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Autore: Sana_Akito_Kodocha    21/11/2018    5 recensioni
Fanfiction ispirata, almeno in parte, al manga/anime "Ranma ½".
Fuyuki Hayama e Misako Kurata, decidono di combinare un fidanzamento tra i loro rispettivi figli, Akito Hayama e Sana Kurata, entrambi praticanti di arti marziali, nella speranza che un domani possano gestire il dojo insieme.
Inizialmente i due ragazzi non saranno affatto d'accordo con questo "fidanzamento combinato", ma col tempo le cose potrebbero cambiare...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Asako Kurumi/Alissia, Rei Sagami/Robby, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota autrici:

Heilà! ^.^
Chiediamo immensamente scusa per l'enorme ritardo, ma entrambe abbiamo avuto piccoli problemi personali che ci hanno allontanato per un po' dalla scrittura.
Ma adesso siamo tornate e, per farci perdonare, abbiamo deciso di pubblicare un capitolo più lunghetto rispetto a quelli precedenti :D
Speriamo sia di vostro gradimento e grazie infinite a coloro che continuano a seguirci nonostante la lunga assenza! <3
Buona lettura e a presto! :*


***

«Spiegati meglio, Sana. Cosa intendi dire con “è successo?”»
Con un colorito tendente al porpora mi schiarisco la voce, cercando al contempo di ignorare gli sguardi e i sorrisetti maliziosi di Fuka e Naozumi, comodamente seduti sul bordo del letto della camera assegnata a me ed Akito «Oh, andiamo, avete capito benissimo a cosa mi riferisco»
«E invece no!»
«E invece sì! Perché dovete farmelo dire?» urlo imbarazzata, stringendomi il cuscino contro al petto.
Probabilmente un’altra persona, al mio posto, non troverebbe difficoltà nel confidare a due dei suoi più cari amici di essere andata a letto con il proprio ragazzo, anche perché non c’è nulla di lontanamente sbagliato, siamo entrambi adulti e vaccinati e in più ci tentiamo molto l’uno all’altra, ma è più forte di me; mi sento tremendamente in imbarazzo nel parlarle, infatti, se quel pettegolo di Naozumi non fosse piombato qui, seguito poco dopo da Fuka, pretendendo spiegazioni sul perché la scorsa sera io ed Akito siamo praticamente spariti dalla circolazione, rintanandoci in camera, dalla mia bocca non sarebbe uscito neppure una misero accenno, o almeno non oggi.
Sicuramente l’avrei fatto in seguito, magari tra qualche giorno o settimana, ma non oggi… è stato un passo molto importante per me, per noi, e devo ancora metabolizzare il tutto, accidenti.
«Per la miseria, Sana, hai diciannove anni, non dodici. Che ti costa dire ad alta voce che hai finalmente usufruito del corpo di “Chiappette d’oro”?» sbuffa Naozumi, roteando gli occhi il cielo.
Fuka ride, esilarata da quel soprannome con cui ormai si ostina a chiamare Akito, mentre io mi trattengo dal farlo, fingendo di guardarlo male «Smettila di chiamare il mio ragazzo in quel modo. E comunque…» mi mordicchio il labbro inferiore, li guardo, arrossisco, abbasso lo sguardo, sospiro, li guardo di nuovo ed infine mi decido finalmente a sparare la bomba «Siamo andati a letto insieme, okay? Contenti adesso?»
A quella confessione seguono una serie di urletti di felicità e saltellii per la stanza, manco gli avessi detto che a breve convalideremo a nozze.
Sono davvero dei casi persi, non c’è che dire, ma li adoro anche per questo.
«Adesso però vogliamo sapere anche qualche dettaglio piccante» sghignazza Nao, muovendo eloquentemente le sopracciglia dall’alto verso il basso «E non provare a dire che sono cose personali. Siamo i tuoi migliori amici, non devono esserci segreti tra noi, di nessun tipo»
Sospiro, mentre nella mente si susseguono gli avvenimenti della scorsa notte e di stamani e, inevitabilmente, un sorriso radioso mi arriccia gli angoli della bocca «Beh, che dire… è stato fantastico» mormoro, arricciandomi una ciocca di capelli intorno al dito «Akito è stato molto dolce, premuroso, molto più di quanto potessi immaginare e…»
«Ma chi se ne frega!» m’interrompe Kamura, corrucciando la fronte «Ti ho chiesto di fornirci dettagli piccanti, non smielati»
«Sarebbe a dire?» domando confusa.
