Malek
sbuffò, lo sguardo puntato sui due promossi a suoi
accompagnatori – supervisori, più che altro
– per quella missione. La
scelta del Direttore era ricaduta su Siana e Rod; si domandò
il perché, e cosa
avesse raccontato loro. Aveva inventato una scusa, o i due erano a
parte dei
suoi piani? Per quanto Rod non gli avesse mai ispirato grande simpatia,
scoprirlo spia di Kotuno l’avrebbe sorpreso; non troppo, comunque. Aveva imparato nel
peggior modo possibile a
diffidare di tutti.
«Mal!»
l’apostrofò allegramente Siana.
«Pronto a lasciare il tuo regno? Quant’è
passato dall’ultima volta?» domandò.
Malek vi lesse più malizia di quanta non trasparisse dal
tono impiegato.
Non
rispose. Compì malvolentieri i
pochi passi che lo separavano dai due e si ritrovò a fissare
il cancello,
spalancato davanti a loro. Era passato molto, troppo tempo
dall’ultima volta in
cui l’aveva visto così da vicino. Non avrebbe mai
immaginato che, quando fosse
finalmente riuscito a varcarlo, si sarebbe ritrovato a desiderare di
potersi
sottrarre, di non lasciarlo ancora.
«Bel
panorama?» chiese ironico Rod.
«Forza, andiamo» aggiunse poco dopo, portandosi
davanti al gruppo e invitando i
compagni a fare altrettanto.
Siana,
per nulla scoraggiata
dall’atteggiamento scostante di Malek, rimase al suo fianco
mentre si
inoltravano per le vie di Mens. «Allora, Mal.
Dev’essere proprio speciale,
questa recluta, se mandano noi a controllare. Sai cos’ha
fatto? Il Direttore è
stato povero di dettagli».
Malek
scrollò le spalle, infastidito da
quel modo di chiamarlo; solo Kora l’aveva usato, un tempo.
«Ne
so quanto te» mormorò rapido,
liquidando la questione. In un certo senso era vero, non sapeva
cos’avesse
fatto la ragazza – Kotuno si era detto quasi certo che fosse
tale – che dovevano
trovare; sapeva però che non stavano cercando una semplice
recluta per
l’Accademia. Cercavano un’Ela, per questo era stato
incluso nella squadra.
Poteva solo sperare – proprio lui che credeva
d’aver dimenticato come si facesse
– ardentemente che si fossero sbagliati, che la ragazza si
rivelasse davvero
solo un “prodigio”.
Siana
distese le labbra in un vago
sorriso. Non era certo di averla convinta, ma non se ne
preoccupò. Il resto del
tragitto fino alle stalle trascorse in silenzio, sempre con Rod davanti
e loro
due dietro.
~
Aidra
aggirò il grande albero che segnava
il limite occidentale del villaggio. Le volte in cui da bambina aveva
giocato
nello spiazzo lì davanti con Odrik e gli altri non si
contavano; scoprire il
sentiero nascosto dal fusto imponente la riempì quindi di
stupore. Isryl non
aveva mentito, era proprio dove le aveva detto.
Si
inoltrava nel boschetto, e lei lo
seguì guardandosi attorno con curiosità. Non
impiegò molto a raggiungere il
luogo di cui le aveva parlato il biondo; il sentiero terminava in una
piccola
radura erbosa. Isryl era lì, come aveva promesso. Era in
piedi, la schiena
poggiata a un albero poco distante. Le fece un cenno con la mano.
Aidra
non aveva chiesto perché avesse voluto
proprio quel posto per incontrarla. Lei per prima era stata felice di
allontanarsi un po’ da Lytho, stufa degli sguardi che una
fetta di abitanti
aveva iniziato a riservarle; le domande si erano esaurite, ma in alcuni
la
meraviglia era stata sostituita dal sospetto. Aidra non
l’aveva previsto,
sembrava quasi che le persone che l’avevano vista crescere
avessero ora paura
di lei.
In
quella radura segreta, tuttavia,
poteva lasciarsi tutte le maldicenze alle
spalle. C’erano solo lei e Isryl, il ragazzo cui era bastato
uno sguardo per
capirla. Lo raggiunse, salutandolo allegramente.
«Grazie
per il tuo tempo», aggiunse poi
scherzando. Quando il giorno prima l’aveva avvicinato, era
riuscita a stento a
strappargli luogo – con le indicazioni per raggiungerlo
– e ora per
l’appuntamento, poi si era dileguato chissà dove.
Si era detto di fretta, ma
non aveva voluto rivelarle per cosa. Era rimasta un po’
delusa per aver dovuto
rimandare ancora, ma non se l’era presa particolarmente. Ora
c’era: importava
solo questo.
Lui
l’osservava accigliato. «Sei
proprio strana» sentenziò infine, scuotendo la
testa.
Aidra
inclinò di lato la sua, incerta
su come prendere quell’affermazione. Non suonava come un
complimento, ma
qualcosa le diceva che non era neanche un insulto.
