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Autore: Voglioungufo    27/11/2018    3 recensioni
Venezia è una città magica, secondo Thomas Mann metà fiaba e metà trappola, patria delle maschere. Ma è a Venezia che Leo deve cercare una risposta, trovare la ragione dietro la propria maschera e conoscere finalmente se stesso. Anche se ha lo stesso gusto di un salto nel vuoto.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II
Best friend.
 
 
 
“And that’s because I wanna be your favorite boy
I wanna be the one that makes your day”.
(Rex Orange County, Best friend)1
 
 
 
 
 
16 Settembre 2018
Corte dell’anatomia, Mansarda.
 
Secondo Simon non esisteva niente al mondo che fosse più antiestetico del guardaroba di Leonardo; sapeva già quanto l’amico fosse terribile nell’associare colori o scegliere il vestiario, ma ogni volta riusciva a stupirlo sempre in peggio.
“Da dove viene quella?”
Leo guardò la propria camicia hawaiana con la fantasia di tanti piccoli ananas.
“Me l’ha presa mamma” disse compiaciuto.
Giustamente il suo cattivo gusto era ereditario. Non pensò nemmeno di fargli notare quanto fosse orribile, era una causa persa in partenza e, per quanto fosse soddisfacente dimostrare di avere ragione, una discussione dialettica appena svegli era fuori discussione. A Simon piaceva argomentare, disporre razionalmente e dimostrare le proprie tesi, ma raramente lo faceva con qualcuno; quando si era iscritto a filosofia aveva creduto di poter partecipare ogni giorno in dibattiti del genere, ma aveva presto dovuto riconoscere che per lui era impossibile: ogni volta veniva tacciato come un arrogante insensibile. Ma non era colpa sua se gli altri erano permalosi e incapaci di tenere una conversazione sullo stesso piano intellettivo. Fortunatamente questo non succedeva con Leo, era l’unico in grado di tenergli testa – anche se poi perdeva sempre – e non se la prendeva per essere corretto e confutato malamente.
Leonardo era una delle persone più curiose che avesse conosciuto, la sua mente era talmente vivace che bastava una farfalla a fare scattare in lui un qualche meccanismo che lo portava al formulare un’idea. Per questo era sempre disponibile a partecipare una discussione e ascoltare suggerimenti che potessero portarlo a una soluzione. Peccato che avesse la stessa capacità di concentrazione di un bambino.
Nonostante il caldo persistente, Simon non aveva nessuna intenzione di imitare Leo e presentarsi in ateneo con una camicia hawaiana dalla discutibile fantasia e i bermuda da spiaggia, perciò sopportò stoicamente i jeans lunghi e la polo. Non gli piaceva essere appariscente nel vestire, cercava di evitare le fantasie e i colori del suo armadio erano una gradazione di neri, bianchi e grigi. Ma andando in giro con quel colorificio ambulante di nome Leonardo era impossibile passare inosservato come avrebbe voluto.
Se ai bermuda aveva semplicemente fatto una smorfia, quando vide che aveva intenzione di indossare le infradito non riuscì a trattenersi.
“Non ci provare” ringhiò. “Non stiamo andando al Lido”.
“Ma fa caldo”.
“Non morirai per delle converse” lo liquidò.
In cucina c’era Giovanni a fare colazione nonostante fossero passate le undici. Portava la sua vestaglia verde scuro lunga fino alle caviglie, sotto la quale sbucavano le ridicole pantofole di Tiger a forma di fenicottero.
“Le matricole lasciano il nido?” domandò serafico mentre spalmava la marmellata sul pane.
“Non siamo più matricole” protestò Leo con una smorfia offesa.
“Illuso. Si smette di essere matricole solo quando si va fuori corso” sentenziò serio.
“Come te?” lo beffeggiò Simon.
La frecciata andò a segno dalla faccia indisposta che fece e dal guizzo che aveva avuto la sua mano pareva anche voler esercitarsi nel lancio del coltello. Fu salvato dall’entrata in scena di Margherita, per metà nascosta dal catino di panni sporchi che teneva con entrambe le braccia.
“Oh… scusa” mormorò nell’accorgersi di aver urtato la spalla di Simon.
Scosse la testa per farle capire che era tutto a posto e afferrò Leo per il colletto. “Andiamo, si sta facendo affollato qui”.
“Ciao Margherita! Ciao Eterno Fuoricorso!” gridò prima di essere trascinato via ed evitare così la fetta biscottata che si schiantò sulla parete.
 
