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Autore: paige95    01/12/2018    3 recensioni
Un amore travagliato quello tra Rose Weasley e Scorpius Malfoy. Le loro due famiglie, come i Capuleti e i Montecchi (per citare una famosa opera di Shakespeare), non accetteranno il repentino avvicinamento tra i due giovani.
Ma chissà se qualcosa prima o poi possa far cambiare loro idea ... senza arrivare al famoso tragico epilogo.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ron Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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La clessidra della speranza

 

Era passata una settimana dal giorno in cui si era celebrato quel matrimonio così poco convenzionale. Ron, come aveva più volte anticipato alla moglie, non avrebbe lasciato passare molto tempo prima di far visita a sua figlia. Trovò così come scusa quella di portare alla Villa i suoi ultimi vestiti, prima del suo definitivo trasferimento. Non avrebbe voluto di certo aiutarla a lasciare definitivamente la sua casa d’infanzia, ma non desiderava nemmeno fare incursione senza dare alcun motivo valido. Ogni volta che le faceva visita in quella grande Villa era per lui peggio di una coltellata dritta nel cuore, ogni volta che se ne andava gli pareva di lasciarla nuovamente andare via. Non si era decisamente ancora abituato a non averla accanto e non sarebbe stato nemmeno così facile rassegnarsi a quella separazione prematura.
 
Quella mattina, con nella mente quell’unico obiettivo, aveva indugiato solo un istante prima di pranzo e poi aveva afferrato deciso la valigia di sua figlia, preparata e ordinata precedentemente da Hermione. Guidato dal delizioso profumo, che dalla cucina si diffondeva per tutta la modesta casa, aveva raggiunto la moglie intenta a preparare qualche gustosa pietanza. Si affacciò dalla porta e cercò di attirare la sua attenzione.
 
“Tesoro?”
 
Era evidentemente troppo concentrata sui fornelli, perché non si decideva né a rispondergli né a voltarsi, così fu lui ad avvicinarsi a lei, ma ciò gli stuzzicò maggiormente l’appetito. Afferrò una forchetta dalla tavola apparecchiata e si accostò silenziosamente alla padella che Hermione stava attentamente mescolando. Il gesto repentino del marito che afferrava furtivo un po’ di stufato la prese alla sprovvista e la spaventò.
 
“Ron! Perché entri in cucina come fossi un ladro?! Mi hai spaventata!”
 
Lui ignorò le sue proteste e si gustò con l’acquolina in bocca la carne. Adorava quando sua moglie cucinava per lui qualche pietanza babbana, che solo grazie a lei aveva avuto l’occasione di gustare. Tentò di avvicinarsi nuovamente per accaparrarsi un’altra forchettata, ma Hermione glielo impedì, tirandogli decisa con il cucchiaio di legno un colpo sulla mano.
 
“Hai già assaggiato. Invece di finirtelo, dimmi com’è: è insipido o può andar bene?”
 
“Ahia, Hermione, era proprio necessario? Capisco anche se non mi picchi. Comunque è perfetto, è delizioso come sempre”
 
La moglie gli sorrise soddisfatta, ignorando le sue lamentele. Non era una cuoca al pari di sua suocera, ma si impegnava ugualmente per non essere almeno una catastrofe. Notò solo in quel momento ciò che il marito teneva gelosamente tra le mani e il sorriso si spense.
 
“Ron, è la valigia di Rose quella?”
 
“Sì, pensavo di portarla alla Villa prima di pranzo. Mi tieni in caldo lo stufato? Sto morendo di fame
 
Se ne stava andando per evitare che lei glielo impedisse, scoprendo così le sue intenzioni, che, anche se nobili per un padre, potevano risultare esagerate e fuori luogo.
 
“Ron. Sbaglio o oggi hai il turno di notte? Di norma quando lavori di notte pranzi e poi dormi tutto il giorno per affrontare il lavoro”
 
“Sì, ma ci metto poco, Hermione, solo un saluto veloce e sono di ritorno. Colgo solo queste ore libere che ho per portarle la valigia, sono giorni che è in camera di Rose a prendere polvere”
 
Ritentò di avviarsi verso la porta, ma lei non lo voleva lasciare andare senza avergli spiegato qualcosa che lui evidentemente non riusciva a capire, ne era troppo emotivamente coinvolto.
 
“Ronald”
 
“Che c’è? Hai dimenticato di mettere qualcosa in valigia? Se così fosse, posso portarglielo anche un’altra volta, per me non è un disturbo fare due viaggi”
 
Ignorò le intenzioni di suo marito, erano prevedibili e cercò di essere più diretta possibile, anche a costo di spegnere con prepotenza il suo entusiasmo.
 
“Stai sbagliando”
 
Faceva finta di non cogliere dove fosse il problema, per lui era decisamente più conveniente, eppure lo sguardo diffidente di sua moglie gli fece capire che non l’avrebbe scampata tanto facilmente.
 
“A fare cosa sto sbagliando? Amore, non so a cosa tu ti stia riferendo. Torno presto, inizia pure senza di me”
 
“Lo sai benissimo e manca tanto anche a me. Ma trovare scuse per vederla più spesso e intromettersi nel loro matrimonio non è giusto”
 
Iniziò presto ad infastidirsi per quelle accuse e il fatto che lei continuasse a fermarlo non lo aiutava a mantenere la calma.
 
“Hermione, scusa, è un reato voler vedere mia figlia?! Non sto facendo nulla di male. Anche se vivesse con noi, cercherei di ritagliarmi del tempo per stare un po’ con lei. E sai bene che faccio la stessa cosa con Hugo. Non mi importa di perdere qualche ora di sonno e tu dovresti essere felice che mi sacrifico per vederla. Sbaglio o non ti va mai bene niente?”
 
“Ron, devi accettarlo, nostra figlia è sposata e starà bene. Non l’abbiamo lasciata in balìa di se stessa, dobbiamo per forza fidarci dei Malfoy, altrimenti non riesco a trovare un po’ di pace sapendola nelle loro mani”
 
“È ciò che spero, Hermione, ma è proprio il fatto che sia sposata che mi urta, in balìa di se stessa sarebbe più al sicuro …” affievolì il tono commosso e le diede un bacio sulla guancia “… ma preferisco esserne sicuro con i miei occhi. Ci vediamo tra poco, te la saluto”
 
Non le offrì più l’occasione di ribattere, la zittì con quel bacio e si avviò a passo rapido verso la porta.

 
∞∞∞
 
 
Ron bussò alla grande Villa. Concordava con Hermione, l’orgoglioso però non gli avrebbe mai consentito di ammetterlo. Fu Draco ad aprirgli la porta ed interpretò ciò come un segno … forse lui quella mattina non avrebbe dovuto azzardare quel passo, ma lasciare che fosse Rose a passare a casa per recuperare i suoi vestiti.
 
