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Autore: Roiben    27/11/2018    2 recensioni
Che cos'è la devianza? Un semplice virus digitale diffusosi fra gli androidi a seguito di contatti e scambio di dati? Un malfunzionamento patogeno causato da un errore di progettazione? L'evoluzione autonoma di un programma preinserito? O la semplice presa di coscienza della propria esistenza e di un pensiero indipendente?
Come l'hanno percepita gli androidi? E gli esseri umani?
Anche gli androidi hanno dei sogni?
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Connor/RK800, Elijah Kamski, Hank Anderson, Markus/RK200
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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chapter 14. A plan and its accomplishment



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CANADA

Date

NOV 14TH, 2038


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CHATHAM-KENT - ONTARIO

470 McNaughton Ave

Time

PM 05:10


«Ah, notevole, davvero. Sorprendente direi».


«Ha trovato il modo per toglierlo dai guai?» si informa Hank, speranzoso.


«Veramente no» commenta distrattamente Elijah. «Stavo solo ammirando l’ottimo lavoro di Connor: non è da tutti isolarsi in questo modo».


Le gote del tenente si chiazzano di rosso. «Non perda tempo a rallegrarsene, per la miseria! È qui per disfare il pasticcio, non per congratularsi con Connor».


«Rammento d’aver promesso che ci avrei provato, non che ci sarei riuscito» gli fa gentilmente presente.


Hank si alza bruscamente dalla sedia che fino a un momento prima lo ha ospitato, con tutta l’intenzione di cambiare i connotati a quel maledetto sbruffone, ma Dick ha ben interpretato i segnali sfavorevoli e gli si avvinghia addosso con ottima prontezza di riflessi, impedendogli di commettere altre pazzie.


«Ti conviene trovare il modo, e alla svelta» ringhia Hank, rimanendo a stento in piedi sotto il peso dell’amico e tralasciando ogni inutile cortesia, «o ti posso assicurare che non basterà Dick a salvarti la faccia, la prossima volta».


Appena accigliato, Elijah si sofferma a studiare il tenente e annuisce con circospezione. «Messaggio ricevuto» conferma, tornando presto alla sua occupazione primaria, ovvero: come superare il blocco dell’RK800 e farlo tornare operativo.


*


Poco interessati allo scambio di opinioni degli umani, sia Markus che l’RK900 rimangono in disparte, all’apparenza silenziosi, anche se in realtà di tanto in tanto quest’ultimo interpella mentalmente Markus sulla situazione ignota che si presenta loro in quella piccola stanza.


Ma se lui ha deciso di innalzare una barriera, forse non vuole essere raggiunto da nessuno, neppure dalle persone che ci sono ora con lui” obbietta l’RK900.


Markus sospira, conscio che l’altro non sia completamente in grado di capire il problema. “Il tenente, quello scarmigliato e con la barba ingrigita, non rappresentava certo una minaccia, per lo meno non a livello informatico. Non avrebbe avuto senso che Connor volesse proteggersi da lui in quel modo. Sono certo che il problema provenisse da un’altra fonte, sicuramente una con maggiori potenzialità di danno sulla sua unità cerebrale. Comprendi, ora?”.


I suoi occhi che lo scandagliano lo rendono un po’ nervoso. Vorrebbe chiedergli di smetterla, ma non è certo di quale potrebbe essere la sua reazione, così si costringe a sopportare stoicamente il fastidio, sperando che lo faccia di sua spontanea volontà.


In questo caso cosa fa loro pensare che deciderà di abbassare la protezione? È evidente che, chiunque fosse l’intruso in questione, potrebbe tranquillamente essere in attesa di un cambiamento a suo favore e agire nel momento in cui le difese verranno abbassate” fa ragionevolmente notare.


Markus, suo malgrado, è costretto a convenire con lui su quel punto. Questo però non significa che intenda arrendersi all’evidenza che non ci siano vie d’uscita a quell’impasse.


E dunque, come ci è possibile raggiungerlo senza obbligarlo a scoprirsi?” chiede impaziente.


