie, reali o immaginari che fossero, erano vomitati dalla terra e si accanivano contro le forze armate, sebbene la battaglia apparisse arrivata a un punto di empasse. La ragazza si concesse qualche minuto per studiare la scena: non era affatto chiaro cosa muovesse quello scenario apocalittico e cosa, soprattutto, fosse stato usato contro di lei di così potente al punto di strappare la sua tuta magica e colpirla laddove era solo una ragazza normale. Sentiva dentro di sé che le forze andavano diminuendo sempre di più e che il dolore presto avrebbe avuto il sopravvento sulla sua ragione.

Il comandante delle forze armate a cui aveva dato istruzioni, evidentemente, aveva preso alla lettera le sue parole e stava patteggiando, munito di megafono, giubbotto antiproiettile e almeno cinque o sei cecchini a coprirgli le spalle, sulle modalità di resa da parte del nemico che comandava quell’esercito mostruoso di morti viventi, in caso Ladybug fosse tornata come suo ostaggio. Era evidente che le sue argomentazioni stessero per giungere al capolinea, era inevitabile per Ladybug tornare al suo dovere.

Un pensiero fugace, Nathaniel e il suo Paul al sicuro nella loro casa, le diede la spinta: avrebbe protetto Parigi, avrebbe protetto chiunque negli anni si era appoggiato a lei, avrebbe protetto i suoi amici, i suoi genitori, avrebbe per una volta ancora fatto il suo lavoro di supereroina pronta a sfidare la morte pur di garantire ai più deboli la loro fetta di tranquillità.

Chiuse gli occhi e prese aria: lei aveva forse perso ogni speranza, ogni reale ragione di vivere quella piccola vita che aveva sognato una volta, quando era solo una ragazza ingenua e felice su una panchina di Places des Vosges, ma non avrebbe mai abbandonato la sua gente.

Lanciò il suo yo-yo e si gettò dritta nella mischia degli zombie.

***

Marinette… è così difficile.

Dopo tutti questi anni è tutto cambiato.

Anche il programma di mio padre è cambiato:  dopo i riflettori nella grande città, siamo tornati  ancora una volta dove la povertà imperversa.

Il Jet Set mi sembra un mondo ormai lontano e alieno, anche se sono passate solo alcune settimane.

Mi sono abituato a sentir cantare i bambini nel fango, mentre cercano di giocare con un vecchio pneumatico abbandonato. Ho fatti miei gli odori di questi luoghi e i sapori.

Sono diventato amico di tante persone, finalmente rivivo un po’.

Ho avuto altre donne, Marinette, e continuo a farlo, ma lo saprai già per colpa di quelle foto che mi hanno scattato di nascosto e che sicuramente hanno fatto il giro del mondo. Non sono bravo a nascondermi alle telecamere, non ne ho voglia. E non ho più voglia di fingere che non sia accaduto, non con te… che senso avrebbe... Sono stato con prostitute, vergini impaurite, donne famose e semplici ragazze comuni.

Ma ti giuro: nessuna, neanche una di loro è riuscita mai a darmi un millesimo della passione che tu sei riuscita a donarmi con un solo bacio stampato sulle mie labbra.

Nessuna in tutto il mondo è come te.

E io tornerò da te.

***

-Sono qui-, Ladybug urlò forte, in modo che tutti la sentissero e si calò verso di loro, -Allontanatevi-, chiese al comandante quando fu più prossima al nemico.

Il fronte degli zombies si aprì lasciando passare avanti quello che, a prima vista, Ladybug poté definire solo “un enorme pipistrello con volto umano e corna da demonio”.

L’abominevole creatura allungò una mano verso di lei e immediatamente il suolo attorno ai piedi della donna iniziò a creparsi e dieci, venti mani scheletriche uscirono dalle pieghe dell’asfalto per stringerla e trattenerla.

Provò a muoversi, ma aveva le gambe completamente intrappolate da qualcosa che sicuramente non era ciò che vedeva. Usò lo yo yo come un’enorme lama rotante e recise cose che si staccarono da lei con suoni orribili.

Qualcosa di viscido e caldo le era schizzato sulla pelle e se lo sentiva colare sul viso.

Era finita dritta nella trappola, non riusciva a capire cosa fosse reale e cosa no.