“Weasley”
 
“Ciao, Malfoy. Ero venuto per mia figlia, le ho portato qualche vestito che aveva lasciato a casa e che potrebbe servirle”
 
Annunciò velocemente il motivo della sua visita, per chiudere il prima possibile quella conversazione, nonostante tutto non si sentiva per nulla a proprio agio a parlare con lui e mai probabilmente lo sarebbe stato. Draco invece lanciò un’occhiata alla valigia che Ron teneva tra le mani, ma l’ospite non seppe interpretare il suo sguardo. Come era solito fare Draco in quegli ultimi mesi, si mostrò piuttosto accondiscendente e dopo qualche indugio lo invitò ad entrare.
 
“Te la chiamo”
 
“Grazie”
 
Ron sapeva perfettamente che non era sbocciata alcuna amicizia tra loro, si sopportavano solo educatamente per il bene dei loro figli e lui iniziò ad avere anche un certo rispetto per le condizioni di Astoria. Si sedette sovrappensiero in soggiorno appena superato l’ingresso e si guardò intorno per occupare il tempo. Gli parve strano non essere stato ricevuto da alcun elfo domestico, dopotutto era una famiglia di alto rango che poteva permettersi ogni sorta di agio. Una voce allegra, che udì all’improvviso, sembrava fornirgli la risposta. Era la padrona di casa e doveva essere stato quasi sicuramente il buon cuore di quella donna ad aver rivoluzionato le abitudini della famiglia Malfoy.
 
“Ron! Che ci fai qui? Ti fermi a pranzo? Non sono una cuoca provetta, ma ci farebbe piacere se ci allietassi con la tua compagnia, renderesti tua figlia molto felice”
 
Non riusciva a capire dove Astoria trovasse tutta quella forza d’animo, ma era sicuramente in grado di trasmettere buon umore anche alle persone che aveva intorno.
 
“Ti ringrazio per l’invito, Astoria, sei molto gentile e farebbe davvero piacere anche a me, ma Hermione mi sta aspettando e non mi conviene tardare, rischio che sparecchi prima del mio arrivo e che si arrabbi”
 
Astoria gli sorrise cordialmente e, senza perdere il suo sorriso, notò la valigia di Rose.
 
“Certo, capisco, vorrà dire che prossimamente l’invito sarà esteso anche a tua moglie. È la valigia di Rose quella? Non dovevi disturbarti, qui può avere tutti i vestiti che vuole, non le manca nulla anche se è lontana da casa”
 
Ron sapeva perfettamente che le sue intenzioni non erano affatto quelle di ostentare il loro benessere economico e le loro innumerevoli possibilità, non era certo nello stile di quella donna, eppure in quel momento, ora che qualcun altro riusciva ad occuparsi di sua figlia meglio di quanto facesse lui, le differenze tra le due famiglie gli parvero un macigno insormontabile. Cercò comunque di non dare a vedere la delusione che provava verso se stesso.
 
“Sì, ma non è un disturbo, tranquilla, avevo qualche ora libera dal lavoro. Draco è già andato a …” la vide proprio in quel momento scendere le grandi scalinate della Villa e le parole gli morirono in gola “… chiamarla”
 
La ragazza che si avviava sorridente verso di lui era totalmente diversa dalla Rose che conosceva. I suoi vestiti non avevano nulla a che vedere con quelli che Hermione aveva riposto con cura in quel baule. Astoria lo aveva annunciato, in quella famiglia avrebbe vissuto nel benessere ed era chiaro che loro potessero offrirle molto di più di quanto non avrebbe potuto fare lui. Gli si formò un inevitabile nodo alla gola, la felicità di vederla contrastava con il dispiacere di non poter offrire a Rose ciò che meritava, ad iniziare dall’ospitalità nella propria casa per non doverla vedere solo qualche sporadica ora durante la settimana.
 
“Papà!”
 
Eppure lei era immensamente felice di vederlo, era tutto tranne che delusa da suo padre. Ron sapeva bene che quegli infelici pensieri dovevano essere solo frutto della sua mente e che Rose non avrebbe mai neanche lontanamente creduto di essere stata delusa dalla sua famiglia, ma non riusciva a non pensarci, non era in grado di smettere di non ritenersi all’altezza per la felicità dei suoi figli. Indugiò solo un istante ad avvicinarsi a lei, ma la voglia di abbracciarla superò la diffidenza. Mollò la valigia vicino al divano e si avvicinò a grandi passi alla figlia per stringerla forte a sé.
 
“Rose, come stai?”
 
“Alla grande!”
 
Ne sembrava convinta, non mostrava alcuna sofferenza in quei nuovi vestiti, che lei in effetti non sarebbe dovuta essere per nulla abituata ad indossare. Era il marchio evidente della famiglia in cui era entrata a far parte e lui qualche anno prima nemmeno nelle fantasie più assurde avrebbe potuto immaginare una simile parentela. Probabilmente era più Ron a soffrire nel vederla così differente di quanto non sembrasse lei.
 
“La mamma ti manda un saluto”
 
“Stanno bene lei e Hugo?”
 
“Stanno bene, sì, però ci manchi, piccola”
 
“Anche voi” l’amore per la sua famiglia era evidente dal luccichio che i suoi mostravano, ma non voleva angustiare suo padre con la malinconia, visto che mostrava già sufficiente nostalgia, cercò così di cambiare argomento schiarendosi la voce e concentrando l’attenzione su ciò che suo padre aveva posato sul pavimento “Mi hai portato qualcosa?”
 
“I tuoi vestiti. La mamma ha messo tutto in ordine … non sono sicuro però che ti servano, sembra tu abbia già tutto ciò di cui necessiti”
 
Rose però allungò una mano e afferrò di buon grado la sua valigia per non offendere i suoi genitori. Suo padre aveva ragione, i Malfoy non le stavano facendo mancare nulla, eppure ciò che non avrebbero mai potuto sostituire erano proprio le amorevoli attenzioni della sua famiglia.  
 
"Grazie, papà, e ringrazia anche la mamma. Questi vestiti mi sarebbero serviti, quindi li sarei passati a prendere io a casa uno di questi giorni. Ti fermi con noi a pranzo? O la mamma ti sta aspettando? Conoscendola ti avrà urlato contro per essere uscito di casa a quest’ora"
 
Ron sorrise per la perspicacia della figlia e, benché non fosse così abile a comprendere gli stati emotivi altrui, colse subito i tentativi della ragazza di non far sentire la sua famiglia inadeguata. Apprezzò ciò che Rose stava cercando di fare, ma era tutto inutile, non riusciva ad evitare di sentirsi inadeguato ormai nella nuova vita di sua figlia.
 
"La mamma ha già preparato il pranzo, ma, Rose ... ti va una passeggiata con me prima che io vada? Solo qualche minuto per raccontarmi le novità"
 
"Certo che mi va! Appoggio un istante la valigia in camera e ti raggiungo in giardino"
 
Si avviò verso le scale sorridente e agilmente, nonostante la gravidanza avanzasse inesorabilmente. Era tipico di Rose non beneficiare dell’aiuto degli elfi domestici, benché fosse entrata a far parte di una delle famiglie aristocratiche più benestanti. Gli ricordava tanto la sua Hermione e ciò non poteva che renderlo orgoglioso, quella ragazza non aveva affatto dimenticato gli insegnamenti dei suoi genitori.

