59
Ciò
che
si è
Inoltrandosi
nella foresta, Keros seguiva la giovane nell'oscurità della
notte. Ignorando la
pioggia, insieme camminarono con passo deciso fino a raggiungere una
sorgente.
Dietro di essa, celata da simboli magici, l'entrata di una grotta.
“Chi
comanda qui?” domando il mezzodemone, proseguendo il percorso.
“Nessuno"
gli rispose la giovane, dopo aver oltrepassato l'ingresso
“Prendiamo le
decisioni tramite riunioni ed i ruoli sono stabiliti da registri e
richieste
specifiche. Non vogliamo un capo: non ci serve".
“Demoni
democratici? Suona quasi ridicolo…”.
“Fai
silenzio! Qui il tuo sangue nobile non conta nulla!”.
Raggiunsero
un'ampia sala, dove si creava una piccola risorgiva d'acqua limpida, a
cui
demoni attingevano. Tutt'attorno, lungo la parete, tante piccole grotte
che
donavano ospitalità ad un singolo abitante o ad una
famiglia. Lungo lo scorrere
dell'acqua, c'era chi cucinava, chi stendeva pelli di varia natura, chi
intagliava il legno, chi intrecciata tessuti…
Come in una grande piazza, vi era un gran viavai ma Keros
fu subito
notato. Scese il silenzio, interrotto solo da ringhi e qualche sibilo.
Arrampicati e nascosti fra anfratti di roccia e stalattiti, molti occhi
ora
osservavano il sanguemisto. Occhi
sospettosi, incolleriti e lievemente impauriti. Fra essi,
però, vi erano anche
un paio di occhi familiari: Alukah, volendo capire cosa l'allievo
avesse in
mente, era riuscito a seguirlo ed attendeva di scoprire la prossima
mossa del
tentatore.
“Sono
qui
per parlarvi" spiegò Keros, notando un certo grado di astio.
“E
perché
dovremmo ascoltare?” urlò qualcuno, dall'alto di
un'insenatura della grotta.
“Io
intanto parlo. Poi sta a voi…”.
Mormorarono,
ringhiarono e sibilarono, mentre il mezzodemone continuava ad osservare
quel
luogo e quelle persone. Molti erano giovani, al di sotto dei mille
anni, e la
maggior parte pareva appartenere alla fascia d'età compresa
fra il primo ed il
secondo millennio. Numerosi bambini, nati dopo la guerra, correvano
dalle
proprie madri.
“Ho
scoperto molte cose su di voi" iniziò a parlare Keros
“Ho scoperto chi
siete, come mai siete qui e che cosa fate. So che, non trovando un
posto nel
regno dei demoni in seguito alla guerra, vi siete creati una specie di
regno
alternativo. So che ancora odiate il mondo che vi ha rifiutato, di cui
teoricamente
pure io faccio parte".
“Teoricamente?!”
rise, sarcasticamente, un demone “Sei il figlio del re! Sei
l'erede al trono!
Sei a capo di tutti coloro che ci hanno esiliati!”.
“Ho
rinunciato a quel ruolo" ammise il sanguemisto “Non ero
adatto. Non secondo
gli standard demoniaci. Ho finto per troppo tempo di essere qualcosa
che non
sono. Lasciate che vi permetta di comprendere
meglio…”.
Senza
aggiungere altro, Keros chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.
Quel che
stava per fare significava molto per lui ma poteva essere pericoloso,
non
sapendo le reazioni dei presenti. Avrebbero potuto aggredirlo in gruppo
ed
ucciderlo! Ma ormai aveva deciso: fece un sorriso e spalancò
le ali.
Scese
il
silenzio. Il principe riaprì le palpebre, notando su di lui
tutti gli occhi
puntati. Molti spalancati per lo stupore, molti altri increduli e
perplessi.
Con le corna, le ali e quel disegno che spiccava da sotto la camicia
aperta,
era una creatura che nessuno si aspettava di vedere. Alukah, nascosto
nel buio,
non poteva credere a quel che vedeva. Dovette faticare moltissimo per
non farsi
scoprire, lasciandosi sfuggire un'esclamazione di stupore e lieve
disgusto, per
poi lasciare quel luogo in fretta.
“Ma
tu
che roba sei?!” chiese un ragazzino, mentre tutti si
avvicinavano lentamente.
Un
bambino, alle spalle del mezzodemone, scattò e
sfiorò le ali, per poi fuggire
via di corsa urlando: “Mamma, papà! Sono vere!
È un angelo?”.