 
 
Dorsoduro, Università Ca’ Foscari.
 
Il sole picchiava tra le calli perpendicolare, percorsero la strada che li separava fino all’’università cercando di stare all’ombra, ma con le masse di turisti singoli o in gruppo era una missione molto ardua.
“Avevo dimenticato quanto li odiassi” borbottò Leo quando una coppia si fermò di colpo per fotografare una casa.
Simon era d’accordo su tutta la linea, ma in cuor suo non poteva non capire per quale motivo i turisti si fermassero ogni tre passi a fotografare. Le case si allungavano sulle case strette in modo incantevole, con i loro colori pastello un poco sbiaditi dal tempo, i particolari delle ringhiere i panni appesi sui fili da una finestra a all’altra; il riflesso poi dell’acqua del canale sulle finestre, le porte che terminavano sull’acqua e i graziosi ristoranti creati proprio perché si incastrassero alla perfezione in quelle piazzette con il pavimento in pietra levigata. Ogni scorcio, ogni ponte e ogni finestra aveva la sua esigenza di essere fotografata. Con il sole e il cielo azzurro tutto aveva un colore più vivido.
“In che aula è la lezione?” domandò Leo quando arrivarono nella zona di San Basilio. Non gli piaceva quella sede dell’università, i casermoni in mattoni rossicci erano anonimi, sembravano appartenere a una fabbrica inglese. In più nella strada in cemento c’erano anche delle macchine, ogni volta si chiedeva come fosse possibile, come facevano a raggiungere quella zona? Volando?
Però San Basilio aveva anche i suoi aspetti positivi, come i tramonti. Il cielo si colorava sempre di un rosso acceso mentre il sole sembrava venire inghiottito dal canale della Giudecca.
“Aula 2B, dobbiamo trovare l’edificio” riferì diligente Simon. L’anno prima avevano frequentato davvero poco quella zona, solitamente usavano la sede vicina di San Sebastiano, che al contrario era un ambiente meraviglioso e molto più particolare.  Però a San Basilio c’erano disegnata a terra delle sagome di persone fatte con il gessetto, come quelle nelle scene dei crimini. Secondo la leggenda erano le sagome degli alunni che per la disperazione si gettavano dal secondo piano, quella spiegazione faceva sempre morire dal ridere Leo.
Erano in anticipo, perciò si misero sul corridoio esterno ad aspettare, appoggiati alle ringhiere.
“Estetica” annunciò Leo con lo sguardo al cielo terso. “La materia teoretica che si occupa del bello artistico e naturale. Non vedo l’ora di iniziarla!”
Simon sembrava meno entusiasta. “Hanno detto che fa lo stesso programma da anni e che non è molto…”
“Coinvolgente”.
Si girarono verso la persona che aveva sia interrotto che completato la frase, Leo con sorriso enorme, Simon più rassegnato.
“Marco, da quanto!” lo salutò “Anche tu segui estetica?”
Il ragazzo, un loro coetaneo che aveva conosciuto l’anno prima che sembrava essere uscito da una squadra di football americana, annuì. “Sì, è in programma. Ma penso che seguirò solo il primo modulo visto il casino dell’anno sabbatico”.
Simon si staccò dal parapetto e si fece più attento. “Quindi è vero”.
“Che cosa? Che anno sabbatico?” domandò Leo.
“Non hai visto nel sito?” domandò Marco sistemandosi gli occhiali da sole sui capelli castani.
“Ovvio che no” lo precedette Simon, poi spiegò: “La professoressa da Novembre andrà in anno sabbatico, quindi il secondo modulo è stato rimandato nel prossimo semestre. Non so se hanno trovato un supplente”.
“No, non lo hanno trovato” garantì Marco.
Nel frattempo la gente che stava aspettando la lezione aumentava sempre di più, fino a diventare una vera e propria folla. Qualcuno era fermo perfino sulle scale ad aspettare e il brusio si era fatto più insistente.
