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Autore: Vanya Imyarek    27/11/2018    2 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                          CAPITOLO 25

        DOVE  SI  FANNO  SCOPERTE  ILLUMINANTI

 

 

 

 

                                                                   Dal Manoscritto di Corinna

 

Rayllu fu trovata quel pomeriggio.

 Era morta in un angolo molto piccolo e intimo dei giardini, che per questo veniva visitato assai poco dalla popolosa corte imperiale, e che dunque offriva una certa complicità nel lasciar riposare una vecchia schiava senza che qualcuno arrivasse a trascinarla ai suoi doveri. A quanto pareva, si era addormentata troppo vicino a un braciere, ci era caduta sopra, e aveva preso fuoco. Probabilmente aveva anche picchiato la testa o qualcosa di simile, visto che il piccolo dettaglio di essere in fiamme non l’aveva svegliata, ma sarebbe stato necessario chiamare un Kisnar per esaminare un cadavere così bruciato da essere a malapena riconoscibile, e francamente una vecchia serva non valeva il fastidio. Almeno ci poteva essere sollevati che le pareti rocciose che decoravano quell’angolo di giardino avevano evitato che l’incendio si propagasse!

 Dylla ebbe la più forte reazione emotiva che non fosse rabbia che le avessi mai visto: non riuscì a smettere di urlare e singhiozzare per ore, ripetendo che non era giusto, non era possibile, Rayllu era sempre stata così precisa e attenta, una lavoratrice eccezionale, per tutta la sua vita, non era possibile che fosse morta in quel modo stupido, non era possibile!

 Una delle schiave più anziane mi spiegò che Rayllu era stata a capo della servitù prima di Dylla, e a suo tempo aveva accolto quest’ultima quando era ancora una bambina spaventata appena venduta a palazzo, e le aveva fatto da mentore.

 Quanto a me, se anche qualcuno mi vide vomitare probabilmente lo attribuì allo sforzo del ballo ininterrotto seguito rapidamente dal terrore dello sfiorato arresto.

 Non riuscivo pienamente a capire le dinamiche dell’accaduto, ma avevo la netta sensazione che quella vecchietta fosse stata coinvolta nel piano per incastrarmi: forse sarebbe stata lei a dover ‘scoprire’ il mio furto nei piani di Llyra, e Sayre l’aveva intercettata, oppure era stata lei a effettuare la sostituzione con la collana falsa per conto di lui, e allora era stata silenziata. Non cambiava il fatto che fosse morta per me, in un certo senso. Avevo per caso bisogno di ricordarmi con che psicopatici avessi a che fare, e quanto valesse per loro la vita di una schiava?

 Certo, io non sapevo neanche chi fosse Rayllu, non sapevo niente delle loro macchinazioni, avevano sbrigato tutto tra di loro e io non avevo fatto altro che affrontare le mie prove, quindi non era molto razionale sentirmi in colpa … però a quanto pareva non ero razionale. Se per il mio tentativo di fuga fossero morte altre persone?

 No, qui si stava parlando di Llyra e Sayre: qualunque cosa fosse successa, i morti ci sarebbero scappati comunque, perché non erano tipi da fermarsi davanti a simili piccolezze per ottenere quel che volevano. Tutto quel che potevo fare era cercare di scappare da quella pazzia prima che potevo, e nulla di quel che l’Incendiario mi aveva appena rivelato mi aveva fatto cambiare idea. Dubitare, forse, ma avrei comunque provato quella strada. Dannazione, erano le parole di qualcuno che odiava palesemente gli dei, quanto potevano essere affidabili?

 Mi accordai con Malitzin per andare a raccontare della mia impresa quel pomeriggio stesso. Appena finito tutto il trambusto della terza prova, evidentemente non ero più considerata una schiava, perché nessuno si era azzardato a darmi ordini, o anche solo considerare la mia esistenza. Faceva un effetto un po’ strano, non era così che ero abituata a percepire il palazzo … ma era un cambiamento decisamente in positivo. Soprattutto, nessuno mi disse niente quando uscii per recarmi al Tempio, e neppure a Malitzin dato che era con me.

 Finimmo per metterci molto più tempo del solito a raggiungere il luogo di culto, perché la mia testimone si dimostrò molto più curiosa nei confronti di Tahuantinsuyu di quanto non fossi stata io al mio arrivo, fermandosi a osservare qualunque cosa, dalle bancarelle del mercato ai nobili o Sacerdoti di passaggio, spesso chiedendomi spiegazioni e informazioni che non ero neanche in grado di darle. A un certo punto, ebbe pure la bella trovata di discutere la faccenda di Rayllu e Dylla.

 “Io pensare che persone non dovere soffrire per morti. Non avevo credere che qui si facesse tanto”

 “Come, prego?”

 “Qui sono dei benevoli?”

 Questo dipendeva molto da a chi si lo chiedeva, ma come aspirante novizia, ritenni che fosse più saggia una conferma.

“In Yrchlle, dei sono visti crudeli. Non amano umanità, vogliono noi distrutti. Sacerdoti impediscono loro e infilano loro forze in magia. Morti pianti perché vanno da dei”

 “Quindi secondo te siccome gli dei qui sono benevoli, non abbiamo ragione di piangere i morti?”

 “Meno ragione”

 “Ma il fatto non è che vanno dagli dei, è che … insomma, perché hai perso qualcuno a cui vuoi bene! Come fai a non saperlo, non ti è mai morto nessuno?”

 “Sì. Mia madre da bambina. Mio padre e amici durante guerra”

 “E allora!”