“Che
cosa
sono?” mormorò Keros, congiungendo le mani
“Non lo so. O, perlomeno, non lo so
del tutto… Spero vogliate perdonarmi se non
riuscirò a rispondere a tutte le
possibili domande che mi farete".
“È
un
trucco?” parlò una donna.
“No.
Non
credo proprio. Questo è quel che sono. Un'originale
stranezza, mi
definirei".
“Sei
un
angelo?” mormorò timidamente una bambina.
“No.
Perlomeno… non del tutto".
“Sei
quindi un demone?” insistette la piccola.
“No,
non
sono del tutto nemmeno un demone”.
“Ah
ma
allora…?”.
“Che
cosa
sono? L'ho già detto: non lo so. Lasciate che vi parli. Poi
starà a voi
giudicare e decidere quel che sono…”.
C'era
chi
ipotizzasse che fosse tutto uno scherzo, chi un trucco o una trappola.
C'era
chi aveva paura si trattasse di un angelo venuto a giudicarli e chi una
strana
bestia. Qualcuno pregava, sottovoce.
“Io
mi
chiamo Keros, come sapete” iniziò a parlare il
sanguemisto “Sono cresciuto a
palazzo, sono stato addestrato dai più illustri demoni del
regno per divenire
vampiro, procacciatore e tentatore: un degno principe. Sono cresciuto,
sono
stato in guerra, ho conosciuto la morte e l'amore. Sono un demone?
Sì, lo sono.
Ma non del tutto. Queste ali? Le ho dalla nascita, ma le fiamme le
avevano
divorate e sono ricomparse solo quando i miei poteri me lo hanno
concesso. Le
ho odiate, all'inizio. Così come ho odiato quei segni che
attraversano tutto il
mio corpo. Ma ora ho compreso che fanno parte di me, di quel che sono.
Sono un
angelo? Sì, lo sono. Ma non del tutto".
Il
sanguemisto sorrise ad un bambino che lo osservava, meravigliato.
“Io
chi
sono? Sono Keros, semplicemente Keros. Non sono solo un angelo. Non
sono solo
un demone. E sono qui perché credo che voi, più
di ogni altra creatura al
mondo, possiate comprendere. Non siete pure voi considerati demoni, ma
non del
tutto? I demoni e gli angeli non ci accettano, o comunque non ci
accettano del
tutto. Ed io sono stanco di fingere di essere solo una parte di me. E
sapete
chi me lo ha fatto capire? Un umano! Un umano che mi ha amato e che io
ancora
amo”.
“Un
umano…?” si udì più di
qualcuno dire.
“Sì.
Giudicatemi pure. Io, bislacca creatura dal sangue bastardo, vi rimetto
a voi.
Ho bisogno di sapere che, da qualche parte nell'universo, vi
è qualcuno in
grado di comprendere. Di accettare. Non credo che ne esistano altri
come me,
anche se spero un giorno di incontrarne, ma sono stufo di dover fingere
di
essere solo una parte di me stesso! Sono stufo di fingere di essere del
tutto
un demone, anche se non lo sono. Stufo di comportarmi come tutti si
aspettano
che mi comporti. Ho bisogno di sapere che esiste un posto dove possa
essere il
demone che desidero essere: un demone che è per
metà un angelo!”.
Nessuno
all'inizio rispose, poi un giovane si fece avanti. Era lievemente
accigliato.
“Tu
chiedi molto" disse, con voce ferma e severa “Tu hai ucciso
molti di
noi".
“Lo
so.
Non lo nego" ammise Keros “E, se devo essere sincero, non
sono pentito.
Era una questione di vita o di morte, uccidere o essere ucciso. Ho
ucciso molte
volte. Per difendermi, per nutrirmi, per rabbia… E suppongo
che la maggior
parte di voi abbia fatto lo stesso".
“Può
essere…” fu la risposta, borbottata.
“In
circostanze diverse, qualcuno di voi avrebbe potuto uccidermi. Comunque
non mi
aspetto accoglienza a braccia aperte. Sto solo cercando di capire. Io
ho
compreso il vostro pensiero ed ho mutato la mia opinione a riguardo.
Trovo
ingiusto che siate confinati, per scelta o per obbligo, qui. E, se me
lo
concedete, vorrei provare a cambiare questa situazione”.
“Ed
in
che modo?” si stupì una ragazza, incuriosita e
probabilmente stufa di quelle
grotte.
“Lasciatemi
provare. Lasciate che, almeno per alcuni di voi, possa provare a
cambiare il
destino. Volete tornare all'Inferno? Volete vivere fra gli umani?
Volete
restare quel che siete? Proviamoci! Proviamoci assieme! Ma, per favore,
non
restate intrappolati in ruoli e situazioni che odiate!”.