“Ma a filosofia siamo stati sempre così tanti?” domandò Leo ridendo, l’ultima volta che aveva visto così tanta gente fuori da un aula in anticipo era alla prima lezione di Storia della Filosofia.
“Ma no, sono quasi tutti di Beni Culturali” rise anche Marco. “È un corso in comune. Per questo è poco entusiasmante, la professoressa non può entrare troppo nei dettagli”.
Simon fece una faccia esasperata. “Quindi è un corso mediocre”.
Al suo contrario Leo contrasse le sopracciglia e si agitò.
“Non ha senso partire prevenuti, magari sarà interessante. Nel programma ho visto Kant!”
Kant era l’eroe di Leonardo, era grazie a lui che aveva iniziato ad appassionarsi anche alla filosofia oltre che alla fisica e astronomia. Era rimasto affascinato dal suo realismo empirico al punto che aveva letto le critiche per conto proprio, capendole solo per metà. Purtroppo aveva dovuto riconoscere che lo stile di scrittura di Kant era piuttosto pesante e tutt’altro che piacevole, però sapere di affrontarne una in un corso lo aveva emozionato.
“Sì, Kant spiegato a chi non studia filosofia. Lo semplificherà” Simon distrusse tutte le sue aspettative con un solo commento.
“Non è detto” borbottò.
Sulle scale ci fu un gran scompiglio che attirò la loro attenzione, qualche studente protestò per essere stato malamente gettato contro il muro e un altro disse qualcosa di offensivo. La risposta acida che ricevette tolse qualsiasi dubbio su chi potesse essere la persona che aveva creato quel piccolo caos.
“Oh, ma ragazzi! Ci siete anche voi? Mica potevate scriverlo nel gruppo, no eh?”
Se Marco fece un sorriso ammiccante e Leo alzò una mano per battere il cinque alla ragazzina appena arrivata, Simon si chiese se valesse la pena aggiungere una nuova sagoma a quelle già sul cemento.
Nella sua vita aveva trovato poche persone prepotenti come Giada, la ragazza che si era fatta strada sulla calca con la forza. Forse prepotente non era la parola giusta, visto che si limitava a essere una ragazza molto schietta, con un forte orgoglio e nessuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa dagli altri, ma questo suo atteggiamento sfrontato la portava spesso ad attaccare briga con gli altri, esattamente come era successo con Simon. Non era bravo con le persone, raramente scendeva dal suo piedistallo per cercare di capire le ragioni errate degli altri e una cosa del genere caratterizzava anche Giada, che dall’alto della sua Torre d’Avorio fronteggiava chiunque senza cedere terreno. Avevano litigato così tante volte che ormai avevano rinunciato a intraprendere una conversazione civile.
Come l’anno scorso era accompagnata da un alto e sottile ragazzo vestito di nero da capo a piedi, un’espressione funesta sul volto magro. Aveva approfittato dello scompiglio creato dalla ragazza per fare le scale con calma senza essere oppresso dalle altre persone. Come al solito, attorno alla sua figura alleggiava un’aurea gelida a triste, quella caratteristica gli aveva fatto guadagnare il doppio nome di Dissennatore e Schopenhauer, di quest’ultimo condivideva anche il nome: Arturo.
Se con Giada era impegnato in una guerra irrisolvibile, al contrario Simon apprezzava sinceramente Arturo per il suo silenzio e il suo parlare solo dopo aver soppesato attentamente la situazione; le domande che faceva in classe erano sempre mirate e precise, spesso lasciando sorpresi e compiaciuti i vecchi professori.
“Sì, ho scritto questa mattina per sapere i vostri corsi” spiegò Giada agitando il telefono. “Meglio affrontarli insieme, no?”