Fuka alza gli occhi al soffitto, borbottando qualcosa su quanto io sia tarda di comprendonio e l’altro la segue, aggiungendo «Oh, insomma! Vogliamo sapere se è stato bravo durante l’amplesso, come sta messo lì sotto e…»
«Ma siete fuori di testa?» balzo dal letto, con le guance che mi vanno a fuoco «Razza di pervertiti, non risponderò mai a domande del genere»
«Ma perché no?»
«Non c’è nulla di male nel parlarne»
Si lagnano, ma non li sto nemmeno ad ascoltare e, con un diavolo per capello e l’imbarazzo alle stelle fuggo via, uscendo dalla camera di corsa, con loro alle calcagne.
«Dove credi di andare?»
«Non puoi lasciare il discorso in sospeso»
«Lasciatemi in pace!»
«E piantala di fare la pudica»
«Non sono pudica, sono solo riservata»
«Certo, come no»
«Almeno dimmi se hai indossato il completino di Victoria’s Secret che abbiamo comperato insieme»
Sbuffo come una pentola a pressione, scendendo velocemente i gradini che mi separano dal piano inferiore.
Voglio ad entrambi un bene dell’anima, ma quando fanno così mi irritano a morte.
Come fanno a non capire che non ho la benché minima intenzione di sbandierare dettagli tanto intimi ai quattro venti?
«Si può sapere cosa sta succedendo qui?» interviene Ryoga, raggiungendoci alla fine della rampa di scale «Le vostre urla sono arrivate fino in cucina»
«Cosa succede?» sbotto, alzando le braccia in aria con fare esasperato «Succede che ho degli amici idioti, ficcanaso, pettegoli, privi di tanto e chi più ne ha più ne metta. Ecco cosa succede!»
Ryoga mi guarda come se stesse cercando di capirci qualcosa e apre la bocca con l’intento parlare, ma poi il suo sguardo si posa su un qualcuno alle mie spalle e la richiude, arrossendo.
Mi volto, per capire chi possa aver visto per avere una reazione del genere e non posso fare a meno di sghignazzare quando mi rendo conto che altri non è che Fuka, anche lei rossa in volto e con gli occhi puntati sulle punte delle sue pantofole.
E, chiaramente, non mi ci vuole molto per fare due più due e giungere alla conclusione che tra quei due sia successo qualcosa la scorsa sera.
Mi avvicino all’orecchio della mia amica e, con il solo scopo di provocarla, le sussurro «A quanto pare non sono l’unica a voler tenere le questioni personali per sé, dico bene?» 
Lei arrossisce ancora di più, fulminandomi e  tirando al contempo un calcio nello stinco di Naouzumi che, da perfetto depravato qual è, ha iniziato a prenderli in giro emettendo versi osceni, provocando l’ilarità della sottoscritta.
«Potrei sapere perché vi siete riuniti tutti qui?»
E quella voce la riconoscere tra mille.
Smetto all’istante di ridere, mi volto, lo vedo e il cuore inizia a battermi all’impazzata nel petto.
E… Kami, si può essere così maledettamente belli anche di prima mattina?
Resto a fissarlo come un perfetta maniaca, incurante del chiacchiericcio degli altri, ridestandomi solo quando vedo spuntare un ghigno malizioso sulla sua faccia.
Mi sento un po’ ridicola nel reagire così, anche perché fino a non molto tempo fa non mi era mai capitato di comportarmi come una dodicenne infatuata dinnanzi all’altro sesso, nemmeno durante la mia cotta con il dottor Rei.
Anche se, pensandoci bene, non credo che le due cose si possano confrontare; con il dottor Rei era, appunto, una semplice cotta, mentre con Akito è molto di più.
Mi schiarisco la voce, cercando di riprendere un certo contengo e senza dire niente, lo supero, avviandomi verso l’immensa cucina arredata in stile moderno.
Sento i suoi passi dietro di me, e poi di nuovo la sua voce «Non si saluta, Kurata?»
Mi accomodo sullo sgabello accanto all’isola, stracolma di vassoi e piatti contenenti roba da mangiare e lo guardo, sorridendogli «Il buongiorno di stamattina non ti è bastato, Hayama?»