“Certe
cose non si possono cambiare!” commentò qualcuno,
e molti annuirono.
“Ma
cambieranno, ve lo garantisco”.
“E
se noi
non ti vogliamo?”.
“Me
ne
andrò”.
“Conosci
il nostro nascondiglio!”.
“Uccidetemi,
dunque”.
Ci
fu di
nuovo silenzio, interrotto solamente da lievi brusii. Poi la giovane
che aveva
condotto Keros in quel luogo gli si avvicinò.
“Ora
voteranno" spiegò “Tutti coloro che hanno compiuto
i mille anni, potranno
esprimersi su quanto da te richiesto. Appena avranno deciso, ti
verrà
comunicato. Nel frattempo… non so…”.
“Me
ne
starò buono qua fuori" sorrise il mezzodemone.
“Posso
farti un'ultima domanda?” intervenne un altro abitante della
grotta.
“Certamente".
“Hai
visto i registri, hai detto. Quali?”.
“Quelli
di Nasfer”.
“Oh…
lo
ricordo bene. E che cosa hai trovato di così interessante da
spingerti qui a
dirci queste cose? Cosa ti ha fatto cambiare idea sul nostro
conto?”.
“Un
nome:
Marianne. Una mortale. Il fatto che lui amasse una mortale, che altri
amassero
degli umani, mi ha spinto a chiedermi se avesse ancora senso fingere di
essere
quello che non sono”.
“Sì,
ad
alcuni di noi è capitato di amare degli umani. Pur essendo
storie effimere,
come la vita di quelle creature dotate d'anima, è successo e
succederà
ancora".
“Qualcuno
per caso sa dirmi che fine ha fatto Marianne?”.
“Di
sicuro ora è morta. Son passati quasi trecento anni da
quando…”.
“Lo
so!
Intendo… se qualcuno sa che cosa ha fatto dopo la morte di
Nasfer".
Guardandosi
fra loro, mormorarono un nome più volte e si voltarono verso
una delle
rientranze. Una demone, una fra le più anziane abitanti di
quel luogo, si sentì
chiamata in causa.
“Voi
sapete cosa è successo a Marianne?”
domandò Keros, speranzoso.
Lei,
con
l'espressione annoiata e leggermente scocciata per essere stata
infastidita,
storse la bocca in una smorfia.
“Che
cosa
ti importa?” sibilò “Che differenza
fa?”.
“Lo
sapete?”.
“Sì…
ma
non so se voglio dirlo a te, coso strambo!”.
“Grazie…”.
“Marianne
era una fanciulla tanto tenera” sospirò la demone
“Direi ingenua. Ed
innamorata. Ma le cose sono andate come sono andate e non è
rimasta a lungo
qui. Mi sono occupata io di sua figlia"
“Figlia?
Lei e Nasfer hanno avuto una figlia?”.
“Sì,
Elenì. Non
lo sapevi? Una mezzosangue,
umana e demone, nata poco dopo la fine della guerra. È
cresciuta in fretta, più
in fretta di un demone, ma non in fretta come un semplice
mortale”.
“E
ora…
dov'è?”.
“È
rimasta qui fini a quando non ha incontrato quell'altro mezzodemone.
Essendo
entrambi per metà umani, sono andati a vivere in
città, fra i mortali”.
“In
città? Dove?”.
“Chiedi
a
Padre Hiyada".
“Padre…
Hiyada?”.
“Lo
trovi
al convento, nella capitale. So che avevano entrambi contatti con lui.
Di più
non so dirti…”.
“Mi
avete
detto molto più di quanto mi aspettassi. Grazie!”.
La
donna
alzò le spalle, con indifferenza. Keros le dedicò
un inchino, riconoscente. Poi
capì che gli abitanti di quel luogo stavano iniziando a
consultarsi per
stabilire la sua sorte, e quindi si incamminò verso
l'uscita. La giovane, che
lo aveva accompagnato fin lì, lo seguì. Il
mezzosangue sedette fra i rami di un
albero e lei lo raggiunse, incuriosita. Lo fissò qualche
istante, mentre lui
alzò semplicemente un sopracciglio.
“Non
mi
aspettavo le ali" ammise lei “Sono
belle…”.
“Grazie…”.
“Quindi…
sei veramente il figlio del re?”.
“Ha
importanza?”.
“No.
Però… tuo padre è un
angelo?”.
“Mio
padre è colui che mi ha allevato: Lucifero".
“Ah.
E…
sei mai stato in Paradiso?”.
“Sì”.
“E
com'è?
Bello come dicono?”.
“No…
non
per me".