 
∞∞∞
 
 
Il giardino della grande villa era diverso da come lo ricordava. Ron poteva facilmente presupporre che le centinaia di varietà di fiori sparse in ogni angolo fossero opera di Astoria. Nonostante la malattia quella donna non si era arresa, stava lottando affinché nulla cambiasse nella sua vita e quella distesa floreale ne era la prova. Forse era l’unica in quella famiglia di cui si fidasse davvero, l’unica per la quale non provasse diffidenza, l’unica Malfoy a cui riusciva ad affidare sua figlia sapendo che l’avrebbe accudita come fosse sua. Passarono qualche minuto in silenzio, ammirando l’ambiente circostante e passeggiando lentamente, prima che Ron riuscisse finalmente a parlare e a rivelare il vero motivo di quella passeggiata.
 
"Rose, sei felice?"
 
La prese totalmente alla sprovvista con quella domanda, sperò che suo padre non fosse così diretto, invece la fissò, obbligandola a bloccare i suoi passi accanto ad un dolce e delicato profumo di rose. Le bastò avvicinarsi a quel cespuglio e subito un ricordo riaffiorò alla mente.
 

Era uno di quei momenti in cui la nostalgia di casa si faceva particolarmente sentire e lei, che aveva solo quindici anni, avrebbe voluto ricevere anche solo una parola di conforto da sua madre, invece a causa di condizioni che lei stessa aveva creato non le era vicina. Rimaneva rannicchiata con le ginocchia al petto in quella grande camera da letto a pensare in solitudine. Non sapeva cosa volesse dire il matrimonio e lei vi stava giungendo troppo velocemente. Quel pomeriggio era il più tormentato che lei avesse mai vissuto. Si voltò verso la finestra aperta e notò poco lontano sotto i raggi del sole la sua futura suocera che si occupava amorevolmente dei fiori del giardino. Si sentì una stupida, Astoria era più legittimata ad essere triste, lei infondo, indipendentemente da tutto, stava per sposare l’uomo che amava e che quindi avrebbe potuto renderla felice. Si alzò e si avvicinò alla finestra per prendere una boccata d’aria. Era uno di quei momenti in cui la grande villa, paradossalmente, la faceva soffocare. Il solo pensiero di essere costantemente lontano dalla famiglia in un’età in cui ne avrebbe avuto bisogno più che mai la faceva indugiare sulle decisioni passate che aveva preso, anche se ognuna aveva avuto una motivazione fondata. Appoggiata al davanzale, assorta ad ammirare i magnifici colori estivi e floreali, doveva aver fissato un po’ troppo a lungo la padrona di casa perché quella donna si era voltata verso di lei con un grande sorriso.
 
“Rose. Mi dai una mano?”
 
La ragazza ricambiò con gentilezza il gesto di Astoria e non si sentì di rifiutarle l’aiuto, così la raggiunse velocemente in giardino. Appena uscita, la trovò accanto alle rose rosse, intenta a togliere le foglie ormai secche e appassite. Non si interruppe e continuò nel suo lavoro, lasciando Rose perplessa.
 
“Mi viene spesso voglia di togliere le spine a queste rose, credo sciupino la bellezza di questi fiori …”  solo in quel momento si voltò con dolcezza verso di lei “… esattamente come la tristezza sul tuo volto, cara. Cosa ti turba? O forse lo so, ti manca la tua famiglia, vero?”
 
“S-signora Malfoy, io …”
 
“Rose, sono Astoria per te e non ti devi giustificare. Noi non vogliamo in alcun modo sostituirci ai tuoi genitori. Però non posso negarti che tu sia la benvenuta qui e che io sia felice che Scorpius ti abbia scelta”
 
Era piacevole sentirsi accolta e lei era sempre la prima a non farle sentire il peso della lontananza da casa.
 
“Grazie per tutto ciò che fate per me”
 
“Sai cosa ti dico, Rose? Forse la tua malinconia non è così negativa, infondo è il segno dell’amore che provi per la tua famiglia e ciò non è un male. Draco non capisce quanto i Malfoy e i Weasley siano simili, quanto le rose e le spine appartengano a tutti noi. Siamo semplicemente persone che a volte sbagliano e a volte sono nel giusto”
 
“Lo penso anch’io, sign … cioè, volevo dire, Astoria”
 
“Ne sono felice, infondo se non siamo in grado di accettare i limiti degli altri non riusciremo mai ad innamorarci … ma ora basta parlare, aiutami a sistemare le margherite”

 
Aveva sempre saputo quanto Astoria fosse speciale e quanto fosse nata per imparentarsi con quella famiglia. Le aveva insegnato molto in quei mesi in cui avevano vissuto sotto lo stesso tetto, le aveva insegnato a stare accanto a Scorpius, proprio lei che sapeva come placare i tormenti del marito e del figlio. Le premure che Astoria le aveva riservato dal primo istante in cui aveva messo piede in quella casa non potevano farla sentire a disagio. Era giovane, ma il fatto che fosse entrata a far parte di quella famiglia non era certo un ostacolo alla sua felicità. Non sapeva però come comunicare a suo padre quello stato di benessere che aveva raggiunto in una famiglia per il quale Ron continuava a provare una certa diffidenza, soprattutto per la lontananza dalla figlia che lui doveva sopportare.
 
"Certo, papà"
 
"Ne sei sicura? Perché sei ..."
 
"Diversa? Papà, sono sempre io, non sono cambiata, anche se può sembrare dall’aspetto"
 
Ron le sorrise. Gli fece piacere sentire quelle parole, il pensiero di non averla davvero persa lo rincuorò.
 
"È vero, sei sempre la mia bambina, ma non ti ci vedo vestita così"
 
Rose si squadrò, temendo di sembrare veramente inadeguata e strana con quegli abiti insoliti e pregiati. Tentò di giustificarsi quasi desolata di sembrare in apparenza così differente dal solito proprio agli occhi di suo padre, che la conosceva da quando era piccola e l’aveva resa ciò che era.
 
"Neppure io, ma ora sono una Malfoy ..."
 
"... e i modesti vestiti dei Weasley non fanno più per te"
 
"Non volevo dire questo"
 
"Lo so, ma io non mi offendo, tesoro, tranquilla"
 
Eppure Rose era ugualmente mortificata. Si sentiva in una posizione delicata, in cui ogni parola rischiava di essere male interpretata e percepiva chiaramente l’intenzione di suo padre, era in difficoltà ad accettare la situazione, ma si sforzava.
 
"Senti, Rosie, il posto al Ministero come mia assistente è sempre valido ... se ti va"
 
"Grazie, papà, lo apprezzo"
 
"Quindi non vuoi più essere un Auror?"
 
La speranza che Rose lesse negli occhi di suo padre era evidente, come lo era il tentativo di allontanarla quanto meno dall’evidente pericolo in cui l’avrebbe messa quel lavoro.
 
"Il posto da assistente è un ripiego, vero?"
 
"È un tentativo, sì. Accetti? Eh, dai, tesoro, vuoi davvero lasciarmi in balia di quelle cartacce?"
 