 Nel momento stesso in cui lo dicevo, capii che stavo per ricevere una risposta assurda. Voglio dire, conoscevo persone che fin da anziane non si erano lasciate dietro il trauma di un genitore morto quando erano bambine, e se questo era l’atteggiamento che Malitzin assumeva a poche settimane dalla morte del padre e degli amici …

 “Loro sono vissuti. Io potere incontrare loro. Adesso morti, non più. Bene così”

 “Ma che cazzo stai dicendo?”

 Dovevo essermi persa qualche parola nelle difficoltà linguistiche. Cioè … per questa qui le persone avevano valore solo fino a quando lei le conosceva, e una volta morte, poteva dimenticarsene tranquillamente?

 “Non capisco perché piangere i morti. Loro vissuto, no? Tu felice con loro?”

 “Appunto per questo li si piange!” sbottai. “Perché adesso non lo sono più, vivi, e non potrai più stare con loro!”

 “Ma tu già stato con loro”

 “Oh … lascia perdere, siamo arrivate” in effetti avevamo appena raggiunto l’ingresso del Tempio dei Fulmini. “Solo, non dire queste cose a Dylla”

 Sorpresi? Anch’io, in una certa misura: non avevo nessun affetto per quella stupida vecchia manesca che si credeva chissà chi perché controllava un pugno di schiavi, ma sentirsi dire quelle cose quando aveva appena perso una carissima amica … non l’avrei augurato davvero a nessuno. Per un secondo temetti che Malitzin si sarebbe offesa e avrebbe rifiutato di continuare ad aiutarmi, ma si limitò ad annuire e a entrare a curiosare nel cortile del Tempio.

 Buttai qualche occhiata in giro anch’io: era strano, ma durante le prime due prove ero stata troppo stravolta per osservare davvero il luogo che sarebbe diventato la mia nuova casa. Per certi versi somigliava al Tempio di Achesay che conoscevo bene: un cortile cinto da mura, in questo caso decorato con strisce zigzaganti che probabilmente volevano essere fulmini, e un Tempio principale in cui si trovavano l’altare e la statua del dio.

 Pachtu era raffigurato come un giovane dall’aspetto piacente, intento in una danza in cui delle folgori venivano fatte roteare come birilli: decisamente lontano dalla voce disincarnata che avevo udito dalla mia stessa testa, e non sembrava suggerire neanche il sadico che Sayre sosteneva che fosse. Che razza di divinità mi sarei trovata a servire?

 “Sei già qui? E’ la tua testimone quell ..o? Scusa, non avevo capito se … è un uomo o una donna?”

 “Voi decidete”

 “Che?”

 Seqa, che ormai era quasi una mia vecchia conoscenza, fu quella che ci accolse all’ingresso. Superati i momenti di pura confusione che parevano introdurre regolarmente Malitzin, si rassegnò a non capirci nulla e correre a chiamare la Somma Sacerdotessa, che avrebbe ascoltato il nostro resoconto della prova e verificato la sincerità di entrambi.

 Ora che ci pensavo, come avrebbe fatto? Non sarebbe stata un’ordalia come mettere la mano sui carboni ardenti o, dato il contesto, toccare pura corrente elettrica rimanendone illesi? Forse il test sarebbe stato magico, visto che in quel mondo quelle cose erano possibili e ne avevo già avuto ampia dimostrazione. Non importava, comunque, noi dicevamo la verità, sicuramente avremmo passato la prova!

 La Somma Sacerdotessa arrivò in gran fretta. Era una donna di mezz’età, minuta, con i capelli lunghi e scompigliati, e una veste bianca con un mantello giallo ricamato a coprirle il corpo rotondeggiante.  Aveva uno sguardo molto penetrante, che si puntava su di me come se mi stesse valutando (ma il risultato di quella valutazione personale fu qualcosa che non riuscii mai a capire bene del tutto).

 “Dunque tu sei Corinna”

 Annuii, prima di ricordarmi che magari sarebbe stato più formale dire qualcosa. “Sì, mia signora”

 “Dichiari di aver superato la terza prova, e richiedi che l’accesso alla nostra comunità ti sia dato di diritto”

 “Sì, mia signora?”

 Non sarei suonata arrogante con una risposta simile? Non era forse una domanda trabocchetto? Pareva di no.

 “Bene. Abbiamo già fin troppi imbecilli che vogliono toglierci i nostri diritti!” scattò, per poi continuare con più calma. “Quella … persona è il tuo testimone?”

 “Sì, santa donna

 Dovetti sforzarmi di trattenere una risata, grazie a Dio si era ricordata il termine corretto (anzi, avevo l’impressione che avesse posto la frase in quei termini proprio per fare una sorta di scherzo).

 “Inginocchiati davanti a me” le fu ordinato. Malitzin obbedì prontamente, e la Sacerdotessa le pose entrambe le mani sulla testa. La mia testimone mi lanciò un’occhiata perplessa, io risposi con una altrettanto perplessa, la donna ci ignorò entrambe e ordinò il racconto di quel che era successo il giorno prima.

 Dove si era svolta la prova? Perché proprio lì? C’erano stati intoppi? Che metodo era stato usato per calcolare lo scorrere del tempo? Avevo eseguito passi di danza particolari? Avevano assistito altre persone? Perché Malitzin aveva accettato di farmi da testimone? Era consapevole della punizione che avrebbe ricevuto se avesse mentito?

 La guardiana dell’harem rispose a tutto con assoluta sincerità (incluse ammissioni di ignoranza all’ultima domanda), sforzandosi di tirar fuori il suo miglior soqar. La Somma Sacerdotessa restò qualche istante in silenzio, poi sollevò le mani dal suo capo con un sorriso.

 “Il nostro ordine ti ringrazia, per averci portato un nuovo membro” disse a Malitzin; e poi, rivolta a ,me: “La tua onestà è stata accertata. Hai passato tutte le tre prove, dimostrando sia la tua fede sia l’approvazione che il dio ha per te. Mi rallegro del tuo successo. Alla faccia di quel vecchio idiota di Waray!”