Cogliendo la mia allusione mi sorride anche lui, ma in maniera decisamente meno casta della mia «Quel tipo di “buongiorno” non mi basta mai, ormai dovresti averlo capito» si avvicina, guardandomi con fare famelico ed io arrossisco «Anzi, che ne dici se…» si piega su di me, affonda la testa tra i miei capelli e, nel solo sentire il suo respiro solleticarmi il collo, un brivido di piacere mi attraversa la spina dorsale «Mandassimo a quel paese tutto e tutti, e tornassimo in camera da letto?»
«Per… per fare cosa?» deglutisco, accaldata.
Sento la sua mano intrufolarsi sotto la mia maglia e risalire pian piano, fino a soffermarsi sul bordo del reggiseno che inizia a tracciare con i polpastrelli e ormai devo fare una fatica non indifferente per trattenermi dall’ansimare «Potremmo provare la Jacuzzi, insieme. Ieri mi era sembrato di capire che non vedessi l’ora di farlo»
Immagini di noi due, nudi, nella Jacuzzi, iniziano a farsi spazio nella mia mente malata e la tentazione di alzarmi, afferrarlo per un braccio e trascinarlo al piano di sopra, senza il minimo ritengo, diventa sempre più forte.
Così forte che, con molta probabilità, se le voci degli altri componenti della combriccola non fossero giunte alle mie orecchie, non ci avrei pensato due volte a rendere quelle immagini reali.
Spintono via Akito, a malincuore, nell’esatto momento in cui Naozumi, Ryoga e Fuka ci raggiungono in cucina «Quanto dista la pista da scii da qui?»
«Una decina di minuti circa. Con la macchina impiegheremmo  anche meno tempo, ma dopo la nevicata di ieri sera le strade sono tutte ghiacciate, quindi eviterei»
Fingendo nonchalance, come se un secondo prima non stessi per saltare letteralmente addosso al mio ragazzo, afferro un involtino primavera e me lo porto alla bocca, ascoltando i chiacchiericci di quei tre guastafeste.
Certo che hanno un tempismo perfetto, eh.
Ma non potevano andare altrove?
Guardo di sottecchi Akito e sono certa che la sua espressione imbronciata sia lo specchio della mia.
Sospiro.
Quanto vorrei che in questa casa ci fossimo solo noi due… non che mi dispiaccia la compagnia dei miei amici, sia chiaro, solo che mi piacerebbe avere un po’ più di privacy, tutto qui.
«Sana, ci stai ascoltando?»
Sposto l’attenzione su Fuka, trovandola intenta a fissarmi con un sopracciglio alzato.
«Ehm… no, dicevi?»
Questa volta è lei a sospirare, accompagnando il tutto con un’alzata d’occhi al cielo «Ti ho chiesto se ti andrebbe di unirti a noi. Avevamo pensato di andare a sciare, c’è una pista qui vicino»
«Mh, non lo so» mi volto verso Akito, impegnato a versarsi una tazza di caffè fumante «Tu che ne dici?»
Lui mi guarda, accenna un mezzo ghigno e con tono malizioso mi risponde «Lo sai che preferirei fare altro»
Gli altri ridono, cogliendo la sua allusione, mentre io divento dello stesso colorito della teiera appoggiata sull’isola.
E’ davvero un idiota.
Ma come gli salta in mente di dire certe cose in presenza d’altri?
«Hayama, non cambierai mai» sghignazza Ryoga, dandogli una pacca sulla spalla «Sei sempre il solito maniaco»
«Come se tu non vorresti fare lo stesso con Matsui» gli risponde a tono, e l’altro impallidisce.
«Ma… ma cosa dici?»
«Akito, sei un imbecille!» urla Fuka, paonazza in volto, non so se a causa dell’imbarazzo o della rabbia… probabilmente per entrambe le cose.
«Perché? Ho solo detto la verità»
«Ma quindi ci avevo visto bene» s’intromette Naozumi, puntando l’indice contro i diretti interessati «E’ successo qualcosa tra voi!»
«No!»
«Solo un bacio!»
Rispondono in contemporanea.
Poi si ammutoliscono, si guardano, arrossiscono, distolgono lo sguardo l’uno dall’altra, ci danno le spalle e borbottando parole incomprensibili se ne vanno, uno a destra e l’altra a sinistra.
«Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Il mio fiuto non sbaglia mai» commenta il pettegolo, saltellando per la cucina, dopodiché sposta l’attenzione su me ed Akito e la sua espressione, dapprima gioiosa, diventa stranamente seria «Fatemi indovinare… volete che mi leva dai piedi per lasciarvi soli soletti, dico bene?»
«Sarebbe anche ora» commenta acidamente il biondino al mio fianco, beccandosi una gomitata da parte della sottoscritta.
«Non ascoltarlo, ci fa piacere averti con noi e poi questa è casa tua, quindi…»
«Non preoccuparti, non c’è problema, vuol dire che ne approfitterò per raggiungere il mio uomo nella sauna» m’interrompe, avvicinandosi ad Akito con uno strano sorrisetto stampato sulla faccia «Se vuoi unirti a noi sei il benvenuto, ma sappi che quando ci sono io non è ammesso alcun tipo d’indumento, neppure l’asciugamano intorno alla vita» ammicca, strizzandogli l’occhio.
Scoppio a ridere, a differenza di Hayama che inscena una smorfia contrariata «Ti ringrazio per l’invito, ma l’unica persona con cui mi piacerebbe essere nudo è la rossa qui presente»
Smetto di ridere, lanciandogli un’occhiata torva «La smetti d’insinuare cose del genere in presenza d’altri?» sbotto, ormai ai limiti della vergogna.
Akito si limita a scrollare le spalle e fa per dire qualcosa, ma prima che possa farlo Nao gli appoggia una mano sul petto, ghignando con fare provocatorio «Come vuoi, ma sappi che prima o poi…» fa scendere la mano lungo il torace, fermandosi sull’orlo dei pantaloni «Riuscirò a scoprire come stai messo lì, costi quel che costi» dopodiché, ridendo a crepapelle, scappa via quando l’altro tenta di colpirlo con uno dei tanti vassoi appoggiati sull’isola.
«Si può sapere che razza di problemi ha il tuo amico?» sbotta, una volta lasciati soli.
«Andiamo, lo sai che gli piace scherzare» replico divertita, fregandogli la tazza da sotto al naso per sorseggiare il suo caffè.
«Hey, quello era mio!»
«”Era”, hai detto bene» gli rivolgo un sorriso angelico e lui alza gli occhi al cielo, divertito «Piuttosto, sai che fine hanno fatto Aya e Tsu?»
«No, credo siano ancora in camera»
Annuisco «Forse staranno ancora dormendo» constato, facendo un altro sorso della bevanda fumante.
«O staranno scopando»
E il caffè mi va di traverso.
Lo fulmino, tossendo e battendomi al contempo dei leggeri pugni sul petto «Hayama, sei un cavernicolo!»
«Perché? Guarda che non c’è niente di male se stanno…»
«Lo so che non c’è niente di male, ma potresti utilizzare dei termini un po’ più delicati quando tratti certi argomenti»
Hayama sbuffa, roteando per l’ennesima volta gli occhi al soffitto «E va bene, mi correggo, staranno facendo sesso. Va bene così, Miss bon ton?»
«Non chiamarmi così e comunque sì, va meglio…» continuo a fissarlo male, scolandomi fino all’ultima goccia di caffè «Anche se tecnicamente sarebbe più corretto dire che stanno facendo l’amore»
«E che differenza c’è?» mi domanda, corrucciando la fronte.
«Non ci arrivi proprio, eh?»
«No. Illuminami!» dice sarcastico, facendomi arricciare il naso.
«Quando due persone si amano fanno l’amore, e loro si amano!»
A quelle parole vedo la sua espressione cambiare impercettibilmente, ma non me ne curo più di tanto, finchè dopo svariati minuti di religioso silenzio, durante i quali mi sono fatta fuori quasi mezza tavola, non me lo ritrovo a pochi centimetri di distanza da me, serio in volto come credo di non averlo mai visto prima «E adesso cosa ti prende?» gli domando, strabuzzando gli occhi.
«Noi due cosa abbiamo fatto?»
«Eh?»
«Noi due…» deglutisce «Abbiamo fatto sesso o l’amore?»
Dinnanzi a quella domanda, del tutto inaspettata, divento un blocco di cemento appollaiato sullo sgabello.
Lo fisso senza dire niente, sentendomi ardere fino alla punta dei capelli mentre mille domande, miste a paranoie, mi frullano nella testa.
Cos’abbiamo fatto?
E’ stato solo sesso?