"A patto che non mi venga del tutto preclusa la possibilità di diventare un Auror. Ti chiedo solo di darmi la possibilità in futuro, magari quando sarò più grande e quando la mia situazione familiare sarà più stabile"
 
Ron indugiò a rispondere, non voleva senza il supporto di Hermione prendere la decisione sbagliata.
 
"Papà, ti prego. So che sarete preoccupati per me, ma datemi un minimo di fiducia. Ci sarai tu ad aiutarmi i primi tempi, non sarò sola"
 
Era inutile contrastare la sua testardaggine e non si impegnò nemmeno per farlo, trovando la scusa più solida che potesse.
 
"Ho le mani legate, Rose, comanda la mamma e lo sai. Io e lei vogliamo solo il tuo bene, nulla di più" riprese a camminare, sperando di riuscire a chiudere velocemente quel discorso "Ora parlami un po' dei miei nipoti. Stanno bene?"
 
"Stanno bene entrambi, sono un maschio e una femmina. Sei pronto a diventare nonno?"
 
"No, per niente!"
 
Ron era palesemente intimorito ad affrontare quella nuova esperienza, probabilmente come tutte quelle che da un giorno all’altro gli erano cadute addosso come fossero una doccia ghiacciata.
 
"In realtà dovrebbe essere divertente, potrai viziarli quanto vorrai, al resto penseremo io e Scorpius"
 
"Difficile che riuscirò a viziarli con tua madre nei paraggi. Con te e Hugo non sono mai riuscito, cosa ti fa pensare che lei me lo lascerebbe fare con loro?"
 
Rose sorrise, sapeva benissimo che ci sarebbe stato un serio ostacolo per suo padre e ciò poteva solo che farla sorridere. Le mancavano davvero i suoi genitori, le mancavano persino le loro piccole incomprensioni e i loro battibecchi, purché li sentisse accanto. Astoria riusciva in parte a colmare la vicinanza materna che le mancava, Scorpius faceva il resto con il suo amore ed infine Draco con il profondo dolore che provava in quel periodo per sua moglie preferiva mantenere la pace per il bene di tutti.
 
"Infatti tu non avresti dovuto viziarci, ci ha pensato nonna Molly, la mamma ha ragione. Ma, papà, ti sto trattenendo più del dovuto”
 
La ragazza si bloccò all’improvviso dispiaciuta e si voltò verso di lui. Sperò tanto che sua figlia non gli ricordasse le sue incombenze e non interrompesse quei pochi minuti che poteva dedicarle.
 
"No, tesoro, non preoccuparti"
 
"Stanotte lavori e tu devi riposare"
 
"E tu come ..."
 
"... è il terzo martedì del mese, ormai conosco i tuoi turni"
 
Le sorrise dolcemente, non c’era niente che non amasse in sua figlia e il fatto che somigliasse all'unica donna che avesse mai amato contribuiva a rendere quella ragazza meravigliosa.
 
"Hai la stessa testa di tua madre"
 
"Ed è un bene?"
 
"Sì, lo è, tu sei molto più sopportabile di lei. Mi dai un ultimo abbraccio prima che vada?"
 
Lo accontentò senza troppo indugi e lui ben disposo la strinse forte. Anche lei si strinse forte alla sua vita e posò la guancia sul suo petto per godersi quegli ultimi attimi di vicinanza e di affetto, prima di attendere una nuova visita da parte dei suoi genitori.
 
"Papà, non ci stiamo dicendo addio"
 
"Lo so, ma ti devo lasciare di nuovo qui"
 
"Mi manchi tanto anche tu, papà"
 
Sentì dei lievi singhiozzi provenire dal petto del padre e capì che non c’era spazio in quel momento anche per la sua malinconia, ma solo per il sostegno all’evidente tristezza di Ron.
 
"Papà, non fare così, lo vedi anche tu, possiamo vederci tutte le volte che vogliamo"
 
"Non è la stessa cosa, Rose"
 
"Allora vedila così: Scorpius ora più che mai con la malattia di Astoria ha bisogno di me ed io non posso lasciarlo solo. Sta peggiorando e lui si sta preparando al peggio. È mio compito essergli accanto"
 
Era indubbiamente matura per la sua età, ciò poteva essere solo motivo di orgoglio per Ron, ma quel verdetto non poté che colpirlo nuovamente al cuore, aumentando sempre più la distanza che intercorreva tra lei e le sue origini.
 
"È fortunato quel ragazzo ad avere te. Sei capitata nella sua vita nel momento in cui ne aveva più bisogno. Lo invidio, sai, Rose? Ha la fortuna di avere accanto la mia bambina"
 
La guardò un ultimo istante, rifletté ancora per qualche secondo sui suoi abiti e lei non seppe cosa rispondergli, presupponendo che esistesse davvero una risposta ai sentimenti di suo padre. Si sentì sollevata quando fu proprio lui il primo a sentire la necessità di cambiare argomento.
 
"Seta ... io non so nemmeno dove si compri"
 
"È sartoria, papà"
 
"Certo, i Malfoy possono permettersi come sempre il meglio"
 
"Vai, la mamma ti aspetta, non farla arrabbiare di nuovo"
 
"Ciao, tesoro mio. A presto, ti aspetto al Ministero"
 
Si Smaterializzò, seguendo i consigli di sua figlia e lasciandola in quel grande giardino in compagnia del dolce profumo dei fiori.
 
 
∞∞∞
 
 
Hermione sentì il rumore inconfondibile del ritorno di suo marito sulla porta e si precipitò ad aprire. Colse subito lo sguardo infastidito e rivolto al pavimento di Ron. Non le diede alcuna spiegazione, le passò solo accanto per avviarsi verso la cucina. Lei lo raggiunse perplessa e si sedette preoccupata al suo fianco. Non riusciva a spiegarsi la reazione del marito, ma la sua espressione era tutt'altro che promettente.
 
"Ti ho aspettato, non ho iniziato senza di te. Ron, tutto bene?"
 
"Ho visto. Va tutto alla grande"
 
Iniziò a giocare sovrappensiero e con nervosismo con lo stufato. Lo metteva in bocca a piccoli pezzi, la fame era decisamente passata. Lei continuava a guardarlo perplessa e non si offese nemmeno davanti al modo in cui si era rivolto a lei, anzi tentò di capirne la causa.
 
"È successo qualcosa con nostra figlia?"
 
Non si decideva a risponderle, così gli posò dolcemente una mano sul braccio, cercando di contrastare il pessimo umore e richiamando l'attenzione su di sé.
 
"Ron, che cos’hai?"
 
Fu a quel sussurro che si decise ad esternare i suoi tormenti.
 
"I Malfoy la stanno trasformando. Hermione, vorrei tanto tornare indietro nel tempo ed avere la mia bambina qui. Avrei dovuto fare di più per non farla stare con lui. Forse accetterei persino che diventasse un Auror, purché con noi. Mi manca immensamente e non riesco a rassegnarmi di non vederla crescere. Dannazione, sono io suo padre e non mi importa nulla se Draco possa riempirla d'oro!"
 
Percepì chiaramente le amorevoli carezze sul braccio da parte della moglie, che tentava di tranquillizzarlo.
 
"Lo so, hai tutta la mia comprensione, amore, ma ora non serve a nulla tutto questo nervosismo. Non è facile neppure per lei"
 
Posò la forchetta e si alzò con uno scatto, rendendo totalmente vani i tentativi della donna.
 
"Hermione, perdonami, ma non ho fame, ho voglia solo di stendermi"
 
Lo vide preoccupata salire sconsolato le scale e non sapeva come farlo sentire meno afflitto e sconfitto.

 

∞∞∞
 
 
Ron, esattamente come aveva anticipato ad Hermione, si coricò pensieroso sul letto ad ammirare il soffitto e subito immerso nei suoi pensieri sulla parte bianca della camera da letto si dipinsero le figure di un ricordo lontano.
 

"Sei una piccola ladruncola, Rosie"
 
"Mettimi giù, papà!"
 
Aveva afferrato divertito la figlia per la vita ed ora la trasportava risoluto come un sacco di patate sotto il braccio, procedendo a passo svelto verso il soggiorno. Si aggiudicò subito lo sguardo riprovevole della moglie, a cui non era affatto sfuggita la sua poca grazia.
 
"Ronald, mettila giù, le fai male"
 
La piccola piagnucolava più per il fastidio di essere stata catturata che per il dolore che le veniva arrecato, ma suo padre invece di liberarla sembrava essere piuttosto divertito.
 
"Hermione, non ti ricorda un piccolo Snaso*?"
 
"Un che?"
 
Il paragone aveva seriamente preoccupato la bambina, non sapendo a cosa si stesse riferendo. Sua madre però sembrò altrettanto divertita, quindi non doveva essere qualcosa di così malvagio. Hermione si avvicinò ai due e strappò dalle grinfie di Ron Rose, stringendola forte al suo petto.
 
"La mia bambina è bella e basta"
 
"Però deve imparare a non toccare ciò che non è suo, vero, Rose?"
 
La piccola si strinse intimidita al petto della madre sotto lo sguardo impaziente del padre, che sembrava accusarla con un celato mezzo sorriso.
 
"Rose cos'hai preso al papà?"
 
Cercava lo sguardo della figlia, la quale tentava di nascondere offesa il proprio volto contro Hermione.
 
"Niente"
 
"Mi ha preso qualcosa che sa bene mi serve al Ministero e che senza non posso andare al lavoro"
 
"La bacchetta??"
 
Hermione si voltò allarmata verso il marito, sperando di aver frainteso.
 
"Per Godric, no! Ma che ti salta in mente?! E poi non darle nuove idee"
 
"Allora cosa?"
 
Ron allungò serio il palmo della mano verso la figlia.
 
"Rose, è il momento di restituirmelo, il gioco è finito"
 
"No! Mi avevi promesso che ieri avresti giocato con me a Quidditch, invece quando sei tornato a casa non mi hai svegliata ed ora te ne vai via"
 
Si girò offesa dall'altra parte e l'espressione di Hermione sul marito desolato per quella promessa mancata era un chiaro rimprovero.
 
"T-tesoro, non potevo svegliarti in piena notte per giocare, dai cerca di capire. Uno di questi giorni giochiamo, ma oggi non posso"
 
"Quando?"
 
Rose si voltò curiosa verso il padre.
 
"Prima di quanto immagini"
 
"Non è vero, sei un bugiardo!"
 
Ron si stava rassegnando e in quella delicata situazione Hermione si vide costretta ad intervenire.
 
"Piccola, papà deve andare, quindi devi restituire ciò che gli hai preso, subito"
 
"No, così non va via"
 
"Rose, mi sto arrabbiando"
 
Hermione stava perdendo la pazienza davanti alla testardaggine di sua figlia, a tal punto da non rendersi nemmeno conto di quanto quel comportamento non fosse solito per Rose.
 
"... e per esperienza personale non te lo consiglio, Rose"
 
La moglie lo fulminò.
 
"Che c'è? È vero"
 
Si stava davvero stufando di dover reggere i “capricci” di suo marito e di sua figlia ed iniziò a cercare nelle tasche di Rose, facendole solletico.
 
"M-mamma, smettila, non è qui"
 
"Dov'è allora?"
 
Era seria, si stava spazientendo, così la fece scendere con freddezza dalle braccia. Le sembrava di parlare con due bambini, benché suo marito stesse espressamente cercando di far valere la sua autorità sulla figlia.
 
"Ronald, si può sapere cosa ti ha preso?"
 
"Il ..."
 
Ma lei era già partita in quarta verso la cameretta della bambina, senza nemmeno aspettare la risposta.
 
"No, non è lì, mamma"
 
Ala voce concitata di Rose si bloccò appena prima di raggiungere la sua destinazione e si voltò verso i due, guardandoli a turno impaziente.
 
"Allora? Non ho tutto il giorno"
 
"Nemmeno io se è per questo, dillo con nostra figlia"
 
"Ma se sei uno scansafatiche"
 
Glielo disse con rassegnazione e, benché ancora piccola, i piccoli battibecchi dei suoi genitori divertivano sempre Rose.
 
"Scusa, possiamo, per favore, riconcentrarci sul fatto che Rose debba ridarmi ..."
 
"Cosa?"
 
"Se ogni volta mi interrompi, come faccio a dirtelo?"
 
Stavolta fu però la bambina ad anticiparlo prendendo Hermione per mano ed iniziando a guidarla.
 
"Vieni, mamma"
 
Lanciando un'occhiata contrariata al marito seguì la figlia, che la condusse verso le scale che portavano verso la polverosa soffitta. Arrivati in cima l’espressione contrariata della donna fece capire ai suoi familiari di aver sbagliato qualcosa.
 
"Rose, quante volte ti devo dire di non salire qui sopra da sola? Una volta mi sembrava essere più che sufficiente e di norma tu mi ascolti sempre"
 
"Non è salita da sola, tranquilla"
 
Si voltò perplessa verso Ron, che si era sbrigato a giustificare la bambina, e incontrò il suo soddisfatto sorriso. Rose si affrettò nel frattempo a porgere al padre una vecchia scatolina. Hermione interpretò ingenuamente quel gesto, ancora incredula, ma forse in cuor suo più vicina alla verità di quanto credesse.
 
"È quello che ti ha preso Rose?"
 
"In realtà l'unica cosa che la nostra bambina mi ha rubato è il cuore"
 
Abbassò lo sguardo sulla figlia e le sorrise soddisfatto per ciò che la loro complicità era riuscita a realizzare.
 
"Allora che ci facciamo qui? Sto sognando, vero? Perché nemmeno nei miei sogni più belli faresti una simile considerazione. E poi sembrava strano che Rose ti avesse preso qualcosa di nascosto, è sempre molto ubbidiente e rispettosa"
 
Ron stufo di sentirla parlare le mise sotto il naso la sua sorpresa, che dalla reazione della moglie sembrava essere riuscita. Un luccichio familiare riempì gli occhi di Hermione, lasciandola esterrefatta.
 
"Per la barba di Merlino, che mi venga un colpo! Quello è ..."
 