 Ce l’avevo fatta. Ce l’avevo fatta. Ero fuori, mi ero davvero sbarazzata della schiavitù. Avevo finalmente ottenuto il noviziato, avevo finalmente fatto quel passo avanti verso il mio ritorno! Seriamente, per poco non abbracciai la Somma Sacerdotessa, tanto ero contenta. Riuscii a malapena a balbettare un “Vi ringrazio, mia signora” che avesse una qualche dignità.

 “Il mio nome è Dolina. Tu continuerai a riferirti a me con il dovuto rispetto, ma mi sembra giusto che tu lo sappia. Ora torna al palazzo: verrai qui domani all’alba, e riceverai una breve cerimonia di liberazione ufficiale dalla schiavitù e consacrazione come novizia. La giornata sarà dedicata a illustrarti il funzionamento del nostro Tempio e dei tuoi futuri compiti; le lezioni inizieranno dal giorno dopo. Trascorri serenamente il tuo ultimo giorno da laica”

 Era un congedo. Io e Malitzin uscimmo insieme dal Tempio, e non appena fummo fuori in strada, non riuscii a trattenermi dal lanciarmi in una specie di balletto della vittoria, esultando alla faccia di chi mi aveva voluta fuori di lì (ciao, Simay!).

 “Balli ancora” notò Malitzin. “E’ importante in culto di Pachtu?”

 “Penso proprio di sì, se me l’hanno fatto fare per ventiquattr’ore filate” replicai. “Dalle tue parti non c’è un culto di Energia che fa ballare?”

 “No. Sacerdoti di tutti dei torturati per placare divinità”

  Mi fermai a fissarla. “Ma che razza di tradizioni di merda avete?”

 “Tradizioni di merda. Anche io pensare così” annuì Malitzin. “Però funzionare, loro può fare magie. Come voi che pensate altri dei e avete altri riti. Curioso”

 Sì, in un altro momento, quel che aveva detto Malitzin mi avrebbe dato da pensare: religioni diverse, modi diverse di adorare la divinità (o anche solo tenersela buona), ma i risultati erano gli stessi. Sicuramente la questione avrebbe dovuto attirare il mio interesse, e in seguito ebbi di che pentirmi che così non fosse stato; all’epoca, però, tutto quello cui riuscivo a pensare era la speranza di libertà che mi ero finalmente guadagnata. Così mi limitai a un vago cenno di assenso, e a dimostrarmi molto più tollerante verso Malitzin che insisteva a voler curiosare in giro.

Non so come definire la sensazione che provai in quelle ore di ‘limbo’ tra l’uscita dalla vera e propria condizione di schiava e l’accesso a quella di novizia. Mi sembrava di essere un’estranea in quel luogo dove avevo vissuto per un mese e mezzo: nessuno che mi urlava più ordini, nessuno che mi dicesse anche solo cosa fare. Era quasi come se fossi ospite nel capannone.

 In effetti, molti schiavi si comportarono come se non esistessi, e quei pochi che riconobbero la mia esistenza, per lo più altri ragazzi giovani che mi auguravano una permanenza felice come Sacerdotessa, sembravano farlo più per formalità che per altro. Perfino Namina, che si spinse addirittura a portarmi del cibo come aveva cercato di fare il giorno prima, lo fece solo con qualche frase di circostanza e andandosene subito dopo. Tipa strana, fu tutto quello che pensai. Ma del resto, forse avrei dovuto aspettarmi un comportamento simile: non avevo davvero legato con nessuno dei miei colleghi nel tempo che avevo trascorso lì.

 Passai una serata tranquilla, ma in quasi totale silenzio, visto che Malitzin era stata richiamata ai suoi doveri. L’unico momento degno di nota fu quando Alasu piombò di corsa nel mio capannone per abbracciarmi e augurarmi la miglior fortuna. Io ci rimasi di sasso a vederla così espansiva, ma lei spiegò che doveva fare in fretta, perché suo padre ce l’aveva ancora con lei per la sua fuga per vedermi ballare e stava sottraendo tempo alla prima sorta di punizione che avesse mai ricevuto.

 “Ottimo, stai facendo progressi!” commentai.

 Lei rise, occhi bassi e una mano davanti alla bocca. “Sono così felice che tu ci sia riuscita! Te lo meriti davvero, sei una delle persone migliori che conosca …”

 “Allora la tua vita sociale dev’essere peggio di quanto pensassi”

 Lei rise ancora. “Sarai sicuramente una Sacerdotessa straordinaria. L’unica cosa che mi dispiace, sarà di non poterti più vedere da queste parti, e non sarà facile visitare il Tempio. Mio padre non ti vede molto di buon occhio, probabilmente capirà che ci vado per te e non per pregare Pachtu”

 “E’ per questo che stai praticando l’arte della fuga?”

 Lei rise fino alle lacrime. Fui abbastanza sorpresa: sapevo che fosse una ragazza piuttosto aperta nelle sue emozioni, ma non mi era mai capitato di vederla così scossa, e in senso positivo. Sembrava davvero che avesse deciso di lasciarsi andare per la felicità, e la cosa mi lasciò sia confortata che curiosa.

 Eppure mi conosceva da così poco! Seriamente, che avevo detto per meritare tutto quell’affetto? Davvero, la ragazza doveva essere piuttosto isolata.

 “A proposito” continuò. “Mi sa che devo ancora scappare. Buona fortuna, Corinna, e grazie per tutto!”

 Sì, tutto sommato, ricordo quella come una buona serata.

