Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Kuro Nekomiya    29/11/2018    5 recensioni
«Che diavolo stai cercando di fare?» Tuonò la ragazza dagli occhi di fuoco, tenendolo d’occhio.
Kisshu non disse nulla e, in risposta, si lanciò su di lei come un felino, cogliendola di sorpresa.
La fece arretrare di pochi passi fino a farla scivolare sul letto alle sue spalle, immobilizzandole prontamente i polsi.
Lei grugnì, fissandolo con astio. Ogni scusa era buona per metterle le mani addosso...
«Che faccio? Fraternizzo con te...» Mormorò l'alieno, con voce che a Suguri parve a tratti arrogante. «...ormai siamo complici, no?» Le chiese allusivo, puntando gli occhi nei suoi.
«Che cosa intendi dire?» Soffiò la ragazza, sorpresa.
Lui ridacchiò divertito a quella domanda.
«Che ne dici...ti va di far parte del terribile duo
**Storia soggetta a cambio di rating**
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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VIII.
Squirming.









MewMinto lanciò uno sguardo sull'orizzonte, scoprendo come il sole fosse ormai quasi tramontato del tutto.
Sospirò lentamente, mentre una strana tensione le saliva dal petto fino alla gola.
Il suo cervello era ancora bloccato a pochi attimi prima quando, giunta alle coordinate indicate da Shirogane assieme a MewIchigo, aveva scoperto che il Chimero apparso in un parco cittadino era già stato sconfitto.
Faticava ad ammetterlo a se stessa, ma a quella constatazione aveva provato sollievo.  
Pensare che qualcuno si fosse sbarazzato di un mostro al posto suo la faceva stare meglio...
Non le piaceva combattere.  
Ne aveva paura e la metteva a disagio.
Se provava ad essere ragionevole, quella era la reazione più logica che si potesse avere: aveva il sacrosanto diritto di provare quel genere di sentimenti!
Tuttavia, in fondo al suo cuore sentiva che la sua paura andasse esorcizzata a dovere, fosse anche con la forza. Fosse anche solo servendosi della tempra mentale che sapeva di avere.
Là, da qualche parte dentro di sé...
Doveva solo capire come usarla, o sarebbe stata condannata a convivere con quell'ansia a vita.
«MewMinto! Credo che ci siamo quasi!» Esclamò decisa MewIchigo al suo fianco, inclinando le orecchie pelose verso il basso.
La Mew bird si ridestò dai suoi pensieri, prestandole attenzione.
Vide l'amica alzare il braccio sinistro ed indicare con l'indice un punto di fronte a lei.
«Quello dev'essere l'Istituto Okumura. Guarda!» L'avvertì ancora, notando degli strani fasci luminosi sul tetto della scuola, ad ore dodici rispetto alla loro posizione.
La ragazza con gli chignon lanciò uno sguardo all'edificio e i suoi occhi cobalto inquadrarono dei sospetti tentacoli muoversi in aria.
Sospirò di nuovo.
Eccolo là, pensò stizzita.
Non poteva che essere il Chimero.
Strinse le labbra, mentre a grande velocità s'avvicinavano al punto prestabilito e i tentacoli diventavano via via sempre più nitidi, rivelando una superficie lucida e riflettente, quasi fluida.
Scosse la testa.
Qualcosa non quadrava in quella situazione...
Una domanda le ronzava in testa di continuo.
Perché un Chimero avrebbe dovuto trovarsi in un istituto scolastico dopo l'ora di chiusura?
Era improbabile che ci fosse ancora qualcuno all'interno.
Attaccare lì non dava nessun vantaggio...non rendeva nessun beneficio.
Anche se, in effetti, ancora non conoscevano le reali intenzioni degli alieni...
MewIchigo fece l'ennesimo, agilissimo balzo, ed atterrò a piedi saldi sul tetto dell'edificio. MewMinto la seguì a ruota, planando fino a terra accanto a lei.
Entrambe concentrarono la loro attenzione sulla piscina, da cui provenivano quelli che, contrariamente a ciò che avevano precedentemente ipotizzato, non erano affatto tentacoli, ma piuttosto fruste d'acqua.
Queste si libravano in aria quasi come se fossero dotate di vita propria, animate da una poderosa magia.
Di quali poteri era capace l'avversario che dovevano affrontare, questa volta?
Apparentemente, sembrava un osso duro...
La ballerina picchiettò la spalla della compagna e la richiamò, invitandola ad osservare meglio.
Le colonne d'acqua venivano mosse da qualcosa che si trovava sul fondo, visibile persino da lì. Brillava debolmente di luce propria.
La Mew gatto s'avvicinò un po' di più, con prudenza, suggerendo a MewMinto di restare indietro.
Mew Minto annuì e scelse di indietreggiare, per cercare di avere una visione più chiara del loro campo di battaglia.
S'accorse immediatamente, facendo scivolare i piedi a terra, di quanto il pavimento fosse bagnato: intere pozzanghere d'acqua inzuppavano le piastrelle polverose della superficie, ed era certa che non provenisse tutta dalla piscina.
Quel Chimero doveva essere in grado di generare acqua.
S'accostò alla porta spalancata di fronte alla piscina, cinque o sei metri distante da essa, e lanciò casualmente un occhio oltre le ante aperte.
Sussultò angosciata non appena inquadrò le figure di tre ragazze in divisa scolastica accasciate sul pavimento.
Si portò le mani alla bocca.
«MewIchigo! Qui ci sono delle ragazze incoscienti!» Esclamò.
Senza pensarci troppo, le raggiunse di corsa e s’inginocchiò a terra. Scosse con delicatezza una studentessa dallo spettinato caschetto scuro che se ne stava a pancia e faccia in giù, tramortita.
Appena qualche secondo dopo questa tossicchiò dolorosamente, espellendo acqua dalla bocca.
«Ehi! Stai bene?» Domandò la Mew Mew al suo indirizzo, senza ricevere però risposta.
Doveva essere svenuta.
La ragazza con gli chignon diede un occhio anche alle altre due stese a terra, auscultandone il petto. Tirò un sospiro di sollievo quando udì in entrambe un regolare, seppur flebile, battito cardiaco.
Si rimise seduta, puntando questa volta lo sguardo in direzione della piscina. S’accorse immediatamente della sottile frusta d'acqua in procinto di colpire MewIchigo, del tutto inconsapevole.
La sua amica aveva un udito finissimo.
Come riusciva ad eluderlo?!
Non l'avrebbe evitata in tempo.
«MewIchigo!» Gridò allora, nel tentativo di avvisarla.
La Mew rosa si voltò istantaneamente al suo richiamo, ma riuscì solamente a vedere con la coda dell'occhio l'ostacolo diretto verso di lei.
La frusta d'acqua la colpì in pieno sulla schiena, sbalzandola contro la rete di protezione del tetto.
La ragazza incassò il colpo e gemette, crollando a terra in ginocchio.
«MewIchigo!» Strillò nuovamente MewMinto, scattando di corsa in avanti.
Quel mostro maledetto ne avrebbe approfittato per attaccare nuovamente la sua amica e finirla...
Non l'avrebbe permesso!
Percorse velocemente la distanza che la separava dalla piscina e dalla Mew rosa, ma all'ultimo passo piantò con troppa foga il piede a terra e la suola scivolò, facendola sbilanciare all'indietro.
Tentò di raddrizzarsi come poteva per evitare una pessima caduta, ma un tentacolo del Chimero le fu addosso in un attimo, pronto a colpirla.
L'acqua la scudisciò dritta nella zona dei lombi, facendola volare in aria con inaudita violenza.     
Una smorfia le piegò il volto, mentre le labbra spiravano un gemito di dolore e il suo corpo veniva lanciato a quasi dieci metri d'altezza.
L'aria le sferzò in faccia per pochi secondi, prima che la gravità la riportasse giù di peso. Un senso d'angoscia le fece tremare le viscere quando lanciò uno sguardo al suolo, riscoprendolo più vicino che mai.
Stava precipitando in picchiata.
Esattamente come l'ultima volta, quando Kisshu l'aveva gettata dal tetto...
MewMinto strinse i denti ed aggrottò la fronte, provando a ricordare le sensazioni di quel momento.
Incrociò le braccia al petto e si raddrizzò, muovendo le sue ali.
Sentì i muscoli bruciare senza successo.
Erano come bloccate, appesantite, inzuppate fino all’ultima piuma...
Gli occhi le stavano per lacrimare dalla disperazione, ma non poteva mollare...
Avanti!
S'incitò tra sé e sé, dandosi un'ultima spinta.
Grazie a quel coraggioso sforzo riuscì a direzionare la planata e a raggomitolarsi su sé stessa, dando le spalle alla piscina ricolma d’acqua.
Provò ancora pochi attimi di terrore, prima di sprofondarvicisi dentro.
L'acqua l'avvolse completamente, più fredda di quanto pensasse, bagnandola da capo a piedi.

