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Autore: Shade Owl    26/11/2018    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Il viaggio in macchina fu interminabile: partirono la mattina presto, prima ancora dell'alba, quando Fort Hill a malapena stava cominciando a svegliarsi, e viaggiarono lungo l'autostrada a velocità sostenuta, mentre il cielo cambiava lentamente colore e, dal nero bluastro, passava faticosamente a un colore più chiaro.
Sopra di loro rimbombarono tuoni per tutto il tempo e, ogni tanto, ci fu uno schizzetto d'acqua che cadde dalle nuvole. Il cielo non era totalmente coperto, ma minacciava tempesta, tempesta che si dirigeva nell'entroterra, verso Tresckow. Nel vederla, Allwood si accigliò come suo solito, scuotendo il capo.
- Cazzo... non è una pioggia naturale, questa!- commentò a un certo punto - Deve essere lui... sta chiamando a sé le nuvole. Magia climatica allo stato puro. Maledetto bastardo...-
- Teme una tromba d'aria, signore?- chiese McGrath.
- Cosa ne posso sapere io?- sbottò - L'ultima volta ne ha usata una, ma è pericolosa anche per lui... dipende da quanto saremo fortunati.-
- E se la evocasse?- chiese preoccupata Orlaith.
- Faremo in modo di evitarlo!- disse bruscamente Jayden - Ora accelera McGrath, per la miseria! Fregatene degli autovelox e di qualsiasi altra cosa, voglio che spingi quest'auto al massimo!-
- Come desidera, signore.- rispose il maggiordomo, pigiando il più possibile sull'acceleratore.
Il motore ruggì più forte, mentre la velocità aumentava considerevolmente. La vecchia auto volò sull'asfalto, superando alcune macchine più lente, che avevano meno fretta di giungere a destinazione. Altre, più rare, li sorpassarono, e ogni volta che succedeva Allwood masticava una piccola imprecazione
Come lei, pareva teso e particolarmente impaziente di arrivare a Tresckow: fin da quella mattina, quando si erano svegliati, le aveva dato l'impressione di non aver dormito quasi per niente, e non si era nemmeno cambiato. Indossava, anzi, la stessa felpa stinta e sgualcita del giorno precedente, e i pantaloni di jeans erano macchiati di inchiostro nero, così come le sue dita. Più che a un miliardario somigliava a un senzatetto, o a un writer. Sembrava arrabbiato, e a tratti stranamente eccitato, oltre che impaziente, ed era ridotto quasi a uno straccio.
D'altra parte Orlaith sapeva di non avere un aspetto migliore del suo: dopo la telefonata di Vaněk aveva a malapena toccato il cibo che McGrath le aveva portato per cena, e tutte le sue energie erano dedicate alla nuova canzone, adesso terminata. Aveva scritto, provato, cancellato, riscritto e riprovato, sia col violino che con la voce (anche se quest'ultima le era uscita tremante e un po' stentata), facendo l'impossibile per finire prima dell'alba.
Aveva passato l'intera nottata quasi senza chiudere occhio, ed era ben consapevole di avere i capelli in tremendo disordine, gli occhi rossi e di sembrare un autentico fantasma per quanto era pallida.
Lei e Jayden non si erano quasi parlati per tutto il tempo, salvo darsi un fugace buongiorno e chiedersi l'un l'altro se erano pronti a partire. Lui aveva anche saltato la colazione, che comunque era stata davvero frugale: si era limitato a prendere una tazza di caffè e poi era sparito di nuovo su per le scale per riempire il proprio borsone con stracci e quaderni pieni di Cerchi Magici.
Orlaith credeva di sapere cosa gli stesse passando per la testa, e non c'entrava la sorte di suo padre o l'imminente scontro con Vaněk, o almeno non nel vero senso della parola. Era animato da un nuovo fuoco, così vivo che gli riluceva nello sguardo, lo tendeva più delle corde del suo violino, trasformandolo in un unico fascio di nervi pronto a scattare alla minima sollecitazione.
Quando giunsero in vista di Tresckow ormai stava già albeggiando, e le nuvole grigie che li inseguivano erano parzialmente rischiarate dall'incerta luce del sole. La piccola città aveva un aspetto perfettamente normale, e nulla dava a intendere che ci fosse qualcosa di diverso per le strade o negli edifici. Tutti dormivano ancora, o comunque non c'era l'attività frenetica della metropoli.
Vaněk, ovunque si fosse nascosto, in qualsiasi luogo avesse portato suo padre, non avrebbe tenuto a lungo il segreto: Tresckow si estendeva in un'area inferiore ai cinque chilometri quadrati, e contava meno di novecento abitanti, su una piccola collina tra la Spring Mountain e Pismire Ridge. Scompariva anche se paragonata a città ben più piccole di New York.