Leo prese il proprio huawei scassato e con la pellicola protettiva distrutta. “Oh, non abbiamo visto. Sono quasi le dodici” annunciò rintascandolo.
“Dopo questo avete altro?”
Simon e Marco scossero la testa, mentre Leo annuì.
“Teoretica”.
“Anche noi” Giada ricambiò il sorriso. “Credevo lo avessi frequentato l’anno scorso”.
Leo sorrise imbarazzato. “Sì, ma… non ho dato l’esame. Non mi sono organizzato bene, preferisco seguirlo di nuovo”.
Con sorpresa Arturo prese la parola.
“Quest’anno porta Kant, secondo il sito. I suoi studi vertano soprattutto su di lui, potrebbe essere interessante”.
Simon si chiedeva come fosse possibile che Giada e Arturo girassero insieme, visto che erano perfettamente opposti per modi di fare. Erano migliori amici, secondo molti loro compagni uno dei due era innamorato dell’altro o altra, ma Simon era sicuro che tra quei due non ci fosse nessun interesse romantico, univoco o ricambiato che fosse. Erano semplicemente amici, inutile cercare di vederci qualcosa di più.
“Com’è Dal Farra?” continuò Arturo rivolgendosi direttamente a Simon. Si rigirava una sigaretta spenta fra le dita, sicuramente si chiedeva se avesse abbastanza tempo per fumarla e se ne valesse la pena.
Dal Farro era il professore di Teoretica, oltre a essere molto competente era affascinante nel modo di esprimersi, c’era solo una pecca nel suo metodo di insegnamento.
“È bravo, ma ripetitivo. Fatica a terminare il programma e ogni tanto divaga”.
“Ma le sue divagazioni sono interessanti!” protestò Leo.
Arturo lo ignorò. “È stato utile il corso?”
Fece una smorfia con le labbra. “Molto bello, ma al primo anno è difficile seguirlo, dà certe cose per scontato. Non dovreste avere problemi se avete seguito Pannacci”.
Leo rabbrividì a sentire il nome del Terribile Uno, il professore di Storia della Filosofia che faceva tremare chiunque sotto i colpi del suo esame.
“Seguito e sostenuto” s’intromise Giada con un sorriso ruffiano.
“Entrambi i moduli? Anche su Hegel?” chiese Leo, al loro annuire fece una smorfia. “Io ho dato solo la prima parte”.
Giada lo guardò divertita. “Neanche questo? Non sei un po’ indietro con i crediti?”
“Non proprio” s’imbronciò. “Ma quest’estate sono stato… impegnato”.
Simon preferiva non ricordare con chi fosse stato impegnato e fare cosa.
Arturo continuò a ignorare Leo, era l’unica persona del loro gruppo che non provava un’aperta simpatia per Leonardo, ma del resto oltre che con Giada sembrava andar d’accordo solo con Simon.
“Tu lo hai dato?”
Annuì.
“Com’è andato?” s’intromise Giada.
Non riuscì a evitare un sorrisetto compiaciuto. “Ventisette”.
Nonostante fosse sotto la sua media era comunque un traguardo, leggenda narrava che nessuno fosse riuscito a prendere trenta con lui, se non Hegel in persona, perciò ne era soddisfatto.
Il ghigno che fece Giada non gli piacque per niente. “Vent’otto”.
Fu davvero difficile soffocare l’istinto di strozzarla con le sue trecce bionde, l’idea che fosse andata meglio di lui in quell’esame era così difficile da mandar giù che gli faceva andare il sangue al cervello.
“Arti invece ha preso ventinove e Pannacci gli ha pure fatto i complimenti”.
Scrollò le spalle come se fosse un fatto poco importante. “Avevo studiato” liquidò la faccenda, sembrava essersi finalmente deciso ad accendere la sigaretta, ma proprio in quel momento la lezione nell’aula finì e gli studenti cominciarono a riversarsi fuori. L’aura depressa che lo circondava sembrò aumentare.
 “Comunque, io ho preso ventidue con Pannacci e non sono mai stato così felice in vita mia” decretò con fierezza Marco, poi entrò in aula.
 