 


Per una volta ringraziai le abitudini mattiniere degli schiavi di palazzo: fui inevitabilmente svegliata con loro, ed ebbi tutto il tempo di prepararmi ad essere al Tempio precisamente all’alba.

 Di norma non ero persona da dare molto peso alla puntualità, ma non avevo nessuna voglia di fare brutta figura presso un gruppo di persone da cui stavo davvero cercando di farmi prendere seriamente, almeno finché non le avessi piantate in asso. E la mia perfetta quanto insolita puntualità fu adeguatamente compensata da un appropriato comitato d’accoglienza.

 Waray era andato a piazzarsi preciso in linea parallela all’ingresso del Tempio, così che mi toccasse vedere lui anziché la via della mia salvezza; gli altri Sacerdoti della Terra erano raccolti circolarmente intorno a lui in ordine di rango. Simay era in prima fila, perfettamente visibile, e sembrava star facendo uno sforzo fisico per riuscire a guardarmi. Un nutrito gruppo di curiosi mattinieri osservava la scena da strade, porte e finestre.

 “Popolo di Alcanta!” tuonò Waray. “Guardando la giovane che si avvicina, chi scegliete di vedere? Una Sacerdotessa, colei che amministrerà presso di voi la volontà del dio? O una straniera, la discendente di qualcuno che rise in faccia a Talhas e Shilla, che approfitta della molto abusata misericordia di un dio per imporsi su di voi?”

 Qualcuno rise, sentii incitazioni a tornarmene a servire in una taverna se sapevo ballare così bene. Altri si incupirono e tacquero, guardando male i miei accusatori, ma non parlarono in mia difesa.

 Eh no. Non avevo fatto tutta quella fatica, non mi ero fatta pestare a sangue, non avevo rischiato di perdere un occhio, non mi ero cacciata in corpo chissà quali sostanze e non avevo ballato fino a perdere sensibilità a tutti gli altri per essere cacciata da un gruppo di idioti che avevano avuto l’ingresso garantito dalle loro belle famiglie!

 Continuai ad avanzare imperterrita. Li avrei aggirati, se fosse stato necessario ne avrei spinto qualcuno a terra, ma avrei raggiunto quel benedetto ingresso.

 “Non si difende” osservò Waray. “Mi chiedo, cosa pensa la straniera? Che le parole di un Soqar, anche chi è al di sopra di lei, non vadano ascoltate, né siano degne di una risposta? Non sa come controbattere alle nostre accuse, perché sa, in cuor suo, che sono giuste? Oppure non sa nemmeno la nostra lingua, e ha fatto quelle prove e guadagnato l’accesso al sacerdozio per caso?”

 Risate generali a quest’ultima, brillante battuta. Qualcuno mi urlò una trafila di insulti, per poi sfidarmi a dimostrare di aver capito cosa fosse stato detto. La voglia di rispondere con insulti anche peggiori era tanta, ma se, come sospettavo, la cosa che più li avrebbe indispettiti fosse stata il silenzio, avrei dovuto impegnarmi a fondo a fare esattamente quello.

 Un ragazzo cercò di tirarmi addosso quello che pareva uno strano frutto un po’ avariato, dicendo che, se anche non avessi saputo nulla della loro lingua, quello sarebbe stato linguaggio universale. Lo schivai, ormai ero abbastanza vicina alla linea dei Sacerdoti, feci per aggirarla … e sentii la terra scivolarmi via da sotto i piedi, facendomi cadere a terra. Questa volta il frutto che mi veniva tirato contro non sbagliò mira, e mi finì contro la schiena tra l’ilarità generale, ma non ci badai neanche, perché i maledetti ersero un vero e proprio muro davanti al Tempio dei Fulmini. Questo zittì tutti, perché evidentemente non era solo un insulto a me: era una vera e propria dichiarazione di guerra santa, in pratica.

 “Noi ci vediamo costretti ad assumere un compito che le Sacerdotesse di Pachtu hanno a lungo rifiutato, in nome di un’applicazione troppo liberale dei loro dettami” chiosò Waray. “Noi siamo qui per scegliere chi è davvero degno di servire un dio”

 “Ma quelli sono ancora lì fuori che rompono i coglioni?!” si sentì tuonare dall’interno quella che a me parve quasi una voce celeste. Finalmente stava arrivando la riscossa.

 Mi rialzai, e vidi avanzare verso di noi, in rapido ordine, Seqa, una Sacerdotessa che non conoscevo, e Dolina in persona.

 “Waray” disse seccamente quest’ultima. “Noto con piacere che ti sei degnato di metterti a urlare qui sotto di persona, invece che inviare qualche novizio. Lo ritengo un onore”

 “Io faccio quel che devo, Dolina” replicò lui, con una strana enfasi sul nome proprio. “La mia signora ha deciso questo, e io obbedisco. Se tu ascoltassi veramente il tuo dio, anziché crogiolarti nella tua convinzione di superiorità, obbediresti a tua volta”

 “Io mi sto senz’altro crogiolando nella mia superiorità!” disse lei in tono assolutamente sprezzante. “Io, che ho trascorso la mia vita a studiare i testi sacri e profetici, che ho affrontato minacce e pretese da nobilastri ben più potenti di me o te, per difendere i dettami del Creatore di Vita! Sì, sono senz’altro io la superba. Non certo un giovane cadetto che appena raggiunge un potere di cui uomini più saggi avrebbero avuto un sacro terrore, subito ne è insoddisfatto, e macchia la reputazione della sua dea come giustificazione della sua ingordigia”

 Si udì qualche risata e qualche grugnito di approvazione.

 “Non fai che dimostrarmi corretto” dichiarò Waray. “Menzioni questioni di nascita: la tua posizione ti porta forse a crederti più importante del dio stesso, per cambiare la stazione di chicchessia a tuo piacimento?”

