Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Azaliv87    24/11/2018    3 recensioni
E se Jon avesse la possibilità di riportare in vita una persona importante? E scoprisse di non essere ciò che era? E se anche Dany avesse questa possibilità? Questa è la domanda che mi sono posta, e da quest'idea mi è venuta in mente la storia che vi narrerò. Parto a raccontare le vicende dalla fine della sesta serie televisiva, grosso modo, quindi (avviso chi non ha visto questa stagione) potete trovare degli spoiler. Per il resto è tutta una mia invenzione. Dopo essermi immersa nel mondo di Martin ed essermi affezionata ai suoi personaggi con Tales of Wolf and Dragon, ho deciso di cimentarmi in questo What if e vedere fino a che punto può spingersi la mia fantasia.
Per chi avesse già letto l'altra mia ff, ritroverà conseguenze, personaggi e riferimenti alla prima storia.
Buona lettura e non vi preoccupate se ogni tanto rallento la pubblicazione, non sono mai bloccata, ma ho periodi in cui devo riordinare le idee e correggere ciò che ho già scritto prima di aggiornare!!
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lyanna Stark si era alzata da quel letto improvvisato prima del tramonto. Aveva indossato il mantello, superato la guardia incessante di suo fratello minore, e quanto aveva incrociato le sue nipoti, ancora vistosamente preoccupate per le sue condizioni, aveva riferito loro l’estrema necessità di alzansi da quel letto, se voleva digerire quella quantità di cibo che l’avevano costretta a mangiare. Jon aveva provato a convincerla a fare solo una passeggiata fuori, ma sua madre non era una donna facile da convincere. Ormai lo aveva capito da tempo.
-Ziry kivio dārilaros issa, se zȳhon suvio perzō vāedar issa. – gli stava spiegando Viserys, prima di spostare lo sguardo verso di lei. Jon aveva guardato nella sua stessa direzione e l’aveva vista. Aveva interrotto bruscamente la sua seconda lezione di Valyriano della giornata, scusandosi col principe e l’aveva raggiunta trafelato.
-Mamma… - aveva ansimato – Dovresti restare a letto. – l’aveva guardata severo.
-Si sta a letto nelle ore notturne. È ancora giorno, e ci sono tante cose da fare. Non voglio restare a guardare gli altri lavorare, mentre i miei ordini sono quelli di rimpinzarmi di cibo. – Jon aveva emesso un profondo sospiro e controvoglia si era messo a ridere.
-Sei incorreggibile. – si era avvicinato a lei appoggiando la fronte contro quella della donna – Ti faccio compagnia. Aspetta solo che avviso Viserys… - le stava dicendo, ma lei lo interruppe all’istante.
-Resta con loro! A me non serve una balia. – l’aveva guardato seria e risoluta. Lui aveva mostrato un cipiglio sul volto, contrariato soprattutto dal fatto che lo stesse rimproverando poco lontano dal principe, minando alla sua autorità anche di fronte a tutta la sua gente. C’erano bruti, gente del nord, perfino uomini della regina. Chiunque li stesse guardando in quel momento avrebbe indubbiamente sospettato che lei stava contestando un suo ordine. Il suo titolo, il loro rispetto, bastava un nulla per incrinare la fiducia del suo popolo e sua madre non sembrava minimamente preoccupata di esserne la causa. Ne aveva preso atto quella sera sugli scalini che davano alle porte di Winterfell… a dire la verità era stato il principe Viserys a renderlo cosciente della sua debolezza di fronte alle lacrime di sua madre. Nemmeno si era accorto degli sguardi di quella gente su di loro, fintanto che lui non era arrivato e, rimproverando sua madre, lo aveva messo nero su bianco.
Ma la cosa che riteneva peggiore, era che ignorava in tutto il suo significato, la ragione che la spingeva a provare a numerose ore contro la sua volontà, eppure Jon sentiva che sotto sotto non era solo quello ad innervosirla.
Al principio non ci aveva dato peso, ma infine ne aveva dovuto prendere coscienza. Ogni volta che lui trascorreva del tempo con i draghi e con i loro signori, lei diventata suscettibile e scontrosa. Era più o meno lo stesso comportamento che le aveva visto tenere in presenza di Viserys. Non gli era chiaro questo suo cambio d’umore, comprendeva il risentimento che uno Stark poteva avere verso un Targaryen, visto gli esiti avvenuti a King’s Landing coi suoi famigliari, ma sua madre pareva avere un conto in sospeso maggiormente con Viserys, tenendo Daenerys invece in un limbo, come se dovesse ancora decidere se di lei poteva o meno fidarsi. Jon cominciava a sospettare quindi che qualcosa potesse essere avvenuto durante la missione nelle terre occidentali del nord. Qualcosa di cui nessuno dei due sembrava volerne parlare, come un segreto da custodire, da proteggere… Jon si ripromise di far chiamare lady Brienne nel suo studio e chiedere a lei, una volta fatto ritorno a Winterfell; la guerriera non poteva mentirgli, aveva messo la sua spada al servizio delle figlie di Lady Catelyn, ma aveva anche giurato fedeltà al Re del Nord. Qualsiasi cosa sua madre stesse cercando di nascondere, lei poteva saperla, e lui doveva scoprirla.
Una strana sensazione lo stava torturando da tempo: un dubbio… un sospetto…  ma forse era meglio chiamarlo in un’altra maniera: angoscia… terrore… dolore. “E se mia madre avesse cominciato a provare dei sentimenti anche per questo Principe Drago?” No, l’idea che lei potesse innamorarsi ancora non aveva senso… o forse sì?
Sarebbe anche potuto essere felice per lei; dopotutto ogni persona si meritava un po’ di serenità, ma c’era qualcosa che non gli tornava; un sentore profondo che nasceva nel suo intimo, immaginando e concretizzando nella mente la concezione di loro due assieme. “No, ti prego. Non lui, madre!” Aveva riflettuto sull’ipotetica idea che lei potesse trovare conforto in un altro uomo, magari uno del nord… poteva anche starci. Un bruto? Magari anche no. Un cavaliere della Valle? Probabilmente troppo ligi al loro dovere per riuscire a domare un lupo… si sarebbe annoiata. Aveva addirittura provato ad immaginarsi sua madre al fianco di un dothraki, ma subitaneamente aveva anche convenuto che prima che un uomo così le potesse mettere le mani addosso, Lungo Artiglio sarebbe sbucata dal suo petto… Strano… quel pensiero lo stuzzicava con ogni uomo che gli passava per la mente. Nessuno era al livello di sua madre, lui lo sentiva. Nessuno, men che meno Viserys.
Inoltre non poteva dimenticare che era stato, o lo era tutt’ora, l’amante della regina Daenerys. Ecco un’altra questione da accertarsi. Non che la cosa lo riguardasse, certo… “o lo riguardava?” Ponderò ogni alternativa che lo vedeva cosciente del vero rapporto tra i due fratelli Targaryen. “Sono il Re del Nord si ripeteva sono un loro alleato. Devo conoscere ogni attinenza dei miei cobelligeranti, come loro devono sapere le mie… è una questione politica, è una ragione più che sufficiente. E poi sono sulle mie terre, ed io esigo…” ma ogni sua convinzione terminava nel momento in cui rammentava quegli occhi viola brillante che lo osservavano da lontano. “Sono uno sciocco. Uno sciocco moralista e uno sciocco sentimentale. Se voglio essere il re di questa gente, devo mettere da parte ogni debolezza.” Si obbligava quindi ad incatenare nell’oscurità quei pensieri velocemente, optando al fatto che, se anche lo avesse saputo, non gli avrebbe giovato a nulla… se non al risveglio di un dolore e di una sofferenza che lui stesso impediva di uscire. Jon ormai le aveva detto addio; lei era quindi libera di frequentare chi voleva, ed il principe sembrava forse la persona più adatta. La loro unione, avrebbe mantenuto salda la stirpe reale Targaryen, intonsa da altri geni. Avrebbero continuato ad essere draghi purosangue, senza alcun genere di sangue misto… poi rammentò quello che la regina dei draghi gli aveva svelato. “Non posso generare altri eredi.” Gli aveva sussurrato in un momento in cui aveva abbassato ogni difesa “E’ per questo che ho scelto Viserys come mio successore. Io non posso far altro, se non liberare il regno da soprusi e ingiustizie, ma lascio a lui la scelta di continuare la stirpe, dato che le mie possibilità terminano qui.” E Jon non aveva potuto che annuire, comprendendo quanto sofferenza per lei questo volesse dire. E ripensava a sua madre, sola, in quella torre sperduta nel deserto. Alla sua ultima sfida, darlo alla luce, sapendo che tutto era ormai finito, che lui sarebbe stato l’ultimo della sua stirpe… e prendendo coscienza che non avrebbe potuto adempiere a tutte le altre incombenze che una madre dovrebbe portare a termine. E in quel momento aveva pensato che sua madre esattamente come Daenerys, aveva avuto coraggio nel persistere in quella sua convinzione, pur sapendo di non poter terminare il lavoro cominciato. La madre dei draghi passava il testimone al fratello… sua madre aveva fatto uguale. Tutto restava nelle mani del loro stesso sangue, ma quanto sacrificio era stato consumato prima?
“Se Viserys scegliesse mia madre come compagna, le nostre casate potrebbero ottenere un’alleanza salda e duratura.” Riflettè coi pensieri di un re, ma il figlio emerse dalla sua tana”Ma dopo quello che ha passato, mia madre potrebbe ancora mettere al mondo un altro figlio?” Esattamente come Daenerys anche lei aveva sofferto la sua ultima gravidanza, e nessuno ora come ora avrebbe potuto considerare che sarebbe riuscita a portare in grembo un secondo drago… “Possibile che Viserys questo non l’abbia tenuto in conto?” eppure da quanto aveva capito quell’uomo era un astuto stratega, mai avrebbe preso decisioni incerte o non ponderate e questa tuttavia appariva tra queste. “Perché Daenerys non lo scoraggia in questa sua scelta?” Valutò anche l’astinenza della regina in questo suo avvicinamento verso la lady del nord. Ma alla fine non ebbe risposte, e non ne trovò, forse perché non le voleva nemmeno davvero cercare.
Sentiva di avere ancora la lama di un pugnale conficcata nella carne del torace e il suo bruciare freddo rigirarsi nel petto, mentre sangue caldo gli fuoriusciva imbrattando la pettorina… rivedeva anche le nuvolette leggere di fumo quando il calore del suo corpo entrava in contatto con la fredda aria della notte… erano immagini che lo tormentavano durante il sonno o nei momenti di solitudine del giorno; ogni volta che pensava alle sue origini e ogni volta che pensava a lei.
 