«Ti
fidi sempre così del primo
sconosciuto che ti dà appuntamento in un luogo
isolato?» aggiunse Isryl,
fissandola. Stavolta sembrava serio. «O sei solo troppo
sicura di te?»
«Vuoi
farmi del male?» replicò lei
tranquilla. Gli diede le spalle e si sedette in mezzo alla radura,
abbracciandosi le gambe. «Non incontro spesso sconosciuti che
appaiono e
sembrano sapere tutto di me, in effetti. Ma so che non sei pericoloso,
lo
sento».
Lo
sentì sospirare; il frusciare
dell’erba le anticipò il suo spostamento. Isryl si
sedette accanto a lei, a
gambe incrociate. «Ti affidi troppo
all’istinto» affermò. «Un
giorno potresti
sbagliare previsione, o forse l’hai già
fatto».
«Forse»,
concesse lei sorridendogli. «Ti
hanno mai detto che sembri un mercante, quando parli?»
Il
ragazzo inarcò un sopracciglio,
preso in contropiede. «Un mercante?» ripeté, confuso. «Non sono un mercante».
«Parli
come loro, però».
Lui
sbuffò. «Se lo dici tu». Aidra non
capì se il suo commento l’avesse divertito,
seccato o lasciato indifferente.
Era vero, però; aveva avuto quella sensazione già
al loro primo incontro, anche
se aveva impiegato un po’ a identificarla. Non avrebbe saputo
spiegare perché, ma ogni
volta che Isryl apriva
bocca si figurava in mente mercanti e cantastorie. C’erano,
tuttavia, cose più
importanti che voleva scoprire sul suo conto.
«Hai
mai conosciuto un Ela, prima?»
domandò, curiosissima, cambiando discorso. Anche se credeva
alle leggende, era
suonato un po’ troppo sicuro nelle sue affermazioni; il
dubbio le era venuto riflettendo
a posteriori sulle poche, criptiche frasi che le aveva rivolto. Se
avesse avuto
ragione sarebbe stato perfetto: poteva essere un passo più
vicina al suo sogno.
Isryl
esitò. «No, non proprio» rispose
alla fine.
Le
sfuggì uno sbuffo scontento, lui lo
notò. «Delusa?» si informò
neutro.
Accennò
un sorriso. «No, non davvero.
Ho solo corso troppo» spiegò.
«Dovrò trovarli da sola, evidentemente»
dichiarò
convinta, poggiando la testa sulle proprie ginocchia. Vide lo stupore
deformare
l’espressione di Isryl. Il ragazzo scosse la testa,
ridacchiò. Un riso secco,
amaro, che lasciò una strana impressione su Aidra.
«Credi
di essere un’eroina?» le
domandò, guardandola con occhi spietatamente inquisitori.
«Il tempo cambia
molte cose. Non viviamo più nel mondo delle leggende. Tutto
ciò che ne resta è
il canto di gesta a cui tutti hanno smesso di credere da tempo. Non ti
sei mai
chiesta il perché?»
Aidra
resse il suo sguardo, rafforzò la
stretta sulle gambe. «Mille volte»
ribatté seria. Lasciò la presa, si rimise in
piedi. «Non restano solo i canti. Io esisto»,
asserì, scura in volto. Mosse qualche passo, senza
guardarlo. Prese un bel
respiro, tornò a distendere il volto. «Se sono qui
c’è un motivo, devo solo
scoprire quale» riprese con ritrovata calma, stirando una
gamba per scacciare
il formicolio che la posizione assunta poco prima le aveva lasciato.
Isryl
non si alzò, la seguì solo con lo
sguardo. Lasciò passare qualche minuto prima di parlare
nuovamente. «Non volevo
offenderti».
Aidra
gli sorrise. Si era accorto di
aver toccato un tasto dolente? Forse la sua reazione era stata un
po’
esagerata. «Non fa niente» mormorò.
«Però» proseguì quasi subito,
arrivandogli
alle spalle, «potresti farti perdonare raccontandomi un
po’ di te, Isryl».
Lui
si irrigidì, ma stette al gioco.
«Cosa vorresti sapere?»
Aidra
sapeva – intuiva – che c’erano
domande a cui non avrebbe risposto, ma non si lasciò
scoraggiare da questa
premessa. Tenendosi alle sue spalle, si chinò, ritrovandosi
assurdamente a
pensare che i capelli biondi del ragazzo, che ora occupavano la quasi
totalità
della sua visuale, fossero davvero belli.
«Con
chi sei venuto a Lytho, e perché?»
~
“Potresti
provare a cambiare posto, ogni tanto”.
Aidra
aveva seguito il suo consiglio,
alla fine. Al villaggio nessuno l’aveva vista, non era nel
suo solito posto
vicino al fiume. Odrik realizzò amaramente che non aveva
idea di dove potesse
essere.
Lo
stava evitando?
Sconfortato,
si lasciò cadere nel punto
dove normalmente sedeva lei. Fissò le acque ribollenti del
Tar senza vederle
davvero, chiedendosi cosa fosse andato storto.