La prima risposta che mi viene da dare è no, non è stato solo quello, ma molto di più.
E’ stato amore?
Le emozioni che ho provato nell’unire il mio corpo al suo, emozioni che non mi sarei mai neppure sognata di poter provare, non possono star a significare nient’altro che quello… dunque sì, è stato amore.
Ma allora cos’è che mi frena dal dirglielo? Paura forse?
Riflettendoci non la escluderei come ipotesi; d’altronde Akito ha meno esperienza di me in ambito amoroso, le uniche donne che ha avuto in passato erano avventure da una sola notte, non è abituato a simili “sentimentalismi”, se n’è sempre tenuto a debita distanza, quindi un’ammissione del genere potrebbe in qualche modo turbarlo o nel peggior dei casi spaventarlo.
Turbata da questi pensieri mi limito ad aprire e chiudere la bocca, con la stessa frequenza di un pesce rinchiuso all’interno di una boccia di cristallo, senza dire nulla e ad un tratto vedo qualcosa spegnersi nel suo sguardo, come se fosse giunto ad una spiacevole conclusione.
Sospira, dandomi le spalle «Lascia perdere, fingi che non ti abbia chiesto nulla» mormora, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni e, senza aspettarmi, si avvia verso la rampa di scale «Sbrigato a finire la colazione, o faremo tardi»
 
 
 
****


 
Una settimana dopo il breve soggiorno nella residenza invernale di quello svitato di Kamura, mi ritrovo all’interno del dojo, impegnato con gli allentamenti quotidiani di kendo.
Saranno all’incirca un paio d’ore che mi alleno senza sosta e, anche se ormai sono abituato a tenere certi ritmi, la stanchezza inizia davvero a farsi sentire.
Smetto di tirare pugni e calci in aria, deciso a concedermi un po’ di riposo ed afferro l’asciugamano bianca appoggiata sulla panca, asciugandomi la fronte intrisa di sudore.
«Finalmente hai finito, temevo andassi ancora per le lunghe»
Mi volto, trovando Kurata ferma accanto all’entrata dell’edificio, con le braccia portate dietro la schiena e un sorriso mozzafiato stampato sul volto «Sei lì da molto?»
«Solo da qualche minuto. Eri così impegnato a riempire di botte il tuo avversario immaginario che non ti sei neppure reso conto della mia presenza»
La guardo avvicinarsi, nella sua tuta da ginnastica extra-large e… diamine, è splendida, non ci sono altre parole per descriverla.
«Devo forse pensare che mi stessi spiando, Kurata?»
«Ma quale spiando! Stava semplicemente ammirando il mio uomo»
“Il suo uomo”.
Già.
Peccato solo che lei non sia innamorata del “suo uomo”.
Scuoto la testa, maledicendomi mentalmente.
Devo smetterla di tormentarmi con questa faccenda, è da una settimana che va avanti e non ne posso davvero più.
Mi sembra di esser improvvisamente diventato un rammollito che non riesce ad accettare che la donna che ama non ricambi i suoi sentimenti e mi detesto per questo, perché io non sono così, non sono un rammollito, né una femminuccia che piagnucola per un amore non corrisposto.
Inoltre, il fatto che Sana non sia innamorata di me è solo un “problema” momentaneo, imparerà sicuramente ad amarmi col tempo… o almeno spero.
«Sai…» mi avvolge le braccia intorno al collo, riportandomi con i piedi per terra «Sei maledettamente sexy mentre ti alleni. Te l’ho mai detto?»
«Mh, sì, qualche volta» ghigno malizioso, appoggiando le mani sui suoi fianchi «Non che avessi dubbi, comunque»
«Montato!» replica divertita.
«Sono solo realista, Kurata»
E senza darle modo di replicare l’attiro me, eliminando quella fastidiosa distanza che ci separa, unendo le mie labbra alle sue.
La bacio con desiderio, come se non lo facessi da secoli, e solo quando sento la sua mano intrufolarsi sotto al mio karate-gi per accarezzarmi il torace, mi ricordo delle pessime condizioni in cui mi ritrovo.