La frase che gli aveva rivolto sua madre però gli aveva acceso un piccolo fiammifero nella mente. Le sue parole non sembravano essere state pronunciate con banale superficialità, ma una meticolosità ben indirizzata. Quando lei aveva detto quel vocabolo, Jon aveva scorto nei suoi occhi un luccichio sinistro. “Non ho bisogno di una balia…” Già, la balia… Wylla, era il suo nome, se non ricordava male. Era chiaro che quella frase l’aveva detta per sfogare in qualche modo un risentimento antico, o più probabilmente per ferire se stessa; per accusarsi di essere stata una madre manchevole e inadatta. Cosa che lui non aveva mai considerato.
Dalla sua reazione alla notizia uscita dalla bocca di Edric Dayne quella sera, sua madre non sembrava più se stessa. Come se avesse in qualche modo difficoltà ad accettare quel fatto. Jon non era ancora riuscito a comprendere cosa significasse quella donna per Lyanna Stark, o se fosse solamente l’idea che lei, in quanto madre, si sentiva fallita, non avendo potuto provvedere alle prime esigenze di un figlio, come se lei in qualche maniera si fosse sentita sostituita da quella sconosciuta.
In realtà per lui quelle erano tutte sciocchezze. Jon non aveva ricordi di questa Wylla. Sapeva che aveva avuto una balia solamente perché dava per scontato che Lady Catelyn si fosse rifiutata di provvedere a lui, come del resto aveva sempre fatto anche negli anni successivi. Non era mai stata una donna amorevole nei suoi confronti. Ora comprendeva che in quanto infante, aveva obbligatoriamente costretto Ned Stark a far arrivare una nutrice per sfamarlo; che fosse stata una donna del nord, del sud o delle Terre dei Fiumi, Jon non aveva desiderio saperlo. Lui aveva sempre creduto che fosse stata sua madre a provvedere a lui e che in un secondo momento lo avesse affidato alle cure del padre, impossibilitata a proseguire ancora nel suo ruolo… Ebbe un rigurgito di bile al pensiero di quanto fosse lontano dalla verità a quei tempi, ma ora aveva una certezza: l’unica persona che aveva potuto chiamare madre era solo Lyanna Stark. Anche se l’aveva conosciuta da pochi mesi, aveva trovato in lei la figura da sempre ricercata. Lei si era premurata di dargli affetto e sostegno fin dal quel primo momento che lui si era rivelato. Gli tornò alla mente la cucciolata di metalupi che avevano raccolto ormai tre anni addietro. Spettro era solo, in un angolo, abbandonato dalla stessa madre. Per anni lui si era sentito alla stessa maniera, ma ora era diverso. Quando Lyanna lo abbracciava, Jon si sentiva come uno di quei cuccioli della nidiata, smarriti e infreddoliti in cerca di calore, appallottolati tra le zampe inermi della madre, che con la sua carcassa ancora li proteggeva dai freddi climi del nord. Non era più il recluso, bensì ora apparteneva al branco.
Aveva goduto del torpore emanato da quel pensiero, per diversi mesi, solo ultimamente le cose parevano modificate… lei sembrava cambiata; e ricordava anche quando questo era avvenuto.
Tutto in lei era mutato, quanto Rhaegal lo aveva salvato da quell’estraneo. Il drago si era mosso eludendo ogni precedente comando, agendo inaspettatamente di sua iniziativa. Sia la regina che il principe erano rimasti perplessi e disorientati, e solo successivamente avevano reagito con stupore e convinta accettazione. Sua madre invece aveva eretto una barriera invalicabile, cercando di ignorare il fatto, e coinvolgendolo poco dopo in una gara a cavallo, quasi a voler accantonare una triste paura. Era come se lei temesse qualcosa, qualcosa che non gli aveva rivelato. Quella era il suo timore più grande. Jon temeva che ci fosse ancora tanto che lei non riusciva a dirgli, eventi dei quali lei ne era inspiegabilmente al corrente, ma che lui ignorava completamente.
Provò una scarica di rancore represso nell’anima, un incendio indomabile sovrastato da una bufera impenetrabile sembrava averlo posseduto. Era frustrante. Odiava quando qualcuno gli teneva dei segreti: ora più che mai, visto quanto accaduto recentemente. E ciò che detestava ancor di più era che fossero le persone che amava a mentirgli. Era vissuto nella menzogna per tutta la sua vita, le persone che credeva sincere, lo avevano solo riempito di bugie… ne comprendeva tutte le ragioni adesso, però non riusciva ad accettare la cosa con naturalezza e superficialità. Era stanco di frasi criptiche, di segreti celati e di identità false. Voleva chiarezza, voleva sicurezza, voleva luce: voleva la verità.
 
Guardò negli occhi di sua madre. Dietro al ghiaccio, una sofferenza infinita. Emise un sospiro e rinunciò a reagire a quella sua provocazione. Non era il momento adatto, forse mai lo sarebbe stato… Lei era stata male fisicamente e l’idea di vederla crollare anche mentalmente non lo allettava neanche alla lontana. Le avrebbe parlato uno dei prossimi giorni, le avrebbe fatto intendere che non poteva permettersi di dargli contro di fronte ai suoi uomini, o di sminuirlo e farlo sembrare un re fragile davanti al suo popolo… ma in quel momento, riuscì solo a prenderle la mano, attirarla a sé e stringerla in un abbraccio.
-Ti voglio bene, mamma. – non vi era traccia alcuna di rimprovero in quelle parole – Cominciamo quindi? – nemmeno i suoi occhi espressero indignazione, ma la guardarono con aria rassegnata e leggermente divertita.
 
 
 
 
 