Questo era stato un non trascurabile trauma per lei, quando si era trasferita: il cambiamento era stato incredibile, e per settimane aveva faticato a capire come facessero tante persone a vivere in uno stesso posto. Le era anche sembrato assurdo dover prendere per forza un taxi, un autobus, la metro o comunque una qualsiasi cosa avesse un motore per muoversi da un punto all'altro della città: lei era sempre stata abituata a raggiungere qualsiasi cosa a piedi o in bicicletta, e semplicemente non concepiva una realtà tanto diversa. I primi tempi David l'aveva quasi dovuta tenere per mano mentre camminavano per strada. Per un po' l'aveva chiamata "la mia piccola paesana".
- Okay, il centro città... dov'è il centro città? Dove dobbiamo andare, Orlaith?-
- Continua lungo la East Market.- rispose lei, in tono tremulo - Non c'è molto, qui... non possiamo sbagliare.-
Allwood annuì e si sporse verso i sedili anteriori mentre la macchina faceva il suo ingresso in città. Vecchie abitazioni in legno in stile coloniale li fiancheggiarono lungo il tragitto, seriose ma familiari a Orlaith, che a quella vista si sentì improvvisamente più calma. Tornare finalmente a Tresckow, nonostante il brutto momento, alleviò di poco l'oppressione che sentiva nel petto fin da quando Vaněk aveva telefonato, facendo sparire almeno una parte del panico che provava.
Conosceva bene quelle strade, quegli edifici, persino molte delle auto parcheggiate nei vialetti. Sapeva che non lontano c'era la casa di Annie, la sua amica da tempo perduta, e pensò anche di andare da lei una volta risolto tutto, per farle visita e riallacciare il rapporto. Sfortunatamente, ricordò con delusione, anche lei aveva una vita e, a differenza sua, aveva proseguito gli studi: già da anni frequentava il college, e probabilmente in quel momento non era in città. Andare a cercarla sarebbe stato del tutto inutile. Così come sarebbe stato inutile cercare uno qualsiasi dei suoi vecchi amici.
Non aveva nessuno da cercare, nemmeno il classico ex fidanzato del liceo, quello che non era andato al college e si era fermato nella piccola città natale per lavorare nella ditta di famiglia, che si vedeva in qualsiasi serie televisiva sulle città piccole come Tresckow. Aveva dedicato tutta la vita alla musica, non aveva coltivato altre relazioni all'infuori delle sue amicizie, che a loro volta erano state sacrificate per inseguire il suo sogno.
Adesso si rendeva conto della verità: per molto tempo aveva creduto che trasferirsi a New York l'avesse allontanata da tutti, ma non era così: era iniziata molto tempo prima, senza che se ne rendesse conto. Vaněk non era stato la causa... aveva solo sfruttato quello che lei stessa aveva cominciato.
Se ne esco viva, giuro che domani telefono a tutti quanti e li invito nel mio appartamento per fare casino. E pago tutto io. Si ripromise.
Doveva rimettere le cose a posto, a partire da suo padre e dai suoi amici.
Guardò Jayden, e lo vide ancora teso e attento come un falco, intento a spostare lo sguardo da un marciapiede all'altro, come se si aspettasse di veder sbucare Vaněk. Non aveva notato minimamente il suo turbamento interiore.
- Non mi piace, è troppo silenzioso... dove sono tutti?- chiese, mentre superavano l'incrocio con Poplar Street.
- A letto. Te l'ho detto, non siamo a New York... a quest'ora Tresckow è sempre nel mondo dei sogni o quasi.-
Le sembrava assurdo, stare lì a convincere Jayden a darsi una calmata quando lei stessa si sentiva come se stesse per esplodere. D'altra parte la sua situazione richiedeva sangue freddo, e doveva mantenerlo: non c'era in gioco solo la sua vita, ma anche quella di suo padre, e non doveva affrontare un solo avversario, stavolta.
Aveva voglia di vomitare per la tensione, questo sì... ma resisteva. Doveva farlo, per forza.
Non aveva scelta.
- Potrei suggerire di parcheggiare l'auto prima di arrivare?- chiese McGrath, rallentando un altro po'.
- E dove?-
- Ovunque, Jayden!- sbottò Orlaith, spazientita - Qui non ci sono parchimetri!-
- Va bene... quanto è distante il centro?-
- Pochissimo, ci si arriva a pie...-
Il resto della frase fu divorato da un botto tremendo, mentre l'auto veniva speronata violentemente.

