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Autore: Nathan05    01/12/2018    3 recensioni
Ero eccitatissimo per la mia prima vacanza in Giappone, un sogno divenuto realtà. Ma sarà un fortunoso ritrovamento a rendere la mia vacanza davvero indimenticabile: un diario segreto che mi permetterà di entrare nell'animo del suo autore, un ragazzino amante del calcio.
DISCLAIMER: i personaggi di "Capitan Tsubasa" appartengono al creatore Yoichi Takahashi. Possibile allerta spoiler per chi sta seguendo l'anime "Capitan Tsubasa" (2018), al quale si collega questa storia. Il seguito è un'elaborazione dell'autore basata anche su Boku wa Misaki Taro. Non leggete la storia se siete infastiditi da relazioni amorose / sentimentali tra personaggi minorenni.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO I - IL RITROVAMENTO

L'avevo sognato da tanto tempo, ed ora mi trovavo finalmente in Giappone per le vacanze estive del 2019. La mia prima volta nel Paese del Sol Levante si è rivelata subito emozionante, come del resto avevo sempre pensato e sperato. Ma mai avrei potuto immaginare quello che sarebbe successo nel corso delle settimane trascorse in quelle fantastiche terre.

Dopo un lungo viaggio aereo con scalo a Mosca, io ed i miei genitori atterrammo all'aeroporto di Tokyo-Narita. Appena giunti nel quartiere di Shibuya, uno dei più vivi della città, notammo una calca sulla sinistra. Apparentemente, nascosto tra la folla, doveva esserci un personaggio famoso. Sullo stand campeggiava un manifesto con scritto “Kojiro Hyuga – Toho Academy” ed una foto di un ragazzo alto e muscoloso in divisa da calcio, che, a giudicare dallo scenario, riscuoteva un certo successo tra le ragazzine, presenti in massa ad agitare smartphone e quaderni per gli autografi. Scoprimmo poi che in quei giorni sarebbe iniziato il torneo nazionale di calcio per le scuole medie, che evidentemente era considerato particolarmente importante in Giappone. Dalla foto, però, quel Kojiro Hyuga non sembrava affatto un ragazzino delle medie: la sua statura ed il suo fisico sembravano quelli di un ragazzo più grande.

Tornando a Tokyo, questa gigantesca città, seppur trafficatissima, risulta davvero pulita, ordinata ed efficiente agli occhi di un italiano. Può sembrare uno stereotipo, ma vi assicuro che è davvero così. Trascorsa una settimana in quel misto di modernità e tradizione che è la capitale, decidemmo di spostarci sfruttando i rapidissimi treni nipponici, gli shinkansen, noti internazionalmente come “treni proiettile” (“bullet trains”), anche se il termine giapponese andrebbe tradotto letteralmente in un meno ambizioso “nuovo treno rapido”. Andammo dritti verso sud, ad Hiroshima, la città colpita dalla prima bomba nucleare nel 1945, che ancora conserva i segni di quella tragedia nel suo “duomo atomico”. Risalendo facemmo tappa in altre magnifiche città come Osaka, la città del castello fondato dal leggendario shogun Nobunaga Oda, Nagoya, la piccola Gifu con il suo Monte Kinka, in cima al quale si erge un altro castello, o ancora le antiche capitali imperiali: la meravigliosa Kyoto, dove ogni angolo è ricco di storia, e la fiabesca Nara, città nella quale centinaia di cervi sono liberi di scorrazzare tra le strade ed i parchi.

Ma fu l'ultima tappa del nostro viaggio quella che scombussolerà tutto. Nel nostro itinerario, infatti, non poteva mancare il magnifico Monte Fuji, il Fuji-san, in Giappone considerato al pari di una divinità. “Esistono due generi di uomini folli”, recita un vecchio adagio nipponico: “coloro che non hanno mai scalato il Fuji, e coloro che lo hanno scalato due volte”. Salimmo dunque sullo shinkansen diretto verso la città di Shizuoka, capitale dell'omonima prefettura: già da qui, l'immagine imponente del Monte Fuji, con la cima ancora innevata nonostante il clima estivo, risultò impressionante alla nostra vista. Con i suoi 3.776, la montagna dominava il panorama di Shizuoka, da dove prendemmo un autobus per la piccola cittadina di Nankatsu, situata proprio ai piedi del Fuji.

Avvicinandoci alla meta, la sagoma del monte vulcanico diveniva ancora più imponente e minacciosa, tanto da far intuire il motivo per il quale i giapponesi l'abbiano considerato un ente divino per secoli. Raggiungemmo Nankatsu in serata, e potemmo subito notare il clima quiete di questa cittadina di poche migliaia di abitanti, con le sue strade poco trafficate e silenziose, costeggiate da villette a schiera. Ci recammo in una piccola abitazione prenotata su internet, che sarebbe stata la nostra dimora per i prossimi giorni: il precedente inquilino, ci avevano detto, era un artista, che poi aveva deciso di trasferirsi altrove per motivi lavorativi.

Entrai in quella che, per i prossimi giorni, sarebbe stata la mia stanza, chiedendomi chi avesse vissuto tra quelle mura prima di me: mai avrei immaginato di ricevere una risposta ben definita nel giro di poco tempo. Posai lo zaino su una sedia e mi buttai sul letto: sul muro c'era un poster autografato di un calciatore, Roberto Hongo, un fuoriclasse brasiliano che l'anno precedente aveva annunciato il proprio ritiro dalle competizioni, nonostante la giovane età, a causa di una malattia degenerativa che lo avrebbe privato della vista per sempre. Quell'artista, pensai, doveva avere un figlio, e questa doveva essere stata la sua camera. 

Incominciai ad organizzare i miei vestiti nell'armadio, poi andai verso la scrivania per sistemare il mio laptop. Presi la chiave della valigia per metterla in un posto sicuro, il cassetto a destra della scrivania sembrava il posto giusto. Aprendolo, però, ebbi una sorpresa: un piccolo diario rosso. Rimasi qualche secondo a fissarlo, poi smisi di indugiare e lo presi, maneggiandolo con cura come si trattasse di un reperto archeologico. Lo aprii.

In alto a destra c'era una piccola fotografia di un ragazzino con una felpa verde acqua ed il colletto di una camicia gialla che spuntava. L'espressione ed i tratti del viso ne denotavano la gentilezza e la cordialità: lo guardai nei grandi occhi castani come se fosse di fronte a me, quasi a volergli chiedere il permesso di proseguire a sfogliare quel diario, che certamente doveva essere suo. Continuando a guardare quella foto non potei fare altro che notare la bellezza dei suoi lineamenti, i capelli, intonati con gli occhi, né troppo ribelli né troppo ordinati che ne coprivano la fronte.

Spostai lo sguardo più in basso, e potei finalmente scoprire qualcosa sull'identità di quel ragazzino.

Cognome: Misaki
Nome: Taro
Data di nascita: 5 maggio 2007
Scuola: Scuola Elementare di Nankatsu
Classe: VI
Anno scolastico: 2018-2019 (I semestre)


Quel "I semestre" sembrava essere stato aggiunto in un secondo momento, frettolosamente ed in maniera posticcia. La curiosità era grande, ma si era anche fatto tardi. Dopo il viaggio un riposo era necessario, ma allo stesso tempo non vedevo l'ora di svegliarmi per fiondarmi nuovamente nelle pagine di quel diario. Chissà quali altre sorprese mi avrebbero aspettato.
 
   
 
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