Il mostro alzò entrambe le mani e tutti gli zombie fecero cerchio attorno a Ladybug: -Dammi i tuoi orecchini-, la voce, cigolante e mostruosa allo stesso tempo, parve pronunciare quelle parole con un forte accento straniero.

-Chi sei?-, domandò in risposta Ladybug, continuando a far girare la sua arma.

-Quello che prenderà i tuoi poteri-. Alle sue spalle, come evocato da quelle parole, si innalzò un muro di fuoco che avanzava verso di lei alla stessa velocità del mostro. I non-morti cadevano arsi e triturati dal quel fuoco che si incurvò come un’onda sulla sua testa. Se era un’allucinazione, era perfetta, perché il calore che Ladybug sentiva e che la schiacciava verso terra era reale.

Avrebbe potuto richiamare il Lucky Charm, ma dopo avrebbe avuto pochi minuti per attingere all potere dell’ape e completare l’opera.

Quei secondi di indugio le furono fatali: nel momento in cui aprì la bocca per urlare la sua formula magica, l’onda infuocata si chiuse su di lei. Marinette chiuse gli occhi, era la fine.

Un calore simile a un abbraccio forte e potente l’avvolse portandola via, in un lungo e dolcissimo deja-vu.

Non pensava che sarebbe stato così bello morire.

È la fine. Perdonami Adrien…

***

Marinette,

Nathalie mi ha informato che non vivi più con i tuoi, ma sei andata a stare con lui. Sono felice per te.

No, è una bugia.

Vuoi la verità? Lo ammazzerei con le mie mani qui e adesso se potessi. Sono folle di gelosia, Marinette, sento un artiglio che mi strizza le viscere solo a pensare alle mani di Nathaniel Kurtzberg sul tuo corpo. Se penso che sono sue le mani che ti danno piacere, Marinette e non le mie! Io… io...

Devo calmarmi. Un buon motivo in più per non spedire mai queste lettere: ecco come reagisce il grande Adrien Agreste di fronte a qualcosa di inevitabile! Sono patetico…

Prima che affoghi questa rabbia nell’oppio, perché lo faccio, Marinette, voglio che tu sappia che sto cambiando e ho paura.

Ecco il tuo bravo ragazzo dal faccino pulito, guardami! Ho la barba, ora, e l’ho lasciata crescere come un selvaggio, non mi importa più di nulla… Qualche giorno fa mi sono ferito cadendo da un albero dove ero salito con dei bambini e mi sono fatto una cicatrice su una spalla: apriti cielo! Mio padre stava per annullare tutta la ricerca e spedirmi a Los Angeles per farmi operare! Ma io me le tengo le mie cicatrici, tutte.

A partire dalla prima, che mi ha fatto proprio il tuo uomo, sbattendomi contro al muro della nostra aula un giorno di tanti anni fa. Te lo ricordi quel giorno, Marinette? È stato allora che ho capito che sei tu la più forte, tra noi due. Tu quella che riuscirà sempre a stare a galla, mentre io sto affogando nella melma.

Io tornerò, Marinette, perché te l’ho promesso, ma non prima aver trovato il modo di accettare che tu non sarai più mia.

Il dolore mi apre l’anima e fa coriandoli di tutti i miei sogni.

***

Ladybug aprì gli occhi stordita, senza riuscire a capire cosa fosse realmente successo. Era rannicchiata in un angolo, a una decina di metri dal luogo esatto dove il fuoco l’aveva avvolta. Non sentiva la sua pelle bruciare, non aveva altri segni neri sulla sua tuta: il fuoco, gli zombie non c’erano più. Udì le sirene delle ambulanze e il clangore di metallo strappato e sbattuto, si voltò in quella direzione, poco distante da lì. Si alzò e vacillò per un capogiro. Portò una mano alla schiena, le faceva molto male e anche sulla spalla aveva una nuova ferita, come se la tuta che per anni l’aveva protetta, d’un tratto avesse iniziato a cedere sotto i colpi misteriosi che aveva preso; si aggrappò a un muro per sostenersi, -Pollen!-, chiamò forte, e si voltò verso l’alto, nella ricerca del kwami, ma non ebbe risposta.

Non aveva scelta: doveva tornare e finire da sola quello che si era riproposta. Strinse i denti e si rialzò, non si sarebbe fatta di nuovo schiacciare dalle illusioni del mostro. In quel momento ci fu un boato metallico e percepì lo spostamento d’aria. Le orecchie ripresero a ronzare e gli occhi a bruciare per la polvere che li graffiava. Corse verso il centro dell’esplosione, richiamando il Lucky Charm.

E nel mentre appariva in alto sopra di sé un lungo fucile di precisione, le parve di udire in mezzo al ronzio e ai suoni ovattati, una voce che non sentiva da troppo tempo.

-Cataclisma!-

La giovane donna andò giù sotto al peso del fucile e rimase un istante seduta a terra compatendosi per la sua infinita idiozia. Si alzò scuotendo la testa, per far andare via quegli assurdi pensieri. Forse era alla fine e i ricordi la stavano chiamando a sé. Puntò l’arma verso la nuvola di fumo che ancora non si era dissolta, cercando di mettere a fuoco.

Solo allora lo vide e il suo cuore si fermò per un istante lungo come tutta la vita.

***

Quando tornerò, Marinette, non avrai di fronte una persona meschina e grigia, nonostante tutto.

Ho gioito quando ho saputo che Nathaniel ti ha lasciata. Ho gioito nel sapere che non ti toccherà mai più e che è stata tutta un’enorme farsa, che lui non ti merita e che tu non hai tecnicamente mai amato un altro “uomo”. Ho gioito pur sapendo che tu invece ci sarai stata tanto male, doppiamente tradita.

Ho gioito perché alla fine ho pensato che saresti tornata strisciando da me…

E poi mi sono odiato, mi sono fatto schifo, mi sono ubriacato, ho spaccato il naso a mio padre con un pugno, mi sono ribellato al potere di Nathalie, ho gettato via il mio anello e sono scappato.

Sono rimasto sette giorni e sette notti da solo senza un tetto, senza cibo, senza poteri.

Ho vagato nel nulla lasciando che questo nulla riempisse il vuoto della mia esistenza.

Ho pianto la mia vergogna e ripulito il mio corpo dall’odio e dal veleno.

Mi sono lasciato andare fino allo sfinimento, poi mi ha trovato Lyn.

Mi ha portato nella sua struttura e mi ha dato acqua e riso, mi ha rasato il viso e mi ha lavato.

Mi ha sorriso e mi ha accolto tra i suoi bambini.

Lyn è una suora cattolica e si occupa di un orfanotrofio in Laos.

Siamo arrivati perfino in Laos per trovare mia madre, mi ero dimenticato di scrivertelo!

Il Laos… benedetto sia il Laos, ha riportato speranza e luce nella mia anima confusa!

È lì che ho conosciuto Sunan e ho capito quanto in realtà fosse facile tornare ad amare.

Ho trovato il coraggio di chiamare mio padre e lui si è subito precipitato da me; per la seconda volta mi ha salvato in questa sfida contro la mia stessa esistenza, anche se l’ho rallentato ancora, anche se gli ho spaccato il naso, anche se ho scelto cosa fare della mia vita senza che lui fosse interpellato in merito.

Gli ho presentato Sunan e senza fare domande è stato felice di accogliere nella nostra casa i suoi grandi occhi neri.

È  così cambiato Gabriel Agreste: la sua corazza resiste, ma ormai è fatta solo di un sottilissimo strato che lo protegge dal mondo esterno. Sono cambiato anche io e in parte è stato grazie a Sun, che ha riportato in vita il ragazzino perbene che avevo lasciato scomparire. Piano piano sto tornando quello che ero, piano piano sto riacquistando un poco di dignità.

Torneremo in Europa tra qualche mese, Londra o Milano o Berlino. Altri proseguiranno la nostra ricerca lungo il cammino che abbiamo segnato.  Tu ed io saremo di nuovo sotto lo stesso cielo.

Tornerò da te, Marinette e ci aiuteremo a vicenda a mettere sulle nostre anime i cerotti che ci aiuteranno a guarire.

Insieme.

Ti prego… insieme...

***

Chat Noir era immobile con un ginocchio piegato a terra davanti ad un uomo piccoletto, dai tratti orientali, circondato da una intricata trama di fili, metallo e plastica polverizzati dal potere del Cataclisma. Al collo dell’uomo penzolava la collana di Alya.

Chat Noir, il suo Chat Noir!, si alzò in piedi, sovrastando di almeno venti, venticinque centimetri l’uomo che aveva preso in trappola. Lo afferrò per il bavero, tirandolo su.

Ladybug crollò in ginocchio lasciando cadere il fucile, crollando in un pianto muto, mentre nel petto le stava esplodendo il cuore: Adrien era lì, a pochi passi da lei e le aveva appena salvato la vita.  Adrien.

Aveva lunghi capelli biondi sciolti sulle sue spalle ampie, era così… cambiato… Era più alto, più grande, più muscoloso, più adulto…

Lo vide disarmare il cinese e tenerlo fermo con una sola mano. Con l’altra fece cenno ai soldati che lo accerchiassero, bisbigliò nell’orecchio del comandante alcuni ordini. Prima che lo portassero via, con un gesto rabbioso, Chat Noir strappò la collana con il Miraculous della Volpe dal collo dell’uomo; questi sputò nella sua direzione e, scalciando, gli urlò contro parole sconosciute in cinese, mentre l’anello del Gatto Nero emise un primo bip.

Allora Chat Noir si voltò verso di lei e la guardò.

La giovane si tirò su di scatto con il cuore che batteva a più non posso nel petto e lo vide fare un passo nella sua direzione. Non poteva essere vero, non voleva soccombere ancora alle illusioni, doveva andar via di lì, chiarirsi le idee e rifugiarsi nei suoi sogni infranti leccandosi le ferite riportate; con un balzo e aiutata dal suo yo-yo, schizzò via e si nascose su un tetto di Parigi.

Chat Noir la inseguì usando il suo bastone e fu davanti a lei in un batter d’occhio.

Era vero, quindi, non se l’era immaginato. Adrien era tornato…

Il giovane aveva gli occhi lucidi e verdi come non li aveva avuti mai, la tuta sembrava voler scoppiare sotto i muscoli tesi. La sua bocca era socchiusa e le labbra rosa si muovevano appena. Con una mano si portò indietro i capelli, scoprendo del tutto il viso, in un movimento naturale.

Si avvicinò di un passo, ma Ladybug indietreggiò: non riusciva a collegare la testa ai suoi movimenti e far calmare un po’ quel cuore impazzito che pulsava nelle tempie e dentro al petto. Non avrebbe saputo dire o fare nulla, in quel momento, forse solo scoppiare a piangere e perdere l’occasione di parlargli.

Chat Noir si avvicinò ancora, coprendo la distanza tra loro, si chinò davanti a lei e posò ai suoi piedi il miraculous della Volpe, quindi si alzò, mentre l’anello aveva ripreso a emettere bip.

Erano vicini, così tanto vicini che lui avrebbe potuto udire il cuore della ragazza battere allo stesso ritmo con cui vibrava la pelle morbida del collo. Allungò una mano fino alla sua spalla e la sfiorò vicino al punto dove la carne era ferita a causa di un colpo infertole. Strinse forte le mascelle e un soffio d’aria uscì dalle sue narici.

Maledetta lega tibetana.

Marinette fu travolta dalla forza del brivido che l’attraversò, aprì la bocca, cercò l’aria, cercò lui, sollevando tremante una mano come per cercare di capire se lui fosse reale o solo un sogno. Chat Noir vi avvicinò la sua, sfiorò la punta delle dita, chiuse gli occhi e finalmente espirò tutta l’ansia che aveva sul cuore. Marinette era viva, era davanti a lui, era finalmente vicina a lui. Sorrise e per Marinette fu come fosse spuntata finalmente l’alba sul mondo.

Il bip dell’anello di Chat Noir si fece insistente, il giovane tornò serio, intrecciò per un breve istante le dita con quelle di Ladybug e scappò via, sparendo in pochi attimi nel buio della notte.

***

Marinette,

abbiamo trovato il libro. Nessuna traccia di mia madre, ma con questo libro potremo riuscire a capire se sia viva o no, quando ci riuniremo tutti a Parigi. Se è viva, potremo usare i nostri poteri per richiamarla ovunque lei sia.

Se è morta, vorrà dire che finalmente seppelliremo tutti il suo fantasma.

E poi potrò davvero tornare da te.

Se mi vorrai, se ci sarà ancora posto per me nella tua vita. Io tornerò comunque e metterò il mio cuore tra le tue mani: deciderai tu cosa farne.

Non sarò solo, ci sarà anche Sunan: è mio fratello a tutti gli effetti, ci “spartiremo” le vestigia dell’impero Agreste un giorno. Ma per adesso lui è solo un bambino di poco più di tre anni.