Quella dannata macchina d'epoca, per quanto rimessa a nuovo, non era particolarmente adatta agli incidenti, e né lei né Jayden avevano indossato cinture di sicurezza. Un pick-up blu sfrecciò fuori da Pine Street proprio mentre loro attraversavano l'incrocio, colpendo con forza la Suiza, non tanto da demolirla ma abbastanza da fermarla. Le portiere del lato guidatore si ammaccarono come carta stagnola, e sia Orlaith che Jayden vennero sballottati qua e là. L'auto slittò di lato, sospinta dal pick-up, per quasi due metri. Poi l'altra vettura si fermò, e rimase solo il sibilo del motore spento e danneggiato a riempire l'aria.
Orlaith era finita a ridosso dello sportello, con Allwood mezzo spalmato su di lei. Stordita, si strinse la spalla con un gemito: nell'impatto l'aveva battuta forte da qualche parte, ma non sembrava rotta o slogata, per fortuna.
Jayden grugnì, mettendosi carponi sopra di lei, e scosse confusamente la testa.
- Accidenti... dovevo corazzare la macchina...- borbottò - Orlaith... tutto a posto?-
Lei annuì, mettendosi cautamente a sedere. McGrath, insensibile al dolore, stava strattonando la cintura. Il suo finestrino era esploso, e alcune schegge di vetro gli si erano conficcate nella pelle del viso, ma lui non sembrava essersene minimamente accorto.
- Temo che la chiusura si sia incastrata.- disse - Dovrò romperla.-
- E rompila, allora...- grugnì Jayden, voltandosi faticosamente verso il pick-up.
Il guidatore stava scendendo in quel momento, lentamente, e quando ebbe chiuso lo sportello fu chiaro a tutti che quello scontro non era stato incidentale, che l'uomo alla guida non aveva avuto un colpo di sonno.
Il conducente non era un umano, bensì un Homunculus. Nudo, pallido e glabro, una massa di carne informe e piena di bozzi e imperfezioni, del tutto simile alle mostruosità che avevano aggredito Orlaith in metropolitana, con l'unica differenza che quella non era un espediente per farla impazzire e, quindi, non doveva rimanere celata alla maggior parte delle persone.
- Oooh... MERDA!- sbottò Allwood - Dovevo immaginarlo, accidenti! McGrath...-
- Posso farcela da solo.- rispose il maggiordomo, calmo - Io sono un semplice Homunculus, signore. Un servo. Non è me che il signor Vaněk vuole. Voi andate, vi raggiungerò dopo.-
- Va bene. Orlaith, corri!-
Lei afferrò il cellulare, scivolato fuori dalla sua tasca nell'impatto, la custodia del violino e si fiondò fuori dalla portiera ancora integra, seguita a ruota da Jayden. L'Homunculus lanciò un grido graffiante, cominciando a muoversi più rapidamente per inseguirli.
- Va bene, ascolta...- disse Allwood, frugando nel suo borsone -... gli Homunculi o sono fatti bene o vengono fuori molto, molto stupidi, oltre che brutti. Distrailo un momento e io lo faccio fuori!-
Appena svoltato l'angolo si fermarono, ansimando leggermente. Subito, lo stregone estrasse uno straccio dalla borsa e lo stese in terra, mentre Orlaith si allontanava di qualche passo. Appena il Cerchio Magico fu piazzato, Jayden si nascose dietro la siepe più vicina.
Rimasta momentaneamente da sola, Orlaith tirò fuori dalla tasca il cellulare e compose un messaggio il più in fretta possibile, alzando di quando in quando lo sguardo. Forse non era il momento migliore, ma non aveva molta scelta: doveva spedirlo subito. Forse era una cosa scontata da dire, ma si trattava di vita o di morte.
L'Homunculus non si fece attendere a lungo, e comparve davanti a lei dopo pochi secondi, caracollando in strada con un grugnito rabbioso. Subito volse la sua testa senza occhi nella direzione in cui si trovava lei, avanzando con fare minaccioso. Orlaith mise via il cellulare, il messaggio in partenza, e si preparò a correre se qualcosa fosse andato storto.
Okay, Jayden... fallo fuori, per favore...
Appena il piede della creatura fu sul Cerchio Magico, la trappola scattò: la magia inghiottì l'Homunculus il quale, inerme, venne investito dal fascio di luce crepitante, scomparendo sotto ai suoi occhi.
- Bene, uno di meno.- disse Allwood, uscendo dal suo nascondiglio con un sorrisetto soddisfatto - A chi scrivevi?-
- A nessuno. Erano le mie memorie, sai...- rispose.
- Non fa ridere.-
- E non devi farlo.- replicò cupa lei - Come mai non c'è nessuno?- chiese Orlaith - Abbiamo fatto un baccano tremendo.-
Lui fece un cenno verso la casa più vicina. Alzando lo sguardo, Orlaith vide un semplice muro di assi tinte di bianco.
- Cos'ha?-
- Aspetta.- rispose Allwood.
La violinista continuò a guardare e, dopo qualche secondo, cominciò a distinguere i contorni di un grande Cerchio Magico disegnato sull'intera parete. Si vedeva a malapena, e comunque solo se lo si fissava attentamente.