Mi distanzio da lei, seppur ogni cellula del mio essere mi stia pregando di non farlo, di fregarmene e di non interrompere quel piacevole contatto «Sono tutto sudato» mormoro afflitto «Ho urgente bisogno di un bagno»
«Che coincidenza» mormora a sua volta, sorridendomi «Si dia il caso che la tua fidanzata premurosa, prima di venire qui a “spiarti”, ti abbia preparato proprio un bel bagno caldo»
«Fidanzata premurosa?» fingo di mostrarmi interdetto, corrucciando la fronte «Non sapevo di avere un’altra fidanzata oltre te» la prendo in giro, beccandomi un pugno nelle costole.
Non cambierà mai, è sempre la solita violenta.
«Sprizzi simpatia da tutti i pori, Hayama, non c’è che dire» borbotta, prima di afferrarmi per un polso e trascinarmi con sé «Avanti, vieni»
Una volta usciti dal dojo entriamo in casa dove, stranamente, non troviamo nessuno ad attenderci «Dove si sono andati a cacciare gli altri?»
«Sono andati al ristorante cinese» risponde distrattamente, salendo la rampa di scale «Mi avevano chiesto se volevamo unirci a loro, ma…» lascia il discorso sospeso a mezz’aria, fermandosi fuori la porta del bagno, si volta, mi guarda e con le guance lievemente arrossate, continua «Ho preferito rifiutare. Sai com’è…» affonda i denti nel labbro inferiore, dondolandosi sui talloni «Volevo restare un po’ da sola con te. Qui siamo sempre circondati dai nostri familiari, difficilmente riusciamo ad avere un po’ di privacy e sì… insomma… mi hai capita, no? Però se tu hai voglia di cucina cinese non ci sono problemi, possiamo… possiamo raggiungerli con l’auto di tuo padre, non me la prendo, giuro»
La osservo ardere dall’imbarazzo e sorridere diventa inevitabile «Non credo di esser mai stato così felice di non mangiare cinese, Kurata» tento di sdrammatizzare, giusto per metterla a suo agio e capisco di essere riuscito nel mio intento solo quando la vedo ricambiare il sorriso.
«Perfetto, ne sono felice» trilla entusiasta, poi, contenta come una bambina circondata da una marea di dolciumi, apre la porta del bagno e dire che rimango sorpreso nel trovare candele profumate e petali di rosa sparsi qua e là, è un eufemismo «Lo so, forse ho un tantino esagerato, me ne rendo conto da sola, ma volevo fare qualcosa di carino per te»
Ammetto che di solito queste romanticherie mi provocano il voltastomaco ma questa volta, inaspettatamente, non è così, anzi… oserei dire che sono addirittura compiaciuto.
La guardo, trovandola in attesa che io dica qualcosa, ma non lo faccio, anche perché non so nemmeno io cosa vorrei dirle, e faccio quello che so fare meglio, passo ai fatti.
Cogliendo alla sprovvista mi fiondo su di lei, baciandola con tutta la passione e l’amore che possiedo, stringendola a me, così forte da arrivare quasi a fondere i nostri corpi e lei ricambia con un impeto gemello al mio.
Ci spogliamo velocemente, gettando gli indumenti sul pavimento, bramosi di unirci l’uno con l’altra «Mi farai perdere il lume della ragione un giorno di questi, Kurata, poco ma sicuro» mormoro estasiato, scrutando ogni singola forma di quel suo corpo da capogiro.
Ho perso il conto delle volte in cui le ho ripetuto una frase del genere, ma che ci posso fare? Ogni suo dettaglio, che sia fisico o caratteriale, rischia seriamente di farmi impazzire.
Sana ridacchia, imbarazzata, ed io la sollevo quel poco che basta per poterci immergere entrambi nella vasca, colma fino all’orlo d’acqua calda e bollicine «Non sarà come la Jacuzzi, ma anche la vasca non è male, non credi?» mi sussurra ad un orecchio, mordicchiandomi leggermente il lobo.
Annuisco, baciandole il collo, la clavicola, la spalla, il seno, mentre con le mani traccio il profilo delle sue gambe, risalendo pian piano, fino a raggiungere il centro della sua femminilità «Ti piace proprio, eh?»
La sento trattenere il respiro e affondare le unghie nella mia schiena, e la mia eccitazione aumenta sempre più «C-cosa?»
«Fare sesso in acqua»
A quelle parole la sua espressione cambia repentinamente.
Sembra quasi delusa; forse si  aspettava che le dicessi qualcosa di più romantico, che m’impegnassi ad essere più dolce come ha fatto lei e…
«Non è sesso» mormora, interrompendo il mio ragionamento.
Con  il mio corpo che sovrasta il suo la guardo, sollevando un sopracciglio «Che intendi dire?»
 «Voglio dire che…» arrossisce, giocherellando con la schiuma, dopodiché prende un respiro profondo e incatenando i suoi occhi nei miei, continua «Per me non è semplice sesso. Io, con te, faccio l’amore»
Il significato indiretto di quella confessione mi fa schizzare il cuore in gola.
Continuo a fissarla tra il sorpreso e il compiaciuto, boccheggiando, e lei sospira, chinando leggermente lo sguardo «So che probabilmente per te è troppo presto, d’altronde stiamo insieme da poco tempo, ma non ce la facevo più a tenermelo dentro, mi sentivo come se potessi scoppiare da un momento all'altro. E’ da una settimana bramo dalla voglia di dirtelo, io sono innam…»
«Sana, sei lì dentro?»
La voce di Asako, dall’altra parte della porta, giunge alle nostre orecchie, facendoci irrigidire e sbiancare in contemporanea.
Maledizione, ci mancava solo questa.
Cerco di ragionare su una possibile via di fuga, ma prima che possa fare o dire qualcosa, Sana m’immerge la testa sott’acqua, tenendola ferma con una mano.
Il rumore della porta che si apre mi raggiunge debole all’interno dell’elemento liquido e tiepido e pochi attimi dopo mi ritrovo ad ascoltare un’ovattata conversazione.
«Sana, perché non rispo… oh santo cielo, ma come hai ridotto questo povero bagno?»
«Ehm, non… non farci caso, avevo voglia di farmi un bel bagno rilassante con tanto di candele profumate e petali» ridacchia nervosamente «Ma si può sapere cosa ci fai tu qui? Credevo fossi andata al ristorante cinese con gli altri»
«Infatti, ma i tavoli erano esauriti, così abbiamo deciso di prendere cibo d’asporto e consumarlo a casa. Abbiamo portato delle porzioni anche per te ed Akito. Piuttosto, sai che fine ha fatto? Non lo trovo da nessuna parte»
 Sono qui sotto, maledizione!
Come accidenti ho fatto a cacciarmi in una situazione del genere?
L’unico lato positivo è che mi ritrovo con la faccia spiaccicata sul seno di Kurata, ma il respiro inizia a venire sempre meno e non è affatto piacevole.
Le do un pizzico sul fianco, per farle capire che ho quasi raggiunto il limite e che deve sbrigarsi se non vuole che il suo ragazzo muoia annegato e lei, colta alla sprovvista, sobbalza leggermente, facendo fuoriuscire un po’ d’acqua dalla vasca.
«Ma che ti prende?»
«N-niente, non farci caso e… alt! Ferma lì, non ti avvicinare!»
«Eh? Ma perché?»
Non ce la faccio più, la poca aria rimasta nei polmoni mi sfugge dalla gola, provocando delle bollicine sulla superficie e Kurata mi spinge ancora più in fondo.
«Perché… perché sono nuda, accidenti! E’ troppo chiedere un po’ di privacy in questa casa?»
«Ma…»
«Niente ma, ed ora esci per favore. Non so dove sia Hayama, forse sarà uscito, provate a telefonarlo»
Passa ancora qualche secondo prima che senta finalmente il rumore della porta chiudersi e la presa di Sana sulla mia testa allentare.
Riemergo velocemente, schizzando l’acqua ovunque e tossendo convulsamente.
«Volevi ammazzarmi per caso?» sbotto, col fiato corto.
Kurata mi guarda dispiaciuta ed apre la bocca per dire qualcosa, ma prima che possa farlo la porta si riapre «Cos’è stato questo rumor…»
 Asako lascia la domanda sospesa a mezz’aria, assumendo un’aria indignata, Sana si copre il volto con le mani dalla vergogna ed io sbianco, avvertendo il sangue gelarsi nelle vene.
Ma si può mai essere più sfigati di così?
Qualcuno lassù deve avercela a morte con il sottoscritto, non può esserci altra spiegazione.


 
****


 
«Ve lo ripeto, capisco che alla vostra età abbiate determinati impulsi, ma non è questo il modo di comportarsi»
Continuo a restare in silenzio, con il capo rivolto verso il basso e le guance che vanno in escandescenza.
E’ da circa un’ora che Asako ci tortura con le sue ramanzine e non ne posso davvero più.