Ora è Markus a fissarlo con insistenza, aspettando di scoprire se l’altro ha qualche buona idea in proposito, trovandosi quasi ad augurarselo.


È una situazione che appare insolubile. Eppure…” riflette l’RK900.


Eppure?” lo interroga, trepidante.


Se avessimo l’opportunità di assicurarci di poter mantenere uno scudo in sua difesa, allora sarebbe fattibile: potremmo a quel punto convincerlo a levare la sua barriera, perché sarebbe comunque protetto” propone.


Accigliato, Markus esamina con cura la proposta dell’altro androide. Se ciò che suggerisce fosse praticabile, allora forse potrebbero sul serio avere fra le mani una soluzione definitiva. Lo guarda ancora qualche momento, poi sposta lo sguardo su Kamski, ancora al lavoro per cercare una via d’accesso che forse nemmeno esiste. Decide.


Fa cenno all’RK900 di seguirlo ma tenersi un poco discosto e, piano, si avvicina nuovamente a Connor e al loro creatore.


«Elijah» lo interpella, usando per la prima volta il suo nome di battesimo.


Questo pare funzionare in modo insospettabile. Lo scienziato solleva di scatto la testa e sul volto può scorgere lo stupore.


«Sì» soffia questi, momentaneamente dimentico d’altro che non sia Markus.


Poggia una mano sulla spalla dell’RK900 e se lo porta più vicino. «Potrebbe aver trovato una soluzione» azzarda con cautela.


Elijah sgrana gli occhi e li fa rimbalzare da Markus all’RK900 e viceversa più volte, prima di decidersi a parlare.


«Vi ascolto».


*


Non sono ancora riusciti a convincere l’RK900 a sfruttare il suo impianto vocale, peraltro perfettamente funzionante, come ha assicurato loro Kamski in seguito a un rapido controllo. Così, dato che lì dentro solo Markus è dotato di unità cerebrale artificiale, è anche l’obbligato prescelto a riportare a tutti l’idea dell’altro androide. Decisamente seccante, almeno dal suo punto di vista.


«Lui dice che se riuscissimo a ricreare attorno a Connor una protezione che sia abbastanza valida da difenderlo da intrusioni esterne a… diciamo questa stanza…». Sposta lo sguardo sull’RK900. Annuisce. «Mi correggo: meglio che sia attorno al solo tavolo. Dice che più è ristretto il campo e più semplice risulterà mantenerlo saldo e inalterato al suo posto… Un momento, ok?! Ci sto arrivando» sbotta all’indirizzo dell’RK900 che preme sulla sua mente con nuove informazioni e richieste. Sbuffa, ora molto più che seccato. «Senti, ascolta un po’: ora io spiego a loro il tuo piano a grandi linee; dopo, tu potrai aggiungere tutte le postille che riterrai opportune. Va bene?» ringhia, fissandolo con sguardo minaccioso. «E smetti immediatamente di guardarmi in quel modo. Tanto non attacca: non hai l’aspetto adatto per ispirare compassione» lo informa spiccio.


Elijah sorride, divertito. Markus, nemmeno a dirlo, non apprezza per nulla tutta quella faccenda, e si sente quasi preso in giro. Sarebbe senz’altro disposto a piantarli in asso lì, in compagnia di quel pianta grane dell’RK900, se solo non ne andasse della salvezza di Connor. Ma è un particolare, quest’ultimo, che deve continuamente tenere a mente, perché in alcuni momenti non sembra bastare a dargli la forza e la pazienza necessarie a perseguire il suo scopo.


«Bene, permettimi dunque di fare il punto della situazione, così che possa essere certo di aver ben compreso il vostro piano» propone Elijah.


«Il suo piano» borbotta Markus, indicando con il pollice l’altro androide.


«Sì, certamente: il suo» concede, sollevando gli occhi al cielo. «Orbene, si suggerisce come prima mossa di isolare ulteriormente il nostro buon RK800, ma in questo caso dovrebbe trattarsi di un’azione controllata da noi e, potenzialmente, che sia in grado di convincere Connor di essere al sicuro da interferenze esterne. Dunque, mi chiedo, una vola costruita questa nuova barriera, come si pensa di poterne informare l’androide in questione, considerato che la sua coscienza non è raggiungibile?».