 “Pensavo che la nascita fosse il tuo punto forte” commentò Dolina. “Sono sinceramente dispiaciuta che la mancanza di una posizione elevata ti abbia fatto sentire tanto inadeguato da spingerti a sostituirti al giudizio divino, ma non posso permettere che il tuo orgoglio ferito vada a danno di questa devota ragazza che ha affrontato e superato tutte le prove poste innanzi a lei. Abbassa immediatamente quel muro”

 “Non siamo tenuti ad obbedire a chi è sordo alle voci degli dei”

 “Ma siete tenuti a obbedire alle leggi imperiali. Quel che avete fatto contro le Datrici di Morte è stato ammesso perché il loro culto era piccolo e malvisto, e anche lì avete dovuto renderne conto alla guardia imperiale. Ostruire il nostro Tempio vi costerà caro”

 “Sono certo che Sua Maestà Manco saprà riconoscere a chi sta la ragione”

 “Waray. Nel caso tu non l’abbia capito, se non toglierai quel muro e i tuoi accoliti dal nostro ingresso, invocheremo la forza del nostro dio per fartelo fare”

 In tutto quel battibecco, non mi ero accorta che nel frattempo erano arrivate altre Sacerdotesse. Tante altre Sacerdotesse. Di sicuro abbastanza da tenere testa a quelli di Waray: se fosse esploso lo scontro, non avrei saputo su chi scommettere. Waray non si mosse, né fece cenno ai suoi di abbassare il muro.

 Si scatenò il caos.

 Dolina si limitò a tendere un braccio, e da esso un fulmine si sprigionò dritto verso i novizi davanti a lei. Quelli si piegarono e si sparpagliarono, strillando, e lasciando i Sacerdoti immobili alla mercé della scarica elettrica. Urla, imprecazioni, insulti ai novizi che non si erano sacrificati, e sopra tutti Waray che ordinava il contrattacco.

 Il muro era crollato, causa la perdita di concentrazione di chi lo teneva su, però adesso l’ingresso era ostruito da un campo di battaglia. La battaglia più strana che avessi mai visto: non fisica, perché i combattenti erano prostrati a terra a pregare, ma tra elementi.

 La terra sotto i piedi delle Sacerdotesse di Pachtu si spostava facendole cadere, o cambiava consistenza facendole sprofondare; piccole pietre e zolle di terra, in certi casi provenienti dalle mura stesse del cortile del Tempio, schizzavano a colpirle; altre, più strette mura di terreno si innalzavano attorno alle singole Sacerdotesse, rinchiudendocele dentro.

 Le mie future consorelle però non se ne stavano esattamente con le mani in mano: Sacerdoti e novizi cadevano in preda a convulsioni, altri venivano colpiti da fulmini, altri ancora si mettevano a saltellare stupidamente intorno come se non avessero più il controllo del proprio corpo. Per un paio di secondi, riuscii a pensare a quanto sarebbe stato figo se anch’io avessi imparato a fare quelle cose. Poi il popolo decise di entrare nella mischia.

 Qualcuno mi mise un braccio attorno al collo, da dietro, farneticando qualcosa riguardo al dare una lezione agli stranieri che volevano spadroneggiare sui Soqar. Io non ero affatto abituata a un simile tipo di aggressioni, quelle da strada che mi sarebbero potute capitare anche nel mio mondo, andai completamente nel panico, e cominciai a dimenarmi come una forsennata, tirando colpi alla cieca. Ovviamente con questa tecnica non feci al mio aggressore neanche un graffio, e mi salvai solo perché qualcun altro aggredì lui da dietro, dandogli del blasfemo.

 Schizzai via più veloce che potei, andai a sbattere contro qualcuno che, ritenendosi aggredito, mi tirò un pugno in faccia senza neanche stare a guardarmi bene, barcollai all’indietro, e sentii lo strillo dietro di me giusto in tempo per evitare che una donnina mi colpisse con un bastone. Fui costretta a un ridicolo balletto per evitare i suoi colpi, a cui io e lei davamo il tempo scambiandoci insulti, e poi un sasso mi colpì su un braccio. Non era opera dei Sacerdoti della Terra, quelli erano troppo presi dalle avversarie che sapevano effettivamente usare la magia, ma era quello di tre ragazzi che sembravano godersi il putiferio e aizzarlo lanciando sassi in base a principi assolutamente egualitari. Dovetti schivarne altri da parte loro, e così la mia avversaria, ed ebbi il tempo di allontanarmi da lei.

 Bene, non potevo andare avanti così, dovevo trovare un posto dove nascondermi. Vidi un ragazzino di strada accucciato dietro l’uscio di una locanda lasciata incustodita, evidentemente il proprietario era da qualche parte nella mischia; sembrava un buon punto da dove seguire l’andamento della situazioni senza riportarne danni fisici. Feci qualche passo in quella direzione, ma fui interrotta da una guardia che mi puntò la lancia contro.

 Quei bei soggetti erano appena arrivati sul posto, ed evidentemente avevano ritenuto che arrestare indiscriminatamente chiunque si muovesse fosse una bella tattica per calmare la situazione.

 “Tutti fermi e contro i muri. Venerabili Sacerdoti, fermate immediatamente quel che state facendo, state mettendo disordine nella popolazione …”

Nessuno se li stava filando di striscio. Io fui seriamente tentata di provare a disobbedire, di protestare la mia situazione (dopo la fatica che avevo fatto, la mia consacrazione dava luogo a una rissa!), ma decisi di essere docile: non avevo nessuna colpa, ma ribellarmi a una guardia armata non avrebbe aiutato di molto la mia posizione. Così feci come ordinato, andai tranquillamente ad appiattirmi contro un muro, la guardia decise che non avrei dato problemi e quindi poteva concentrarsi altrove, presso persone più violente, e un bestione decise che era il momento perfetto per dimostrare ‘che succedeva agli stranieri che violavano il volere degli dei’.