Abbozzò un mezzo sorriso.
Non ricordava attimo più felice in vita sua.
Era salva...e non s’era quasi fatta nulla.
Si portò una mano al viso e afferrò il naso tra le dita, tossicchiando per l’impatto che aveva appena subito il suo corpo. Si raddrizzò alla bell’è meglio con il busto e sbattè le palpebre velocemente: aveva bisogno della vista per individuare il Chimero e sfuggire ai suoi colpi.
Secondo i suoi calcoli doveva trovarsi tragicamente vicina a lui, praticamente nelle sue fauci…
Quel pensiero la fece rabbrividire, incoraggiandola ad aprire subito gli occhi.
Lo stupore la invase quando l'acqua della piscina, tra le più trasparenti che avesse mai visto, le permise di delineare chiaramente la sagoma di una figura umana.
Se ne stava immobile sul fondo, in maniera assolutamente innaturale, raccolta in posizione fetale.
Lunghe antenne bianche spuntavano dalla sua testa, sbucando da ciuffi di capelli color verde acceso che ondeggiavano piano al flebile movimento della corrente.
Sul suo volto luccicavano occhi verdi e spiritati che la guardavano fissa, senza mai distogliere l’attenzione.
La Mewbird ne rimase ipnotizzata per alcuni attimi, avvertendo un senso d’angoscia.
Quello non era un Chimero, e di questo era sicura, ma…
Non era altrettanto sicura delle sue intenzioni, e quel fatto la prendeva in contropiede, paralizzandola letteralmente.
Soffermò lo sguardo più in basso, cercando di non pensarci, e un minuscolo dettaglio attirò la sua attenzione.
Sul petto di quella creatura, poco sotto la linea delle clavicole, una piccola voglia ovale brillava di luce propria.
Un piccola voglia formata da due affusolate code di sirena…
Un Mew Mark?!
A quella constatazione, MewMinto sgranò gli occhi e si sentì mancare il respiro.
Annaspò con le braccia e si tirò fino in superficie, ritrovandosi una mano guantata ad afferrarla per darle un aiuto.
«MewMinto!» Esclamò la Mew gatto, tirandola di peso più vicina al bordo e in seguito, spingendola fuori dall’acqua.
La Mew azzurra le lanciò uno sguardo pieno d’apprensione mentre un senso di nausea, dovuto all’apnea prolungata, le opprimeva la testa.
«Ti senti bene?! Il Chimero ti ha aggredita?» Chiese la ragazza dai capelli rosa, prendendola per le spalle.
La ballerina esitò per un attimo a rispondere, una mano premuta sul petto ansante.
«Non è un Chimero...» Disse lei a mezza voce, «È il terzo componente della squadra, MewIchigo...» Aggiunse poi, sospirando.
I grandi occhi dell’amica si spalancarono ancora di più a quelle sue parole.
«Cosa? Ma...» Balbettò, indietreggiando ulteriormente e tirandola con sé, allontanandola prudentemente dalla piscina. «Ci sta attaccando!» Affermò con più enfasi.
MewMinto annuì e si massaggiò la schiena, che ancora bruciava per il colpo subito in precedenza.
«Lo so, ma...ci deve essere un motivo...» Biasiscò tra i denti.
Già, ne era sicura...
Nonostante avesse guardato a fondo negli occhi di quella ragazza, non era riuscita a provare davvero paura…
Si era trovata a pochi centimetri da lei, ma aveva scelto di non attaccarla.
Doveva pur voler dire qualcosa…
Sospirò, stringendosi nelle spalle.
I capelli le gocciolavano sulla faccia ed era fradicia dalla testa i piedi. Aveva brividi di freddo lungo tutti i lembi di pelle che la sua divisa lasciava scoperti e gli stivali zuppi d’acqua, ma...
Per la prima volta da quando erano arrivate lì, si sentiva meglio.
Se non si trattava di un mostro, sentiva di poter fare qualcosa...
Non era costretta a combattere. Non avrebbe combattuto contro una sua alleata...
«Dobbiamo farle cambiare idea!» Propose allora la Mew azzurra, piegando le sopracciglia in un’espressione più determinata.
MewIchigo annuì debolmente, prima di lanciare uno sguardo oltre le sue spalle, per tenere d’occhio le fruste che fuoriuscivano dalla piscina.
Queste scomparvero all’improvviso sotto i suoi occhi prima di lasciare il posto ad un’oblunga massa d’acqua che s’alzò dalla vasca, e s’aprì sulla sua cima come i petali di un fiore. I petali si fusero piano tra loro nella forma di una sfera cava, al centro della quale comparve una ragazza letteralmente seduta su di essa.
MewIchigo si concentrò su di lei, stupita e curiosa di conoscere il volto del presunto nuovo membro. Non riusciva a capire da quale animale avesse acquisito i poteri, ma quell’abito color verde scuro era una divisa da battaglia similissima a quella che indossavano a loro volta.
«È una Mew Mew!» Esclamò a quel punto MewIchigo, facendo alla compagna un segno d’assenso.
Strinse le labbra, cercando di riflettere su quale strategia adoperare.
Non si trattava di sconfiggere un nemico, ma…
«Andatevene!» Gridò la Mew verde in loro direzione, tendendo le braccia lungo i fianchi e mostrando alle due ragazze le sue nacchere magiche.
A quel punto, grazie al rinnovato coraggio ispirato dalle parole della compagna, MewIchigo fece un passo avanti con decisione, senza abbassare lo sguardo.
«Non lo faremo!» Dichiarò, stringendo i pugni.
MewMinto le si affiancò.
«Ci devi delle spiegazioni!» Aggiunse lei, dandole manforte.
La Mew Mew le osservò dall’alto del suo trono sospeso in aria, senza cambiare espressione alcuna.
«Peggio per voi.» Asserì flebilmente, muovendo le dita sulla liscia superficie delle sue nacchere. «Ribbon Retasu Rush!» Formulò, e strepitose colonne d’acqua fuoriuscirono da esse.
La Mew gatto e la Mew uccello rotolarono in due direzione opposte, evitando all’ultimo il suo attacco.
L’acqua rimbalzò a terra ma non si fermò, continuando ad inseguirle.
MewIchigo riuscì ad evitare il contraccolpo schizzando in alto con un salto, mentre MewMinto fu suo malgrado colpita, questa volta alla spalla sinistra.
Ruzzolò malamente a terra, non prima di essersi protetta alla bell’e meglio dalla caduta portando le braccia in avanti.
«Ora tocca a te!» Esclamò allora MewRetasu, facendo convergere il potere delle sue armi su MewIchigo.
La colonna d’acqua fu molto più potente e veloce della precedente.
La leader reagì appena in tempo, tendendo in avanti la sua Strawberry Bell.  
La campanella emise uno schiocchio di luce, attivando uno scudo di difesa impalpabile che andò a contrastare l’attacco della nemica.
Se ne stupì, mentre sentiva rifluire in sé un fiume d’energia.
«Perché ci attacchi? Sei una di noi!» Le chiese la Mew rosa, accoratamente.
A quel quesito, MewRetasu ebbe un impercettibile attimo di smarrimento, che coprì subito rafforzando la forza del suo Retasu Rush.