"... il tuo anello di fidanzamento che non trovavi più. È stata Rose a scovarlo e volevamo restituirtelo insieme ... a modo nostro"
 
Fece l'occhiolino a Rose che ricambiò con un grande sorriso, felice di essere riuscita a sorprendere la sua mamma.
 
"Da quando voi due collaborate per complottare contro di me?"
 
"Da sempre, Rose è la mia principale alleata contro di te. Allora, vediamo se ti entra ancora?"
 
"E perché accidenti non dovrebbe entrarmi?" strappò con aria di sfida l'anello dalle mani del marito "ma tu guarda cosa mi tocca sentire"
 
In effetti sotto le risate della figlia fece una certa fatica. Fulminò d'istinto Ron come se fosse lui la causa. Suo marito per tutta risposta alzò le mani in segno di resa, ma faceva fatica a non ridere a sua volta, vedendola in difficoltà, era un’immagina più unica che rara.
 
"Stavolta non ho fiatato"
 
Riuscita finalmente ad infilarlo sopra la fede, si abbassò soddisfatta verso Rose e le porse un bacino sulla guancia.
 
"Grazie, amore mio"
 
"Ehy! Per me niente? Lei lo avrà anche trovato, ma sono stato io ad organizzare la sorpresa"
 
Hermione sorrise a quella reazione infantile.
 
"Tre bambini in questa casa bastano e avanzano, vero, Ron?"
 
Non riuscì a capire le sue parole, ma vederla felice e sorridente gli bastò.

 
 
La complicità. Ecco cosa gli mancava di sua figlia prima di ogni altra cosa. Avevano sempre avuto un rapporto speciale, non era mai stato solo lui ad insegnare a lei a vivere, Rose gli aveva insegnato ad essere padre e mille altre questioni che solo la figlia di Hermione Granger avrebbe saputo. Sentiva un vuoto incolmabile nelle sue giornate, sentiva che quel legame che li univa si era indebolito e la lontananza non permetteva più di alimentarlo.
 
“Ron, posso?”
 
Si voltò appena verso di lei, mentre attendeva timidamente affacciata alla porta il suo consenso, ma tornò poco dopo a concentrarsi sul soffitto, sperando di affogare il dispiacere in ricordi felici. La sentì sedersi sul letto al suo fianco, percepì chiaramente il delicato peso di sua moglie sulle lenzuola, ma fece poco caso alla sua determinazione. Avrebbe dovuto presupporre che non le sarebbe passato inosservato il suo umore e lui infondo nemmeno si era sforzato di nasconderlo.
 
“Lo sai che devi mangiare, vero? Ed è assurdo che te lo debba dire io”
 
“Più tardi, prima di andare al Ministero”
 
Continuava a non sapere come rincuorarlo. Non era per nulla semplice, se a provocare quel malessere era l'assenza di una persona cara, di cui, anche se era più brava ad elaborare la situazione, percepiva il vuoto anche lei.
 
“Ron, prima o poi Rose si sarebbe sposata” la stava interrompendo per contraddirla, ma lei non glielo permise “Sì, lo so anche io che è presto, ma è anche vero che comunque ci sarebbe mancata in qualsiasi altro momento lei avesse deciso di uscire di casa. Ciò che proviamo noi è normale. Le vogliamo un bene dell'anima e desideriamo la sua felicità ... legata a noi per sempre non avremmo potuto lasciarle lo spazio necessario per trovare la sua strada e Scorpius lo è e lo sarebbe stato anche tra qualche anno”
 
 
“Avrei preferito qualcun altro per Rose, mi sarebbe andato bene anche un Babbano, purché non i Malfoy. Ed, Hermione, ora vorrei solo proteggerla, non aiutarla ad andare per la sua strada”
 
 
“Si stanno impegnando per andare d’accordo con noi e in questo periodo stanno soffrendo molto. Cerchiamo di fare uno sforzo per andare loro incontro e a non pensare sempre al peggio quando parliamo di quella famiglia”
 
 
“Tu non l’hai vista, Hermione, non sembra neanche lontanamente più una Weasley. Come pensi che mi possa sentire?”
 
 
“In realtà l’ho vista, Ron, non sei l’unico a cogliere qualche minuto libero per farle visita. I suoi occhi però non sono cambiati, è sempre la nostra bambina e mi auguro tu abbia notato anche questo e non ti sia fermato solo all’apparenza”
 
Come sempre sua moglie trovava la giustificazione nei sentimenti, mai che riuscisse a vedere come stessero veramente i fatti. La trasformazione di quella ragazza era evidente e dai vestiti al mondo di pensare il passo era breve.
 
 
“Finirà davvero che si vergognerà di noi”
 
 
“No, Ron, non accadrà mai. A lei non importa nulla dello sfarzo dei Malfoy. A nostra figlia importa di Scorpius e dei bambini che aspetta, di nient’altro. Rose rimarrà sempre una Weasley e non dimenticherà mai i nostri insegnamenti … intendo quelli sani, non certo ad essere sospettosa dei Malfoy, anche perché non c’è alcun motivo per farlo, ci stanno dimostrando ampiamente che meritano la nostra fiducia. Ora scendi a pranzare? Altrimenti inizio ad essere più preoccupata per te che per Rose, il non vederti pranzare mi destabilizza”
 
Non era per nulla convinto, ma sorrise ugualmente alle premure della moglie e tentò con uno sforzo di assecondarla.
 
∞∞∞
 
Anche Astoria, esattamente come a casa Weasley, stava terminando di preparare il pranzo per la sua famiglia. Ciò che però aveva già messo in conto era la sfuriata che sentiva si stesse avvicinando da parte di suo marito. La tensione che Draco provava per lei nell’arco della giornata e per la precisione ad ogni ora era esagerata. E più il tempo passava, più lui le restringeva il campo d’azione per evitare che ciò comportasse qualche danno alla sua salute e a quella del nascituro. Si era quasi pentita di avergli parlato del bambino, era diventata solo una nuova scusa per non farle trascorrere la sua abitudinaria vita con spensieratezza.
 
“Astoria, quante volte ti ho detto di lasciare fare agli elfi?!”
 
Nonostante si aspettasse quel rimprovero, non poté fare a meno di spaventarsi al tono elevato del marito, che dall’ingresso della cucina la richiamava con autorità.
 
“A Rose dà fastidio e sinceramente se posso evito volentieri anche io. Alla mia famiglia posso ancora pensare da sola, Draco, per caso ti sembra il contrario?”
 
Lo ignorò e continuò ad apparecchiare la tavola con ordine e attenzione, esattamente come era solita fare ogni giorno.
 
“Ma non li maltrattiamo, ci aiutano solo, specie te in questo stato”
 
“Lo so, Draco, è solo che … ”
 
Dovette appoggiarsi velocemente al tavolo, il fiato le era venuto all’improvviso meno. Non riuscì nemmeno a comunicargli quanto per lei fosse importante sentirsi utile in quella casa, svolgere i lavori domestici la faceva sentire ancora viva ed energica, ma quell’inaspettato malessere, in un giorno in cui aveva la percezione di sentirsi persino meglio, le impedì di essere così ottimista e spensierata.
 