 Almeno, lui la pose così, poi io riuscii a schivare il suo colpo e a mandarlo dritto contro il muro, ma questo non fece altro che farlo infuriare. Fece per avventarsi su di me un’altra volta, io mi voltai per scappare gettando al vento gli ordini delle guardie, e all’improvviso una muraglia di terreno si erse attorno a me, bloccandomi completamente.

 In un primo momento cacciai un urlo, pensai che un Sacerdote di Achesay avesse deciso di finire la controversia facendomi fuori, ma poi notai che: avevo dei buchi per respirare, un minimo di spazio da non andare in completa claustrofobia, e i pugni del mio aggressore si abbattevano inutilmente sulle pareti di terra compatta. Chiunque fosse stato, probabilmente voleva fermarmi e forse proteggermi da un’aggressione diretta invece di uccidermi, e già questo pensiero mi diede un minimo di conforto.

 Poggiai l’occhio sano a uno dei buchi nella mia ‘custodia’, e quel che vidi fu un putiferio completamente inalterato. Per quanto ancora sarebbe andata avanti così? Qualche minuto: tra preghiere, urla di guardie, imprecazioni, insulti, gente che sbatteva o tirava cose contro il mio cubicolo, la situazione divenne quasi monotona nel suo caos.

 “E tu cosa credi di fare?!” fu quella voce tristemente ben nota a spezzare la monotonia, perché la mia custodia si distrusse subito dopo, lasciandomi coperta di terriccio, l’aria si riempì di suppliche oltre che imprecazioni, e la gente si calmò quel che bastava da vedere la fonte di quella deviazione dal trambusto precedente.

 La prima cosa che notai fu Simay, chiappe a terra, che si guardava attorno con assoluto terrore. Davanti a lui, Sayre teneva più o meno fermo un tizio dalla corporatura nervosa e scattante che si divincolava come un forsennato, mentre delle guardie accorrevano ad aiutarlo. Alcuni novizi abbandonarono le loro postazioni per tirare su Simay e nasconderlo dietro di loro. Non capii appieno il significato della scena finché una guardia non sollevò il coltello da terra e lo mostrò a tutti. Quello era un tentato assassinio.

 Llyra ne aveva approfittato, dannazione! In qualche modo aveva saputo che cosa voleva fare Waray, previsto il caos che ne sarebbe conseguito, e approfittato per mandare un sicario a far fuori Simay. Eh già … agli occhi di tutti sarebbe stato un caso, una semplice tragedia causata dalla violenza collettiva, tra tutti i presenti magari non sarebbe stato neanche l’unico morto che ci sarebbe scappato, e il colpevole magari avrebbe potuto scappare confondendosi tra la folla. Che le venisse un colpo, a quella donna maledetta! A lei con i suoi schemi, a Waray che con la sua idiozia stava mettendo in pericolo Simay, e a Simay stesso per non rendersi conto dei rischi che avrebbe corso!

 Almeno, come potevo constatare essendomi avvicinata di corsa al gruppetto di novizi, era illeso: Sayre aveva agito giusto in tempo, almeno la sua fissazione per il volerlo mettere in trono era stata utile in qualche modo.

 “L’hanno ingaggiato le Sacerdotesse di Pachtu!” urlò qualcuno. “Adesso diranno che è una punizione divina per ..”

 “Ma che stronzate, ma che stronzate!” berciò qualcun altro.

 “E che cazzo ci faceva allora …”

 “Attaccare un novizio ..”

 “SILENZIO!” il capo delle guardie letteralmente tuonò. “Chiunque non sia un Sacerdote di Pachtu o di Achesay si disperda, immediatamente, o faremo quello che avremmo dovuto fare dall’inizio e arresteremo tutti i presenti. Che fate ancora lì? Muoversi, via, circolare!”

 Con queste parole e qualche incoraggiamento dalle lance delle altre guardie, la folla sciamò o nelle proprie case, o nelle vie adiacenti, o in quella locanda che avevo avvistato. Immaginai non fosse esattamente quel che il capitano aveva in mente, ma comunque meglio di prima. Senza nessuno ad impedirmelo, io corsi verso le Sacerdotesse di Pachtu, ricevendo una mano sulla spalla da una di loro.

Il capitano stava interrogando Sayre (dall’aria seria e compita come non gliel’avevo mai vista) su quel che era successo: lui era passato di lì attratto dal clamore dello scontro dei Sacerdoti, si era ritrovato invischiato in una rissa, aveva cercato di uscirne, ma nel mentre aveva intravisto il coltello. Non aveva neanche badato a chi lo teneva e contro chi veniva rivolto, aveva solo reagito d’istinto strappandoglielo di mano e attirando l’attenzione generale. Non conosceva l’attentatore, aveva visto qualche volta la mancata vittima al Tempio di Achesay, ma niente di più. Un resoconto di cui mi sarei sorpresa se ci fosse stato effettivamente qualcosa di vero, ma non potevo certo mettermi a spiegare il perché.

 “Questa è persecuzione” annunciò Waray. “Questo ragazzo che ha rischiato di morire era stato preso di mira da una Datrice di Morte, pur senza conseguenze. Esigo che si svolga un’inchiesta, e che si porti alla luce l’alleanza dei Templi degli dei gemelli a danno del nostro …”

 “E perché avremmo dovuto prendere di mira un novizio qualsiasi, sentiamo!” protestò Dolina. Waray non aveva palesemente la minima idea di cosa rispondere a quella protesta, quindi si limitò a impettirsi e a dichiarare che l’inchiesta avrebbe chiarito tutto.