Questo le bastò per superare le difese della Strawberry Bell di MewIchigo e colpirla  in pieno petto, facendola indietreggiare di parecchi metri e cadere nuovamente contro la rete di protezione del tetto.
Lei si aggrappò alle maglie di metallo per rialzarsi dalla posizione vulnerabile in cui si trovava, un brivido di freddo su per la schiena.
Lanciò uno sguardo a MewMinto, nuovamente sulle sue gambe, l’arco teso verso l’ennesimo attacco della Mew verde.
Una freccia luminosa colpì uno dei fasci d’acqua pronti a colpirla, e questo bastò a renderlo innocuo, deviandolo verso il cielo ormai buio.
Nuovi, ripetuti attacchi emanarono dalle nacchere della Mew avversaria, dando vita alle colonne di poco prima.
Le due Mew Mew, che avevano ormai preso il ritmo, mantennero vigile l’attenzione e riuscirono ad evitarle o a neutralizzarle una dopo l’altra.
«MewMinto! Non me la sento di attaccarla!» Gridò MewIchigo, sfuggendo ad una delle fruste d’acqua.
«Nemmeno io!» Replicò MewMinto, percorrendo il perimetro della piscina per evitare nuovi colpi.
Dovevano trovare un modo per farla desistere…
Cosa spingeva quella ragazza ad agire in quel modo?
Si soffermò sulla sua figura, piuttosto che sulle fruste d’acqua lanciate dalle sue nacchere. Nonostante la concitazione della battaglia, il suo corpo era teso ed immobile. Gli occhi smeraldo che aveva visto sul fondo di quella piscina erano ora ricolmi di rabbia e lucidi di pianto.
La sua espressione, accigliata ed affaticata, sembrava nascondere qualcosa di incontrollabile.
Una rabbia così crudele da farle male...
Non poteva andare avanti così all’infinito...si sarebbe spezzata in due.
«Ehi!» La richiamò MewMinto, rivolgendosi a lei.
MewRetasu si voltò in sua direzione ed abbassò le nacchere, osservandola con sguardo duro e penetrante.
Ottenuta la sua attenzione, la Mew uccello non aggiunse altro e si diresse rapidamente sul lato anteriore della piscina, di fronte alla sua interlocutrice.
Si guardarono per lunghi secondi, in silenzio.
«MewMinto?» La richiamò confusa MewIchigo, fermandosi a sua volta.
La compagna le lanciò un lieve cenno d’assenso, suggerendole di lasciarla fare, poi tornò a focalizzare la sua attenzione sulla Mew focena.
«Sei...parecchio arrabbiata, vero?» Le chiese, facendo una pausa.
MewRetasu si ritrasse un po’, ma non rispose.
«Riconosco quel genere di sguardo...la tua rabbia è così incontenibile da non poterla controllare, non è così?» Insistette ancora.
A quelle parole, notò sul suo volto un primo, lievissimo cenno di cedimento.
«Io e la mia compagna siamo qui per te. Siamo venute per aiutarti, quindi...» Mormorò, aprendo le braccia.
Abbassò lo sguardo e scosse la testa, esitando per un attimo a continuare.
Stava per dire qualcosa di davvero forte e non ci sarebbe stata possibilità di tornare indietro. «Sentiti libera di colpirci pure quanto più ti aggrada. Giuro sulla mia famiglia che non ci difenderemo!» Aggiunse, tornando a guardarla. Gli occhi color zaffiro sembrarono trasformarsi in brace per la determinazione che vi si celava.
Quelli della Mew focena si fecero invece sbarrati. Il suo corpo si freezò, come se non avesse il coraggio di muovere un singolo muscolo.
MewIchigo sospirò e le si avvicinò, posizionandosi di fianco a lei.
Si portò le mani ai fianchi e si rivolse a MewRetasu, impettita e sicura.
«MewMinto ha ragione! Quando ti sarai sfogata abbastanza, scioglieremo la trasformazione tutte assieme e ti riaccompagneremo a casa.» Concluse la Mew gatto al suo posto, facendole un cenno d’assenso con il capo. «D’accordo?» Propose infine, guardando MewRetasu con occhi rassicuranti.
Allungò un braccio verso quello della compagna e le afferrò la mano, guardandola di sottecchi.
L’empatia e la sensibilità dimostrate da MewMinto l’avevano stupita, e nonostante l’avesse supportata non aveva molta voglia di farsi prendere a pugni…
«MewMinto...ne sei sicura?» Le domandò, non del tutto tranquilla.
«Si, MewIchigo. Siamo una squadra, e...» S’interruppe, lasciandosi andare ad un sospiro, «...dobbiamo imparare a condividere tutto con le nostre compagne, anche la rabbia e il dolore...» Terminò poi, voltandosi verso MewRetasu.
Quest’ultima le guardò entrambe a lungo, avvolta nel completo mutismo. Quel silenzio venne interrotto solamente dal fruscio di acqua corrente dei fasci sprigionati dalle sue nacchere, ancora sospesi in aria.
Poi si coprì il viso con le mani, lasciandosi andare ad un pianto pieno di singhiozzi.
Fece scomparire i fasci d’acqua sospesi e rimodellò nuovamente la sfera d’acqua, facendosi spingere con essa fino al bordo della piscina, dove ripoggiò infine i piedi a terra.
«Mi dispiace...» Biascicò lei, con voce rotta, singhiozzando disperatamente. «Non volevo fare del male, io...» Aggiunse, tremando tutta.
Le Mew Mew le si avvicinarono piano, intenerite. Erano entrambe sollevate di essere riuscite a calmarla. La Mew verde, dal canto suo, visibilmente in stato confusionale, si limitò a piangere a dirotto senza essere in grado di aggiungere altro alle parole già pronunciate.
MewIchigo percorse i passi che la dividevano da lei e le cinse le spalle con delicatezza, tirandola a sé.
«È stata dura, ma ora è tutto finito...» Le sussurrò per darle conforto, accarezzandole adagio la testa.
La Mew azzurra si strinse nelle spalle e osservò la scena in disparte, ticchettando nervosamente con un piede a terra.
MewIchigo era molto più adatta di lei per quel genere di cose...
Tirò un sospiro, tenendosi la testa con una mano.
Ora che la tensione della battaglia era rifluita via, si sentiva senza energie.
Non solo aveva combattuto, ma...aveva appena compiuto una follia bella e buona. S’era affidata al caso senza fare troppi calcoli, e lei non era affatto il tipo da agire in maniera tanto sconsiderata...
Eppure, nonostante tutto si sentiva più leggera…
Probabilmente avrebbe potuto fare di meglio, ma non si era pentita della sua scelta. Le sarebbe servita da lezione…
Si concentrò ancora sulla Mew focena, intenta a ricambiare timidamente l’abbraccio della Mew Mew dai capelli rosa, continuando a frignare contro il suo collo. Sorrise nuovamente mentre, con i polpastrelli, ripercorreva la spalla lesa dal Ribbon Retasu Rush.
Le faceva male, ma…
Le sarebbe servito da lezione.
Anche solo un po’...
«Allora ne è davvero valsa la pena...» Mormorò tra sé e sé, serena.
«Hai detto qualcosa?» Le domandò MewIchigo, abbracciata ad una Retasu ancora parecchio turbata.
MewMinto sorrise. «Niente di importante...» Rispose lei, porgendo la mano alla loro nuova compagna. «Torniamo a casa.»




