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Autore: Carme93    25/11/2018    1 recensioni
Avete presente Conan, il piccolo e geniale detective?
Avete presente il film Seventeen again con Zac Efron?
Avete mai immaginato che cosa potrebbe accadere se anche il grande Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, si ritrovasse un giorno a ritornare un ragazzino di dodici anni e calcare nuovamente i corridoi di Hogwarts in compagnia dei figli? E se questo li permettesse di conoscerli ancora meglio?
James e Albus sono pronti ad aiutare il padre a risolvere il nuovo caso e a farlo tornare adulto. Voi siete pronti a seguire le loro avventure?
(Storia ispirata proprio dal cartone e dal film sopracitati).
Genere: Fluff, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Harry Potter, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Arthur/Molly, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo otto
 
Harry sbadigliò per quella che doveva essere la millesima volta da quando si era alzato. Cioè da meno di mezz’ora. I suoi compagni di stanza l’avevano gentilmente svegliato in tempo, ma lui li aveva tranquillizzati e mandati avanti, riaddormentandosi beatamente. Quando si era risvegliato, accorgendosi che era tardi, aveva pensato di saltare direttamente le lezioni della mattina, ma poi la sua coscienza, con una voce terribilmente identica a quella di Hermione, gli aveva ricordato che la maggior parte dei professori non conosceva la sua vera identità, perciò avrebbero tolto parecchi punti a Grifondoro. Il che non era giusto. Sbuffando per l’ironia di quella situazione, bussò alla porta dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure ed entrò chiedendo frettolosamente scusa all’insegnante.
I Grifondoro e i Serpeverde, che seguivano la lezione, avevano gli occhi vitrei e un’aria annoiata.
«Signor Weasley, non so se alla sua vecchia scuola era tollerato arrivare in ritardo, ma qui non lo è» sibilò Oswald McBridge.
Harry, che nel frattempo si era seduto accanto a Elphias Doge in seconda fila, si voltò a fissarlo interrogativo: era necessario rivolgersi in modo tanto sgarbato a un ragazzino appena conosciuto? «Ho dormito male stanotte, professore, e ho avuto difficoltà ad alzarmi questa mattina». In realtà non aveva dormito quasi per nulla, ma, in fondo, era una mezza verità. Persino la McGranitt avrebbe ceduto a una scusa del genere, quanto meno la prima volta.
«Allora, forse, saresti dovuto andare in infermeria. Dieci punti in meno a Grifondoro».
Harry gli lanciò un’occhiataccia, pronto a rispondergli per le rime, ma Elphias, che probabilmente lo aveva intuito, gli tirò un calcio sotto il banco.
«Bastano Rose e Cassy a perdere punti in continuazione».
Harry s’imbronciò e non replicò.
«Spero che non ci siano altre interruzioni, signor Doge riprendi a leggere, per cortesia».
La classe, che si era momentaneamente rianimata fiutando un possibile battibecco tra il nuovo arrivato, Barney Weasley, e il professore, ripiombò nel precedente torpore. Decisamente McBridge era peggio di Rüf ed è tutto dire.
Elphias si schiarì la voce e prese a leggere: «L’incantesimo di disarmo è, perciò, il primo e basilare degli incantesimi di difesa…».
Naturalmente Harry non aveva bisogno di ascoltare quella roba, dopotutto l’Exsperlliamus era sempre stato, in un certo senso, il suo cavallo di battaglia. Per qualche minuto finse di seguire, limitandosi a fissare il manuale del compagno senza vederlo realmente: quella notte avrebbe dovuto perquisire un altro ufficio, ma quale? Rüf? Ma un fantasma aveva un ufficio? Quasi rise della sua stessa considerazione e s’impose di rimanere serio. Avrebbe potuto dare un’occhiata a quello del professor Jones, dopotutto James, per quanto potesse essere fantasioso, non era stupido; oppure quello di McBridge. In effetti il professore di Difesa contro le Arti Oscure era un buon sospettato. Colto da quel pensiero, alzò gli occhi per osservarlo meglio, ma nel farlo con la coda dell’occhio vide qualcosa volare davanti a sé. Allora si guardò intorno, tentando di comprendere che cosa stesse accadendo. Una pallina di carta volò davanti ai suoi occhi, ne seguì la traiettoria e vide che prendeva Albus in testa. Il ragazzino se la tolse con un gesto seccato della mano e mormorò qualcosa ad Alastor. Harry seguì il loro sguardo e nella fila accanto, in fondo, vide Jaiden Brooks sghignazzare. Lo fulminò con lo sguardo, mentre tirava una nuova pallina con una cerbottana Tiri Vispi Weasley. Arrabbiandosi strinse i pugni, incerto su come agire.