 “Ci sarà senz’altro un’inchiesta” chiosò il capitano delle guardie. “Mentre le circostanze potrebbero spiegare il perché i Sacerdoti di Achesay siano stati presi di mira, è sospetto questo accanimento su un ragazzo solo. Ma per il momento, consideriamo le Sacerdotesse di Pachtu al di sopra di ogni sospetto”

 “E vorreste spiegare perché?” chiese seccamente Waray.

 “Perché i primi a dimostrare intento aggressivo verso di loro siete stati voi, Sommo Sacerdote. L’autorità imperiale non era stata, di nuovo, informata di questo attacco, e assumo che abbiate contato sul sorprendere queste donne per impedire alla ragazza qui di venire ordinata. Non avrebbero potuto contattare anzitempo un sicario per prendere di mira i vostri uomini. Lasciatemi finire-”

 “Come osate!” Waray lo interruppe lo stesso.

 “Non solo questo attenua i possibili sospetti verso di loro, ma crea aggravanti contro di voi. Eravate stato avvertito, Sommo Sacerdote. Avete agito all’insaputa dell’autorità e al di fuori di ogni regolamentazione, avete causato una grave offesa all’ordine pubblico. Le disposizioni sono chiare: sarete trattato come ogni altro laico, e condotto a giudizio come tale. I vostri uomini possono tornarsene al Tempio, perché l’essere stati sotto il vostro comando li assolve dai loro reati, ma che rimangano lì fino a che la questione non sarà risolta. Voi vogliate seguirci, per cortesia”

 “Volete opporvi alla volontà divina?”

 “La volontà divina agisce per caso di soppiatto, come per commettere un delitto? Non aggiungete ai capi d’imputazione la resistenza alla guardia pubblica”

 Waray sembrava sul punto di scoppiare dalla rabbia, ma ebbe abbastanza cervello da scegliere l’opzione dignitosa: abbandonò la protettiva schiera dei suoi sottoposti e marciò a testa alta in mezzo alle guardie. Quanto ai restanti Sacerdoti della Terra, privati della loro guida, conclusero la loro missione dall’alto filandosela alla chetichella. Non riuscii a fare altro che fissare Simay, mentre se ne andavano.

 Cos’era appena successo? Quel che intendo è … sapevo che quasi di certo quel sicario era stato mandato da Llyra, probabilmente si aspettava qualcosa di simile visti i precedenti e aveva deciso di approfittare della confusione. Ma c’era già stato un attentato ai suoi danni? Da una ‘Datrice di Morte’, qualunque cosa fosse? E le guardie avevano deciso di aprire un’inchiesta su di lui? Male, le cose si mettevano davvero molto male.

 Un’indagine abbastanza approfondita avrebbe probabilmente rivelato le sue origini (e in effetti iniziavo a sospettare che Sayre fosse coinvolto in qualche modo), e che ne sarebbe stato della sua speranza di restare un novizio qualsiasi? Se avessero fatto conoscere la sua vera identità a suo padre, come avrebbe reagito Manco? E Llyra, che avrebbe fatto a quel punto?

 Non avrebbe dovuto importarmi tanto, ormai non avevo più niente a che fare con lui, specie dopo la bella sorpresa che mi aveva fatto … ma come sempre, c’era il piccolo problema che ne andava di mezzo la vita di qualcuno. Certo, avrebbe dovuto pensarci anche lui prima di cercare di attaccarmi in cambio di tutto quello che avevo fatto per lui … e dopotutto avevo Qillalla.

 “Ragazzina?”

 “Uh?”

 Naturalmente, le Sacerdotesse di Pachtu non erano rimaste sovrappensiero quando me, anzi, sembravano piuttosto compiaciute da quella piega degli eventi. In effetti, c’era da considerare che per un po’ Waray si sarebbe levato dai piedi, come minimo.

 “La tua iniziazione. Tutta questa fatica per arrivarci, e poi ti distrai proprio sul più bello?”

 “Certo! Cioè, no, certo! Voglio dire … cosa devo fare adesso?”

 Ci fu una risata collettiva. Per quanto di solito mi imbarazzasse essere oggetto dell’ilarità generale, dovevo dire che almeno il culto dell’Energia sembrava molto più rilassato rispetto a quello della Terra. Non sarei rimasta lì a lungo, se tutto andava secondo i miei piani, ma almeno non sarei rimasta bloccata con un branco di bacchettone.

 “Vieni, nel cortile interno” mi fece strada Dolina. “Avrai anche l’assistenza di tutte quante, pensa un po’. Di solito le iniziazioni sono eventi semplici e privati, ma con tutto il trambusto che hanno fatto quei deficienti, ovviamente tutte vorranno guardare”

 E almeno la capa di tutta la baracca non era imbalsamata come Waray, né aveva l’aria di mite e un po’ inutile benevolenza di Pacha. Magari Tahuantinsuyu mi stava davvero concedendo un po’ di tregua?

 Attraversai di nuovo il Tempio, questa volta uscendo da una porticina che conduceva in un cortile piuttosto ampio, sul quale si affacciavano vari edifici. Al centro vi era un piccolo altare, con polveri di diversi colori e una tunica bianca appoggiata sopra. Le attendenti del Tempio mi aiutarono a indossarla: dopo tanto tempo passato con i ruvidi panni di una schiava, quella lana più morbida mi parve la cosa migliore che avessi mai indossato.

 Dolina intinse le dita in quelle ciotole e mi tracciò un simbolo sulla fronte, un cerchio bianco con dentro una saetta gialla. “Da questo momento, apprenderai i segreti della vita e dell’energia che in tutto scorre. Padroneggiali bene in onore di colui che tutti li governa, fino al giorno in cui deciderai di consacrargli ogni tuo respiro”

 “Lo farò di sicuro” fu la mia risposta. Qualche sorriso dalle astanti mi rivelò che probabilmente non era proprio la risposta di rito, ma non si aspettavano che una schiava la conoscesse.