Come se non bastasse io, Akito ed Asako non siamo gli unici ad essere  radunati intorno al tavolo del soggiorno, sono presenti anche mia madre e il signor Hayama e ciò, ovviamente, non può far altro che aumentare il mio imbarazzo.
«Suvvia, figliola, la stai portando troppo per le lunghe» la richiama mia madre, sventolandosi pigramente con il ventaglio «Ricorda che sono fidanzati, non c’è nulla di male se sono sessualmente attivi»
«Concordo. L’importante è che utilizzino le giuste precauzioni» l’asseconda il signor Hayama ed io vorrei soltanto che una voragine mi risucchiasse seduta stante pur di sparire da qui.
«Si può sapere come fate ad essere così tranquilli?» sbotta, ormai ai limiti della pazienza «Vi devo forse ricordare che li ho beccati mentre facevano sesso nella vasca da bagno?»
«Tecnicamente non avevamo ancora iniziato» interviene Akito, seduto alla mia sinistra ed Asako lo fulmina, facendolo sbiancare.
In diciannove anni non credo di averla mai vista tanto arrabbiata, mi fa quasi paura.
«Oh beh, scusate tanto se vi ho interrotti sul più bello» sputa velenosa, facendoci deglutire ad entrambi.
«Mi… mi dispiace, Asako» mormoro, senza neppure avere il coraggio di guardala in faccia, tanta è la vergogna che sto provando in questo momento «Ti prometto che non capiterà mai più una situazione del genere, hai la mia parola»
«Me lo auguro! Per colpa vostra non avrò più il coraggio di entrare in quella vasca e…» il suono del campanello interrompe la sua ramanzina «Chi sarà a quest’ora?» mormora pensierosa, non rivolgendosi a nessuno in particolare e, dopo averci lanciato l’ennesima occhiataccia, si alza, avviandosi verso l’ingresso.
Sospiro impercettibilmente, rialzo il capo ed incrocio gli sguardi esilarati di mia madre e del signor Hayama.
Vorrei tanto sapere cosa ci trovino di divertente in tutta questa faccenda.
«Smettetela di guardarci così» borbotto, gonfiando le guance e mia madre scoppia a ridere, sistemandosi il copricapo.
«Non posso crederci che siate stati così stupidi da farvi beccare il flagrante»
«Già!» l’asseconda nuovamente l’altro, ridendo a sua volta «Che vi costava chiudere la serratura a chiave? Vi avrebbe risparmiato un bel po’ di casini»
«Credevo foste al ristorante!» mi giustifico, battendo le mani sul legno del tavolo «Come diavolo facevo a sapere che non avevate avuto l’intelligenza di prenotare un tavolo prima di recarvi lì? Lo sanno tutti che bisogna…»
«Signor Hayama, Akito, ci sono ospiti per voi» m’interrompe Asako, tornando in soggiorno in compagnia di un uomo sulla quarantina, alto e robusto ed una ragazza, su per giù della mia età, con dei lunghi capelli castani, un paio d’occhi verdi, viso acqua e sapone, fisico mozzafiato e… accidenti, è davvero bella.
Mi volto verso Akito, trovandolo impegnato a fissare la nuova ospite con gli occhi spalancati e il volto pallido come un lenzuolo «La conosci?» gli domando sottovoce, ma non ottengo risposta.
Corrugo la fronte, interdetta.
Ma che accidenti gli prende?
Sembra che abbia appena visto un fantasma.
Ignoro ciò che il signor Hayama e quell’uomo si stanno dicendo, nonostante entrambi stiano utilizzando toni di voce particolarmente alti, e torno a guardare la ragazza che, a sua volta, sta fissando il biondino alla mia sinistra.
Un senso di gelosia mi colpisce in pieno ma tento di sopprimerlo e, sforzandomi di mostrarmi cordiale ed ospitale, mi alzo, andandole incontro «Ehm, ciao» allungo una mano, sfoderando un sorriso finto come una banconota del monopoli «Sana, piacere di conoscerti»
Lei mi guarda, scrutandomi dall’alto in basso,  e solo dopo svariati secondi si decide a stringermi la mano «Io sono Ukyo» mi sorride, ma non è un sorriso sincero, tutt’altro, oserei dire che è quasi provocatorio «La fidanzata di Aki-chan»
E il mondo intorno a me crolla.

 
   
 
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