Non
era riuscito a parlare decentemente
con Aidra neanche una volta, dall’attacco. Era come se
elevare la cupola avesse
piazzato una barriera tra lei e il resto del mondo, fissando un limite.
Odrik
aveva guardato la sua amica di sempre e si era chiesto chi fosse, aveva
stentato a riconoscerla.
Odiava
quella sensazione.
Quel
fatto non sarebbe stato tanto
grave, senza la consapevolezza che Aidra gli aveva mentito. Ripetutamente. Nascondeva qualcosa, ma
non era solo questo – c’entrava il biondo. Le aveva
chiesto chi fosse, cosa
volesse da lei; non aveva avuto risposta. L’unica
informazione sensata che era
riuscito a ottenere era un nome, due sillabe che aveva rimosso quasi
all’istante.
Quando li aveva sorpresi a parlare sulla riva del Tar, a sconvolgerlo
non era
stata la presenza dell’estraneo, o il fatto che stessero
parlando.
A
gelarlo sul posto era stata la risata
di Aidra. Una risata genuina, sincera. Rivolta a un perfetto
sconosciuto.
Incapace di fare altro, era rimasto lontano a osservarli – a
osservare lei. Gli era sembrata
felice come
pochissime altre volte, a suo agio con il ragazzo in un modo che lui si
era
guadagnato con il tempo. Spiandoli suo malgrado e senza poter sentire
cosa si
dicevano, aveva pensato che sembravano conoscersi da una vita, ma era
impossibile. Perché allora Aidra
sorrideva in quel modo?
Sembrava
veramente euforica. Incapace
di assistere oltre, Odrik l’aveva chiamata. Gli era parso di
spezzare un incanto.
Ora
non era al fiume, nessuno l’aveva
vista. Era con lui, quindi?
Odrik
si rialzò, profondamente
amareggiato. Non gli piaceva sentirsi così, non era giusto
– non poteva
impedirselo. Non capiva cosa gli stesse nascondendo Aidra e
perché – non si
fidava di lui? –, ma non voleva perdere così la
sua amica. Non voleva, non poteva.
Scuro
in volto, si incamminò nuovamente
verso il villaggio, un nuovo bersaglio in mente.
Se
non poteva trovare lei, avrebbe
cercato lui.
~
Malek
carezzò distrattamente la chioma
del suo kutirai. Aveva imparato a montarli da bambino, ma da quando il
Direttore aveva deciso che era troppo cagionevole per lasciare
l’Accademia non
ne aveva più avuto occasione. Occupato da ben altro, non si
era mai soffermato
a pensarci, ma cavalcandone uno adesso capì quanto realmente
gli fosse mancata
la sensazione di libertà che si provava nel farlo.
Certo,
era una libertà illusoria, come
tutto il resto – a ricordarglielo c’erano Siana e
Rod, che galoppavano ai suoi
lati, rendendogli di fatto impossibile deviare dal percorso stabilito,
se mai
avesse voluto provarci. Precauzione
inutile.
Tornò
a concentrarsi sul calore
dell’animale. I kutirai erano quadrupedi dalla peluria ocra, slanciati, leggeri ma possenti; perfetti per attraversare rapidamente lunghe distanze. Erano inoltre
molto
intelligenti, non richiedevano particolari sforzi a chi li montasse.
Malek si
lasciò cullare dal movimento, senza preoccuparsi di guidare:
sapeva che
l’animale avrebbe semplicemente seguito i due compagni.
Avrebbe voluto che
quella corsa si protraesse per sempre, poter non arrivare mai.
Quasi
non notò il ponte di roccia
improvvisato da Rod perché potessero attraversare il Tari,
come veniva chiamato
il braccio secondario del Tar. L’Arche non dovette nemmeno
scendere dalla sua
cavalcatura, gli bastò stendere un braccio; Malek si chiese
distrattamente
quando avesse affinato così tanto il suo controllo.
Proseguirono
in silenzio per altre due
ore, dopo quel punto. Poi, sull’ultima luce dello Yan
– l’astro diurno –
organizzarono un bivacco per la notte.
«Forse
riusciremo ad arrivare già
domani, in serata» annunciò Siana, studiando una
mappa della regione.
Malek
accolse in silenzio quella
notizia. Altro che “per sempre”; forse era persino
meglio così. Continuare a
rimuginare era totalmente inutile – avrebbe saputo realmente
cosa fare solo una
volta lì, con l’Arche davanti. Sperando
che sia davvero solo questo.
Rod
si incaricò del primo turno di
veglia e li esortò a ritirarsi.
«Dormi
bene, Mal» gli sussurrò Siana,
coricandosi accanto a lui. Avvolto nella propria coperta,
ricambiò l’augurio
con un freddo mutismo.
Angolino Autrice
Malek e Melisa, crediti ad Alchimista di Neve anche stavolta ❤️
E niente, spero che la storia fin qui vi stia prendendo! ^^
Un abbraccio.
P.S.
Secondo voi perché Isryl parla "come un mercante", o come "un cantastorie"? C: