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Autore: Sognatrice Realista    01/12/2018    3 recensioni
Archìa, Plasma, Empatia.
Gli Archi guidano gli Elementi, ma c'è chi con loro si fonde – sarà solo leggenda?
«Come ti è saltato in mente?» percepì distintamente il sibilo del ragazzo, ora vicinissimo. Fece per ritrarsi, ma lui riuscì ad afferrarle il polso.
Con la mano avvolta dalle fiamme.
Lo stupore la paralizzò, mentre un’assurda sensazione di serenità l’invadeva. Non provò dolore al contatto, il fuoco non la bruciò.
Durò solo un secondo.

IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fisis'
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Malek sbuffò, lo sguardo puntato sui due promossi a suoi accompagnatori – supervisori, più che altro – per quella missione. La scelta del Direttore era ricaduta su Siana e Rod; si domandò il perché, e cosa avesse raccontato loro. Aveva inventato una scusa, o i due erano a parte dei suoi piani? Per quanto Rod non gli avesse mai ispirato grande simpatia, scoprirlo spia di Kotuno l’avrebbe sorpreso; non troppo, comunque. Aveva imparato nel peggior modo possibile a diffidare di tutti.

«Mal!» l’apostrofò allegramente Siana. «Pronto a lasciare il tuo regno? Quant’è passato dall’ultima volta?» domandò. Malek vi lesse più malizia di quanta non trasparisse dal tono impiegato.

Non rispose. Compì malvolentieri i pochi passi che lo separavano dai due e si ritrovò a fissare il cancello, spalancato davanti a loro. Era passato molto, troppo tempo dall’ultima volta in cui l’aveva visto così da vicino. Non avrebbe mai immaginato che, quando fosse finalmente riuscito a varcarlo, si sarebbe ritrovato a desiderare di potersi sottrarre, di non lasciarlo ancora.

«Bel panorama?» chiese ironico Rod. «Forza, andiamo» aggiunse poco dopo, portandosi davanti al gruppo e invitando i compagni a fare altrettanto.

Siana, per nulla scoraggiata dall’atteggiamento scostante di Malek, rimase al suo fianco mentre si inoltravano per le vie di Mens. «Allora, Mal. Dev’essere proprio speciale, questa recluta, se mandano noi a controllare. Sai cos’ha fatto? Il Direttore è stato povero di dettagli».

Malek scrollò le spalle, infastidito da quel modo di chiamarlo; solo Kora l’aveva usato, un tempo.

«Ne so quanto te» mormorò rapido, liquidando la questione. In un certo senso era vero, non sapeva cos’avesse fatto la ragazza – Kotuno si era detto quasi certo che fosse tale – che dovevano trovare; sapeva però che non stavano cercando una semplice recluta per l’Accademia. Cercavano un’Ela, per questo era stato incluso nella squadra. Poteva solo sperare – proprio lui che credeva d’aver dimenticato come si facesse – ardentemente che si fossero sbagliati, che la ragazza si rivelasse davvero solo un “prodigio”.

Siana distese le labbra in un vago sorriso. Non era certo di averla convinta, ma non se ne preoccupò. Il resto del tragitto fino alle stalle trascorse in silenzio, sempre con Rod davanti e loro due dietro.

~

Aidra aggirò il grande albero che segnava il limite occidentale del villaggio. Le volte in cui da bambina aveva giocato nello spiazzo lì davanti con Odrik e gli altri non si contavano; scoprire il sentiero nascosto dal fusto imponente la riempì quindi di stupore. Isryl non aveva mentito, era proprio dove le aveva detto.

Si inoltrava nel boschetto, e lei lo seguì guardandosi attorno con curiosità. Non impiegò molto a raggiungere il luogo di cui le aveva parlato il biondo; il sentiero terminava in una piccola radura erbosa. Isryl era lì, come aveva promesso. Era in piedi, la schiena poggiata a un albero poco distante. Le fece un cenno con la mano.

Aidra non aveva chiesto perché avesse voluto proprio quel posto per incontrarla. Lei per prima era stata felice di allontanarsi un po’ da Lytho, stufa degli sguardi che una fetta di abitanti aveva iniziato a riservarle; le domande si erano esaurite, ma in alcuni la meraviglia era stata sostituita dal sospetto. Aidra non l’aveva previsto, sembrava quasi che le persone che l’avevano vista crescere avessero ora paura di lei.

In quella radura segreta, tuttavia, poteva lasciarsi tutte le maldicenze alle spalle. C’erano solo lei e Isryl, il ragazzo cui era bastato uno sguardo per capirla. Lo raggiunse, salutandolo allegramente.

«Grazie per il tuo tempo», aggiunse poi scherzando. Quando il giorno prima l’aveva avvicinato, era riuscita a stento a strappargli luogo – con le indicazioni per raggiungerlo – e ora per l’appuntamento, poi si era dileguato chissà dove. Si era detto di fretta, ma non aveva voluto rivelarle per cosa. Era rimasta un po’ delusa per aver dovuto rimandare ancora, ma non se l’era presa particolarmente. Ora c’era: importava solo questo.