Quale che sia la risposta che i kwami ci daranno, so che mio padre ha un nuovo motivo per vivere ed è il suo nuovo figlio, quello che non trascurerà mai, quello che avrà una vita normale. Quello che è anche un po’ mio figlio in realtà.

La povera Nathalie si è vista scavalcata una volta ancora dal piccolo nuovo Agreste, ma vedo speranza nei suoi occhi: se ancora non ha mai usato il suo potere per costringere mio padre a capitolare, un motivo ci sarà.

Voglio che tu lo conosca, Sun: è veramente una goccia di luce in mezzo al grigio della mia esistenza.

E poi voglio che tu torni da me.

Se mi vorrai, se ci sarà ancora posto per me nella tua vita.

Verrò a cercarti, ti implorerò di perdonarmi per tutte le bugie che ti ho detto e per come mi sono comportato. 

Ti chiederò di essere clemente con me, di accettarmi per quello che sono diventato e di capire il perché è successo. Metterò il mio cuore tra le tue mani: deciderai tu cosa farne.

Non ho più cercato informazioni su di te in questi ultimi anni, non so se hai trovato un altro o se sei sempre sola a leccarti le ferite che ti abbiamo inferto Nathaniel e io, prima di lui.

Ma ho visto una tua foto, di pochi giorni fa: sei cresciuta, non sei più la ragazzina che ricordavo. Eri un bocciolo profumato e delicato, ora credo che tu sia diventata una strabiliante rosa rossa piena di profumo e di bellezza. Non sai quanto ti desideri Marinette, ora più che mai.

Voglio perdermi in te e voglio che anche tu ti perda in me. Voglio amarti e svegliarmi con te per tutto il resto dei miei giorni, voglio imparare da te, crescere con te, invecchiare con te.

Marinette amore mio. Io sto tornando.

----------

ANGOLO AUTRICE:

Ci ho messo l’anima in questo capitolo, mi sono fatta del male pensando al dolore che prova nel suo cuore e sulla sua pelle Marinette, ho sofferto davvero per la responsabilità e l’angoscia di Adrien.
Ho scritto le lettere e la parte narrata presente e ho dato la struttura che ha il capitolo grazie al prezioso suggerimento di un amico.

Tutto questo circa 9 mesi fa. La storia si è quasi bloccata da allora e in tutto questo tempo, mentre scrivevo quei difficili capitoli del “6 anni prima”, ho pensato al momento in cui avrei pubblicato questo capitolo, a cui sono profondamente legata e che mi emoziona sempre tantissimo, sebbene nemmeno esso sia sfuggito alle mie modifiche da scrittrice mai soddisfatta del proprio lavoro. Ecco: ora credo di aver trovato il modo giusto per dire tutto quello che andava detto in questa narrazione.

E’ stata una lettura lunga, per voi, ma spero vi abbia coinvolti almeno un decimo di quello che ci ho messo io a scriverlo, mentre mi scorrevano negli occhi le scene come in un film.

Spero di aver reso il tempo che è passato per Adrien, lasciando che fossero sempre più evidenti la sua disperazione e le sue pulsioni sessuali che cambiano, anno dopo anno. Spero che sia chiaro che queste lettere sono state scritte da Adrien in momenti diversi, in luoghi diversi, in seguito a esperienze diverse che lui ha fatto; spero che sia arrivata a tutti la dolorosa parabola che la sua esistenza ha sofferto lontano da Parigi.

Spero anche  di aver reso la disperazione della povera Marinette, pronta ormai a battersi fino alla fine, senza più nulla da perdere e la sua sofferenza sia fisica che  psicologica.

Un complimento a chi ha colto l’esatta identità del piccolo Sun che era apparso nel precedente capitolo, un grazie a chi ha saputo aspettare che ve lo spiegassi.

Tre ringraziamenti speciali: a Chiara, che comunque c’è, a Michy, che mi ha fatto da beta in questa ultima revisione, e a Marco, per i suoi consigli e il sostegno nel confezionare questo capitolo, che non è la fine della ff, lo so, ma per me significa inizio, fine, nuovo inizio e tutto quello che c’è nel mezzo. Un “brindisi” all’amicizia, all’attesa, alla speranza e al povero Plagg che ogni 3x2 è stato maltrattato in questi anni! XD

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Florence