***




Da quella mattina non faceva altro che seguirla.
Dopo l’altra notte, l’aveva riconosciuta…
La guerriera dai lunghi capelli neri che aveva sconfitto il suo chimero lucertola non era altri che la Bambolina, quella che aveva scorto al parco il primo giorno che era approdato sulla Terra.
Quella che aveva tastato da vicino…
In effetti, doveva immaginarselo…
Una tipa del genere non poteva che far parte di quel gruppo di ragazzine vagamente fastidiose.
E ovviamente, quello lo stimolava ancora di più...
Voleva assolutamente reincontrarla.
Si era scervellato a lungo su come poterla scovare in una città sovrappopolata di esseri umani senza farsi scoprire.
Non potendo servirsi di un Chimero, con il quale non avrebbe ottenuto gran ché, aveva optato per ritornare al luogo dove si erano incontrati la sera prima.
L’idea più semplice, a volte, si rivelava essere la migliore...
S’era appostato su uno degli alberi più grandi di tutto il parco fin da prima dell’alba, ed era rimasto lì a godersi la piacevole quiete mattutina.  
Fin quando non l’aveva rivista.
Il sole era già alto. S’era fermata per un lungo paio di minuti ad osservare, con sguardo indecifrabile, il luogo dove s’era consumata la battaglia, stando attenta a non oltrepassare una certa distanza di sicurezza.
Poi se l’era filata via, a passo spedito.
Aveva aspettato quell’occasione per ore.
Decise di seguirla con la massima cautela possibile, tenendola d’occhio dall’alto.
Kisshu sorrise tra sé e sé.
Da lassù, sembrava poco più che una palletta scura, e invece...
Quanto le nascondeva?
Non era cosa nuova per lui inseguire le ragazze, ma questa volta era diverso.
Aveva una sfida aperta con lei, e di certo non aveva nessuna voglia di perderla.
Starle alle calcagna gli era sembrato un ottimo espediente per scoprire il suo nome, oltre che un gioco particolarmente interessante…
Abbassò lo sguardo su di lei per l’ennesima volta in quei pochi minuti, vedendola oltrepassare un’apertura a vetri trasparenti e scomparire dentro un edificio.
L’incessante via vai sulla porta spinse l’alieno ad ipotizzare che fosse un luogo di estrema importanza per gli umani.
L’alieno fece spallucce, senza interrogarsi troppo sulle abitudini dei terrestri e scese così a terra, oltrepassando l’accesso a piedi.
D’altronde, se voleva seguirla non aveva scelta…
Ignorò accuratamente gli sguardi silenziosi puntati addosso a lui, cacciò le mani nelle tasche dei pantaloni e si concentrò con discreta curiosità su ciò che gli si parò davanti.
All’interno, fioche luci al neon rimbalzavano su asettiche pareti bianco lucide, tappezzate di pubblicità ed insegne colorate.
Caotici sciami di persone d’ogni età si muovevano rapidi ed inquieti da un lato all’altro dell’edificio, incanalandosi in ordinate file di fronte a bassi aggeggi di metallo che bloccavano loro l’accesso all’area successiva.
Vide gli umani farsi strada e sorpassarli facendo scorrere delle tessere plastificate su di un sensore, che di volta in volta emetteva un bip sonoro.
Varchi a riconoscimento.
Le chiacchiere di sottofondo, lo scalpiccio incessante delle suole contro il pavimento, lo strofinio metallico delle sbarre che entravano e uscivano dagli obliteratori e lo stridio che sentiva rimbombare in lontananza lo stavano quasi facendo impazzire.
Quel posto era troppo rumoroso per i suoi gusti...e poi, cosa c’era oltre quegli accessi?
Persino la Tigrotta era passata di lì ed era in procinto di scomparire in uno dei corridoi che s’aprivano al di là del suo campo visivo.
«Non mi sfuggirai...» Mormorò a voce bassa, prima di avvicinarsi rapido ad uno dei tornelli e scavalcarlo con un balzo.
Procedette, confondendosi tra la folla.
Nonostante fosse mattino presto, tutti sembravano troppo indaffarati, del tutto concentrati su quello che stavano facendo.
Sapeva di avere sembianze lievemente diverse da quelle umane, ma nessuno sembrava farci caso.
Che sulla Terra fossero tutti irrimediabilmente idioti?
Scrollò le spalle a quel pensiero, continuando a seguire la ragazza lungo quel dedalo di corridoi sempre uguali. Superò a sua volta l’ennesimo varco, penetrando all’interno di una galleria sotterranea. Una ventata d’aria calda lo colpì al viso e uno stridio decisamente assordante lo investì, provocandogli un certo fastidio all’udito.
Di fronte a sé, un treno dalla scocca argentata e dai numerosi vagoni con ampi finestrini in vetro sulle fiancate, sostava su quelle che parevano a tutti gli effetti delle rotaie.  
Vedendo la ragazza salirci sopra, Kisshu non ebbe scelta se non fare lo stesso. Percorse deciso la distanza che lo separava dal mezzo s’infilò con nonchalance nel vagone adiacente a quello della Mew Mew. Sgusciò velocemente verso la facciata del vagone opposta alla porta aperta e si appropriò di una piccola porzione di parete vuota dove poter stare tranquillo.
Vi ci appoggiò la schiena, restando immobile, gli umani che pian piano percorrevano i suoi stessi passi e riempivano il suo campo visivo.
Si celò meglio dietro una donna, un paio di uomini e un gruppetto di ragazzine, lasciando libero al suo sguardo soltanto uno spiraglio alla sua sinistra.
La sezione che divideva i due vagoni gli permetteva di spiare comodamente la sua preda, voltata di spalle rispetto a lui.
Un sorriso obliquo si dipinse sulle sue labbra mentre il suo sguardo ne squadrava il profilo da capo a piedi.
Percorse con lento piacere le onde disegnate dalle sue gambe, fasciate in sensuali collant scuri che lasciavano intravedere la sua pelle, fino a giungere al bordo della minigonna scarlatta che indossava.
Vi ci soffermò per secondi quasi interminabili, fremendo tra sé e sé.
Se solo avesse potuto spogliarla con gli occhi...*
Gli era tornata alla mente la deliziosa sensazione della sua pelle nuda sotto le sue dita.
Quanto gli era piaciuto...
Voleva stuzzicarla ancora...e avrebbe aspettato il momento giusto per farlo.
Nel frattempo, si sarebbe goduto la vista...
Un cicalino fastidioso, simile ad un allarme, risuonò, distraendolo bruscamente dai suoi pensieri.
La porta ad ante scorrevoli da cui era entrato si richiuse, ed il mezzo ingranò la corsa, proseguendo attraverso un labirinto di gallerie sotterranee senza sbocchi verso l’esterno.
Che desolazione…
Si ritrovò a pensare, incupendo lo sguardo.
Quei muri scuri, quelle luci tristi e fredde...gli ricordavano i cunicoli rocciosi di Evemeth, scavati nel sottosuolo del suo pianeta.
Erano pochi gli addetti autorizzati ad accedervi.
Lui aveva avuto la sfortuna di percorrerli solo pochi anni fa, quando era bambino.
Quando era stato strappato a forza dal luogo in cui era cresciuto, quando aveva assistito a scene terribili
Ripensarci gli dava ancora i brividi...
Lui e pochi altri ragazzini, tra cui Fen e Jad, vennero prelevati da alcuni tizi dell’esercito governativo e condotti in malo modo in un treno adibito al trasporto merci. Se chiudeva gli occhi, riusciva persino a ricordare…
Ficcati dentro ad un vagone buio ed usurato dal tempo trascorsero il viaggio in silenzio, troppo impauriti per parlare...
Scosse energicamente la testa.
No, no e ancora no.
Non c’era nessun motivo per cui dovesse fossilizzarsi su pensieri simili.
Era inutile che cercasse quelle stupide analogie.
Non era una cosa da lui, in effetti…
Provava nostalgia...per Evemeth?
Per quella claustrofobica realtà che chiamava erroneamente casa?
Eppure, in certi momenti sentiva di odiarla così tanto…
Ma non riusciva a distogliere lo sguardo.
Dannazione…
Imprecò mentalmente, battendo con impeto un pugno contro la parete del vagone.  
Adesso, così come allora...si sentiva schiacciato dal peso delle sue responsabilità.
Non riusciva nemmeno più a capire se era lui che se le era scelte o se, per uno strano scherzo del destino, erano loro che avevano scelto lui.
Così...intoppato in un circolo senza uscita, a cui di tanto in tanto sfuggiva...
Abbassò le palpebre e tirò un sospiro profondo, nel tentativo di darsi una calmata. Ruotò gli occhi, attento a non perdere di vista il motivo per cui era lì.
Il suo attuale passatempo...
Concentrarsi su di lei lo aiutava a distrarlo.
Si morse il labbro, respirando appena.
In fondo era per quello che l’aveva provocata.
Era per quello che l’aveva seguita...
Era per quello che stava facendo una cosa così assurda come salire su un treno pieno zeppo di umani, mischiarsi tra loro, adeguarsi al loro modo di agire per non destare sospetti...
Prima o poi avrebbe scoperto chi e cosa fossero quelle strane ragazzine che ostacolavano i suoi piani.
Poco dopo, per la terza volta da quando era salito, il treno rallentò, pronto ad approdare alla prossima stazione.
Arricciò il naso non appena vide la mora avanzare verso l’uscita del suo vagone.
Finalmente poteva uscire di lì.
Kisshu si sbilanciò in avanti, raggiungendo in pochi secondi la porta.
Lei schivò gli individui sulla sua strada e proseguì rapidamente verso le scale che conducevano all’esterno.
Capendo quello che voleva fare, Kisshu decise di anticiparla, smaterializzandosi direttamente fuori.




 
***




Dopo quel giro in metropolitana aveva seguito la Tigrotta per un’altra manciata di minuti, fino a che non era scomparsa di nuovo dentro un edificio.
Questa volta però, aveva compreso fin da subito che entrarvici non sarebbe stato ugualmente facile: non aveva scorto che ragazze accedervi, e di certo non sarebbe passato inosservato**.
Aveva passato i primi ed angosciosi minuti a resistere alla tentazione di fare irruzione là dentro, ma aveva scelto poi di rimanere buono buono in attesa del momento opportuno per eseguire la prossima mossa.
Ben presto, dando una fugace occhiata alle finestre che davano sull’interno, aveva dedotto che si trattasse di una specie di accademia dove gli umani tenevano lezioni di teoria.
Ma cosa ancor più importante, aveva ritrovato la bambolina ed aveva persino scoperto quale fosse il suo cognome.  
Moriyami...
Così si erano rivolte a lei le persone là dentro.  
Ma da lì, in quella posizione così defilata, non poteva semplicemente distinguere qualche parola. Aveva anche il privilegio di poterla osservare da molto, molto vicino, quasi come aveva fatto l’ultima volta al Parco Inohara.
Sedeva più o meno in mezzo all’aula, in una terza fila di banchi.
Era una ragazza decisamente irrequieta, che faticava a starsene tranquilla e ferma.
Faceva spesso passare le dita tra i lunghi capelli corvini, oppure distendeva e piegava le gambe in continuazione, scarabocchiava annoiata qualcosa su di un foglio di carta o si soffermava per dei minuti a fissare punti indefiniti della stanza.
In quel momento preciso, però, se ne stava con lo sguardo basso a contemplarsi il polso sinistro, assorta nei propri pensieri.  
Di tanto in tanto, il suo volto si piegava in una qualche espressione corrucciata.
Com’era carina…
Commentò tra sé e sé.
Chissà se stava ripensando a quello che era accaduto il giorno prima...o a lui.
Sogghignò in silenzio, incrociando le gambe per aria.
A quella considerazione, una campana all’interno dell’istituto trillò a lungo, con insistenza. Il suono, particolarmente acuto, distolse dai pensieri sia l’alieno che la Mew Mew, la quale sobbalzò lievemente in reazione.
Doveva significare un qualche segnale, poiché a quel punto le allieve congedarono l’insegnante, che prontamente se ne andò, e cominciarono ad agire in libertà ed in autonomia. C’era chi chiacchierava con le compagne, chi si prendeva qualche secondo di pausa e chi s’apprestava ad uscire dall’aula per un motivo o per l’altro.
Tuttavia, Kisshu lasciò perdere presto le altre umane e si concentrò esclusivamente su di lei. La vide sbuffare con le labbra, prima di tirarsi in piedi con inerzia, spingere indietro la sedia con una gamba e uscire a sua volta dalla stanza, sparendo dalla sua vista.
In pochi istanti il luogo si svuotò del tutto e Kisshu ne approfittò per entrare.
Finalmente, dopo ore d’attesa, fece scattare del tutto la finestra e la spalancò per farsi strada dentro la classe.
Si diresse verso il banco, dove la ragazza aveva lasciato incustodita la sua borsa e l’afferrò tra le mani, scrutandovi all’interno: libri, quaderni, un paio di astucci...e quella che sembrava una scatola avvolta in un panno di stoffa.
Nulla che potesse essergli d’aiuto...
Grugnì insoddisfatto, rigettandola malamente dove l’aveva trovata e tornando a guardarsi intorno.
A parte un armadietto in un angolo sul fondo della stanza, pieno di quadernetti e vari strumenti di cancelleria, non c’era praticamente nient’altro.
Digrignò i denti.
Dannazione...non poteva arrendersi proprio ora.
Al momento di accettare la sfida non aveva riflettuto su come potesse essere tanto difficile indagare sul nome di quella ragazza.
Sapeva che in un modo o nell’altro se la sarebbe cavata, si sarebbe inventato qualcosa…
Come sempre...
Aggrottò la fronte, pensieroso.
Il suo sguardo si focalizzò su di un oggetto posto sulla cattedra che non aveva ancora analizzato.
Vi si avvicinò, volando a mezz’aria, e lo prese repentinamente tra le mani.
Ne osservò la copertina in cartoncino blu con una certa diffidenza, prima di cominciare a sfogliarlo.
Aveva l’aria di essere una specie di registro cartaceo.
Questo gli fece ipotizzare che, presumibilmente, al suo interno avrebbero dovuto esserci i nomi degli alunni di quella classe.
Kisshu tornò velocemente alle prime pagine dell’albo, dove scorse una lunga tabella piena di appunti.
Si grattò il mento e strinse gli occhi, soffermando più e più volte lo sguardo su quei caratteri assurdi scritti a penna, senza che...
Ci capisse assolutamente niente!
«Cazzo!» Esclamò con frustrazione, lanciando il registro sulla cattedra.
Se solo avesse saputo leggere i caratteri umani, a quel punto…
Sarebbe stato già padrone della partita.
Incrociò nuovamente le gambe a mezz’aria e incurvò le spalle, mordendosi il labbro. I suoi occhi dorati cominciarono a fissare vacuamente le piastrelle biancastre del pavimento, come se quelle potessero suggerirgli una soluzione.
In quell’esatto momento, una ragazza s’affacciò sulla porta dell’aula.
Kisshu volse lo sguardo su di lei non appena percepì dei passi avvicinarsi.
Mantenne il contatto visivo per interminabili secondi di silenzio, prima che lei si decidesse a gridare spaventata, indicandolo con un dito.
Era di bassa statura ed aveva capelli ed occhi castani.
Il suo viso era familiare...ricordava di averla vista in classe poco prima.
Un sorriso guizzò rapido sul suo volto.
Si teletrasportò immediatamente dietro di lei e le immobilizzò rapidamente le braccia, torcendogliele sulla schiena. Poi, la spinse dentro l’aula con decisione.
«Non provare ad urlare...» Le sibilò all’orecchio, chiudendo la porta alle sue spalle.
Non voleva altre intromissioni.
Con la mano libera fece spuntare dal nulla uno dei suoi tridenti e lo infilò sotto al suo collo.
La ragazza singhiozzò terrorizzata.
Lui sogghignò.
Ho vinto.
«Senti bambolina, non ti sarà fatto del male se farai come ti dico...» Sussurrò intimidatorio, «...Ho solo bisogno di un piccolissimo favore...una cosa che sei in grado di fare anche tu!» Mormorò ancora, ridendo in maniera inquietante.
Lei tremò, respirando appena.
«Q-quale favore?» Replicò, con voce flebile e rotta dalla paura.
Lui ghignò ancora, stringendo la presa sui suoi polsi.
Era fin troppo facile.
Avrebbe dovuto pensarci fin dall’inizio.
«Moriyami...è una tua compagna di classe, giusto? Qual è il suo nome per intero? Sapresti dirmi dove si trova adesso?»




 
***




In quel momento le scoppiava letteralmente la testa.
Aveva soltanto bisogno di una pausa...
Per quella ragione aveva scelto di allontanarsi dai corridoi dell’istituto e di rintanarsi nel giardino sul retro: lì sarebbe stata certamente più tranquilla.
Da ieri non riusciva a distogliere i pensieri da quello che era accaduto.
Il lucertolone, la sua trasformazione improvvisa, quel tipo bizzarro e pericoloso che si era dichiarato nemico degli umani...
Si rotolò su di un fianco, inspirando l’odore dell’erba che filtrava dalle sue narici. Lanciò l’ennesimo sguardo alla voglia rossastra comparsa sul suo polso, lasciato mollemente poggiato a terra, di fronte al suo viso.
Doveva ammetterlo, di fronte al pericolo aveva avuto paura l’altra sera, ma poi…
Quella paura era stata fagocitata completamente dall’adrenalina e dall’eccitazione, come mai prima d’ora.
Combattere era stato così elettrizzante
Era certa di non aver mai provato sensazione più bella in tutta la sua vita*.
In quel momento, sul campo di battaglia...era riuscita a scordare tutti suoi problemi. Le importava solo di scaricare le energie, menare le mani…
Sentirsi viva…
Strinse le dita nel pugno.
No, non si pentiva di quei sentimenti…
Non voleva pentirsene.
Per quanto fossero proibiti…
Forse un altro si sarebbe soffermato a chiedersi perché aveva subito una metamorfosi e sarebbe andato alla ricerca di risposte.
Forse un altro sarebbe andato nel panico. Invece lei...
Lei non vedeva l’ora di rifarlo.
Già, rifarlo...
Solo questo...
Non fece in tempo a socchiudere gli occhi, questa volta per riposare davvero, che una risata improvvisa rimbombò nelle sue orecchie, facendola sussultare di spavento. Scattò a sedere sull’erba e si voltò repentinamente verso la sorgente di quel suono, una smorfia di fastidio dipinta sul volto.
Quella voce non le era estranea…per niente.
Riconobbe una figura umanoide proprio là, sopra la sua testa.
Fluttuava in aria, e aveva un paio di orecchie inconfondibili...
Il tizio volante!
Pensò tra sé e sé, tirandosi immediatamente in piedi.
Cosa diavolo ci faceva lì?!
Si chiese di nuovo, premurandosi di non perderlo di vista nemmeno per un attimo.  
Aveva ormai appreso che poteva teletrasportarsi dove voleva e che era un combattente piuttosto abile, per questo poteva rivelarsi un tipo molto pericoloso.  Aveva le capacità per metterla in difficoltà, e...
Abbozzò un sorrisino.
Quello le piaceva, la infiammava...
Aveva finalmente trovato un avversario alla sua altezza.
Infilò la mano nella tasca della gonna, afferrando il ciondolo per la trasformazione: ad occhio e croce, le sarebbe servito presto.
Lo rigirò tra le dita, vagamente nervosa.
Non era contraria a levarsi tutto quello stress facendo del sano riscaldamento con lui, tuttavia…
Era stupita.
Non credeva che quel tipo avrebbe potuto spingersi a tanto, irrompendo addirittura a scuola.
Mentre era ancora umana…
Come aveva scoperto la sua vera identità?!
Si mordicchiò il labbro, guardandosi attorno.
Tirò un sospiro di sollievo nel constatare che non vi fosse nessun altro, lì sul retro.
Se era una sfida tra loro due, tale doveva rimanere...
«Suguri Moriyami!» Esclamò lui trionfante, indicandola minaccioso con l’indice, un ghigno che non nascondeva insicurezze stampato sul viso.
«È questo il tuo nome...non è vero, Tigrotta?» Le domandò poi, accentuando particolarmente quel nomignolo.
Suguri non rispose, limitandosi a deglutire.
Come l’ha scoperto?, si chiese la ragazza, cercando di celare la sua preoccupazione.
Lei, al contrario, non sapeva proprio niente di lui…
Un brivido le attraversò la schiena, come al loro ultimo incontro.
Quel tizio le generava sensazioni contrastanti...
«Te l’avevo detto, no? Io non perdo mai una sfida!» Aggiunse il ragazzo dalle orecchie a punta, abbassandosi verso di lei. Si fermò a qualche metro di distanza e la fissò con insistenza, un’espressione particolarmente boriosa sul viso. «Per di più, se è con una ragazza come te...» Mormorò divertito, ridacchiando tra sé e sé.
Lei strinse gli occhi.
Non gli avrebbe lasciato condurre il gioco...
«Tsk!» Grugnì lei, calciando un piede a terra. «Parliamo di te, piuttosto...» Cominciò, sostenendo il suo sguardo con determinazione. «...cosa sei e cosa vuoi davvero da me?»
Sapeva di avergli già fatto quella domanda, ma quel tipo aveva il brutto vizio di evadere tutte quelle a cui non riteneva utile rispondere.
Lui rise.
«Quello che voglio già lo sai...» Mormorò, allungando una mano verso il suo mento. Lo accarezzò soltanto, con il dorso delle dita. «Ti voglio con me...» Sibilò.  
Suguri restò immobile, focalizzandosi su ogni suo dettaglio.
Il suo sguardo, il suo tono di voce...voleva cercare di capire qualcosa di lui anche solo così, osservandolo con minuzia.
«Perché insisti tanto con me?» Chiese dopo un po’, senza implicazioni particolari.
Il viso di lui si fece più serio.
Forse non s’aspettava quella domanda...
Tuttavia, il suo turbamento durò poco, sostituito prontamente dal solito sorriso beffardo.
«Perché mi piaci.» Rispose semplicemente. «Hai un bel temperamento...» Rimarcò.
Un sorriso identico a quello del ragazzo dai capelli verdi si dipinse sul viso della Mew Mew.
Cosa sentivano le sue orecchie...
«Ah ah?» Ammiccò la ragazza dai capelli scuri, incrociando le braccia dietro la schiena, il ciondolo di trasformazione chiuso nel pugno.
Quel tizio la istigava a giocare ogni secondo di più, e doveva ammettere che faticava a trattenersi. Ancora pochi secondi e sarebbe scoppiata...
«Detta in questi termini non mi basta...hai altro da offrire?» Replicò divertita.
«Pff!» Mugugnò lui, trattenendo una risata. «Sono certo che insieme ci divertiremmo un sacco, ma se proprio insisti...» Mormorò tranquillo, aprendo la mano sinistra. «...Posso sempre provare a convincerti con modi più...persuasivi, capisci cosa intendo?»
A quelle parole, Kisshu materializzò uno dei suoi tridenti e cominciò a rigirarselo abilmente tra le dita.
Quel gesto fece sussultare Suguri, la quale cambiò immediatamente espressione.
A giudicare da come lo maneggiava, pareva un utilizzatore esperto di quell’arma...
Ma la cosa non le fece paura. Anzi...
«Beh, allora...vogliamo giocarcela?» Propose lei, abbassando le braccia ed indietreggiando di qualche passo.
«Con molto piacere, Suguri...» Rispose lui con un cenno del capo prima di arretrare a sua volta, restando sempre a mezz’aria.
La ragazza si portò il ciondolo alle labbra, bisbigliando la formula che sentiva venire dal profondo del cuore.
Tutto ciò di cui aveva bisogno comparve in uno schiocco di luce, compresa la sua fidata pistola.
La strinse con sicurezza nella mano, caricandola di energia, e la puntò verso Kisshu, il quale fece comparire a sua volta un secondo tridente nella mano destra.
«Sei pronto?» Lo stuzzicò lei, mentre un proiettile luminoso brillava intenso sulla volata della pistola**.
Kisshu strinse gli occhi, spingendosi in avanti.
«E tu?» Incalzò poi, scendendo in picchiata verso di lei.
MewSuguri spiccò un balzo alla sua destra e lo evitò, ricadendo saldamente sui suoi piedi. Lo mise nuovamente nel mirino e sparò senza riserve, non prima di aver grossolanamente calcolato la sua traiettoria di volo. Kisshu non si fece trovare impreparato e per sua sfortuna si smaterializzò in un punto più in alto, evitando provvidenzialmente il suo proiettile.
La Mew tigre digrignò i denti.
Era riuscito ad evitare il colpo, sebbene l’avesse sparato mentre il suo avversario era di spalle.
Non era soltanto veloce, doveva essere anche dotato di sensi particolarmente acuti, in grado di percepire pericoli provenienti da ogni direzione.
Per di più, poteva persino scomparire a suo piacimento. Si trattava di un serio problema per lei, che aveva bisogno di tenerlo sotto tiro per colpirlo.
Si fermò per un istante a riflettere.
Forse, di fronte ad un simile opponente, giocare sempre in posizione d’attacco non era la mossa più furba.
Doveva aspettare che lui s’avvicinasse, spingerlo in trappola...
MewSuguri non ci pensò su una volta di più.
Allungò le braccia in avanti e piegò le ginocchia, mettendosi in posizione di guardia. Allacciò saldamente le dita attorno all’impugnatura della sua arma e la tenne puntata verso di lui, l’indice pronto a scattare sul grilletto.
Rimase in silenzio, concentrandosi solo sul battito del suo cuore, nel tentativo di sincronizzarsi con esso.
Era una scelta rischiosa, ma era l’unico modo per avere qualche chance di vittoria.
Proprio in quell’istante, vide Kisshu comparire davanti ai suoi occhi, il braccio slanciato in avanti nel tentativo di colpire la sua pistola per disarmarla all’istante.
MewSuguri riuscì ad anticipare la mossa spostando tutto il corpo all’indietro, fuori dalla sua portata. Si slanciò in avanti con la mano libera, afferrandogli il gomito destro, e lo usò come perno per tirarlo verso di lei.
Approfittò dell’effetto sorpresa per infilare la pistola sotto il suo braccio.
«Ribbon Suguri Explosion!» Esclamò, e il suo proiettile andò a segno, esplodendo contro le costole del ragazzo.
Una sensazione di bruciore, come di una scarica elettrica concentrata, attraversò le sue membra facendolo urlare.
La Mew nera si soffermò sulla sua smorfia di dolore per istanti che le parvero interminabili, un senso di traboccante soddisfazione che rifluiva nel suo corpo, facendola tremare compiaciuta.
A causa del colpo, Kisshu si sbilanciò del tutto e le finì addosso, dolorante.
MewSuguri non perse tempo e seguitò ad infliggergli una serie di pestoni sul polso sinistro, nel tentativo di fargli perdere la presa sul suo tridente.
Kisshu strinse i denti e non emise nemmeno un gemito, rifiutandosi di mollare la presa. Respinse l’ennesimo calcio della ragazza con l’avambraccio e compì lo sforzo di teletrasportarsi via, lontano da lei.
Ricomparve a qualche metro d’altezza dal suolo, dove si prese alcuni secondi per recuperare ossigeno.
Questa volta fu la ragazza a far roteare la pistola tra le dita, fissandolo con scherno.
«Già stanco?» Lo provocò beffarda.
L’alieno dagli occhi dorati si portò la mano sulle costole, aggrottando la fronte.
Quella zona dell’addome bruciava, ancora vittima di dolorose fitte, e i muscoli del suo corpo erano intorpiditi per via dell’effetto paralizzante del proiettile.
Non se l’aspettava da una novellina come lei, doveva ammetterlo.
«Dopo un colpo così misero? Ma non farmi ridere!» Ghignò, tornando a cercarla con gli occhi, ma…
MewSuguri era scomparsa.
Esaminò l’area circostante, aguzzando vista ed udito.
Si rese subito conto di come il cortile fosse spoglio di alberi, e dunque del tutto privo di punti ciechi.
Non poteva essersi nascosta in nessun altro posto, se non dietro le pareti dell’edificio scolastico, all’interno, oppure...
Tempo qualche frazione di secondo e un flebile sibilo lo fece scattare istintivamente, facendogli evitare un secondo proiettile lanciato a velocità supersonica. Il colpo riuscì solo a sfiorargli la guancia destra, ferendolo di striscio, per poi finire dritto al suolo.
Kisshu rifletté per un istante, prima di puntare lo sguardo dritto verso l’alto, in direzione del tetto.
Se l’angolo di tiro aveva fatto piantare il colpo a terra, lei non poteva che essere…
Lassù.
«Ti ho trovata.» Sussurrò tra sé e sé, prima di teletrasportarsi in quel punto.
La colse di spalle, accucciata contro il muretto, intenta a prendere la mira su di lui.
Con rapidità disarmante le cinse il collo col braccio sinistro e la tirò forte a sé, premendo con decisione il bicipite contro il suo collo sottile.  Contemporaneamente le impedì di reagire, afferrandole con la mano destra il polso che impugnava la pistola. Lo torse dolorosamente fino a farle perdere le presa sull’arma, la quale rotolò a terra in un leggero tonfo.
Ormai disarmata, la Mew Mew non poté far altro che subire la sua presa,  mugolando di dolore.
Tentò di liberarsi servendosi della mano libera, con la quale affondò senza riserve le dita nel suo braccio. Kisshu percepì la spiacevole sensazione di un quintetto di artigli affilati bucare la sua pelle e sussultò, trattenendo un gemito di dolore.
«Bastardo» Gemette a quel punto lei, spingendolo indietro con forza e riuscendo a farlo sbilanciare. Si tirò maldestramente in piedi e, non appena recuperato l’equilibrio, cercò immediatamente di pestargli un piede, nel tentativo di fargli perdere la stretta sul suo collo.
In risposta lui le liberò il polso, facendo però comparire uno dei suoi tridenti, che puntò dritto contro il suo petto.
MewSuguri tremò per un istante e tentennò.   
«Non vorrai costringermi ad usarlo, vero?» Le sussurrò suadente, nelle morbide orecchie striate.
«Lasciami!» Sibilò la mora, divincolandosi di nuovo.
Spinse il braccio sinistro all’indietro, tirandogli una gomitata sulle costole già indolenzite. Prese Kisshu in pieno, facendogli sputare una teatralissima espressione di dolore.
Lei allora lo colpì di nuovo, ripetutamente, facendolo vacillare.
«Aaah...va bene, d’accordo! Ti concederò una tregua!» Esclamò innervosito, «Ma solo se ammetterai di avere perso!» Aggiunse provocatorio mentre le immobilizzava la gamba sinistra, incrociandola con la sua.
Ormai non riusciva più a muoversi...e la sua unica scelta era di restargli appiccicata in quel modo, anche contro la sua volontà.
Rimase in silenzio, concentrandosi sulle piccole percezioni che riusciva a cogliere.
Il flebile respiro della ragazza contro il suo braccio, il profumo esotico e fruttato dei suoi capelli lunghi, il suo corpo così esile e morbido…
Sorrise compiaciuto, trattenendo un fremito lungo la schiena.
In fin dei conti, quella situazione aveva duplici vantaggi...
«Non ti sento!» La richiamò, serrandole di più la trachea e puntando il tridente contro il suo petto.
La lama era ormai sulla sua pelle: una lieve pressione, e…
«Tre, due...»
«D-d’accordo...hai vinto! Ma ora lasciami!» Gemette MewSuguri, afferrando il suo polso con furia ed abbassando il suo tridente con un gesto deciso della mano.
Kisshu la lasciò fare ed allentò immediatamente la presa sul suo collo.
Fece infine scomparire il tridente ed indietreggiò, lasciandola libera.
Lei lo spintonò via e torse il busto nella direzione opposta, risparmiandogli la soddisfazione di guardarla negli occhi dopo quella sconfitta.
Lui alzò un sopracciglio e restò in silenzio ad osservarla, mentre celava accuratamente il suo sguardo dietro quella cascata di splendidi capelli corvini.
«Beh, ora che ti ho dato una lezione potresti smettere di fare la scontrosa?» Sputò il ragazzo dagli occhi d’ambra, piuttosto contrariato.
Lei si voltò piano a guardarlo, il viso ancora paonazzo e gli occhi lucidi per lo sforzo appena compiuto.
«Mi vuoi dire una volta per tutte cosa sei?» Borbottò, arresa.
Kisshu la guardò di sottecchi.
Forse per quel giorno l’aveva fatta penare abbastanza.
«Vengo dal pianeta Evemeth, di cui immagino voi umani non conosciate nemmeno l’esistenza...»
«Quindi sei un alieno...» Lo interruppe la ragazza, la voce ancora rauca ed impastata, lo sguardo più incuriosito e disteso del precedente.
Sembrava una persona completamente diversa rispetto a prima.
«Già...voi...Mew Mew, giusto? Siete degli ossi duri, invece...» Rispose, «Tu sei un osso duro...» Terminò infine, accompagnando la frase con un risolino visibilmente soddisfatto.
A quelle parole, la Mew tigre lo fissò con aria interrogativa.
«Voi Mew Mew hai detto?» Ripeté a pappagallo, confusa. «Di che stai parlando?»
Lui le rivolse uno sguardo sorpreso.
«Non lo sai? Ci sono altre seccanti ragazzine come te, qui in città... mi pare che si chiamino Mew qualcosa...» Borbottò vago l’alieno.
Mew Mew
Rimuginò lei, pensierosa, abbassando lo sguardo.
Aveva già sentito quelle strane parole, non facevano semplicemente parte della sua formula di trasformazione…
Ma dove?
...
All’improvviso, un guizzo attraversò le sue iridi cremisi e il suo corpo sussultò.
Già...come aveva fatto a non pensarci prima?
L’insegna di quel nuovo locale al centro del parco Inohara, quella che aveva scorto lo stesso giorno del terremoto e dello strano sogno con la tigre.
Il Caffé Mew Mew.
Al solo ricordo di quelle parole un forte nervosismo, di cui non seppe individuare l’origine, attraversò le sue membra.
Era tutto così strano…
Ma di una cosa era sicura.
Il suo intuito animale le stava chiaramente suggerendo che lì avrebbe trovato tutte le risposte di cui aveva bisogno.








