Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    03/12/2018    2 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciò che si è

 

Inoltrandosi nella foresta, Keros seguiva la giovane nell'oscurità della notte. Ignorando la pioggia, insieme camminarono con passo deciso fino a raggiungere una sorgente. Dietro di essa, celata da simboli magici, l'entrata di una grotta.

“Chi comanda qui?” domando il mezzodemone, proseguendo il percorso.

“Nessuno" gli rispose la giovane, dopo aver oltrepassato l'ingresso “Prendiamo le decisioni tramite riunioni ed i ruoli sono stabiliti da registri e richieste specifiche. Non vogliamo un capo: non ci serve".

“Demoni democratici? Suona quasi ridicolo…”.

“Fai silenzio! Qui il tuo sangue nobile non conta nulla!”.

Raggiunsero un'ampia sala, dove si creava una piccola risorgiva d'acqua limpida, a cui demoni attingevano. Tutt'attorno, lungo la parete, tante piccole grotte che donavano ospitalità ad un singolo abitante o ad una famiglia. Lungo lo scorrere dell'acqua, c'era chi cucinava, chi stendeva pelli di varia natura, chi intagliava il legno, chi intrecciata tessuti…  Come in una grande piazza, vi era un gran viavai ma Keros fu subito notato. Scese il silenzio, interrotto solo da ringhi e qualche sibilo. Arrampicati e nascosti fra anfratti di roccia e stalattiti, molti occhi ora osservavano il sanguemisto.  Occhi sospettosi, incolleriti e lievemente impauriti. Fra essi, però, vi erano anche un paio di occhi familiari: Alukah, volendo capire cosa l'allievo avesse in mente, era riuscito a seguirlo ed attendeva di scoprire la prossima mossa del tentatore.

“Sono qui per parlarvi" spiegò Keros, notando un certo grado di astio.

“E perché dovremmo ascoltare?” urlò qualcuno, dall'alto di un'insenatura della grotta.

“Io intanto parlo. Poi sta a voi…”.

Mormorarono, ringhiarono e sibilarono, mentre il mezzodemone continuava ad osservare quel luogo e quelle persone. Molti erano giovani, al di sotto dei mille anni, e la maggior parte pareva appartenere alla fascia d'età compresa fra il primo ed il secondo millennio. Numerosi bambini, nati dopo la guerra, correvano dalle proprie madri.

“Ho scoperto molte cose su di voi" iniziò a parlare Keros “Ho scoperto chi siete, come mai siete qui e che cosa fate. So che, non trovando un posto nel regno dei demoni in seguito alla guerra, vi siete creati una specie di regno alternativo. So che ancora odiate il mondo che vi ha rifiutato, di cui teoricamente pure io faccio parte".

“Teoricamente?!” rise, sarcasticamente, un demone “Sei il figlio del re! Sei l'erede al trono! Sei a capo di tutti coloro che ci hanno esiliati!”.

“Ho rinunciato a quel ruolo" ammise il sanguemisto “Non ero adatto. Non secondo gli standard demoniaci. Ho finto per troppo tempo di essere qualcosa che non sono. Lasciate che vi permetta di comprendere meglio…”.

Senza aggiungere altro, Keros chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Quel che stava per fare significava molto per lui ma poteva essere pericoloso, non sapendo le reazioni dei presenti. Avrebbero potuto aggredirlo in gruppo ed ucciderlo! Ma ormai aveva deciso: fece un sorriso e spalancò le ali.

Scese il silenzio. Il principe riaprì le palpebre, notando su di lui tutti gli occhi puntati. Molti spalancati per lo stupore, molti altri increduli e perplessi. Con le corna, le ali e quel disegno che spiccava da sotto la camicia aperta, era una creatura che nessuno si aspettava di vedere. Alukah, nascosto nel buio, non poteva credere a quel che vedeva. Dovette faticare moltissimo per non farsi scoprire, lasciandosi sfuggire un'esclamazione di stupore e lieve disgusto, per poi lasciare quel luogo in fretta.

“Ma tu che roba sei?!” chiese un ragazzino, mentre tutti si avvicinavano lentamente.

Un bambino, alle spalle del mezzodemone, scattò e sfiorò le ali, per poi fuggire via di corsa urlando: “Mamma, papà! Sono vere! È un angelo?”.