- Cos'è?-
- Un incantesimo di congelamento.- spiegò lo stregone - Lo deve avere impresso su ogni edificio della città.-
- Ha... paralizzato le persone?-
- Non è il termine più corretto ma sì, più o meno è quello che ha fatto.- annuì - Dubito che voglia far sapere in giro cosa sta succedendo. Ricordati che è pur sempre un aspirante senatore.-
Fece un gesto con la mano per invitarla a muoversi, avviandosi lungo la strada.
- Dai, andiamo... dobbiamo trovare Vaněk.-
- Credo che prima dovremmo fermarci da qualche parte per riflettere, invece.- disse Orlaith - Insomma, se ce n'era uno ce ne possono anche essere... migliaia, per quello che sappiamo. Non avevamo previsto un esercito di Homunculi!-
- Sì, ma... oh, cazzo...- gemette - Dovevi proprio parlare, vero?-
Orlaith si voltò, solo per vedere numerosi altri Homunculi, i gemelli di quello che avevano appena sconfitto, comparire intorno a loro.

Uscivano da dietro gli angoli o dalle cantine delle case, o scalavano i tetti procedendo a quattro zampe come grossi ragni furiosi. Dovevano essere almeno una ventina o giù di lì. Orlaith si lasciò sfuggire un gridolino acuto.
- Bel gorgheggio...- commentò Allwood - Corri, forza!-
L'afferrò per un gomito e se la trascinò dietro, cercando di allontanarsi dalla folla di Homunculi in arrivo, mentre alcuni altri comparivano dalle strade limitrofe.
- Perfetto... ti piace proprio sfoggiare, eh, Vaněk?- esclamò amaramente Jayden - Ci tieni davvero a ricordarmi di poterne creare più di me!-
Orlaith cercò di riflettere, pensando a dove nascondersi: casa sua era fuori questione, sarebbe stato il primo posto in cui li avrebbero cercati. Stessa cosa per la casa di Annie, sicuramente Vaněk sapeva anche di lei. Le serviva qualcuno che avesse il minor numero di legami possibili con la sua famiglia.
Le venne in mente che, forse, c'era la casa del signor Fitts, che di sicuro avrebbero trovato vuota: lui e la moglie erano panettieri, uscivano molto presto e non avevano alcun legame con lei o con la sua famiglia, a parte il fatto che abitavano nella stessa città e, come chiunque altro, gli Alexander compravano il pane da loro.
Lei e Jayden in quel momento si trovavano sulla Hemlock, e la casa del signor Fitts era all'incrocio tra la Maple e G Street. Non troppo lontano, ma dovevano sbrigarsi.
- Gira a destra tra due isolati!-
- Cosa?-
- Fidati!-
Si diede più slancio, superando Allwood, e prese di nuovo il cellulare, inviando un nuovo, breve messaggio. Si voltò appena, vedendo che gli Homunculi, più lenti di loro, erano rimasti un po' indietro. Nonostante questo non sembravano voler demordere, e se non avessero tenuto un buon passo sarebbero stati raggiunti e fatti a pezzi.
Tagliarono un isolato praticamente in diagonale, scavalcando tre steccati e oltrepassando una piscina, sbucando in G Street a poca distanza dal traguardo. Orlaith si arrischiò a guardarsi di nuovo alle spalle, scoprendo che per il momento erano fuori vista.
- Di qua!-
Senza badare granché a Allwood si diresse verso un'abitazione nei pressi dall'incrocio; nel vialetto non c'era alcuna autovettura, segno evidente che i signori Fitts erano già usciti, proprio come aveva previsto. Forse, proprio per questo, non ci sarebbe stato nemmeno l'incantesimo di congelamento a infastidirli. Ora dovevano solo aprire.
- Puoi aprire la porta senza le chiavi?-
- Come credi che abbia messo i Cerchi Magici a casa tua?-
Jayden scattò avanti, raggiungendo subito la porta, un taccuino già in mano. Schiaffò il Cerchio Magico sulla serratura e quella, con un breve quanto tenue bagliore, scattò senza fare resistenza.
Rapidi come fulmini, s'infilarono entrambi nella casa, chiudendosi la porta alle spalle.

Scusate il ritardo, ma la verità è che sono in Polonia e proprio in questo momento sono in aeroporto ad aspettare il volo di ritorno, quindi ho fatto le cose un po' di corsa e ho potuto postare solo adesso.
Ringrazio 
John Spangler, Old Fashioned, Fan of The Doora, _Alexei_, Kira16, Fiore di Girasole, Sahara_2, Queen FalseHeart, Marz97, Aelfgifu, Roiben e Beauty Queen, i miei lettori. A presto!
 

   
 
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