In quel momento Scorpius Malfoy si voltò seccato verso il compagno di Casa e gli sibilò qualcosa. Brooks gli consegnò la cerbottana, sorprendendolo e poi alzò la mano: «Professore, Malfoy tira pallina sporche di saliva a Potter».
Un silenzio totale accolse la sua affermazione, perfino Rose e Cassy, che non avevano smesso un secondo di chiacchierare a bassa voce inventando insulti, effettivamente originali, contro Gazza e la sua gatta, Mrs. Purr, tacquero.
«Signor Malfoy, venga qui» disse semplicemente McBridge prendendo una pergamena e iniziando a scriverci sopra.
«Non sono stato io, signore» si affrettò a dire Scorpius, senza muoversi dal suo posto.
«È stato Brooks, professore» intervenne Albus in soccorso dell’amico. Alastor annuì convintamente.
McBridge fece un gesto vago con la mano. «Sciocchezze, signor Potter, li conosco i tipi come i Malfoy. Vieni qui».
Harry si vergognò a sentire quelle parole: per anni aveva pensato allo stesso modo e qualche giorno prima, quando Albus gli aveva presentato Scorpius si era meravigliato della simpatia ed educazione del Serpeverde, sebbene avesse visto con i suoi occhi che Draco avesse abbassato la cresta in quegli anni.
Scorpius strinse i denti, ma obbedì.
«Ma signore…» tentò Albus.
«Basta così, signor Potter. Le ho già detto quanto trovo disdicevole che lei si accompagni con simili soggetti e avevo chiesto al professor Paciock di scrivere in merito a ciò ai suoi genitori, ma evidentemente non l’ha fatto» lo interruppe il professor McBridge, prima di rivolgersi a Scorpius porgendogli un pezzo di pergamena ripiegato. «Portalo al professor Lumacorno».
Scorpius non disse nulla e uscì dalla classe.
«Questa è un’ingiustizia!» sbottò Harry, sempre più arrabbiato dopo aver visto Brooks sghignazzare in fondo alla classe con i suoi stupidi amichetti.
«Doge, riprendi a leggere, per cortesia».
«Ce ne andiamo anche noi» esclamò Rose furiosa, alzandosi e recuperando il suo zaino.
«Signorine! Rimettetevi a sedere!» strillò McBridge vedendo che anche Cassy raccoglieva i suoi libri.
Le due lo ignorarono, sotto lo sguardo ammirato della classe.
«Scorpius non dovevi toccarlo» sibilò Rose a Jaiden Brooks con evidente odio nella voce.
«Signorine!» tentò di nuovo il professore, ma inutilmente.
Rose si fermò vicino al banco di Alastor e Albus, lasciando passare avanti la sua migliore amica. «Scorpius è vostro amico, avanti muovetevi».
Albus aveva tenuto gli occhi fissi sul libro fino a quel momento e gli sollevò terrorizzati sulla cugina.
Harry ritenne che Rose, in questo caso, avesse pienamente ragione e comprese finalmente l’astio di James nei confronti di quell’uomo. Raggiunse Rose e fissò anche lui Albus in attesa di capire come si sarebbe comportato.
«Signor Weasley!» gridò McBridge fuori di sé.
«Dai, Al, davanti alle ingiustizie non si deve rimanere indifferenti» disse al figlio sperando di scuoterlo.
«Cominci a starmi simpatico» commentò Rose stupita.
E io comincio a ritrovare la mia nipotina, pensò Harry ma naturalmente tacque.
«Siete pazzi» mormorò Elphias Doge. «Finirete in un guaio serio».
«Andiamo» disse allora Harry prendendo Rose per il braccio e guidandola fuori: Albus non li avrebbe seguiti.
«Dal professor Paciock» sibilò McBridge. Rose prese la pergamena e uscì dall’aula a testa alta.
«Per fortuna, abbiamo Volo dopo l’intervallo» sospirò Rose una volta da soli nel corridoio.
«Che facciamo?» domandò Cassy annoiata.