“Che cosa sono?” mormorò Keros, congiungendo le mani “Non lo so. O, perlomeno, non lo so del tutto… Spero vogliate perdonarmi se non riuscirò a rispondere a tutte le possibili domande che mi farete".

“È un trucco?” parlò una donna.

“No. Non credo proprio. Questo è quel che sono. Un'originale stranezza, mi definirei".

“Sei un angelo?” mormorò timidamente una bambina.

“No. Perlomeno… non del tutto".

“Sei quindi un demone?” insistette la piccola.

“No, non sono del tutto nemmeno un demone”.

“Ah ma allora…?”.

“Che cosa sono? L'ho già detto: non lo so. Lasciate che vi parli. Poi starà a voi giudicare e decidere quel che sono…”.

C'era chi ipotizzasse che fosse tutto uno scherzo, chi un trucco o una trappola. C'era chi aveva paura si trattasse di un angelo venuto a giudicarli e chi una strana bestia. Qualcuno pregava, sottovoce.

“Io mi chiamo Keros, come sapete” iniziò a parlare il sanguemisto “Sono cresciuto a palazzo, sono stato addestrato dai più illustri demoni del regno per divenire vampiro, procacciatore e tentatore: un degno principe. Sono cresciuto, sono stato in guerra, ho conosciuto la morte e l'amore. Sono un demone? Sì, lo sono. Ma non del tutto. Queste ali? Le ho dalla nascita, ma le fiamme le avevano divorate e sono ricomparse solo quando i miei poteri me lo hanno concesso. Le ho odiate, all'inizio. Così come ho odiato quei segni che attraversano tutto il mio corpo. Ma ora ho compreso che fanno parte di me, di quel che sono. Sono un angelo? Sì, lo sono. Ma non del tutto".

Il sanguemisto sorrise ad un bambino che lo osservava, meravigliato.

“Io chi sono? Sono Keros, semplicemente Keros. Non sono solo un angelo. Non sono solo un demone. E sono qui perché credo che voi, più di ogni altra creatura al mondo, possiate comprendere. Non siete pure voi considerati demoni, ma non del tutto? I demoni e gli angeli non ci accettano, o comunque non ci accettano del tutto. Ed io sono stanco di fingere di essere solo una parte di me. E sapete chi me lo ha fatto capire? Un umano! Un umano che mi ha amato e che io ancora amo”.

“Un umano…?” si udì più di qualcuno dire.

“Sì. Giudicatemi pure. Io, bislacca creatura dal sangue bastardo, vi rimetto a voi. Ho bisogno di sapere che, da qualche parte nell'universo, vi è qualcuno in grado di comprendere. Di accettare. Non credo che ne esistano altri come me, anche se spero un giorno di incontrarne, ma sono stufo di dover fingere di essere solo una parte di me stesso! Sono stufo di fingere di essere del tutto un demone, anche se non lo sono. Stufo di comportarmi come tutti si aspettano che mi comporti. Ho bisogno di sapere che esiste un posto dove possa essere il demone che desidero essere: un demone che è per metà un angelo!”.

Nessuno all'inizio rispose, poi un giovane si fece avanti. Era lievemente accigliato.

“Tu chiedi molto" disse, con voce ferma e severa “Tu hai ucciso molti di noi".

“Lo so. Non lo nego" ammise Keros “E, se devo essere sincero, non sono pentito. Era una questione di vita o di morte, uccidere o essere ucciso. Ho ucciso molte volte. Per difendermi, per nutrirmi, per rabbia… E suppongo che la maggior parte di voi abbia fatto lo stesso".

“Può essere…” fu la risposta, borbottata.

“In circostanze diverse, qualcuno di voi avrebbe potuto uccidermi. Comunque non mi aspetto accoglienza a braccia aperte. Sto solo cercando di capire. Io ho compreso il vostro pensiero ed ho mutato la mia opinione a riguardo. Trovo ingiusto che siate confinati, per scelta o per obbligo, qui. E, se me lo concedete, vorrei provare a cambiare questa situazione”.

“Ed in che modo?” si stupì una ragazza, incuriosita e probabilmente stufa di quelle grotte.

“Lasciatemi provare. Lasciate che, almeno per alcuni di voi, possa provare a cambiare il destino. Volete tornare all'Inferno? Volete vivere fra gli umani? Volete restare quel che siete? Proviamoci! Proviamoci assieme! Ma, per favore, non restate intrappolati in ruoli e situazioni che odiate!”.