“Astoria, che hai?”
 
“Niente, amore” tentò di sorridergli “M-mi sento bene, tranquillo”
 
 
Ma non accennava a sollevarsi, così fu lui ad avvicinarsi e a sorreggerla per aiutarla. Quel contatto la legittimò a non fingere le sue preoccupazioni, ma ad esternarle, sperando che lui fosse emotivamente pronto ad accoglierle.
 
“Non capisco se è il bambino o …”
 
Mantenne un tono di voce pacato per farsi sentire solo dal marito, che si stava palesemente agitando, non riuscendo nemmeno lui a rispondere alle sue domande.
 
“Astoria, devo accompagnarti al San Mungo?”
 
“Ora mi riprendo, non preoccuparti”
 
“Come faccio a non preoccuparmi? Sei pallida. Ok, non è la prima volta che in questi mesi accusi simili colpi, ma io non voglio perderti e preferisco essere prudente”
 
Ignorò nuovamente le raccomandazioni di Draco. Non voleva credere che fosse arrivata la fine per lei, le faceva male anche solo pensarlo e quei pensieri avrebbero solo peggiorato il suo precario stato fisico.
 
“Mi siedo solo un istante. Spegni intanto i fornelli, per favore”
 
Draco la vide scivolare dalle sue mani per accomodarsi sfinita su una sedia ed eseguì la sua richiesta con un colpo di bacchetta, senza nemmeno discostare lo sguardo da lei. Astoria chiuse gli occhi e si portò una mano al volto appoggiandosi con il gomito al tavolo disperata che per lei e il suo bambino non ci fosse più via di scampo. Aveva ancora così tante cose da fare e soprattutto aveva una gravidanza da portare a termine. Non voleva però angustiare troppo anche lui … ma come poteva fare? L’unica cosa che avrebbe voluto fare in quell’esatto momento era farsi consolare tra le sue braccia e dalla sua voce.
 
“Draco”

Gli bastò chiamarlo anche solo impercettibilmente per ritrovarselo inginocchiato davanti a lei, stringendogli forte la mano.
 
“Dimmi, amore”
 
“Ho paura, ma voglio che tu non l’abbia. È logico, vero?”
 
Lei era profondamente sarcastica formulando quella richiesta ed esternando le sue emozioni, ma Draco ricordò chiaramente la richiesta della moglie di essere forte e voleva realizzare quel desiderio. Le rivolse un piccolo sorriso e le strinse ancora più forte la mano, stando attento a non farle male.
 
“Sono qui con te, non hai nulla da temere, non ti lascio e cerchiamo di essere forti insieme. Come ti senti?”
 
"Male … ma apprezzo, e non puoi capire quanto, lo sforzo che stai facendo per me”
 
“Ti porto in ospedale, Astoria, lì sapranno come aiutarti”
 
Tentò di alzarsi velocemente per sottolineare l’urgenza, ma lei lo bloccò per la camicia.
 
“No, così allarmi i ragazzi, aspettiamo ancora qualche minuto”
 
“Astoria, tra qualche minuto potrebbe essere tardi. Non preoccuparti per loro, li avviso io”
 
Riuscì a divincolarsi dalla presa debole di sua moglie ed organizzò rapidamente quella corsa al San Mungo, lasciandola sola su quella sedia appena una manciata di minuti.
 
∞∞∞
 
 
Restò in quella camera d’ospedale a fissarla, non si voleva per alcuna ragione al mondo separarsi da lei. Rimaneva appoggiato alla parete opposta del letto a braccia conserte e non osava avvicinarsi per paura di svegliarla, quando i medimaghi non avevano raccomandato altro di farla riposare. Eppure desiderava solo tenerla monitorata, sperando che lei e il loro bambino riuscissero a superare anche quell’ostacolo. Avrebbe voluto dirle tante cose, avrebbe tanto voluto dirle quanto la trovasse bellissima in ogni momento, in ogni situazione e in ogni condizione. Avrebbe voluto dirle quanto la amasse e che avrebbe accettato di sposarla altre mille volte per condividere con lei ogni singolo respiro che avevano vissuto insieme. Avrebbe voluto ricordarle quanto desiderava che il loro tempo non stesse terminando, quanto lei fosse diventata una delle sue poche ragioni di vita che avevano totalmente stravolto la sua esistenza. Era totalmente devastato, il luccichio dell’oro bianco che portava al dito colpì la sua vista. Tolse la fede in un gesto che mai aveva compiuto in quegli anni, tra tutti i tesori che possedeva quello era il più grande, era il simbolo di quel legame che si ripromise di consacrare per sempre. Fece vagare lo sguardo da lei all’anello, ricordava perfettamente il giorno in cui lei glielo donò, ricordava ancora la dolcezza e la convinzione con cui glielo porse e ricordava le parole che lei gli rivolse a poche ore dal matrimonio.
 
“La luce, Draco, che hai nel cuore non spegnerla mai, qualunque cosa accada, qualunque pensiero infelice ti ritorni in mente”
 
La porta della camera si aprì con discrezione e lui non si prese nemmeno il disturbo di voltarsi. Si rimise però velocemente la fede e si schiarì la voce per evitare di mostrare di aver ceduto a quell’istante di debolezza.
 
“Draco?”
 
Hermione era corsa al San Mungo non appena sua figlia le ebbe dato la notizia. Draco non si decideva a considerarla e lei in quell’atteggiamento non trovò nulla di strano, così esaminò da sola e in lontananza lo stato di Astoria.
 
“Draco, posso entrare? Desidero solo sapere come state”
 
“Fai quello che ti pare, Granger”
 
L’indifferenza di Draco continuò a non scomporla ed entrò con rispetto.
 
“Cosa ti hanno detto i medici?”
 
“Nulla di più di quello che vedi”
 
Lui continuava a fissare sua moglie e sperò di essere lasciato solo a vivere il suo dolore.
 
“Come sta il bambino?”
 
Fu proprio in quel momento che si voltò incredulo e quasi sospettoso verso quell’ospite.
 
“Che c’è, Draco? Mi sono forse sbagliata, tua moglie non è incinta?”
 
“Sì, lo è, ma non so ancora per quanto”
 
“Vedrai che …”
 
“No, Granger, puoi anche risparmiarti frasi smielate sul fatto che lei guarirà. Ho voglia solo di rimanere in silenzio e da solo … con lei”
 
“Draco, così non l’aiuti”
 
“Ma il silenzio aiuta me”
 
Non era facile nemmeno per Hermione affrontare quella situazione, la voglia di essere d’aiuto all’evidente difficoltà di Draco a riscoprire un po’ di serenità non era in grado di suggerirle il modo migliore per affiancarlo.
 
“Invece io credo che tu debba farti aiutare, non puoi affrontare questa situazione da solo, per giunta i ragazzi vivono alla Villa e …”
 
“Hermione, devi stare zitta! Non accetto consigli da te e questo Astoria lo sa bene, quindi, stai tranquilla, non hai alcun debito nei suoi o nei miei confronti”
 
Si voltò con arroganza verso di lei, ma la donna continuò a non cedere alle sue provocazioni, era solo mortificata.
 