 

***

* «Fidati, lo stai già facendo.» nd Kuro
«Chi, io?!» nd Kisshu indicandosi con espressione inconsapevole
* Kuro si facepalma *
«Si, tu! I tuoi occhiettini qui, color ambra fusa del Baltico, hanno questo stracazzo di potere tipo da sempre, eddai su. Che deve dirtelo la Best Fangirl Ever in the World perché tu te ne accorga, razza di super genio? -.- » nd Kuro spazientita
* Kisshu la fissa *
«Chi stracazzo sarebbe la mia Best Fangirl Ever in the World?» nd Kisshu con sguardo stralunato
* Kuro ride nervosa, trattenendosi dallo strangolarlo. Esita a rispondere. *
«È Pai.» nd Kuro con sguardo malefico
«COSA?!?!» nd Kisshu

** Come sapete, in Giappone esistono istituti scolastici esclusivamente femminili, esclusivamente maschili e misti. Suguri frequenta un istituto femminile.
(Credo che un posto del genere possa potenzialmente essere un paradiso per Kissyno xD)

* «Dici questo perché non sei ancora venuta a letto con me.» nd Kisshu prendendo Suguri per il mento.
* L’autrice si arma di martello di gomma e colpisce sonoramente Kisshu sulla testa, il quale crolla a terra tramortito *
«Dicevi? -.-» nd Kuro rivolgendosi al corpo dell’alieno riverso al suolo

** La volata della pistola è il foro da cui vengono sparati i proiettili quando si preme il grilletto.
  
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