C’erano situazioni che davvero non comprendeva, ma la scena che aveva di fronte ai suoi occhi era talmente ridicola che non si fece ulteriori domande. Mancava circa un’ora all’imbrunire. Il sole rifletteva ancora la sua luce nella neve ed illuminava in maniera spettrale il cortile esterno, dove poche ore prima sua zia era svenuta. Ora invece era lì in piedi sana come un pesce… un lupo a dire il vero, pensò Arya. Lyanna aveva nelle vene solo sangue Stark; non come lei che era per metà Tully.
Di fronte alla donna era seduto Jon. Le natiche appoggiate ad una roccia che a quanto pareva non doveva nemmeno essere poi tanto comoda, perché non faceva altro che cambiare posizione continuamente.
-Per tutti i corvi starnazzanti, Jon, vuoi provare a stare un po’ fermo? – disse infastidita la lady – I tuoi capelli sono più aggrovigliati di un mucchio di paglia! –
-Ahi, mi stai scuoiando vivo! – si lamentò il giovane, scansandosi dal suo braccio – Sei sicura di non avere sangue Bolton nelle vene, madre? – scosse la testa mostrando un’aria arcigna che si dissolse all’istante.  Suo cugino era mansueto come un agnellino quando si trattava di sua madre, ma manteneva una certa dignità, seppur il suo atteggiamento avesse un non so che di compostezza e rigidità.
-Ah, di questo puoi starne certo, tesoro. I mie avi erano Stark al cento per cento, con qualche goccia di sangue Flint, dal ramo materno. Nessun Bolton si unì mai in matrimonio con la casata principale dei lupi di Winterfell, non per un valido vincolo, diciamo che più semplicemente si evitò questo legame indissolubile… ora che ci penso non ho mai chiesto nemmeno a maestro Walys il vero motivo. – precisò facendo una smorfia contrariata. Zio Benjen stava passando di lì con Harwin e alcuni altri uomini di Grande Inverno per portare ceppi di legna al forte. Arya aveva notato crearsi un sorriso nelle sue labbra blu, chiaro segnale che aveva udito i loro discorsi e quasi certamente era pronto ad inserirsi.
-Hai rischiato grosso però, Jon! – si voltò a fissare suo nipote – Ti potevi trovare lord Roose come nonno! – ghignò sadico.
-Lo sai che sono armata, vero Ben? – Lyanna mostrò le forbici che teneva in una mano. Non aveva nemmeno alzato gli occhi verso suo fratello per impartirgli quella minaccia, continuando intenta nel suo lavoro. Arya sorrise nel vedere quello scambio di battute.
-Uhu, meglio che me la filo allora. Non voglio rischiare di trovarmi rapato come una pecora dopo la tosatura! – Ben aveva strizzato l’occhiolino a suo nipote – Auguri, Jon! – ed aveva ripreso la sua strada con la sua solita andatura veloce.
-A volte vorrei tanto tagliargli la lingua… – brontolò la donna, tagliando nettamente una grossa ciocca che il ragazzo si vide scivolare di fronte e cadere sulla neve.
-Invece ti ricordo che stai maneggiando i miei capelli… non lame d’acciaio! – reclamò lui risoluto.
-Prima con la barba sei stato più docile! – protestò lei guardandolo con sufficienza – Ora smettila di muoverti, se non vuoi che ti recida un orecchio! – sua zia non si lasciò affatto sopraffare. Era strepitosa come riusciva a tenere testa a tutti gli uomini che le si presentavano di fronte. Da un ranger dei guardiani della notte, ad un re del nord, ma qui andava sul facile perché erano suoi parenti. Ma la giovane lupa aveva notato anche come sua zia non veniva affatto intimorita da lord, guerrieri dothraki, immacolati o addirittura i due membri della famiglia Targaryen, che spesso incutevano negli altri riguardoso rispetto.
-L’orecchio di un lupo… - intonò Mance Rayder – …cadde con un tonfo muto… ma ebbi il pregio di cantarlo col mio liuto… prima di finire oltre il dirupo… - Arya scoppiò a ridere nel vedere l’espressione di suo cugino. Jon aveva voltato il capo per guardare il bruto di traverso, con aria minacciosa e inasprita. Piegò le labbra in un’espressione del tutto seccata e scioccò la lingua con fare contrariato. La cosa buffa fu che sua madre aveva avuto la medesima reazione, raccapricciata da quei versi improvvisati e irritata che l’uomo avesse osato deridere suo figlio con una composizione musicale. Arya si era divertita maggiormente per i loro grugni che per le assurde rime che aveva appena composto quel bardo improvvisato.
-A volte mi domando perché non gli vieti di disonorare quello strumento… – si lamentò sua madre, poi alzò la voce in modo che anche Mance la sentisse – Che per la cronaca è un’arpa, non un liuto, razza di caprone. –
-Perdono, mia rosa dell’inverno. – si scusò lui, usando il nomignolo che ormai molti avevano preso a chiamarla. Lei lo fulminò con lo sguardo. Non permetteva a quei molti di chiamarla così, ma loro ormai ci avevano fatto l’abitudine e Arya sentiva spesso usare il nomignolo lady rosa dell’inverno soprattutto tra le camerieri o gli inservienti del castello, per distinguerla da Sansa che chiamavano invece lady Stark o lady di Winterfell.
-Gli avrei già fatto tagliare entrambe le mani se non fosse un abile combattente. – cercò di giustificare il bruto – E solo quando impegna la bocca nel canto, evita di parlare. –
-Non so quale tra le due sia peggio. – affermò la donna.
-Oh, ti assicuro che invece io lo so! – le domandò alzando un sopracciglio seccato, ma non attese che sua madre gli rispondesse – Tra le due, preferisco la prima. –
Arya si dovette tenere la pancia, ridendo a crepapelle. Erano una lo specchio dell’altro; e guardarli assieme erano una visione appagante e spassosa. Riuscivano a rendere ironica anche una scena come quella, e la cosa più assurda era che non stavano nemmeno improvvisando una manifestazione da guitti. Erano invece seri e credevano fermamente in ciò che avevano detto. Arya si ritrovò costretta a voltare lo sguardo di lato per asciugarsi una lacrima dovuta dalle troppe risate e fu proprio in quel mentre che nel suo campo visivo apparve il principe Targaryen. Stava in piedi a braccia conserte appoggiando una spalla al muro della fortezza. Al suo fianco si era fermato Benjen Stark. quest’ultimo si abbassò solo per appoggiare una pila di rami che mantenne composti tenendoli tra le gambe, poi tornò in posizione eretta.
Arya aggrottò le sopracciglia incuriosita. Era stranissimo vederli parlare assieme; non si poteva certo dire che suo zio non fosse loquace, era uno che faceva presto amicizia con chiunque… ma dato i trascorsi del passato, né lei, né nessun altro si sarebbe aspettato che scambiasse nemmeno due parole con un Targaryen. Dopotutto era stato proprio re Aerys II ad uccidere il nonno e quell’unico zio che lei non aveva mai conosciuto… Eppure la stravaganza di quella scena, Arya non riusciva a convogliarla solo in zio Benjen, ma la direzionava soprattutto verso Viserys.
La giovane aveva avuto modo di incontrarlo per puro caso in quella raduna, e di imparare a conoscerlo nei giorni successivi, quando si era prefissato lo scopo di tenerla al sicuro. L’aveva protetta, tenuta nascosta e spacciata per la sua serva/amante, quando erano stati ospiti dei Frey. Era certa che lui sapesse anche più di quello che diceva, ma non le aveva mai posto domande; quando se n’erano andati da quel castello, aveva fatto strada al contingente del nord, allontanando così tutti, ma non l’aveva lasciata troppo indietro; l’aveva aspettata, con sorpresa Arya si era trovata ancora una volta con un tutore, esattamente come era avvenuto col mastino… ma questa volta al fianco aveva un uomo che celava solo il volto, mai i sentimenti. Con lei non aveva mai finto, o quanto meno aveva cercato di mostrarsi per la brava persona che era. Ecco perché anche durante il suo soggiorno a Harrenhal non aveva mai creduto a quelle assurde voci che lo volevano amante di sua sorella, la regina certo tra loro c’era davvero un bel rapporto che Arya aveva in qualche modo riconosciuto simile al legame che anche lei aveva con Jon… ecco, non sapeva come spiegarlo, eppure Viserys le aveva sempre trasmesso la stessa sensazione che prova affianco a Jon. E questo era il motivo per cui quell’uomo aveva ottenuto il suo pieno rispetto fin da subito. E seppur avesse una valida stima in lui, doveva però ammettere che non era una persona facile. Non era un uomo aperto, uno tanto propenso al dialogo, né a fare amicizia velocemente, tanto meno incline alla risata. Malgrado ciò, ora stava ridendo tranquillamente, probabilmente ad una battuta di suo zio Ben. La sua ragione le diceva di diffidare di quelle persone che celavano anche solo una parte di sé, ma il suo istinto le dicevano il contrario. A quale dei due devo credere?
 
 
 
 
 