Lui l’osservava accigliato. «Sei proprio strana» sentenziò infine, scuotendo la testa.

Aidra inclinò di lato la sua, incerta su come prendere quell’affermazione. Non suonava come un complimento, ma qualcosa le diceva che non era neanche un insulto.

«Ti fidi sempre così del primo sconosciuto che ti dà appuntamento in un luogo isolato?» aggiunse Isryl, fissandola. Stavolta sembrava serio. «O sei solo troppo sicura di te?»

«Vuoi farmi del male?» replicò lei tranquilla. Gli diede le spalle e si sedette in mezzo alla radura, abbracciandosi le gambe. «Non incontro spesso sconosciuti che appaiono e sembrano sapere tutto di me, in effetti. Ma so che non sei pericoloso, lo sento».

Lo sentì sospirare; il frusciare dell’erba le anticipò il suo spostamento. Isryl si sedette accanto a lei, a gambe incrociate. «Ti affidi troppo all’istinto» affermò. «Un giorno potresti sbagliare previsione, o forse l’hai già fatto».

«Forse», concesse lei sorridendogli. «Ti hanno mai detto che sembri un mercante, quando parli?»

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, preso in contropiede. «Un mercante?» ripeté, confuso. «Non sono un mercante».

«Parli come loro, però».

Lui sbuffò. «Se lo dici tu». Aidra non capì se il suo commento l’avesse divertito, seccato o lasciato indifferente. Era vero, però; aveva avuto quella sensazione già al loro primo incontro, anche se aveva impiegato un po’ a identificarla. Non avrebbe saputo spiegare perché, ma ogni volta che Isryl apriva bocca si figurava in mente mercanti e cantastorie. C’erano, tuttavia, cose più importanti che voleva scoprire sul suo conto.

«Hai mai conosciuto un Ela, prima?» domandò, curiosissima, cambiando discorso. Anche se credeva alle leggende, era suonato un po’ troppo sicuro nelle sue affermazioni; il dubbio le era venuto riflettendo a posteriori sulle poche, criptiche frasi che le aveva rivolto. Se avesse avuto ragione sarebbe stato perfetto: poteva essere un passo più vicina al suo sogno.

Isryl esitò. «No, non proprio» rispose alla fine.

Le sfuggì uno sbuffo scontento, lui lo notò. «Delusa?» si informò neutro.

Accennò un sorriso. «No, non davvero. Ho solo corso troppo» spiegò. «Dovrò trovarli da sola, evidentemente» dichiarò convinta, poggiando la testa sulle proprie ginocchia. Vide lo stupore deformare l’espressione di Isryl. Il ragazzo scosse la testa, ridacchiò. Un riso secco, amaro, che lasciò una strana impressione su Aidra.

«Credi di essere un’eroina?» le domandò, guardandola con occhi spietatamente inquisitori. «Il tempo cambia molte cose. Non viviamo più nel mondo delle leggende. Tutto ciò che ne resta è il canto di gesta a cui tutti hanno smesso di credere da tempo. Non ti sei mai chiesta il perché?»

Aidra resse il suo sguardo, rafforzò la stretta sulle gambe. «Mille volte» ribatté seria. Lasciò la presa, si rimise in piedi. «Non restano solo i canti. Io esisto», asserì, scura in volto. Mosse qualche passo, senza guardarlo. Prese un bel respiro, tornò a distendere il volto. «Se sono qui c’è un motivo, devo solo scoprire quale» riprese con ritrovata calma, stirando una gamba per scacciare il formicolio che la posizione assunta poco prima le aveva lasciato.

Isryl non si alzò, la seguì solo con lo sguardo. Lasciò passare qualche minuto prima di parlare nuovamente. «Non volevo offenderti».

Aidra gli sorrise. Si era accorto di aver toccato un tasto dolente? Forse la sua reazione era stata un po’ esagerata. «Non fa niente» mormorò. «Però» proseguì quasi subito, arrivandogli alle spalle, «potresti farti perdonare raccontandomi un po’ di te, Isryl».

Lui si irrigidì, ma stette al gioco. «Cosa vorresti sapere?»

Aidra sapeva – intuiva – che c’erano domande a cui non avrebbe risposto, ma non si lasciò scoraggiare da questa premessa. Tenendosi alle sue spalle, si chinò, ritrovandosi assurdamente a pensare che i capelli biondi del ragazzo, che ora occupavano la quasi totalità della sua visuale, fossero davvero belli.

«Con chi sei venuto a Lytho, e perché?»

~

Potresti provare a cambiare posto, ogni tanto”.

Aidra aveva seguito il suo consiglio, alla fine. Al villaggio nessuno l’aveva vista, non era nel suo solito posto vicino al fiume. Odrik realizzò amaramente che non aveva idea di dove potesse essere.

Lo stava evitando?