 
 Sede di S. Sebastiano, giardino.
 
Le loro previsioni su Estetica si erano rivelate esatte. Il materiale messo a disposizione era davvero interessante e meritava il corso, ciononostante a Leo si erano rizzati i peli delle gambe quando la professoressa a aveva tentato di riassumere le prime due critiche di Kant per chi non lo conosceva bene. Alla fine delle due ore Arturo aveva decretato di darlo da non frequentante, Simon lo avrebbe imitato volentieri ma sapeva che Leo non glielo avrebbe mai permesso.
Si era già un po’ offeso perché non lo aveva accompagnato alla lezione di Teoretica, anche se non aveva senso per lui seguirlo visto che aveva già dato l’esame al suo contrario. Per questo aveva approfittato del caldo per pranzare nel giardino della sede di San Sebastiano, mentre Leo se ne stava dentro una delle aule: l’aula Padovan. Era seduto vicino la finestra, quindi da sotto l’albero di ulivo riusciva a intravedere il suo profilo mentre prendeva appunti e si incantava a guardare il professore.
San Sebastiano era la sede principale di filosofia e aveva un ampio cortile interno erboso, con tanto di alberelli, uno di essi era un ciliegio e in primavera avevano il piacere di vederne la fioritura. Gli studenti approfittavano del giardino e del caldo per stendersi sull’erba a mangiare, leggere o semplicemente chiacchierare. I più organizzati si portavano anche delle coperte, così sembrava sempre che all’interno dell’università si stesse organizzando un campeggio.
Simon era rimasto solo, perché Marco voleva andare alla mensa universitaria, lui invece stava mangiando il panino che aveva preparato la mattina e ascoltava musica. Forse dopo si sarebbe messo a controllare gli appunti di estetica, anche se ne aveva presi davvero pochi.
“Ehi, ciao”.
Non riconobbe subito la voce, ma quando spostò il viso dalla finestra verso la ragazza in piedi accanto a lui e la vide in viso la riconobbe subito. Lo stomaco gli si chiuse e non sentì più il bisogno di continuare a mangiare il suo panino.
Lucia era una ragazzina graziosa, dal volto ovale e la pelle liscia, con le labbra sottili e un caschetto di capelli color castagno. Era alta come Leo, ma per la sua gracilità sembrava molto più piccola, soprattutto perché tendeva sempre a stare con la testa bassa e in disparte nelle discussioni.
Le fece un cenno neutro con la testa pregando dentro di sé che non volesse sedersi lì, non tanto perché non la sopportasse, ma perché la sua presenza gli portava solo disagio.
Lucia si tolse la cartella e si sedette a gambe incrociate sull’erba.
Dovevo entrare a Teoretica con Leo…
Rimasero zitti per una manciata di minuti, nei quali Simon si sforzò di dare un altro morso al suo panino. Non era bravo a iniziare le conversazioni e odiava le frasi di circostanza, quelle fatte solo per tappare i buchi di silenzio.
“Così… hai iniziato anche tu oggi?” domandò Lucia strappando nervosa un filo d’erba, aveva una voce molto nasale. Indossava una gonnellina nera con le pieghe e una camicia senza maniche con una fantasia floreale, probabilmente doveva essere considerata carina dai suoi coetanei, ma per Simon era dimenticabile. Sapeva di essere cattivo a pensarlo, ma non trovava nulla di interessante a lei e non poteva farci niente.