“Certe cose non si possono cambiare!” commentò qualcuno, e molti annuirono.

“Ma cambieranno, ve lo garantisco”.

“E se noi non ti vogliamo?”.

“Me ne andrò”.

“Conosci il nostro nascondiglio!”.

“Uccidetemi, dunque”.

Ci fu di nuovo silenzio, interrotto solamente da lievi brusii. Poi la giovane che aveva condotto Keros in quel luogo gli si avvicinò.

“Ora voteranno" spiegò “Tutti coloro che hanno compiuto i mille anni, potranno esprimersi su quanto da te richiesto. Appena avranno deciso, ti verrà comunicato. Nel frattempo… non so…”.

“Me ne starò buono qua fuori" sorrise il mezzodemone.

“Posso farti un'ultima domanda?” intervenne un altro abitante della grotta.

“Certamente".

“Hai visto i registri, hai detto. Quali?”.

“Quelli di Nasfer”.

“Oh… lo ricordo bene. E che cosa hai trovato di così interessante da spingerti qui a dirci queste cose? Cosa ti ha fatto cambiare idea sul nostro conto?”.

“Un nome: Marianne. Una mortale. Il fatto che lui amasse una mortale, che altri amassero degli umani, mi ha spinto a chiedermi se avesse ancora senso fingere di essere quello che non sono”.

“Sì, ad alcuni di noi è capitato di amare degli umani. Pur essendo storie effimere, come la vita di quelle creature dotate d'anima, è successo e succederà ancora".

“Qualcuno per caso sa dirmi che fine ha fatto Marianne?”.

“Di sicuro ora è morta. Son passati quasi trecento anni da quando…”.

“Lo so! Intendo… se qualcuno sa che cosa ha fatto dopo la morte di Nasfer".

Guardandosi fra loro, mormorarono un nome più volte e si voltarono verso una delle rientranze. Una demone, una fra le più anziane abitanti di quel luogo, si sentì chiamata in causa.

“Voi sapete cosa è successo a Marianne?” domandò Keros, speranzoso.

Lei, con l'espressione annoiata e leggermente scocciata per essere stata infastidita, storse la bocca in una smorfia.

“Che cosa ti importa?” sibilò “Che differenza fa?”.

“Lo sapete?”.

“Sì… ma non so se voglio dirlo a te, coso strambo!”.

“Grazie…”.

“Marianne era una fanciulla tanto tenera” sospirò la demone “Direi ingenua. Ed innamorata. Ma le cose sono andate come sono andate e non è rimasta a lungo qui. Mi sono occupata io di sua figlia"

“Figlia? Lei e Nasfer hanno avuto una figlia?”.

“Sì, Elenì.  Non lo sapevi? Una mezzosangue, umana e demone, nata poco dopo la fine della guerra. È cresciuta in fretta, più in fretta di un demone, ma non in fretta come un semplice mortale”.

“E ora… dov'è?”.

“È rimasta qui fini a quando non ha incontrato quell'altro mezzodemone. Essendo entrambi per metà umani, sono andati a vivere in città, fra i mortali”.

“In città? Dove?”.

“Chiedi a Padre Hiyada".

“Padre… Hiyada?”.

“Lo trovi al convento, nella capitale. So che avevano entrambi contatti con lui. Di più non so dirti…”.

“Mi avete detto molto più di quanto mi aspettassi. Grazie!”.

La donna alzò le spalle, con indifferenza. Keros le dedicò un inchino, riconoscente. Poi capì che gli abitanti di quel luogo stavano iniziando a consultarsi per stabilire la sua sorte, e quindi si incamminò verso l'uscita. La giovane, che lo aveva accompagnato fin lì, lo seguì. Il mezzosangue sedette fra i rami di un albero e lei lo raggiunse, incuriosita. Lo fissò qualche istante, mentre lui alzò semplicemente un sopracciglio.

“Non mi aspettavo le ali" ammise lei “Sono belle…”.

“Grazie…”.

“Quindi… sei veramente il figlio del re?”.

“Ha importanza?”.

“No. Però… tuo padre è un angelo?”.

“Mio padre è colui che mi ha allevato: Lucifero".