-Deduco che sia un’eredità che ha preso interamente da voi. – Benjen Stark aveva rallentato l’andatura e, con un cenno del capo, aveva ordinato ai suoi amici di proseguire, fermandosi a pochi passi dal principe drago – Mia sorella non è mai stata avvezza a questo genere fissazioni. – il Targaryen era rimasto a fissare la scena da lontano, in silenzio, sentiva a stento il proprio respiro uscire… si rese conto solo in quell’istante di aver trattenuto il fiato. Arthur mi avrebbe dato dell’imbecille… quel pensiero sfuggì dal suo controllo e gli provocò una fitta al petto.
-Acuta osservazione, Primo Ranger. – aveva curvato appena le labbra perfette, nel tentativo di dimenticare il dolore e di accogliere invece solo i momenti migliori che quella seconda vita gli stava donando – Sono stato deriso a lungo per questa mia ossessione. – continuò, ben sapendo che l’avrebbe poi pagata… durante la notte, quando le stelle avrebbero brillato sopra la sua testa e rischiarato i lunghi capelli argentati.
Lo Stark aveva appoggiato la gerla di legna a terra. Era chiaramente intenzionato a fargli compagnia. A dire il vero non aveva alcuna voglia di intavolare una chiacchierata, ma non ebbe la forza per cacciarlo via.
-Deve essere meraviglioso scoprire nel proprio sangue una caratteristica che si è sempre riscontrati solo in se stessi… - rifletté pensieroso il ranger, mentre si rialzava col busto – Non qualcosa che si può vedere allo specchio, ma un banale tratto genetico che supera sia l’aspetto che l’indole della stessa stirpe. – Viserys si rabbuiò a quelle parole. Il passato non era un argomento facile da affrontare; la sua famiglia, i legami di sangue ancora meno.
-Parli come se avessi avuto dei figli… - provò a dire. Cambiò punto d’appoggio e lo guardò negli occhi.
-Li avrei voluti… forse. Non lo potrò mai sapere con esattezza… non era il primo pensiero con cui mi svegliavo la mattina, né l’ultimo con cui mi addormentavo la sera… - ammise – Avevo solo quattordici anni quando scelsi questa strada. – si indicò la pelliccia sulle spalle con un pollice.
Viserys soffiò fuori l’aria non sapendo che altro dire. E’ un’accettazione, oppure una punizione?
-Ho detto qualcosa che non va? – domandò Benjen accorgendosi del suo silenzio.
-Considerazioni mediocri e futili che mi hanno accompagnato per anni. Non mi aspetto che tu capisca… - aveva risposto lui secco, ma non aveva usato un tono di voce imperativo.
-Beh… posso solo immaginare che vi stiate riferendo a vostro padre. – Benjen aveva cominciato probabilmente a intuire ogni suo silenzio, interpretando i suoi pensieri, precedendo anche le sue risposte. Forse era allenato dal tempo trascorso con Jon – Insomma… non vorrei essere scortese, ma sicuramente non era un desiderabile modello di genitore. –
-Posso essere solo che d’accordo. – ammise funesto. Si rese conto presto che lo Stark si aspettava qualcosa di più – Per la mia intera esistenza ho nutrito la speranza di non commettere gli stessi suoi errori… - provò a dire. Nulla a togliere al suo vano tentativo, ma parlare col fratello della sua lady era diverso che conversare col suo Kepa. O col suo Lekia… Per quanto Benjen ci provasse, non avrebbe compreso per intero quanto gli stava per dire – A quell’epoca ero certo che niente di lui mi avesse mai nemmeno sfiorato. Mi ritenevo un uomo migliore, diverso … mi impegnavo ad esserlo… Ma, col senno di poi, non sono sicuro di essere riuscito nel mio intento… Di questi tempi ho solo compreso quanto mi sia illuso in quegli anni. – fissò un punto imprecisato tra la neve e un rametto di pino – Ho il suo sangue: sono esattamente come lui. – rialzò il capo abbattuto, ma non sconfitto – Ferisco le persone che dovrei invece proteggere. E ci sono momenti in cui addirittura credo di trarne pure piacere… Esattamente come gli vedevo fare a lui. – ci fu un lungo momento di silenzio. In parte lo aveva ricercato, ed era convinto di aver scoraggiato ogni sua più mera iniziativa.
-Stronzate, voi non siete affatto come lui! – quelle parole gli arrivarono come una lama in pieno petto. Gli parve incredibile, come se lì con lui ci fosse Arthur… L’espressione strafottente, il linguaggio scurrile, il tono di voce infastidito e contrariato, ma la convinzione di dire la verità, la trasparenza e la sincerità nello sguardo erano simili a quelle di Lyanna. Lo fissò stupito e le sue labbra si socchiusero appena, mentre il ranger lo scrutava dall’alto al basso – E non gli assomigliate per niente; né di aspetto, né tanto meno di carattere! Nessuno lo ha mai creduto! Vi adoravano a quei tempi, me lo ricordo bene, a prescindere dall’influenza che posso aver avuto grazie a mia sorella, o la mia conoscenza sul vostro segreto! – fece una breve pausa – Eravate venerato in tutti i Sette Regni come una salvezza, un unguento balsamico su una piaga… ecco cos’era vostro padre. –
-Non tutti la pensavano uguale… - disse amaramente il principe, tagliando corto – Dovevo evitare quella guerra, non avrei dovuto permettere che scoppiasse. Gli esiti sarebbero dovuti essere differenti… Dopotutto il male eravamo noi draghi se poi il regno è prosperato per ben quindici anni. –
-Ditemi che non state davvero considerando vere quelle assurde falsità raccontate da Robert! – lo guardò di sbieco – Nessuno ci ha mai creduto davvero! Stavano zitti forse, perché era lui il re; era lui che aveva fatto scrivere le memorie storiche della sua ribellione. La ribellione di Robert, viene ricordata, ma nessuno ha raccontato mai che quel bisonte puzzolente se n’è stato nascosto a Riverrun, quando mio padre e mio fratello erano andati alla capitale. E poi il nostro grande salvatore se n’è rimasto nascosto in un bordello, pur di sfuggire all’esercito di vostro padre che lo cercava per tutta Stoney Sept, aspettando che mio fratello arrivasse a liberarlo. Tutte quelle grandi parole, quei valori morali e quegli ideali pacifici… ci sputo sopra! – lo fece davvero, espettorò un globo di saliva a due passi da loro. Rhaegar non mostrò disturbo nemmeno per quello e lo lasciò continuare nel suo discorso – Dico solo una cosa: se ora siete giunto fino a qui, con tutti questi alleati… - anche se non aveva concluso la frase, Viserys lo interruppe ugualmente.
-Non è a me che hanno giurato fedeltà questa volta. – rispose con tono secco, ma equo. Indicò col mento sua sorella che stava seduta in disparte, con lord Tyrion e alcuni membri della sua guardia personale – Il merito è suo. Lei è riuscita risvegliare i draghi dalla roccia. Lei si è impadronita di un esercito. Lei ha ottenuto degli alleati e ha riunificato i Sette Regni. Il mio è stato un lavoro di poco conto. – raccolse le braccia al petto, incrociandole tra loro – Se poniamo a confronto i nostri due operati, lei ha compiuto molto più di in questi ultimi vent’anni, di quanto abbia fatto io nello stesso tempo. –
-Potrei anche darvi ragione… Però non posso pensare che quando è sbarcata sul nostro continente si possa essere sentita a casa sua. Ricordo il primo giorno, quando entrai a Black Castel… mi sentivo spaesato, confuso e per nulla in pace con me stesso… Sì, lo ammetto avevo appena subito tutti quei lutti in famiglia, ma ciò che voglio dire… avevo solo che cambiato castello, non certo continente. E solo dopo diverso tempo ho imparato ad accettare questo cambiamento. Per cui non posso pensare che una ragazza così giovane quando ha messo piede sulla sabbia dorata dorniana, possa essersi sentita a casa propria, sicura e soddisfatta. Non ha nemmeno sedici anni… e a quell’età se non hai una famiglia che ti sostiene per le spalle, non puoi sentirti protetto. – si zittì. Viserys ne assorbì tutta la verità che stava dietro a quella confessione – A differenza di mia sorella che quando scese a Dorne, aveva voi al suo fianco, vostra sorella invece era sola. Si sarà sentita perduta, impaurita…  Era un’estranea in una terra dove invece sarebbe dovuta cresce rispettata e stimata. In qualche maniera ha trovato il modo per farvi tornare e, da quanto ho capito, non mi sembra abbia poi tanto tergiversato. I tempi sono troppo stretti per pensare che abbia ponderato a lungo sulla persona da riportare alla vita. Non certo suo padre, non sua madre… nemmeno il fratello che aveva avuto con sé nell’esilio. Mi domando la ragione, ma qualcosa mi dice che non lo riteneva degno. Ha scelto voi, l’altro fratello, quello che non aveva nemmeno mai conosciuto. E voi l’avete aiutata, guidata, sostenuta. E da quel poco che vi conosco, non mi stupirei che abbiate evitato, con tutte le vostre forze, inutili spargimenti di sangue, quando i suoi occhi hanno puntato verso il Nord… Da quanto mi ha raccontato Sam, gli arrivavano spesso lettere dalla Cittadella e parlavano della vostra conquista. Sembrava quasi che vi bastasse sorvolare un territorio per averlo già annesso al vostro regno… Conoscendo mio nipote dubito che sia per timore che la gente vi seguisse, più che altro per la vostra attinenza alle doti oratorie. Ma una volta giunti qui le cose si sono inasprite: all’inizio vostra sorella era molto scettica e diffidava del Re del Nord – gli lanciò un’occhiata ammiccante – Avevate capito al primo sguardo chi era davvero Jon… Per questo lo avete appoggiato sempre. Gli avete insegnato a cavalcare un drago, a credere in se stesso, a conoscere quella parte di sé che noi lupi non potevamo dargli. E vi devo ringraziare: questa volta avete addirittura riportato a casa mia sorella, sana e salva. – sorrise amaramente. Viserys inspirò a pieni polmoni.
-E’ mio compito provvedere a lei. – disse solamente, così lo Stark continuò.
-Jon è mio nipote, ma è anche vostro figlio… – precisò, usando un tono di voce come a volergli far intendere qualcosa, che doveva già essere considerato ovvio.
-Mio figlio… Certo che lo è… ma cosa posso offrirgli ad un figlio che è già adulto e sa già alzarsi con le sue stesse gambe? – si espresse triste – Cosa sa mio figlio di me? – Benjen stava per rispondere, ma qualcosa lo trattenne, tenendo la bocca semiaperta indeciso. Viserys allora proseguì ignorando ogni sua effimera iniziativa – Non è mia prerogativa giudicare nessuno. Per quanto inesatti siano i suoi pensieri sul mio conto, ritengo non sia colpa di chi lo ha cresciuto. – abbassò il capo rassegnato – Per lui sono il codardo che si è nascosto ai confini meridionali dei Sette Regni, abbandonando al proprio destino la sua stessa famiglia. Sono il mancato re che ha acceso la miccia di una  guerra sanguinaria coinvolgendo tutti i popoli che in realtà avrei dovuto proteggere. E sono un sequestratore, un  violento, uno stupratore e perfino un assassino! – chiuse gli occhi, impossibilitato a tenerli ancora aperti per il rimorso di essere conscio di ciò, la voce intrisa di rabbia. Ne seguì un lungo momento di silenzio – Non lo biasimo, se non ha alcun interesse a comprendere le ragioni che mi hanno spinto a tutto questo… né posso disapprovare il suo non voler conoscere l’uomo da cui ha ereditato il sangue… La fortuna ha voluto che abbia preso tanto da voi Stark; questo gli permetterà di valutare meglio ogni azione, prima di prendere una decisione, e gli eviterà di commettere i miei stessi sbagli. –
-Ne dubito fortemente. – rispose convinto l’altro – Voi avete avuto modo di conoscere mia sorella, e già questo mi fa dubitare fortemente sulle vostre parole… - lo guardò in cagnesco per alcuni secondi – E’ evidente che non avete vissuto abbastanza con lei, e certamente non avete conosciuto mio fratello Brandon… Loro di certo non riflettevano prima di agire. E nemmeno io se era per questo. Non siamo gente che ama avere padroni. – Viserys convenne con lui, ma rifletté anche che per sua fortuna, Jon aveva infatti vissuto con Ned Stark, l’unico lupo che venne ricordato come mansueto – Ciò che avete detto sul vostro conto è indubbiamente quanto Jon ha saputo nel corso degli anni – Benjen lo fissava austero – Non so quali siano però i veri pensieri di mio nipote, né se abbia mai avuto un’opinione diversa o se l’abbia cambiata ora, ma so di certo che aveva una certa ammirazione per il Giovane Drago. Ricordo di averlo personalmente scoraggiato per evitare che a quella stessa età si mettesse nei guai… Ovviamente non mi ha ascoltato, perché poco dopo ha deciso di entrare tra i Guardiani della Notte. Ora che sapete questo, considerate ancora il sangue di lupo così poco influente? – sorrise furbamente, Viserys scosse il capo e provò dentro l’accendersi di un lumino, una piccola fiaccola di calore per il fatto che suo figlio avesse in qualche modo venerato la storia dei draghi, ma subitaneamente si sentì in colpa. “Gli racconterò delle gesta degli Stark e amerà Brandon il Costruttore, più di Aegon il Conquistatore!” I desideri di Lyanna parevano non essere stati soddisfatti.
-Ciononostante permettetemi di darvi un consiglio: infischiatevene di quello che può aver pensato o che può o potrà pensare. Mostrategli invece l’uomo che siete davvero. Riprendetevi ciò che vi è stato sottratto e riaccreditate il vostro nome, se non altro ai suoi occhi. – Viserys alzò il capo e lo guardò dapprima sorpreso, poi conscio di una convinzione.
-Voi lupi proprio non vi arrendete mai. – sorrise scuotendo il capo.
-Per quanto vi siate abituato a mia sorella, non sapete cosa sia un vero branco. E se pensate che lei sia l’unica ad avere un caratterino tenace, allora vi sbagliate di grosso! – gli sorrise cordiale – Il sangue selvaggio e indomabile discende dalla stirpe di nostra madre, e seppur quelli che lo mostravano maggiormente fossero Brandon e Lyanna, neppure io e Ned ne eravamo tanto immuni, anche se era meno facile individuarlo in noi. –
-Sì… Lyanna me ne aveva parlato. – abbassò il capo solo per un istante, poi voltò completamente l’intero suo corpo verso di lui e gli mise una mano sulla spalla – Temo di averti sottovalutato quella sera in cui abbiamo parlato per la prima volta a Harrenhal. – cominciò il principe. Benjen tornò serio – …Ti avevo offerto un posto nella guardia reale, considerando solamente il tuo coraggio e il tuo valore, ma avrei fatto meglio a valutare invece la tua arguzia e sagacia, e metterti nel mio consiglio ristretto. –
-Io, un consigliere? – strabuzzò gli occhi – Lyanna vi avrebbe preso in giro a vita, se lo aveste anche solo considerato. – rise di gusto l’altro.
-Credo invece che ne sarebbe stata orgogliosa. – Ben dopo un primo momento di imbarazzo, gonfiò il petto fiero.
-Meglio far scendere me alla capitale, piuttosto che Brandon… Poteva pure essere adatto a diventare Primo Cavaliere del re, come diceva sempre mio padre, ma ho idea che vi sareste trovati nel giro di un anno con troppe piccole Snow che sgambettavano per la sala del trono… -
-Ogni piccola principessa sarebbe stata accolta nel mio palazzo indistintamente dalle sue origini. – Viserys si espresse tranquillo, Ben ghignò.
-A vostro rischio e pericolo! Avrebbero avuto il carattere colorito di Lyanna… – lasciò intendere – Non avreste avuto vita facile! Con Jon, contrariamente, vi è andata di lusso! – e si mise a braccia conserte, facendogli cenno di guardare verso il cortile. Entrambi portarono per l’ultima volta lo sguardo sulla coppia al centro. Jon stava spostando la testa di lato e Lyanna ancora protestava.
-Stai fermo, altrimenti ti incateno! – lo minacciò drastica. Videro il ragazzo fermarle il polso.
-No! – urlò, poi sembrò pentirsene e usò un tono meno autoritario – Per favore madre, basta così… sono apposto, ora. – l’espressione che aveva fatto, dava la stessa idea di un uomo sconfitto in una battaglia.
-Oh, avanti Jon, non fare lo scorbutico, ti ho solo che tagliato qualche ciuffo… Non ti ho mica sminuito della tua virilità! – quell’affermazione diede al giovane il colpo di grazia. Lo videro diventare rosso come un pomodoro, alzarsi in piedi e allontanarsi di fretta da lì – Suvvia, Jon, che mai avrò detto? – rise la donna, riprendendo in mano tutti i suoi attrezzi e voltandosi a fissare i presenti. L’intero cortile era scoppiato a ridere, assistendo a quella scena. Lyanna lanciò un’occhiataccia furente agli uomini attorno – Se osate ridere ancora di mio figlio, continuerete le vostre mansioni senza abiti addosso così vi si gelerà l’uccello! –
Benjen alzò le sopracciglia e gli fece uno sguardo d’intesa.
-Che vi avevo detto? –
 
 
 
 
 
Mangiarono riuniti davanti al grande camino nella sala più grande. Gli Stark erano seduti vicini e Benjen ne approfittava per tenere accesa la serata con battute e scherzi, quasi sempre rivolti a Lyanna.
-Quindi quanti uomini si sono spogliati per te, Lya? –
Voleva evitare che sprofondasse nel baratro della malinconia. Aveva capito che anche il principe se n’era accorto e a suo modo cercava di aiutarla. Per ordine di Bran doveva starle ancora lontano, ma Ben aveva trovato uno stratagemma almeno per farlo avvicinare a sua sorella, eludendo eventuali rimproveri dal Corvo con Tre Occhi, evitando l’irritabilità di Lady Stark e cercando anche di sedare al minimo ogni sospetto di Jon. Eppure, sebbene molte carte ora fossero anche a suo favore, il principe Drago sembrava restio ad avvicinarla; lo aveva in pratica dovuto costringere ad entrare nelle sue stanze quasi di forza.
-Consegnale questo. – Viserys si era avvicinato alla porta della camera, dove Lyanna giaceva e aveva attirato la sua attenzione silenziosamente, per non essere notato né dalla donna, né dal ragazzo. Ben era uscito in corridoio e aveva guardato il sacchetto che gli stava porgendo. Aveva poi rispostato lo sguardo sulla sua maschera.
-Glielo darete voi.  – non gli permise di contestarlo – Non appena Jon se ne andrà, vi farò entrare. Promesso. –
Aveva compreso che dietro a questa sua finta indifferenza, in realtà si celava una grande preoccupazione che non poteva trascurare. Benjen sapeva che era Brandon il motivo che costringeva Rhaegar a continuare ad indossare la maschera di Viserys, non gli servivano altre certezze. Bran sapeva la sua identità e lo stava limitando nelle azioni, ma era pur sempre un ragazzo, un ragazzo cresciuto durante un viaggio, non poteva comprendere il desiderio di un uomo di stare accanto a suo figlio, né la voglia di un amante di fare una carezza alla donna che amava.
Lo esprimeva dagli sguardi che lanciava a Lyanna e a Jon in ogni momento, come un padre e un compagno che rimaneva costantemente a tutelare sulla sua famiglia. Lo si palesava dall’apprensione che provava, quando uno dei due stava male od era ferito, o in pericolo di vita. Ma Ben aveva anche letto nei suoi gesti, all’apparenza freddi o distaccati nei loro confronti, un profondo sentimento. Lui cercava di proteggere ciò che di più caro al mondo gli restava, ma era costretto a farlo da lontano, e questo non faceva altro che aumentare la sua convinzione di quanto bene volesse loro. Se fosse stato un uomo insensibile e negligente, li avrebbe lasciati al suo destino, facendosi un baffo di ciò che davvero provavano, esigevano o pativano. Invece lui era sempre presente, quando non poteva fisicamente, col cuore era vicino ad entrambi.
Sperò che prima o dopo arrivasse il momento in cui Jon avrebbe finalmente potuto riabbracciare anche l’uomo che l’aveva messo al mondo e poter finalmente chiamare padre la persona giusta.
 