Markus si sofferma a osservare nervosamente l’RK900 in cerca di ispirazione, o magari di un suggerimento, che però non giunge.


«Immagino non abbiate ancora avuto modo di riflettere su quella parte del piano» offre accomodante Elijah, il quale al contrario degli altri appare tutto fuorché deluso dall’intoppo. «Ve lo concedo. In fondo non possedete le informazioni necessarie per giungere alla soluzione che, posso assicurarvi, è molto più a portata di mano, ora, di quanto non potreste immaginare».


E di nuovo Markus ha l’impressione che Kamski stia parlando giusto per dare fiato ai polmoni, tergiversando senza fornire dettagli apprezzabili.


«E quindi, quale sarebbe questa soluzione?» incalza a quel punto, impaziente.


«È molto semplice: siete proprio voi tre. In ognuno ho inserito il frammento di un programma che può operare solo se sarete insieme e uniti».


È indeciso se essere semplicemente scettico o direttamente in collera. Certamente lo scoprire di essere stato un povero illuso, credendo che lo scienziato si stesse divertendo alle loro spalle solo a parole, non fa bene al suo umore. Chissà cos’altro potrebbe essersi inventato per loro? Tanto varrebbe chiederglielo direttamente, giunti a questo punto.


Potremmo provare” lo distrae la voce mentale dell’RK900.


Lo scruta accigliato. “Non senza avere prima un’idea anche vaga di cosa dovremo attenderci” lo ammonisce, frenando quella sua malsana curiosità che, se lasciata a briglia sciolta, ormai ne è certo, finirà con il metterlo in guai seri.


«In che modo, per l’esattezza, dovremmo poterci connettere?» domanda quindi a Kamski. «Ma soprattutto: che conseguenze avrà?».


Ha deciso, forse con un po’ di incoscienza, che non è ancora il momento per informarsi sulla natura del programma che contengono.


«Il modo è pressappoco il solito; dovrà essere però di genere fisico: è necessario un contatto diretto in questo caso. Per quanto concerne le conseguenze, direi che l’informazione più importante in questo momento è che, durante la connessione, verrete a rappresentare a tutti gli effetti un’unica entità composta da tre diversi elementi interconnessi, e questo di conseguenza vi permetterebbe di ritrovare abbastanza facilmente la coscienza di Connor momentaneamente smarrita al di là della sua barriera».


Il suo uditorio sembra particolarmente scettico, a ben vedere, e non solamente la parte artificiale del gruppo, ma persino quella umana. Il tenente al momento lo soqquadra insistente, come a cercare di capire se sta raccontando una marea di frottole come suo solito oppure dice sul serio. Di fatto, il maggior dilemma è rappresentato dal fatto che non ha la certezza di quale delle due alternative preferire.


«Ammesso che funzioni» si intromette Dick, «una volta sistemata la faccenda, in che modo tornerebbero a essere unità distinte?».


«Ecco, questo è sicuramente interessante. Secondo le mie teorie, una volta insieme potrebbero decidere autonomamente la direzione in cui procedere e, se e quando lo riterranno opportuno, sciogliere la connessione» spiega Elijah.


Hank grugnisce, per nulla convinto. Markus si astiene, in quel caso, ma una domanda l’ha ancora: «Cosa ti fa pensare che questa tua teoria si riveli corretta? Immagino che tu non abbia avuto modo di provarla nei fatti» indaga, perfino meno persuaso del poliziotto sulla validità del piano.


«Il fatto che abbia messo a punto e creato io sia voi androidi che il programma non dovrebbe forse essere sufficiente a darmi qualche certezza? Voglio dire: mi pare che voi funzioniate senza difficoltà. Per quale motivo non dovrebbe essere così anche per il mio programma?» è la ragionevole replica.


«Ti dirò: il pensiero di qualunque cosa frutto della tua testa basta a darmi scarso affidamento. Inizio ad avere persino poca fiducia nel mio stesso raziocinio, quando penso che è opera tua» si fa beffe di lui Markus.