“Ah. E… sei mai stato in Paradiso?”.

“Sì”.

“E com'è? Bello come dicono?”.

“No… non per me".

Lo sguardo di lei era sognante, perso in chissà quale sogno mentale. Lui trattenne una risata divertita.

“È una noia" le rispose ancora “Non si può correre, non si può ridere, non si può cantare qualcosa che non sia un’ode a Dio, non si può leggere qualcosa che non sia considerato degno del Paradiso… insomma… non fa per me”.

“Ma c'era gente felice?”.

“Molta. Gli angeli, quasi tutti, sono felici. È la luce di Dio".

“E tu… lo hai visto Dio?”.

“No… tu vorresti vederlo?”.

“Forse. Non lo so… Ma tanto non è possibile! Io sono una demone!”.

“Anch'io. Eppure…”.

La ragazzina sorrise.

“Posso stare qui con te, mentre decidono se accoglierti con noi?” chiese poi.

“Se lo desideri… Non vuoi più vendicarti?”.

“Uccidere o essere ucciso. Non mi piace, ma lo capisco. Se io uccido te, altri verranno per uccidere me. E si andrà avanti così all'infinito, giusto? È una cosa stupida! Ed io l'ho capito solo ora…”.

“C'è chi non lo capisce mai. Ma tu sei molto intelligente. Sono sicuro che da grande farai grandi cose".

“E che potrò mai fare?! Sono bloccata qui, fra demoni privi di addestramento completo, senza poter entrare all'Inferno!”.

“A te cosa piacerebbe fare?”.

“A me…?”.

“Sì. Cosa sogni?”.

Lei storse il naso, pensierosa. Ciondolando con i piedi dal ramo, ci mise qualche istante a rispondere.

“Io voglio badare ai piccoli" disse.

“Badare ai piccoli?”.

“Sì. Tanti bambini sono rimasti soli dopo la guerra e sono cresciuti da soli, o sono stari lasciati morire. Io vorrei occuparmi di piccoli soli. All'Inferno ce ne sono sempre tanti, guerra o non guerra...".

“È una cosa bellissima! Estremamente nobile!”.

“Grazie! Lo pensi davvero?”.

“Ma certo!”.

Lei arrossì. Non aveva mai svelato a nessuno quel desiderio ed era estremamente felice adesso, dopo quel complimento.

“Saresti un buon re" sorrise “Ne sono sicura”.

“Non voglio assolutamente esserlo ma… grazie!”.

 

Era trascorso qualche giorno. Keros, accettato all'interno delle grotte da quasi tutti i loro occupanti, si stava ambientando. Aveva conosciuto molti giovani demoni dal talento innegabile, ma che purtroppo come rinnegati non potevano ricevere un addestramento completo. E lui, senza esame finale, non poteva insegnare in modo ufficiale quel che sapeva. Aveva anche conosciuto molti orfani, che venivano controllati dall'intera comunità ma che sognavano una sistemazione diversa. Stava imparando i loro nomi, i loro volti… Si stava guadagnando la loro fiducia, a piccoli passi. Aveva anche tentato, invano, di contattare Alukah.  Nel frattempo, non trovandolo presente in convento, aveva pure fissato un appuntamento con Padre Hiyada. Avrebbe dovuto attendere un po’, e non vedeva l’ora di parlarci, ma resistette alla tentazione di sorprenderlo in casa come un comune ladro.

Soddisfatto, si era poi recato al Mephistophel.

Il proprietario del locale, sempre lieto di vederlo, lo invitò a sedersi ad un tavolo e bere un drink.

“Non ti vedevo da un pezzo!” salutò Mefistofele, accendendo una sigaretta.

“Ho avuto da fare" ammise Keros, godendosi il drink.

“Tutto il regno ti cerca! Il re è quasi impazzito! Posso almeno dirgli che stai bene?”.

“Ok…”.

“Ma dove vivi adesso?”.

“Per conto mio. Non importa più di tanto…”.

“Uhm… ok…”.

“E tu? Come te la passi? Il locale va bene?”.

“Benissimo! Amo questo posto e tutto quello che mi procura, dal piacere alle anime fresche".

“Ottimo…”.

“Senti ma…” abbassò di colpo la voce Mefistofele “… posso farti una domanda un po'… strana?”.

“Prego".