 E tu, mi hai sentita? Pensai rivolta al dio. Fin qui ci sono arrivata. Capirò come si usa questa tua magia, e tu mi riporterai a casa. Chiaro?

 E questa fu la mia iniziazione, segnata da risse per strada, interventi delle guardie armate e pensieri non esattamente devoti. Ripensandoci nei giorni seguenti, conclusi che calzava alla perfezione con la mia vena ribelle.

 

Il resto della giornata trascorse tranquillamente e senza scosse. Mi furono mostrati il refettorio, le aule per le lezioni di magia, e il dormitorio delle novizie. Lì trovai Atna, che era diventata novizia per conto suo già da parecchi giorni e senza scossoni che non fossero quelli normali (come testimoniava la quantità di lividi e bende che la ricopriva). Fui presentata alla maestra delle novizie, una donna mingherlina di nome Qiri, e mi fu detto che le lezioni sarebbero iniziate il giorno dopo, lasciandomi il resto del pomeriggio per ambientarmi.

 In realtà, le lezioni non ebbero inizio che diversi giorni dopo. Le Sacerdotesse furono infatti tutte occupate a rendere testimonianza e a tutelare gli interessi del loro Tempio nel caos che seguì all’interrogatorio di Waray.

 Sottoposto a qualcosa chiamato ‘Giudizio di Luce’ da una Sacerdotessa del Sole, era infatti saltato fuori che tutte quelle idee elitarie e gli attacchi agli altri Templi non gli erano state sussurrate dalla voce della dea, ma da quella di una sua amante. E che amante: una delle concubine dell’Imperatore Manco, che in qualche modo era riuscita a eludere i controlli dei suoi guardiani per infilarsi nel letto di un Sacerdote di alto rango.

 Ai Templi di Qisna, Achemay e Pachtu erano stati promessi risarcimenti per l’ingiusta persecuzione.

 I Sacerdoti di Achesay continuavano ad essere confinati nel loro Tempio, per capire cosa ne sapessero esattamente della faccenda.

 La donna, che sarebbe dovuta essere condannata a morte, si era come volatilizzata ed era ora ricercata per tutto l’Impero.

 Waray, che non si era volatilizzato, era stato condannato a morte, e tutta Alcanta era invitata allo spettacolo.

 

 

 

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

Duheviq: piante dalla capacità di mutare il proprio aspetto, assumendo qualsiasi forma desiderino. Originariamente questo veniva usato per catturare prede dei cui fluidi nutrirsi, ma con l’avanzare della società umana, ne hanno approfittato per integrarvisi. Un tempo servitori della dea Achesay, organizzati in tribù-foreste rigidamente isolate dagli esseri umani; solo i sacerdoti della dea potevano avvicinarli senza essere bollati come cibo. Al tempo di Choqo, mentre i più anziani vivono ancora tradizionalmente, i più giovani hanno preso a mescolarsi con le popolazioni umane, finendo spesso vittime di discriminazioni e relegati ai lavori meno nobili o remunerativi. Mantengono comunque un rigido codice di valori, di cui la fedeltà è il più alto.

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

Sangue della Terra: erba che influenza la circolazione sanguigna, usato per diversi effetti nelle gravidanze.

Zullma: pianta le cui varie componenti hanno diversi usi; le radici sono considerate un potente lassativo.

Kiquicos: erba di colore blu, parassitaria dei Duheviq. Pericolosa per le sue capacità di depistare animali e viandanti, ma molto ricercata per le sue molteplici virtù.

Guyla: praticamente un Moment.

Tably: erba che secondo le credenze popolari risolve l’insonnia e i problemi di incubi frequenti.

Ago di Luce: essere a metà tra lo stato animale e quello vegetale, si nutre di sangue, ma può essere utilizzato per aspirare anche altri fluidi corporei.

AQI: esseri simili a tassi dal pelo violaceo, che emanano ormoni che fanno marcire le sostanze inorganiche attorno a loro. Soggetti a disinfestazioni a tappeto e contenuti in gabbie speciali, sono frequentemente offerti in sacrificio, con la testa dedicata a Chicosi, il cuore ad Achemay, e il resto del corpo, a seconda che l’animale sia maschio o femmina, a Tumbe o Achesay.

Fylles: insetti con ali a forma di fiore e polline al centro del corpo. Poiché si nutrono di altri insetti, sono molto usati dagli agricoltori, anche se prima necessitano di un permesso di un Sacerdote di Chicosi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

Tablyk: pietra di colore rosato, usata nell’oreficeria.

Kislyk: pietra dall’aspetto simile alla tablyk, ma molto più dannosa.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

e così, finalmente Corinna è riuscita a diventare novizia: dopo mazzate, assunzioni di stupefacenti, rischi di accuse ingiuste e morti, ma ce l’ha fatta. Per contro, mo’ per Simay sono cazzi amari, mentre a Sayre va tutto benissimo. Seriamente. Neanche un intoppo. Potrà mai durare questa situazione?

A parte le mie osservazioni, vorrei fare qui un cenno alla recensione che la mitica KarenHumbert ha dedicato a questa storia nel suo blog: mi ha resa davvero felice riceverla, e se qualcuno volesse dare un’occhiata a quella o al blog in genere, ecco il link: http://karehumbert.altervista.org/genere-fantasy-storico-recensione-a-limpero-della-vita/

Detto questo, ringrazio nuovamente tutti quelli che vorranno recensire o mettere la storia tra seguite o preferite, o anche solo leggere in silenzio!

 


  
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