Hank, nel mentre, sta seriamente rivalutando la propria opinione sul deviante: tutto sommato potrebbe essere un buon alleato, degno di stima.


«Scusate, se nel frattempo riuscissimo a mettere assieme quello scudo che suggeriva l’RK900 non sarebbe già un buono spunto?» suggerisce Dick, frastornato da tante discussioni sterili. «Poi magari trovate anche il tempo per esaminare meglio questa vostra… unione».


Ottimo suggerimento” commenta silenziosamente l’RK900.


Dato che, stranamente, sembrano concordare tutti su quella linea d’azione, Elijah si affretta a frugare nei suoi bagagli e a estrarne una cassetta contenente dei piccoli generatori portatili che vengono in seguito applicati con pazienza attorno al perimetro del tavolo da lavoro.


«Fatto» decreta Markus, dopo aver posizionato l’ultimo.


«Bene. Ora, per prudenza, scostiamoci tutti di un paio di passi» avvisa Elijah.


Meccanicamente, ognuno esegue e rimane a fissare con ansia quello che presto sarà il risultato dei loro primi sforzi. Un breve comando viene inviato al modulo ricevente applicato assieme ai generatori e, il tempo necessario perché il comando raggiunga tutte le applicazioni, un fioco lucore azzurrato le accende e da esse si dipana una cupola lattiginosa che inghiotte il punto in cui si trova il tavolo e il suo momentaneo occupante. Lentamente il bagliore biancastro si attenua divenendo un più fievole azzurro semi-trasparente attraverso il quale si può facilmente scorgere ciò che protegge.


«D’accordo, lo scudo è in piedi. A questo punto è necessario testarlo» comunica Elijah distrattamente, parlando più che altro a sé stesso. Si rivolge quindi a Dick e gli porge un piccolo terminale estratto da un taschino interno della propria giacca. «Ecco, controlla che funzioni adeguatamente» chiede spiccio.


Dick smanetta qualche secondo, scrolla le spalle e replica «Va alla grande».


«Ottimo. Ora ti invierò un messaggio. Controlla se lo ricevi correttamente».


- DIMMI CHE L’HAI RICEVUTO - è il messaggio che dà tanto l’idea di un ordine.


«Sì, capo. Ricevuto forte e chiaro» commenta Dick con sarcasmo.


«Perfetto». E nel dire ciò Elijah si riappropria del terminale e lo posa con attenzione sul tavolo accanto a Connor, facendo sfarfallare nell’operazione la luce dello scudo. Infine invia un ulteriore messaggio e rimane in paziente attesa, fissando il display senza quasi batter ciglio per oltre sessanta secondi. «Ah, direi che funziona. Nessuna ricezione oltre lo scudo» annuncia soddisfatto.


*


Alla luce del fatto che a nessuno dei presenti è venuto in mente un metodo alternativo per informare Connor della buona novella, i due RK superstiti si risolvono a procedere con il piano messo a punto dal loro creatore, augurandosi che non ci sia dietro qualche inghippo ai loro danni. Quindi Markus si accosta alla sinistra di Connor e l’RK900 alla destra. Markus avverte una bizzarra sensazione che non sa bene come interpretare né catalogare e che potrebbe definire come leggero pizzicore nel momento in cui attraversa il campo generato dallo scudo, sensazione che comunque dura il tempo di un pensiero e scompare nel vuoto così come è comparsa. Solleva gli occhi sull’RK900 che non ricambia perché sta invece studiando da vicino l’androide adagiato sul tavolo.


Ha qualcosa di familiare” accenna titubante.


«Già, potreste essere parenti» scherza Markus, facendo accigliare l’RK900.


Non sapevo esistessero gradi di parentela fra androidi” commenta dubbioso.


Markus rotea gli occhi, afflitto. «Si chiama battuta di spirito, amico. Vuol dire che non è un’affermazione reale né da prendere sul serio. Serve solo per… beh, divertirsi» spiega con un certo impaccio.


Oh…” soffia l’altro, decisamente confuso.


Una volta convinto l’RK900 a rimandare a un momento più adatto la sua indagine genealogica, entrambi si impossessano ciascuno di una mano di Connor. Come normalmente accade, i tratti meccanici vengono a galla; l’RK900 si imbroncia e Markus sospira. Poi, dato che comunque non sembrano riuscire a connettersi con l’altro androide, Markus si rivolge a Elijah.


«Siamo ancora fuori. Che si fa?».


«Dovete volervi unire. Serve un minimo di intenzione» spiega lo scienziato.


Sbuffa, iniziando a credere che Kamski abbia preso una gran cantonata stavolta. Ma giunti a quel punto tanto vale provarci.


«L’intenzione, sicuro… Come con le maledizioni senza perdono» propone con sarcasmo.


Dick, da qualche punto dello studio, ridacchia divertito. Hank borbotta esasperato. Sente persino un mugolio proveniente dal cane; sembra disapprovare apertamente. Lo sguardo dell’RK900 è di nuovo su di lui e lo fissa perplesso.


«Qualcosa del genere, in effetti» commenta Elijah. «Ma di certo con conseguenze meno spiacevoli».


«Oh, d’accordo! Tanto, ormai, che abbiamo da perdere?» ammette, in un certo senso un poco deluso. “Proviamo?” chiede all’altro.


Sì” è la pronta replica.


L’RK900, stupendo Markus, raccoglie la sua mano libera e intreccia le dita con le sue. La luce azzurra del led brilla più intensamente sulla tempia dell’RK900. Markus lo scruta e sorride leggermente. Annuisce mentre il bagliore si fa più intenso anche sul suo led. E un momento dopo ogni luce è scomparsa, rimane solo una distesa di nero da ogni lato, come una tela ricoperta d’inchiostro.


«Beh… Questo sì che è strano» commenta piano.


Non si vede nulla” lamenta il compagno di viaggio.


«No, non ancora. Ma abbi pazienza, ho idea che non dovremo attendere a lungo» suppone.


«Chi siete? Che cosa avete fatto alla mia barriera?».


Entrambi si voltano di scatto; Markus pensa di aver riconosciuto la voce, ma vuole esserne sicuro. Purtroppo nessuno dei due riesce ancora a scorgere alcunché nella fitta oscurità che li circonda.


«Sono Markus. Siamo amici, ricordi?» tenta, sperando che decida ancora una volta di fidarsi delle sue parole.


«Stai mentendo. Markus non esiste più» giunge la replica a incrinare le sue speranze.


«Non ti sto mentendo, Connor. Sono davvero io. Puoi avvicinarti e vedere con i tuoi occhi» arrischia.


Una piccola risata dal tono triste accoglie per prima la sua proposta.


«Non sempre gli occhi possono cogliere la verità. Spesso ciò che scorgono sono solo illusioni. E fanno più male di qualsiasi realtà».


«Come questa, Connor? Il velo nero che hai tirato e che nasconde ogni cosa, persino te stesso».


Sussulta, rendendosi conto solo in quel momento di avere ancora le dita della mano sinistra intrecciate a quelle dell’RK900.


Possiamo tentare” suggerisce cauto alla sua mente.


Sì, forse hai ragione: un po’ di luce non sarà un male in questo posto” concorda Markus. «Ora guarda, Connor» chiede, prima di rinsaldare la stretta.


Nuovamente il bagliore azzurro brilla, rischiarando il nero circostante di un lieve alone luminescente.


Un rantolo, nemmeno troppo distante, segue la loro idea.


«Perché non mi lasciate in pace? Non voglio essere una macchina. Andate via!».


Connor”. Un soffio, nient’altro.


La luce si riflette brevemente su qualcosa, una piccola superficie lucida: gli occhi spalancati di Connor che fissano con orrore le due apparizioni sbucate dal nulla nella sua mente.


«Andate via» mormora, senza più la forza per imporre la propria volontà.


La mano destra di Markus si stringe in quella di Connor. Sorride. «Non senza di te».


  
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