Sconfortato, si lasciò cadere nel punto dove normalmente sedeva lei. Fissò le acque ribollenti del Tar senza vederle davvero, chiedendosi cosa fosse andato storto.

Non era riuscito a parlare decentemente con Aidra neanche una volta, dall’attacco. Era come se elevare la cupola avesse piazzato una barriera tra lei e il resto del mondo, fissando un limite. Odrik aveva guardato la sua amica di sempre e si era chiesto chi fosse, aveva stentato a riconoscerla.

Odiava quella sensazione.

Quel fatto non sarebbe stato tanto grave, senza la consapevolezza che Aidra gli aveva mentito. Ripetutamente. Nascondeva qualcosa, ma non era solo questo – c’entrava il biondo. Le aveva chiesto chi fosse, cosa volesse da lei; non aveva avuto risposta. L’unica informazione sensata che era riuscito a ottenere era un nome, due sillabe che aveva rimosso quasi all’istante. Quando li aveva sorpresi a parlare sulla riva del Tar, a sconvolgerlo non era stata la presenza dell’estraneo, o il fatto che stessero parlando.

A gelarlo sul posto era stata la risata di Aidra. Una risata genuina, sincera. Rivolta a un perfetto sconosciuto. Incapace di fare altro, era rimasto lontano a osservarli – a osservare lei. Gli era sembrata felice come pochissime altre volte, a suo agio con il ragazzo in un modo che lui si era guadagnato con il tempo. Spiandoli suo malgrado e senza poter sentire cosa si dicevano, aveva pensato che sembravano conoscersi da una vita, ma era impossibile. Perché allora Aidra sorrideva in quel modo?

Sembrava veramente euforica. Incapace di assistere oltre, Odrik l’aveva chiamata. Gli era parso di spezzare un incanto.

Ora non era al fiume, nessuno l’aveva vista. Era con lui, quindi?

Odrik si rialzò, profondamente amareggiato. Non gli piaceva sentirsi così, non era giusto – non poteva impedirselo. Non capiva cosa gli stesse nascondendo Aidra e perché – non si fidava di lui? –, ma non voleva perdere così la sua amica. Non voleva, non poteva.

Scuro in volto, si incamminò nuovamente verso il villaggio, un nuovo bersaglio in mente.

Se non poteva trovare lei, avrebbe cercato lui.

~

Malek carezzò distrattamente la chioma del suo kutirai. Aveva imparato a montarli da bambino, ma da quando il Direttore aveva deciso che era troppo cagionevole per lasciare l’Accademia non ne aveva più avuto occasione. Occupato da ben altro, non si era mai soffermato a pensarci, ma cavalcandone uno adesso capì quanto realmente gli fosse mancata la sensazione di libertà che si provava nel farlo.

Certo, era una libertà illusoria, come tutto il resto – a ricordarglielo c’erano Siana e Rod, che galoppavano ai suoi lati, rendendogli di fatto impossibile deviare dal percorso stabilito, se mai avesse voluto provarci. Precauzione inutile.

Tornò a concentrarsi sul calore dell’animale. I kutirai erano quadrupedi dalla peluria ocra, slanciati, leggeri ma possenti; perfetti per attraversare rapidamente lunghe distanze. Erano inoltre molto intelligenti, non richiedevano particolari sforzi a chi li montasse. Malek si lasciò cullare dal movimento, senza preoccuparsi di guidare: sapeva che l’animale avrebbe semplicemente seguito i due compagni. Avrebbe voluto che quella corsa si protraesse per sempre, poter non arrivare mai.

Quasi non notò il ponte di roccia improvvisato da Rod perché potessero attraversare il Tari, come veniva chiamato il braccio secondario del Tar. L’Arche non dovette nemmeno scendere dalla sua cavalcatura, gli bastò stendere un braccio; Malek si chiese distrattamente quando avesse affinato così tanto il suo controllo.

Proseguirono in silenzio per altre due ore, dopo quel punto. Poi, sull’ultima luce dello Yan – l’astro diurno – organizzarono un bivacco per la notte.

«Forse riusciremo ad arrivare già domani, in serata» annunciò Siana, studiando una mappa della regione.

Malek accolse in silenzio quella notizia. Altro che “per sempre”; forse era persino meglio così. Continuare a rimuginare era totalmente inutile – avrebbe saputo realmente cosa fare solo una volta lì, con l’Arche davanti. Sperando che sia davvero solo questo.

Rod si incaricò del primo turno di veglia e li esortò a ritirarsi.

«Dormi bene, Mal» gli sussurrò Siana, coricandosi accanto a lui. Avvolto nella propria coperta, ricambiò l’augurio con un freddo mutismo.


















Angolino Autrice

Malek e Melisa, crediti ad Alchimista di Neve anche stavolta ❤️
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E niente, spero che la storia fin qui vi stia prendendo! ^^
Un abbraccio.

P.S.
Secondo voi perché Isryl parla "come un mercante", o come "un cantastorie"? C:
   
 
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