Annuì e basta. Lucia non si lasciò scoraggiare dal silenzio,si morse le labbra e cercò di tenere in piedi la conversazione.
“Io oggi ho avuto il corso di Storia Romana, sembra interessante. Dovevo andare a Teoretica, ma ho fatto tardi. Spero che nella prima lezione non dica cose troppo importanti”.
Aveva tentato di parlare in modo spontaneo, ma il nervosismo nella sua voce era talmente palese che perfino lui si era sentito sulle spine. Rimase in silenzio visto che non sapeva che cosa si aspettava che rispondesse.
“Tu che corsi segui?”
Ah, questo.
“Per ora Estetica, Morale e Filosofia della Letteratura” snocciolò neutro.
“Oh, anche io seguo Morale” accennò un sorrise. “Chissà com’è”.
Scrollò le spalle e la conversazione – se davvero di poteva considerare tale – morì ancora. Lucia continuò a maltrattare i fili d’erba attorno a lei, lanciandogli di tanto in tanto uno sguardo.
“Fa davvero caldo, vero?” tentò un’ultima volta con un sorriso tirato.
“Abbastanza”.
“Dicono che la prossima settimana tornerà il freddo”.
“Speriamo”.
“È difficile seguire le lezioni con questo caldo”.
Fece spallucce e questa volta anche Lucia rimase in silenzio con espressione abbattuta;  tirò fuori il telefono e lasciò perdere ogni tentativo di conversazione. Pochi minuti dopo lo salutò e se ne andò verso le macchinette del caffè all’entrata, ne fu sollevato.
Non era cattiveria ma, oltre a sentire di non avere niente in comune con quella ragazza, da quando l’anno prima gli aveva fatto capire in modo esplicito di avere una piccola cotta per lui riusciva a provare solo disagio ad averla affianco.
Tanto per cominciare, non riusciva proprio a capire per quale motivo si fosse infatuata di lui dal momento che non avevano mai scambiato più di due parole. Sapeva anche di non essere una grande bellezza, non aveva nulla di speciale con i propri capelli castano scuro, gli occhi nocciola e il naso appuntito; i tratti del suo volto erano regolari, era vero, ma era uguale a quello di molte altre persone, in una folla non sarebbe mai spiccato sugli altri – cosa di cui era molto grato del resto. Non era nemmeno particolarmente gentile, stava sempre sulle sue e quando discuteva tendeva a imporre le proprie idee con troppa saccenza, quindi il suo essere intelligente finiva sempre per essere messo in secondo piano.
Ma al di là della sua incomprensione sul perché Lucia si fosse interessato a lui quando per anni nessuna ragazza lo aveva fatto, restava il fatto di fondo che non poteva e mai avrebbe potuto ricambiarla.
A Simon non piacevano le donne. Le apprezzava, ammirava la loro intelligenza quando ne facevano uso e le rispettava ovviamente, ma per quanto riguardava innamorarsi… erano fuori dai suoi interessi.