Sua sorella Lyanna quella sera sembrava rinata. Chissà che conteneva quel sacchettino che gli ha portato. Qualunque cosa racchiudesse, aveva svolto in lei una cura migliore di qualsiasi intruglio di Sam. Certamente quelle effusioni che gli aveva poi fatto sfiorandole il volto, erano state un incentivo maggiore…
-Sorellina, stasera sei così euforica che potresti ululare alla luna! –
-Piantala con queste tue velate allusioni, Ben. – gli colpì una spalla e gli fece un male cane. Era tornata forte e piena di carattere, esattamente come la ricordava. Decise di prendere di mira anche gli altri suoi nipoti. Voleva tornare a sentire le voci festose della famiglia dei lupi… quanto gli mancavano i bei tempi passati.
-Ricordi quando septa Cosce.di.pollo si prefissò lo scopo di insegnarti a cantare? –
-Sei stata istruita da una septa? – Sansa esordì incuriosita. Lyanna però schioccò la lingua.
-Niente di così eclatante, Sansa. Ebbe vita difficile con me. – si lamentò la donna.
-Quindi non sono stata l’unica pessima allieva! – trionfò Arya. Sansa si ricompose e guardò di traverso la sorella che stava gioendo di felicità.
-Se Lyanna canta, voglio vedere Arya danzare. – continuò Benjen. Sua nipote gli lanciò un’occhiataccia, ma poi lo fissò con aria furbesca.
-Nessun problema! – rise maligna – Ad Approdo del Re, mio padre mi ha fatto prendere delle lezioni di danza molto… particolari. Se volete vi posso mostrare qualche passo. – ed estrasse Ago. Lyanna applaudì.
-Siii, fammi vedere qualche altra tecnica dei Danzatori dell’Acqua! – gioì.
-Arya torna a sedere… avrai tempo per sguainare una spada. – la rabbonì Bran con aria grave.
La ragazza sbuffò contrariata e Lyanna le scompigliò i capelli.
-Domani ci mettiamo in un cantuccio e mi insegni tutto. – le sussurrò all’orecchio lanciandole uno sguardo complice che la ragazza ricambiò.
 
Come promesso Mance compose una ballata per il Re del Nord, includendo la scena in cui Rhageal lo aveva investito in quella nuvola di fumo. Fortunatamente non aveva visto anche l’atterraggio altrimenti sarebbe stata la sua fine. Evidentemente anche il principe Viserys e la regina Daenerys pensarono la stessa cosa, perché si guardarono, quando notarono che il bruto aveva posato la sua arpa e si era sgolato un boccale di birra tutto di un fiato. L’intera sala rise, Lyanna e Sansa però lo squadrarono per niente divertite.
-Ora vedete di suonare qualcosa di lento e cercate di accompagnare la mia voce. – disse perentoria la giovane lupa, alzandosi in piedi – Ho intenzione di riconoscere al re, mio cugino, il giusto omaggio che merita! – i suoi occhi turchesi incrociarono quelli grigio scuro di Jon. I due si scambiarono un sorriso molto dolce. Benjen fu convinto di vedere le guance di sua nipote arrossire.
 
Dark the stars and dark the moon,                                    Scure le stelle e scura la luna,
hush the night and the morning loon,                               Tace la notte e la sciocca mattina,
Tell the horses and beat on your drum,                             Dillo ai cavalli e batti sul tuo tamburo,
Gone their master, gone their son.                                    Sono andati via i loro padroni e via i loro figli,
 
Dark the oceans, dark the sky,                                          Bui gli oceani, buio il cielo
Hush the whales and the ocean tide,                                Tacciono le balene e la corrente dell'oceano,
Tell the salt marsh and beat ou your drum,                      Dillo alla palude salata e batti sul tuo tamburo,
Gone their master, gone their son.                                    Sono andati via i loro padroni e via i loro figli,
 
Dark to light and light to dark,                                          Buio alla luce e luce al buio,
Three black carriages, three white carts,                           Tre carrozze nere e tre carri bianchi,
What brings us together is what pulls usa part,                 Ciò che ci fa stare insieme è ciò che ci separa,
Gone our brother, gone our heart.                                      Sono andati via i nostri fratelli e via i nostri cuori.
 
Dark the oceans, dark the sky,                                           Bui gli oceani, buio il cielo
Hush the whales and the ocean tide,                                 Tacciono le balene e la corrente dell'oceano,
Tell the salt marsh and beat ou your drum,                       Dillo alla palude salata e batti sul tuo tamburo,
Gone their master, gone their son.                                     Sono andati via i loro padroni e via i loro figli.

 
La voce soave della fanciulla fece rimanere a bocca aperta tutti. Era dolce, leggiadra e aggraziata. Sansa era davvero un’ottima cantante e quando ebbe finito la sua breve composizione, la sala applaudì festosa. Per l’emozione le guance della ragazza tornarono rosse, quasi quanto i suoi capelli. Tornò in fretta al suo posto, ma Jon la prese per una mano, fermandola, mentre ancora gli altri battevano le mani.
-Grazie. Era bellissima, Sansa – le sorrise grato. La giovane non aprì più bocca per tutta la sera.
 
 
 
 
 
Mance aggiunse altra legna nel fuoco e decretò che fosse arrivato il momento per dormire. Ognuno si cercò un giaciglio comodo dove coricarsi. Arya si accucciò accanto a Bran, nella speranza che non la mettessero a dormire assieme alla sorella. Viserys e Daenerys si avvolsero nei loro mantelli, abbastanza lontani dal fuoco, per permettere a coloro che soffrivano maggiormente il freddo di stare più accostati al camino. Il principe abbracciò la giovane Targaryen che si accoccolò sul suo petto come una gattina, ma rimasero svegli ancora per diverso tempo sussurrandosi parole nell’antica lingua di Valyria. Quel suono appariva alle sue orecchie come un canto o una poesia. Jon non comprese il pieno senso dell’intero componimento, nessuna frase gli era famigliare, ma ogni tanto credeva di individuare una parola, un singolo vocabolo che riconosceva. “Nuhor prumio anogar” “mio cuore e sangue” tradusse quasi all’istante “ōños”luce”, “laes”occhi” e così via.
Provava a formulare nelle mente qualche annessione tra quei vocaboli, rammentando gli insegnamenti di Viserys. Non era certo di aver inteso il senso di ciò che lui le stava dicendo… provò solo un amaro senso di disagio e avvertì il cuore trafitto da mille schegge di ghiaccio, che al contatto con la calda carne si scioglievano bruciando come lava.
Era uno dei pochi ancora in piedi, aveva deciso di coricarsi per ultimo, accertandosi che nessun altro avesse bisogno di nulla. Fissava ogni singola persona che si sistemava a terra, cercando di capire se mancava qualcosa. Una coperta, altra legna per il camino, qualche mantello in più per le guardie. La sala era enorme durante il giorno, eppure la notte, riempita da tutti loro, pareva piccola e angusta. Individuò sua madre anche lei era in piedi, intenta a bere un’ultima sorsata di infuso alle erbe. Incredibilmente si era messa in testa che doveva impegnarsi ad ingurgitarne almeno tre tazze al giorno. Dall’odore non era nemmeno disgustoso: la menta e la liquirizia lo rendevano gradevole e fresco, il rosmarino ne smorzava un po’ quel gusto forte ed il biancospino nemmeno si notava. Ricordava ciò che era stato costretto a prendere lui, quando Sam faceva i suoi tentativi al Black Castel e non voleva che Maestro Aemon lo rimproverasse. Chissà cosa diamine ci metteva dentro!
-Hai già trovato un posto per dormire? – le domandò passandole le mani sulle braccia dolcemente.
-No, attendo che prima di sistemino gli altri. – disse la donna mettendogli una mano sopra ad una delle sue e voltandosi a guardarlo negli occhi.
-Ti andrebbe di dormire con me, stanotte? – fu un sussurro lieve, la voce era bassa quasi come se ne vergognasse. La donna strabuzzò lo guardo dapprima stranita.
-Non sei un po’ troppo cresciuto per desiderare di dormire ancora con tua madre? – gli scompigliò i capelli – Va bene, per stavolta mammina ti proteggerà dagli incubi e da Macumber! – solo alla sua espressione contrariata e atterrita, scoppiò a ridere, attirando involontariamente l’attenzione di coloro che ancora non si erano addormentati. Jon si sarebbe voluto scavare una fossa non appena si accorse che tra di essi vi erano pure i due signori dei draghi.
Abbassò gli occhi furiosi su sua madre, maledicendola e amandola assieme. Gli appoggiò la punta dell’indice sulla sua fronte, ammonendola con lo sguardo. Era notevolmente più bassa di lui. Jon si limitò a fissarla dalla sua altezza e a lasciarsi incantare dalla sua selvaggia bellezza. Coi capelli sciolti ben oltre le spalle e che tendevano a curvarsi sulle punte, la pelliccia di lupo bianco che avvolgeva il suo collo, la pelle olivastra e appena più arrossata sulle guance… Era ancora più bella di quanto si fosse mai immaginato… ma era visibile tuttavia la debolezza che internamente celava e questo lo innervosiva, oltre che angustiarlo enormemente. Eppure scorgeva in essa anche la sua forza ed il suo temperamento e non poteva che sentirsi fiero di condividere con lei lo stesso sangue. Quegli occhi argentati, parevano quasi brillare come ghiaccio allo stato puro.
-Potrei decidere di sfidarti con la spada domani. – la minacciò con dolcezza. Accarezzandole una gote.
-Prima devi battermi a cavallo. – lo punzecchiò lei di rimando, per niente intimorita. Gli fece uno sbuffo sulla fronte, usando due sole dita. La cosa buffa fu che fu costretta a mettersi in punta dei piedi per raggiungere la sua testa, allungando il braccio ben oltre la propria. Jon percepì il movimento della frangia, dove i sottili capelli scuri tendevano a coprirgli gli occhi.
-Dì la verità, vuoi che dorma con te, perché hai paura del buio? – lo derise sorniona.
-Affatto. – lui le afferrò il polso e la fece voltare, arrivando poi ad abbracciarla da dietro teneramente – Quello che aveva paura delle fiabe della Vecchia Nan era Robb, non io. Non lo dava a vedere, ma restava traumatizzato per giorni. Se avesse saputo che i giganti un giorno avrebbero varcato le porte di Winterfell, sarebbe sceso oltre l’Incollatura ben prima! – sorrise al pensiero, cercando di ricacciare indietro tutto il dolore che tornava. Camminando con lei, la diresse verso il giaciglio che aveva preparato pochi minuti prima. Lyanna si lasciò condurre arrendevole.
-Allora era proprio il figlio di Ned. Anche lui aveva gli incubi quando la Vecchia Nan ci raccontava del gigante dagli occhi blu. – rise allegramente – Mentre io e Ben ci sfidavamo a chi dovesse essere l’Ultimo Eroe che sconfiggeva i demoni di ghiaccio. – Jon fece un leggero sbuffo, per sorridere, ma ciò che provava quando si rivangava nel passato e soprattutto quando entravano in argomento Estranei, era difficile da digerire. Decise però di tergiversare su un altro discorso e le mostrò quindi il letto che aveva sistemato con paglia morbida e pellicce di lupo nell’angolo ovest della sala, abbastanza appartato rispetto alla calca di gente che cercava maggiore conforto vicino al fuoco del camino o il calore che proveniva dalle cucine.
-Ti può soddisfare il nostro giaciglio? –
-E lo vuoi veramente condividere con me questo angolo di paradiso? – lo guardò perplessa, voltando il capo verso di lui – Davvero non c’è nessun’altra donna con cui vorresti passare la notte? – Jon restò immobile a fissarla, cercando le parole per farle comprendere ciò che sentiva nel proprio animo, ma la sua determinazione lo precedette – Una delle cuoche magari… o perché no, una delle tue cugine? – sulla bocca della donna un sorrisetto malizioso.
-No… per carità! – rispose scioccato, qualcosa gli diceva che sua madre aveva frainteso il modo in cui aveva ringraziato Sansa. Sperò di sbagliarsi.
-Non ci sarebbe nulla di male! Lo sai che i miei genitori erano cugini di primo grado? Entrambi figli di due fratelli Stark. –
-Ne ero a conoscenza… Ero presente quando maestro Luwin ne parlò a Robb… - la sua voce però era malferma ed incerta – Ma non erano cresciuti qui a Winterfell, credendosi fratelli per due decenni. – spiegò al quel bellissimo volto che aveva di fronte agli occhi – Sì… insomma… con Arya potrei anche dormirci… intendo dormire dormire. Però ormai è cresciuta, e anche se la considero ancora mia sorella, mi farei un certo riguardo. – si umettò le labbra timidamente – Con Sansa le cose sarebbero completamente differenti. – Lyanna allargò gli occhi e si morse un labbro.
-Ah, non mi dire. – come pensava, lei aveva frainteso.
-Io e Sansa non siamo mai stati molto legati in passato… ora c’è rispetto e affetto, molto più di prima lo ammetto, ma non esiste tra di noi un rapporto… come dire? …intimo. L’ho vista che era bambina… sarebbe… immorale. – sentiva le guance avvampare dall’imbarazzo.
-Uhm… ho capito. Pur essendo rossa non è il tuo tipo. – semplificò lei con poche parole.
-Ma che centra? – domandò interdetto.
-Ti chiedo perdono, mi sono lasciata fuorviare dal rame nei suoi capelli. – chiarì in un secondo momento, mentre slacciava il mantello e lo posizionava per terra.
-Solo perché ho amato una rossa, non significa che cerco unicamente quel dettaglio in una donna. – sorrise timoroso, inginocchiandosi per lisciare le pellicce dove erano ancora stropicciate. Lyanna con un po’ di ritardo, si bloccò improvvisamente e arcuò le sopracciglia disturbata dalle sue parole.
-Mi stai forse confermando che hai già un’altra donna nel tuo cuore? – le sue labbra erano curvate in un sorriso accattivante, ma nei suoi occhi un lieve sentore di spavento – Chi è? La conosco? –
-Forse… - le fece un cenno d’intesa scherzoso, fingendo di stare al suo gioco – E’ bellissima… – la vide voltarsi e puntare gli occhi proprio nella direzione della regina dei draghi. Provò terrore e un brivido lungo la schiena nello stesso istante. Per evitare il disagio che si stava formando dentro, aggiunse in fretta – E’ testarda, agguerrita e mi batte sempre nelle gare di equitazione… - la vide allora tornare a fissarlo indispettita. Rifletteva per cercare di capire se la stava prendendo in giro, lui le sorrise e continuò – E questa notte voglio dormire con lei, ma sto ancora aspettando che risponda a questo mio invito. – a quella frase la vide comprendere e mise il broncio contrariata.
-Sei un… - cominciò lei piacevolmente irritata, ma lui divertito la interruppe, mettendole un dito sulle labbra.
-E questa incantevole bellezza, potrebbe ancora sentirsi male e io impazzirei di dolore, se dovesse riaccadere quando sono lontano. Ma se la tengo stretta al mio cuore, avrei la possibilità di tenerla al caldo. – lei aveva storto il naso in un primo momento, con un chiaro fastidio, ma poi si era sciolta alle sue parole.
-Oh, tesoro, detta così non posso che acconsentire. – si era inginocchiata accanto a lui e lo aveva abbracciato forte.
-Non ci è mai stato permesso… vorrei dormire con la mia mamma, anche se sono ormai grande. –
-Anch’io desidero dormire con te. – gli sussurrò all’orecchio – Come una madre, intendo. – si scansò per guardarlo seriamente, ma nei suoi occhi un pizzico di malizia – Però non voglio che per causa mia ti privi di altro… -
-Gli dei mi hanno privato di ciò che avevo più di bisogno per un sacco di tempo. Ora che ne ho la possibilità, voglio riprendermi tutto con gli interessi, senza che pensi male… – le appoggiò la fronte contro la sua per perdersi ancora in quello sguardo cristallino.
-Sei mio figlio. Hai tutto il diritto di pretendere un abbraccio o anche mille baci da me. – gliene diede due proprio sugli occhi. In un primo momento Jon stava quasi pensando di scansarsi, non abituato a quel genere di dimostrazioni d’affetto, soprattutto in pubblico, ma non appena gli giunse chiaro e forte il calore spontaneo di quel gesto, si lasciò andare completamente all’abbraccio di sua madre, sperando che lei non smettesse mai di baciarlo per tutta la notte. Aveva addirittura trattenuto il respiro e quando sentì di essere in carenza d’aria, fece un lungo sospiro, seguito ovviamente da uno spossante soffio. Non si aspettava che l’aria gli tornasse sulla faccia quasi subito e aprì gli occhi stupito. Ciò che vi trovò di fronte fu spiazzante. Senza rendersene conto, probabilmente, aveva abbassato il capo per permettere che sua madre arrivasse ad appoggiare le labbra sul suo volto facendo meno sforzo possibile. Poi lei lo aveva stretto a sé, e Jon si era abbassato ulteriormente, portando il suo volto praticamente poco sopra al petto di sua madre. Sentiva l’odore dolce e floreale della sua cute, la pelle liscia e morbida si muoveva ritmica al suo respiro. Era certo di sentire pure il battito del suo cuore: forte, deciso e temerario, quasi quanto il suo, ma ebbe la sgradevole sensazione che in lui mancasse qualcosa, qualcosa che invece in sua madre c’era…
In imbarazzo si staccò con gentilezza da lei e, guardandola di nuovo negli occhi, le donò un sorriso tenero, che lei ricambiò. Non pensò nemmeno per un attimo se qualcuno in quella sala li avesse visti, e decise che non gli interessava minimamente il giudizio degli altri.
Si era quindi coricato in quel cantuccio, abbastanza lontano dal fuoco, ma astutamente calcolato affinché almeno da un lato vi giungesse un lieve tepore.
Fece distendere sua madre, in quella direzione, così che avesse modo di mantenere la temperatura corporea invariata, tra il calore del fuoco e quello del proprio corpo. Jon aveva messo un braccio sotto il suo soprabito appositamente appallottolato per creare un cuscino, e aveva alzato il proprio mantello per farle spazio. Sua madre si era distesa accanto a lui, mettendo una delle mani sul suo petto, con iniziale timidezza, poi resasi conto del tepore che emanava, si era avvicinata ulteriormente e aveva affondato il capo sul suo collo. Jon aveva percepito la punta del naso fredda e istintivamente l’aveva stretta ancora di più contro di sé. Rimasero così per dei lunghi istanti. Era strano… l’ultima volta che ricordava essersi messo in una posizione simile era con Ygrette e certamente le sensazioni che aveva avuto all’epoca non erano le stesse di ora, ma stare lì disteso affianco a sua madre, in parte glielo ricordava. Dopo un primo momento di quiete la sentì muoversi bruscamente, fino che non trovò una posizione più comoda. Ripeté quei movimenti almeno un altro paio di volte, e lui rimase fermo a guardarla, in silenzio e sorridendole. Man mano il torpore che li circondava la stavano rendendo sempre più assonnata e quelle stesse movenze si rallentarono. Infine la vide alzarsi sulle braccia e gonfiare il cuscino improvvisato con entrambe le mani. Si voltò a cercare un suo braccio, lo tirò verso di lei, mettendolo lungo disteso sotto di sé. Vi appoggiò sopra la testa, tirò le coperte fino al collo di entrambi e si acciambellò rannicchiata, con la schiena contro il suo petto. La posizione che aveva assunto gli ricordò il modo in cui Spettro da cucciolo attingeva al calore del suo petto, quando nelle notti di temporale lo faceva dormire nel letto con lui.
La testa di sua madre era appena un po’ più bassa della sua. Poteva sentire il debole calore emanato dal suo corpo, il profumo di rose tra i suoi capelli e anche il calmo respiro che aveva. Si rese conto che lo rilassava e risvegliava in lui una remota memoria di un tempo talmente lontano che i ricordi vagavano senza una meta in un deserto mai conosciuto… Sorrise e le diede un bacio sulla nuca, prendendo ad accarezzarle i capelli. La sentì muovere la testa per spingersi ancora di più verso di lui, con dolcezza gli diede un bacio anche sul collo.
-Buona notte, mamma. – le sussurrò.
-Buona notte, mio cucciolo. – era emozionata quanto lui, perché le poteva sentire il cuore martellare nel petto allo stesso ritmo del suo – Non provare a chiedermi di cantarti la ninna-nanna, ma se vuoi posso raccontarti una fiaba. –
-Sono stanco di sentire canzoni  per oggi. – le disse lambendo il suo orecchio e continuando a tenere gli occhi chiusi – Ma una fiaba mi piacerebbe sentirla. –
-Si dice che un giorno un bel lupo dal manto scuro giunse ad un castello dalle mura bianche e le vette color lavanda. Le stelle gli avevano illuminato la strada ed ogni angolo di quel luogo. C’erano sentieri di sassolini candidi, tra cespugli di pervinche profumate. Le rose assumevano le varie tonalità dall’amaranto al lilla e quando giunse alla fine della sua strada, vide che di fronte si staglia un grande acero dalla corteccia bianca e dalle foglie rosse. C’erano dei pavoni bianchi e un’altalena… Ma era il canto di un usignolo a rendere quel paradiso ancora più bello… -
Ben presto la stanchezza però li colse, lasciando il racconto a metà. E i sogni bussarono alla porta di entrambi. Jon sognò quello stesso lupo della fiaba che, ferito, si accucciava solitario nella notte, convinto che presto sarebbe giunta la sua ora. Proprio come in quella favola le cose però cambiarono quando la luce della luna baciò il suo manto… sentiva calore in ogni dove, sentiva le fiamme e la neve attorno a sé sciogliersi improvvisamente, facendo spazio a lingue di fuoco che stranamente non bruciavano. Non rammentò quale fu il cambiamento, ma ricordò solo qualche rara immagine… era convinto di volare, era  convinto di cavalcare un drago, ma quando puntò gli occhi sotto di sé, vide solo il terreno e le foreste che correvano veloci. Provò allora a guardare alle sue spalle. Una lunga cresta dorsale bianca che terminava in una coda a tre punte dove la sua colorazione sfumava sul rosso porpora. Notò che le scaglie ai lati della schiena erano nere come il piumaggio di un corvo, ma alla luce del sole prendevano una gradazione madreperlata azzurra. Confuso portò la sua attenzione a destra e a sinistra. Al posto delle braccia aveva due ali possenti che sbattevano e viravano a seconda delle correnti del vento. Erano di un rosso acceso che sfumava verso l’azzurro nella parte centrale e sul finale invece sembravano mutare in un bianco argentato… Non stava cavalcando un drago… Lui era il drago. Assurdamente questa constatazione non lo spaventò affatto, anzi lo fece desiderare di volare ancora più forte e di raggiungere la luna in cielo superando ogni nube.
 