“Ti spiego… è pazzesca questa cosa, non ci credo manco un po' ma… vedi… qualche sera fa, passeggiando nel bosco, mi sono imbattuto in Alukah. Ora… io sapevo che non era più di tanto giusto con la testa, da quando ha perso il figlio, ma non mi aspettavo fosse COSÌ fuori di testa!”.

“Sto perdendo il filo…”.

“Ti dicevo… l'ho visto nel bosco e si è messo a farneticare. Mi ha parlato di figli bastardi con gli umani, di grotte misteriose ed altre cose assurde. Ma quello su cui più insisteva era questo: le ali. Blaterava insensatezze, affermando che tu hai le ali d'angelo. Da manicomio, insomma".

“E la tua domanda sarebbe…?”.

“Sono tutte assurdità, vero? Cioè… tu non hai le ali d'angelo! Mi viene da ridere al solo pensiero!”.

“Ridi pure!” alzò le spalle Keros, bevendo qualche sorso con gli occhi socchiusi.

“C…cioè? Tu hai…?”.

“Le vuoi vedere?”.

“Mi prendi per il culo?! Tu non puoi avere ali d'angelo! Tu sei il figlio del re! Tu sei un demone! Tu sei un tentatore! Tu sei…”.

“Le vuoi vedere?”.

“Sì, ti prego!”.

“E che mi dai in cambio?”.

“Che…?”.

“Sono un tentatore: non do mai nulla per nulla. L'ho imparato da te, Mefisto”.

“Che cosa vorresti?”.

“Ho un paio di amici in cerca d'impiego. Sono bravi, te lo assicuro. E volenterosi d'imparare".

“Come tentatori, dici? Procacciatori?”.

“Sì…”.

“E che problema c'è? Certo! Portameli pure!”.

“Un problema c'è, a dire il vero”.

I due si fissarono. Mefistofele fremeva per conoscere il seguito ma Keros se la prendeva comoda, cercando di portare la situazione del tutto a proprio vantaggio.

“… non hanno un addestramento completo” terminò, infine, la frase. Con una calma ed una naturalezza tali da far sembrare la cosa del tutto normale.

“Intendi dire che hanno meno di mille anni? Non lo hanno ancora terminato?”.

“No. Hanno circa la mia età. Ma non hanno concluso l'addestramento base perché sono stati banditi dopo la guerra, assieme alle loro famiglie. Vorrei che li addestrassi e che li assumessi”.

“Frena!” borbottò Mefistofele “Mi stai chiedendo di addestrare e dare lavoro ad un gruppetto di sovversivi? Sai in che guaio potrei ritrovarmi? E chi mi garantisce che siano demoni gestibili e non dei coglioncelli con voglie anarchiche?”.

“Io te lo garantisco. Mi prendo interamente la responsabilità, in caso di qualsiasi problema".

“Mi pari il culo in ogni caso?”.

“Puoi contarci".

Mefistofele non sembrava del tutto convinto. Fece una smorfia, dubbioso, ma poi allungò il braccio e strinse la mano del sanguemisto.

“Va bene, accetto" disse “Ora però mostrami quelle ali…”.

Keros lo accontento senza più alcuna vergogna. In una stanzetta privata, le spalancò e mostrò le piume argento con un sorriso quasi orgoglioso. Mefistofele le osservò, affascinato ed incantato, come un bambino davanti ad una nuova scoperta. Si chiedeva come fosse possibile, le toccava e non riusciva a crederci.

“Ma il re lo sa?” mormorò.

“Lo sa” annuì il sanguemisto “E le guarda proprio come stai facendo ora tu".

“Oh be’…” ridacchiò il demone “Io te l'ho sempre detto: sei speciale. Visto? Ho sempre ragione!”.

L'allievo sorrise. Si stupì di quella reazione. Si aspettava il disgusto, la paura o lo sconcerto, mentre invece Mefistofele pareva felice, probabilmente ricordando i giorni in cui anche lui, sulla schiena, sfoggiava qualcosa di molto simile.

“Ti manca il Paradiso?” domandò il mezzodemone.

“No" rispose sinceramente il tentatore “Ma a volte è bello scorgerne un pezzettino…”.

 

Ciao! Altre piccole novità. E preparatevi perché nel prossimo capitolo vi attendono nuovi colpi di scena ;) a presto!!

   
 
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