Aveva capito di preferire la sua stessa metà di cielo già durante il suo sviluppo adolescenziale, quando certe reazioni le aveva per Chris Hemsworth durante la visione degli Avengers che per Natalie Portman – tanto per fare un esempio. Non poteva dire di avere accettato serenamente la scoperta fin da subito, prima di ammetterlo a se stesso aveva dovuto affrontare un periodo di panico e negazione. All’epoca temeva ancora il giudizio del padre, ma dopo un po’ si era chiesto quale fosse il senso di nasconderlo: era lampante che fosse attratto dai maschi e non provasse nessun interesse per le femmine, fingere il contrario era controproducente e stressante. Non era un’informazione che tendeva a dare in giro, comunque, non aveva mai fatto coming out per varie ragioni: non voleva che a scuola potessero additarlo come diverso, che la sua famiglia potesse sconvolgersi e qualche professore bigotto gli mettesse i bastoni tra le ruote. Lo considerava un affare suo e suo doveva rimanere.
Nemmeno all’università, dove si poteva respirare un ambiante molto più aperto e inclusivo fra i suoi compagni, non lo aveva mai detto in modo esplicito. Era certo che qualcuno dei loro amici ci fosse arrivato, ma non era mai diventato argomento di conversazione.
Solo due persone avevano il privilegio di essere attivamente partecipi del suo segreto: Giovanni, che era riuscito a estorcergli l’informazione per sfinimento, e Arianna, con la quale invece tendeva a confidarsi con più spontaneità.
Leo no. Leonardo non lo sapeva e per quanto gli riguardava non c’era nessun motivo per dirglielo, quando invece ce n’erano tantissimi per tenerlo nascosti. Sapeva di poter dire al migliore amico qualsiasi cosa, che in qualsiasi caso sarebbe stato dalla sua parte, anche nel dover nascondere un cadavere, ma non in quella situazione.
 Fu distratto dai suoi pensieri dall’uscire scomposto degli studenti dall’aula Padovan, approfittando delle portefinestre per arrivare direttamente in giardino senza fare il giro lungo. Parlavano tutti in modo animato ed entusiasta, doveva essere stata una bella lezione. Cercò tra le teste quella arruffata del suo migliore amico senza alzarsi dall’erba, quando lo vide gli fece un cenno di raggiungerlo.
A Leonardo brillavano gli occhi azzurri e aveva lo sguardo sfuocato lontano, come se stesse seguendo le mille idee che gli affollavano il cervello, teneva il quaderno degli appunti in mano e la cartella pendeva da una sola spalla.
“È stata un’esperienza mistica” proclamò allargando finalmente le labbra in un sorriso enorme.
“Lo dici ogni volta” lo prese in giro.
Leo si gettò a sedere davanti a lui agitato. “No, no, è stata davvero grandiosa. Ho i brividi, guarda!” gli agitò davanti un braccio. “Ti mostro gi appunti che ho preso, dobbiamo assolutamente parlarne perché mi è venuto in mente che effettivamente non ho mai guardato le cose da questo punto di vista. Cioè…”
Il suo entusiasmo era più contagioso della peste del Trecento, Simon non aveva nessuna possibilità di salvarsi da quell’eccitazione travolgente. Quando Leo parlava di qualcosa che lo appassionava si illuminava come un piccolo sole e faceva risplendere anche chi gli stava vicino, era inevitabile sentirsi coinvolto da quelle parole e agitarsi allo stesso modo. Per Simon quella era stata la fregatura, perché il motivo principale per cui non poteva dirgli di essere gay era che ormai si era inesorabilmente innamorato di lui.
 
Venezia, da Campo S. Margherita a S. Giacomo dell’Orio.
 
I compagni di corso avevano chiesto loro se volevano fermarsi con loro a fare aperitivo per festeggiare l’inizio del nuovo anno accademico. Simon si era già rassegnato al dover passare l’intera serata in campo a sperare che nessuno vomitasse per i troppi spritz e far loro da balia; ma con sorpresa erano rimasti solo un paio di ore prima che Leo salutasse tutti dicendo che dovevano andare a casa.
“Abbiamo un impegno noi due” ghignò esaltato, Simon lo guardò confuso quindi spiegò meglio: “Oggi iniziano gli episodi doppiati di My Hero Academia! E quelli nuovi di Naruto!”
Non seppe bene come reagire a quella spiegazione, perciò non disse niente. Era appena sceso il buio, il sole era tramontato da poco e le calli erano illuminate solo dalle vetrine di alcuni negozi ancora aperti. L’aria continuava a essere calda però.
“Quindi dovremo lottare con Giovanni per il controllo della televisione” borbottò.
“No, non credo. Anche lui vorrà vederli” lo contraddisse più fiducioso, corrucciò lo sguardo. “Ma poi lui ha la televisione in camera, non capisco perché debba guardare quella in cucina”.
“Per darci fastidio, mi sembra ovvio”.
“Fastidio a te, vorrai dire” rise davanti all’espressione indisposta che fece. Si fermarono davanti alla vetrina della Ca’Foscarina per guardare i libri esposti.
“Dici che dovremmo comprare i libri di estetica?” domandò Leo.
“No, non credo. Cercherò dei pdf, oppure li fotocopio” fu la risposta prevedibile. “Ma da quello che hanno detto gli altri bastano anche solo gli appunti”.
Leo annuì. “Sì, ma la Critica del Giudizio penso di prenderla lo stesso”.
“Allora farò le fotocopie da te”.
Rise e lo colpì con una spallata. “Approfittatore” ridacchiò.
Andò avanti a salire l’ampio Ponte Foscari, Simon rimase volutamente indietro a guardarlo divertito. I suoi capelli rossicci e la stravagante camicia hawaiana lo distinguevano dal resto dei passanti come se avesse un cartello segnaletico puntato contro.
Lo scoprirsi innamorato di lui era stato per Simon un fulmine a ciel sereno dopo che si era imbambolato a fissarlo di spalle mentre era in calzoncini da corsa e piegato in avanti per allacciarsi le scarpe. Una vista decisamente molto illuminante.
Erano mentalmente ed emotivamente compatibili, per questo la loro amicizia funzionava alla grande nonostante la sua incapacità sociale, ma l’aggiungersi dell’attrazione fisica aveva cambiato le carte in tavola.
Simon aveva una cotta per Leo che persisteva tenace, ma aveva deciso fin da subito di non assecondarla, di non rischiare. Non solo perché Leo era etero e fidanzato con una ragazza che adorava, ma soprattutto perché erano amici, Leonardo lo considerava solo in quel modo, ed esporsi significava mettere a rischio quel legame a cui teneva tantissimo. Era vero, Simon era innamorato di lui, ma prima di ogni altra cosa Leo era il suo migliore amico, perciò non aveva nessuna intenzione di mancare ai suoi doveri. Quell’infatuazione prima o poi sarebbe passata e tutto sarebbe tornato a posto, o almeno ci sperava.
“Sy! Che ci fai ancora lì?”
Simon si riscosse, Leo aveva raggiunto la cima del ponte mentre era perso nelle sue elucubrazioni. Quella infatuazione doveva passare, anche se ormai erano mesi che si sentiva in quel modo, aveva sperato che la separazione delle vacanze estive potesse risolvere tutto. A giudicare il modo in cui si incantava ancora a fissarlo e di come si sentisse felice a stare con lui non doveva aver funzionato.
“Mi deprimo” rispose ironico nel fare il primo gradino, anche se non era affatto lontano dalla verità.
“Puoi farlo anche a casa, muoviti che rischiamo di perderci il primo episodio” pretese incrociando le braccia al petto.
“Non urlare” socchiuse gli occhi e sospirò. “Arrivo, piccolo tiranno”.





 
 

Note:

1.     Qui la canzone.
 
 
Ehi!
Come potete notare sono tornata e penso di tenere – per ora – questo ritmo di un aggiornamento a settimana il martedì, ho abbastanza capitoli pronti quindi dovrei farcela anche con tutti gli altri impegni^^
Cominciamo a entrare un po’ più dentro la vita dei nostri due fanciulli, conosciamo un po’ di personaggi nuovi e abbiamo qualche confessione del tutto scontata (Simon, si vede lontano un miglio che stai sotto un treno)
Sopra potete vedere un mio disegno di Simon, proverò a lasciare un disegno dei personaggi sotto ogni capitolo :)
Ringrazio chi ha letto capitoli, le belle persone che hanno recensito (srsly, love you guys) e spero che anche questo non abbia deluso le aspettative^^
Alla prossima settimana <3
Hatta
   
 
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