Harry si accigliò: non sarebbe stato annoiato e tanto indifferente a undici anni dopo aver messo in discussione un professore così palesemente. Poteva capire che Neville non facesse paura quanto la McGranitt, ma anche il suo amico sapeva essere severo e ora, a mente un po’ più calma, iniziava a chiedersi se fosse stata una scelta giusta. Accidenti, era ancora impulsivo come un ragazzino!
«Andiamo dal professor Paciock, naturalmente» disse, tentando di recuperare un po’ della sua maturità e senso di responsabilità.
Le due ragazzine lo fissarono sorpreso.
«Stai scherzando? Abbiamo un sacco di tempo libero!» ribatté Cassy.
«Beh, fate quello che volete. Io andrò dal professor Paciock. Ci siamo sentiti tanto coraggiosi da affrontare McBridge e ora dobbiamo affrontarne anche le conseguenze» annunciò solennemente. Non aveva alcuna autorità su di loro in quel momento, ma almeno poteva provarci. «Tanto vale farlo subito e di propria volontà, non vi illuderete mica che dopo la lezione McBridge non verificherà se ci siamo presentati o meno dal nostro Direttore?».
«Ok, hai ragione» concesse Rose a malincuore.
Harry colse una certa esitazione nelle sue parole e chiese: «Scusa, ma non è meglio raccontare immediatamente al professore quello che è successo? Magari può aiutare Scorpius».
«Non lo farà» sbuffò Cassy fissandolo come se fosse stupido.
«Se ci ascolterà, sarà già qualcosa. Non c’è da fidarsi degli adulti» replicò, invece, Rose. «Parlerò con Jaiden pomeriggio. Non aveva mai fatto una cosa del genere».
A Harry, invece, quel ragazzino sembrava proprio il tipo che si diverte a mettere nei guai i compagni, ma non disse nulla e tutti e tre si avviarono verso le serre.
Neville stava facendo lezione con gli studenti del sesto anno e non fu per nulla felice della loro interruzione. Li rimproverò senza mezzi termini e Harry si arrabbiò rispondendogli a tono. Da lì a quella sera sarebbe stato il ragazzo più ammirato della Scuola: non più per essere il Bambino Sopravvissuto, ma per essere un ribelle con i fiocchi. Tutto sommato non gli dispiaceva quel titolo.
Rose, Cassy e Harry furono costretti a rimanere nella serra a studiare, o almeno in teoria perché tutti e tre si rifiutarono di aprire i libri, fino al suono della campanella che segnava l’inizio dell’intervallo. Le ragazzine scapparono via insieme ai ragazzi più grandi prima che Neville potesse aggiungere qualcosa, ma Harry rimase fissando con ostilità l’amico.
«Harry» iniziò Neville.
«Harry, un bel niente!» lo interruppe Harry. «Mi hai messo in punizione! E hai detto che scriverai a Ginny, ma ti rendi conto? Ho trentasette anni! Trentasette!».
«Lo so, abbiamo la stessa età, ma in questo momento ne dimostri si e no dodici» replicò Neville pazientemente.
«E comunque» continuò Harry senza dar cenno di averlo ascoltato, «è McBridge in torto, non noi!».
«Avete lasciato l’aula senza permesso. Non è un comportamento ammissibile» ribatté Neville esasperato.
«Ma hai sentito o no come quell’uomo si è rivolto a Scorpius!?».
«Anche se voi non ci credete, io ho ascoltato con attenzione quanto mi avete detto. Più tardi parlerò con Albus e, poi, con il professor Lumacorno perché conosca la vostra versione. Non cambierà nulla, però. Conosci Lumacorno. Non guarda neanche in faccia Scorpius e Jaiden Brooks è molto bravo in Pozioni».
Harry sbuffò: no, non aveva dimenticato il carattere di Horace Lumacorno.
«L’unico che potrebbe aiutare Scorpius è Albus».
«Come?».
Neville ghignò: «È tuo figlio, qualunque cosa dirà a Lumacorno, lui gli crederà».
Harry si accigliò e raccontò all’amico come Albus non si era mosso quando gli aveva chiesto di unirsi a loro nella protesta contro il professore di Difesa contro le Arti Oscure.
Il ghigno di Neville scomparve e fu sostituito da un lieve sorriso: «Albus è un bravo ragazzo, sono sicuro che in questo momento si sta facendo mille complessi per quello che è accaduto. Non è impulsivo, non è te Harry e non è neanche James. Albus pensa sempre alle conseguenze delle sue azioni. Non lo giudicare severamente, ci tiene ai suoi amici, ma lo dimostra in modo diverso. Chiederà scusa un milione di volte a Scorpius finché non verrà zittito. Sono sicuro che Scorpius non ce l’ha con lui e vi darà degli scemi per esservi messi in mezzo».
«Bell’ingrato» si lasciò sfuggire Harry.
Neville scosse la testa. «McBridge e Lumacorno non sono gli unici che lo guardano di traverso a causa del suo cognome e Scorpius non è stupido. È grato ad Albus e a Rose per il semplice fatto che sono suoi amici».
Harry sospirò e osservò distrattamente il cielo nuvoloso, dopo un po’ disse: «Trova un modo per farmi scontare una punizione nell’ufficio di McBridge, ho del lavoro da fare».
L’amico scrollò le spalle e annuì pensieroso. «Non ti prometto nulla, però. Non vuole mai supervisionare le punizioni di Rose e Cassy».
Alla lezione successiva, Volo, ancora una volta Harry si rese conto di quanto James avesse ragione e non esagerasse poi tanto. Non solo il professor Jones era un tipo proprio strano, ma era anche poco professionale. Se non fosse intervenuto Harry, alcuni Tassorosso si sarebbero fatti male sul serio e altri, nonostante fossero a gennaio, non riuscivano neanche a sollevarsi da terra. Jones, s’intende, lo prese immediatamente in antipatia.
Quell’esperienza lo stava costringendo a riflettere più di quanto si sarebbe mai aspettato.
A pranzo, James trovò divertente sentire quello che era accaduto a Difesa contro le Arti Oscure e Harry dovette sopportare le sue punzecchiature e battutine per tutto il tempo.
«A me non è sembrata una grande idea» borbottò Elphias. «Abbiamo perso cinquanta punti e siete stati punti. Un successone, direi».
«Un vero Grifondoro difende i suoi amici» replicò Harry punto sul vivo.
«Questo è l’atteggiamento che dipinge noi Grifondoro come tronfi, impulsivi fino alla stupidità. Non te l’hanno mai detto che eroi del genere non servono a nulla? Sono gli eroi che di solito finiscono ammazzati e non risolvono un bel niente!» sbottò Elphias arrabbiato.
Rose e Cassy gli risposero con un gestaccio e continuarono a mangiare come se nulla fosse, ma Harry no. Quei discorsi gli avevano riportato alla mente ricordi dolorosi. Si alzò furioso e puntando un dito contro Elphias gridò: «Stupido ragazzino, tu non sai che cos’è una guerra e che cosa significa essere degli eroi. Nell’ultima guerra quelli come te sono rimasti attaccati alle gonne del Ministro della Magia, nonostante fosse un fantoccio di Voldermort!». Prese la borsa e si diresse fuori dalla Sala Grande, ignorando i figli che lo fissavano a bocca aperta e il silenzio attonito di tutti gli altri studenti, segno che aveva urlato più di quanto si fosse realmente reso conto.
Doveva trovare il pazzo che l’aveva ridotto in quel modo e tornare alle sue normali dimensioni, quella di Barney Weasley era la peggiore farsa della storia e lui era un pessimo attore.
Vagò per i corridoi per un po’ prima di decidersi a trovare informazioni in biblioteca. Hermione sarebbe stata fiera di lui.
Madama Pince gli lanciò un’occhiataccia preventiva: d’altronde quale ragazzino del primo anno trascorreva la pausa pranzo in biblioteca?  Comunque, a parte qualche studente degli ultimi anni, non c’era nessun altro e Harry si rilassò leggermente cercando nel reparto dedicato a Pozioni. Vista la quantità di libri presenti sulla disciplina, l’impresa si presentava quanto mai ardua: se avrebbe dovuto affidare a essa il successo della sua missione, avrebbe fatto prima ad attendere di compiere nuovamente trentasette anni!
James e Albus lo trovarono seduto a un tavolo ingombro di grossi tomi di cui aveva compreso a malapena il titolo. Oh, quanto odiava Pozioni!
James sventolò la Mappa del Malandrino e sorrise: «Scusa il ritardo, ma dovevo finire di pranzare».
Harry alzò gli occhi al cielo, ma si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.
«In verità, non ho ancora capito perché siamo qui. Non sei stato per nulla gentile con Elphias. Dovresti chiedergli scusa» asserì Albus.
Harry lo fulminò con lo sguardo e fu contento di vederlo fare un passo indietro. «Non chiedo scusa a nessuno» sbottò, risultando, però, un bambino orgoglioso e scontroso.
«Andiamo a parlare da un’altra parte, prima che Madama Pince ci faccia in poltiglia e ci consegni agli elfi come piatto principale per la cena di questa sera» suggerì James.
«Di che cosa dobbiamo parlare?» insisté Albus fissando il fratello.
«Vedrai» sbuffò James, prendendolo per un braccio e trascinandolo fuori.  «E attento a quello che dici, ogni cosa potrebbe essere usata contro di te».
Harry gli lanciò un’occhiataccia e li seguì. La battuta di James, sempre se era una battuta, e quello che aveva detto Rose quella mattina lo misero in crisi: aveva sempre pensato che lui, Ginny, Ron e Hermione non fossero tanto male come genitori.
James li guidò nel parco fino al limitare della Foresta Proibita e qui si fermò.
«Non osare trascinarmi più così!» strillò Albus. «Chi ti credi di essere?».
«Sono il fratello maggiore» replicò pomposamente James.
«E chi se ne frega!» sbottò Albus, voltandosi con l’intenzione di tornarsene al castello, ma James lo fermò tirandolo per il mantello. Il più piccolo si divincolò e poi per buona misura lo spinse.
Harry si stava arrabbiando di nuovo, conosceva perfettamente i suoi figli e sapeva che si sarebbero accapigliati se non fosse intervenuto. Albus era solitamente un ragazzino calmo, ma saltuariamente accadeva che anche lui perdesse le staffe e diventasse parecchio capriccioso.
James sollevò le mani in alto in segno di resa, ma Albus cominciò a insultarlo. Harry allora intervenne: «Basta così, Albus». Lo disse con voce ferma e bassa che, nonostante la sua acuta vocetta infantile, riuscì ad attirare l’attenzione del ragazzino.
«Ti conviene ascoltarlo» ne approfittò all’istante James. «Non è chi dice di essere».
Albus passò lo sguardo dall’uno all’altro, prima di sbottare: «Mi prendete in giro per caso?».
«Non posso detrasfigurarmi, potrebbe vedermi qualcuno» sbuffò Harry. «James, mostragli la Mappa».
James annuì e solennemente pronunciò: «Giuro solennemente di non avere buone intenzioni», poi la mise sotto gli occhi del fratello e, dopo un attimo di esitazione, indicò con il dito i loro puntini.
Harry osservò il viso del figlio passare dal rosso, per la lite di prima e per il freddo, al bianco. «È uno scherzo?» mormorò, fissando di nuovo alternativamente il fratello e il padre, solo con uno sguardo totalmente diverso.
 
 



Harry non se ne faceva nulla delle scuse di Neville: trascorrere metà della nottata a lucidare i trofei della Scuola, sarebbe stata un’enorme perdita di tempo.
«Senti, Harry, se vuoi mantenere la tua copertura, non hai scelta. A meno che tu non abbia qualche idea per spiegare all’intera Scuola perché dovresti essere esentato da questa punizione. E specialmente dovresti spiegarlo a Rose e Cassy».
«Ma non potrò muovermi con Gazza che ci controlla e con le ragazze!».
«Non so che dirti» sospirò Neville.
Erano nel suo ufficio, dove Harry l’aveva raggiunto per protestare, ma doveva ammettere di non avere una soluzione migliore da proporre.
In quel momento qualcuno bussò e Neville, alzando gli occhi al cielo, fin troppo esasperato quel giorno, diede il permesso di entrare.
Sorprendendo entrambi, fu il viso di Albus a fare capolino dalla porta.
«Ciao» sussurrò guardandosi i piedi.
Dopo che Harry gli aveva raccontato la verità sia sulla sua identità sia su quello che era accaduto realmente durante le vacanze di Natale, Albus era praticamente sparito. James l’aveva rassicurato che si trovava in biblioteca a fare i compiti e Harry aveva deciso che la scelta migliore sarebbe stata quella di lasciargli il tempo di elaborare la situazione. Di certo non si aspettava che il confronto sarebbe avvenuto così presto.
«Cosa posso fare per te, Albus?» chiese Neville gentilmente.
Albus prese un bel respiro e confessò la storia delle schede di valutazione scambiate con Rose. «Non so più come rimediare» ammise infine. «La situazione mi è sfuggita di mano».
Harry lasciò che Neville gli facesse la ramanzina in qualità di Direttore. «Per un’azione del genere dovrei sospendere sia te che Rose» concluse. «Non si manomettono i documenti ufficiali. È gravissimo».
«Mi dispiace» sussurrò allora Albus. E Harry sapeva che era sincero: qualunque cosa gli fosse saltata in mente quando aveva accettato la proposta della cugina, poi si era completamente rivoltata contro di lui.
«Però» riprese Neville, «se tu, Harry, firmi una nuova copia della scheda, potremmo fare finta che non sia mai accaduto nulla. Tu sei il padre, quindi ne hai il diritto. Stasera stessa invierò una lettera a Hermione. Per te va bene?».
«Sì, naturalmente» assentì Harry all’istante. «Posso vedere i veri giudizi di Al adesso?». Non che gli importasse veramente, ma un po’ di curiosità ce l’aveva dopo tutto quel caos. Si sedettero alla scrivania di Neville e Harry si prese il suo tempo per leggere, nonostante percepisse gli occhi del figlio addosso. Per quale motivo poi, non lo capiva. Insomma, dopo avergli mostrato la scheda di Rose a Natale, non avrebbe dovuto preoccuparsi di nulla.
«James mi ha detto che questa sera avresti dovuto portare avanti le indagini, ma la punizione voluta dal professor McBridge non te lo permetterà» pigolò a un certo punto Albus, probabilmente ritenendo che il padre non avesse bisogno di altro tempo per leggere e, probabilmente, poco intenzionato a discutere ancora sull’argomento.
«Già, non ci voleva» sbuffò Harry, prendendo una piuma a Neville e firmando la pergamena.
«Ho pensato che potresti trasfigurarmi in modo da assomigliarti… cioè assomigliare a Barney… così io prendo il tuo posto e tu puoi indagare tranquillamente…» mormorò torcendosi le mani e senza guardarlo in volto.
«Prendere il mio posto?» replicò sorpreso Harry.
«Sì, per la punizione con Gazza. James mi ha detto che tu, Rose e Cassy dovete lucidare tutti i trofei della Scuola».
Harry lo fissò sorpreso: non ci aveva pensato. E la proposta era terribilmente allentante. Scosse la testa però. «No, non è giusto» disse fermamente.
«Non è un problema per me. Permettimi di aiutarti» ribatté Albus serio.
«Beh, potrebbe essere una soluzione» intervenne Neville. «E un po’ se lo merita per lo scambio delle schede».
«Sì, ma…» iniziò Harry incerto. Non era in quel modo che voleva affrontare la questione. «No, non sono d’accordo. A parte il fatto che ho bisogno di parlare con Ginny» disse, «e poi lucidare i trofei…».
«Voglio aiutarti!» lo interruppe Albus. «Devi indagare per tornare adulto».
«Non ti piace avermi tra i piedi?» chiese Harry tentando di sdrammatizzare.
Albus si strinse nelle spalle. «Non lo so» rispose sinceramente. «Ma è molto strano parlarti in questo modo. Sicuramente ti rivoglio nelle tue normali dimensioni».
Harry sorrise tristemente e annuì. «Va bene, facciamolo. Anche perché non avevo nessuna voglia di lucidare trofei». Così trasfigurò il figlio, sebbene impiegò un po’ di tempo per renderlo un perfetto Barney Weasley, e detrasfigurò se stesso.
«Perfetto» commentò Neville osservandoli. «Ora, Al devi andare, ti accompagno io visto che sei in ritardo; Harry vedi di trovare James e farti prestare il mantello, non ti puoi far beccare in giro per la scuola con le tue sembianze, potrebbero scambiarti per Al».
«Voglio dare un’occhiata all’ufficio di McBridge stasera, puoi trovare una scusa per tenerlo lontano? Ho bisogno come minimo di un’ora».
Neville ci ragionò sopra qualche secondo e poi ghignò, reazione che preoccupò Harry, non abituato a vederlo in quel modo.  «Vorrà dire che indirò una riunione per discutere di quello che è accaduto oggi. I miei colleghi ne saranno felici».
«Immagino» ridacchiò Harry. «Bene, mettiamoci a lavoro».
   
 
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