“E se io volessi aiutarvi comunque?”
 
“Metti da parte il tuo spirito altruistico per una volta, ora non ce n’è bisogno. Tu e Weasley lasciatemi in pace. Ho bisogno solo di lei in questo momento e di nessun altro”
 
“Draco …”
 
“La conversazione è finita” lei non si decideva ad andarsene, si stava spremendo le meningi per trovare il modo migliore di confortarlo, ma senza l’intenzione di lasciarsi aiutare anche da parte di Draco era pressoché impossibile “Granger, non farmelo ripetere. Vattene!”
 
“Se dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa, sai dove trovarci”
 
“Ci puoi contare”
 
Hermione uscì sconsolata, accompagnata dal tono sarcastico del consuocero e trovò sulla soglia suo marito in procinto di entrare, mostrando chiaramente un certo fastidio nello sguardo.
 
“Hermione, stavo entrando per dirgliene quattro. Come si permette di parlarti in quel modo?!”
 
“Ron, lascialo stare. È solo sconvolto”
 
“E tu quando sei sconvolta inizi ad urlare contro chi ti vuole aiutare? A me non risulta che sia questo il comportamento giusto”
 
“E’ stato piuttosto chiaro, lui non vuole il nostro aiuto, Ronald. Mi è sufficiente che sappia che ci siamo per lui. Sicuramente Rose starà accanto sia a Draco che a Scorpius e ha molte più possibilità di noi alla Villa”
 
Non appena Hermione ebbe nominato la figlia, la furia di Ron si placò, lasciando spazio solo a nuove domande.
 
“Rose è solo una ragazzina, come pensi possa gestire la situazione?”
 
“Ne sarà in grado, vedrai. Ron, resto ancora qualche minuto, voglio sentire i medimaghi, ti raggiungo più tardi a casa. Passa dai ragazzi prima di rientrare”
 
“Va bene, ma non tardare”
 
Le sfiorò la mano prima di andare, salutandola con dolcezza. Probabilmente il tempo per le risposte doveva ancora aspettare a giungere e Ron lo avrebbe atteso con pazienza, non aveva altra scelta, ma ad essere coinvolta era anche Rose e lui voleva tutelare anche i sentimenti di quella ragazza.
 
∞∞∞
 
Rimasto finalmente solo con Astoria, si avvicinò a lei e si sedette sul letto, ma non riuscì più a trattenere le lacrime. Una lacrima in particolare tra tutte le altre stava scendendo lungo la sua guancia, quando vide gli occhi confusi di Astoria cercare di aprirsi, contrastando la forte luce di metà giornata filtrare con prepotenza dalla finestra. Lo chiamò con un filo di voce, sperando che lui le fosse accanto.
 
“Draco”
 
Si asciugò gli occhi e cercò di essere presentabile e sereno davanti a lei.
 
“Sono qui, amore”
 
Le afferrò la mano e gliela strinse. Lei riconobbe subito la presa di suo marito e si voltò verso di lui sentendosi protetta. Gli sfiorò appena il viso, nel punto in cui sale che era sceso dai suoi occhi si era depositato, lasciando i segni delle lacrime.
 
“Hai pianto … perché? Il nostro bambino, Draco, come sta?”
 
“State bene entrambi. Stai tranquilla, tesoro, presto tornerete a casa”
 
“Draco, dimmi la verità”
 
“È la verità”
 
“E allora perché sto così male?”
 
Astoria rivolse lo sguardo al soffitto e allentò rassegnata la presa sulla mano di suo marito.
 
“Starai bene, ti prego, Astoria non mollare. È per questo che piango, perché non riesco a vederti reagire come vorrei”
 
Non gli rispose, ma lui non riusciva, forse ingenuamente, a comprendere quanto quel malessere fisico fosse forte e non le concedesse lo spazio per la ribellione a quel nefasto destino che si stava abbattendo su di loro.
 
“Hermione è stata qui, dov’è ora?”
 
“E tu come fai a saperlo? Facevi forse finta di dormire?”
 
“Il suo profumo … l’hai mandata via, vero? Draco, ti avevo chiesto di …”
 
“Lo so, ma lo affrontiamo io e te, non abbiamo bisogno di nessun altro”
 
Le diede sorridendo un piccolo bacio sulla mano per comunicarle quanto fosse determinato e quanto fosse intenzionato a lottare per la loro felicità.
 
“Draco, io non uscirò da qui”
 
“I medimaghi sono ottimisti, Astoria, non vedo perché noi non dovremmo esserlo”
 
“Dov’è Scorpius?”
 
“A casa con Rose. Vuoi che lo faccia venire al San Mungo?”
 
Astoria affermò con la testa, tutto ciò che desiderava in quel momento era prepararsi al peggio, in caso contrario il tempo non le avrebbe fatto alcuno sconto e lei avrebbe perso delle ore preziose da trascorrere con la sua famiglia.
 
“Astoria, per quale ragione vuoi vedere nostro figlio?”
 
“Voglio salutarlo, Draco. Non voglio andarmene senza averlo fatto”
 
“No, Astoria, t-tu non …”
 
Si stava agitando, il petto ricominciò a battere compulsivamente e gli occhi ricominciarono a pizzicargli. Sentire la resa uscire dalle labbra di sua moglie lo destabilizzò. Gli posò una mano sulle labbra per zittirlo e gli porse subito dopo una carezza in volto. Draco le afferrò d’istinto la mano per invitarla a non allontanarsi da lui.
 
“Tranquilla, lo accompagno qui”
 
“In auto, Draco, ricordati che è minorenne e non si può Smaterializzare”
 
“Lo so. Vuoi che ti lasci riposare un po’ ora?”
 
“Resta qui con me”
 
Si spostò su un lato del letto invitandolo a stendersi con lei. Non se lo fece ripetere e si coricò al suo fianco, abbracciandola non appena lei si fu appoggiata al suo petto. Era cominciato per Draco un drammatico conto alla rovescia, ma nel suo cuore la sabbia della clessidra della speranza non aveva ancora cessato di scorrere e mai lo avrebbe fatto fino all’ultimo granello.



Continua ...
 

* Per chi non lo sapesse, lo Snaso è una creatura magica di piccole dimensioni che ha l'abitudine di rubare tesori


Ciao ragazzi!
 
Sono decisamente imperdonabile, il tempo ultimamente gioca a mio sfavore e ho dovuto sacrificare una delle mie più grandi passioni ☹
 
Il capitolo non è per nulla allegro, ma oltre ad avermi permesso di proseguire con questa infinita narrazione (prometto che una fine prima o poi ci sarà XD), mi ha consentito anche di mettere in campo nuove questioni, perché anche questi nuovi eventi, come il peggioramento di Astoria porteranno conseguenze nel rapporto tra i personaggi e sui personaggi stessi.
 
Ringrazio con tutto il cuore tutti coloro che continuano a seguirmi, nonostante io sia sommersa sempre da mille impegni e aggiorni di rado. Vi sono davvero grata per mostrare sempre curiosità nel proseguire la lettura di questa storia! <3
 
Alla prossima 😊
Baci
-Vale
   
 
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