 
 
 
NdA:
 
Anche questa pagnotta è stata sfornata! Scusate ma ci ho messo di più del previsto perché la mia collaboratrice ha avuto da ridire col titolo e abbiamo dovuto quindi cercarne uno diverso… effettivamente era orrendo, lo ammetto!
Ma eccomi qui. Certo non siamo andati avanti molto con la trama in questo capitolo. Ci sono solo che attimi di quotidianità tra i personaggi. La cosa che ho preferito scrivere è stata Lyanna che tagliava i capelli a Jon, ma essendo un pov di Arya non l’ho potuto rendere nel suo complesso, ma lei sola sarebbe stata l’unica che avrebbe potuto accorgersi di suo zio Benjen che si era avvicinava a Viserys, e quindi spostare la visione di su loro. Tuttavia però una come Arya non può analizzare nel dettaglio un taglio di capelli come invece avrebbe potuto fare Sansa ( ad esempio in Tales avrei scelto Ashara! ). È vero che lei ha imparato a osservare presso la Casa del Bianco e del Nero, però non la vedo avvezza ad un genere di frivolezze come questa. Quindi magari ci butta un occhio, controlla ciò che sua zia fa a suo cugino, ma poi viene attratta da altro, qualcosa che attira maggiormente la sua attenzione, perché come le hanno insegnato, deve puntare lo sguardo su quello che meno si nota: in questo caso due uomini che parlano.
 
La scena successiva invece volevo mostrare un altro momento dolce, con Lyanna e Jon che dormono assieme. Ma prima di questa scena dovevo un po’ preparare la serata. Non ho idea se Sansa sappia o meno cantare, so di per certa che una qualche lady nella storia originale di Martin le ha insegnato a usare un po’ l’arpa alta, e che non se la cava, male, così mi sono immaginata che da perfetta lady qual è sappia anche intonare delle canzoni (certo sappiamo che cantava per Sandor nei primi capitoli, ma non siamo certi che sappia intonare bene la melodia… e l’opinione di Clegane non penso sia attendibile, dato che ne è invaghito!). Comunque sappiate che in questa mia ff lei sa cantare, benino, non benissimo, ma avrà modo di perfezionarsi.
Per ora è ancora una cantante acerba e alle prime armi, di solito intona solo canzoni che già conosce, come questa, che voglio sia intesa come una specie di inno del nord. Il vero titolo è Gone ed è cantata da Karliene. Se volete ascoltarla, ve la consiglio, così vi darà l’idea di stare proprio in questo caldo ambiente in cui sono anche i protagonisti di questa scena… oddio forse quindi farei meglio a mettere le note ad inizio capitolo, ma non posso perché spoilerei forse troppo! Va beh, fa niente. Se lo vorrete rileggere, col sottofondo sapete che musica mettere.
 
Detto questo, penso di avervi detto tutto… nel senso che effettivamente nemmeno io ho poi tanto da aggiungere, almeno non mi sembra, quindi aspetto vostre considerazioni. Voglio farvi sapere che questi momenti alla fortezza abbandonata avvengono in un arco di tempo breve, solo 3 giorni, ma se sono riuscita a creare ben 50 capitolo per una sola giornata in Tales, potete capire che questi 3 giorni saranno ben analizzati nel dettaglio. Tranquilli però non saranno 150 capitoli però, altrimenti la mia collaboratrici mi ammazzava se continuavo a parlare del Nord ancora per tutto questo tempo!
 
Buona lettura e buon proseguimento di serata, sempre onorata di avermi tra i miei lettori!
   
 
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