Lo
sguardo di lei era sognante, perso in chissà quale sogno
mentale. Lui trattenne
una risata divertita.
“È
una
noia" le rispose ancora “Non si può correre, non
si può ridere, non si può
cantare qualcosa che non sia un’ode a Dio, non si
può leggere qualcosa che non
sia considerato degno del Paradiso… insomma… non
fa per me”.
“Ma
c'era
gente felice?”.
“Molta.
Gli angeli, quasi tutti, sono felici. È la luce di Dio".
“E
tu… lo
hai visto Dio?”.
“No…
tu
vorresti vederlo?”.
“Forse.
Non lo so… Ma tanto non è possibile! Io sono una
demone!”.
“Anch'io.
Eppure…”.
La
ragazzina sorrise.
“Posso
stare qui con te, mentre decidono se accoglierti con noi?”
chiese poi.
“Se
lo
desideri… Non vuoi più vendicarti?”.
“Uccidere
o essere ucciso. Non mi piace, ma lo capisco. Se io uccido te, altri
verranno
per uccidere me. E si andrà avanti così
all'infinito, giusto? È una cosa
stupida! Ed io l'ho capito solo ora…”.
“C'è
chi
non lo capisce mai. Ma tu sei molto intelligente. Sono sicuro che da
grande
farai grandi cose".
“E
che
potrò mai fare?! Sono bloccata qui, fra demoni privi di
addestramento completo,
senza poter entrare all'Inferno!”.
“A
te
cosa piacerebbe fare?”.
“A
me…?”.
“Sì.
Cosa
sogni?”.
Lei
storse il naso, pensierosa. Ciondolando con i piedi dal ramo, ci mise
qualche
istante a rispondere.
“Io
voglio badare ai piccoli" disse.
“Badare
ai piccoli?”.
“Sì.
Tanti bambini sono rimasti soli dopo la guerra e sono cresciuti da
soli, o sono
stari lasciati morire. Io vorrei occuparmi di piccoli soli. All'Inferno
ce ne
sono sempre tanti, guerra o non guerra...".
“È
una
cosa bellissima! Estremamente nobile!”.
“Grazie!
Lo pensi davvero?”.
“Ma
certo!”.
Lei
arrossì. Non aveva mai svelato a nessuno quel desiderio ed
era estremamente
felice adesso, dopo quel complimento.
“Saresti
un buon re" sorrise “Ne sono sicura”.
“Non
voglio assolutamente esserlo ma… grazie!”.
Era
trascorso qualche giorno. Keros, accettato all'interno delle grotte da
quasi
tutti i loro occupanti, si stava ambientando. Aveva conosciuto molti
giovani
demoni dal talento innegabile, ma che purtroppo come rinnegati non
potevano
ricevere un addestramento completo. E lui, senza esame finale, non
poteva
insegnare in modo ufficiale quel che sapeva. Aveva anche conosciuto
molti
orfani, che venivano controllati dall'intera comunità ma che
sognavano una
sistemazione diversa. Stava imparando i loro nomi, i loro
volti… Si stava
guadagnando la loro fiducia, a piccoli passi. Aveva anche tentato,
invano, di
contattare Alukah. Nel
frattempo, non
trovandolo presente in convento, aveva pure fissato un appuntamento con
Padre Hiyada.
Avrebbe dovuto attendere un po’, e non vedeva l’ora
di parlarci, ma resistette
alla tentazione di sorprenderlo in casa come un comune ladro.
Soddisfatto,
si era poi recato al Mephistophel.
Il
proprietario del locale, sempre lieto di vederlo, lo invitò
a sedersi ad un
tavolo e bere un drink.
“Non
ti
vedevo da un pezzo!” salutò Mefistofele,
accendendo una sigaretta.
“Ho
avuto
da fare" ammise Keros, godendosi il drink.
“Tutto
il
regno ti cerca! Il re è quasi impazzito! Posso almeno dirgli
che stai bene?”.
“Ok…”.
“Ma
dove
vivi adesso?”.
“Per
conto mio. Non importa più di tanto…”.
“Uhm…
ok…”.
“E
tu?
Come te la passi? Il locale va bene?”.
“Benissimo!
Amo questo posto e tutto quello che mi procura, dal piacere alle anime
fresche".
“Ottimo…”.
“Senti
ma…” abbassò di colpo la voce
Mefistofele “… posso farti una domanda un
po'…
strana?”.
“Prego".
“Ti
spiego… è pazzesca questa cosa, non ci credo
manco un po' ma… vedi… qualche
sera fa, passeggiando nel bosco, mi sono imbattuto in Alukah.
Ora… io sapevo
che non era più di tanto giusto con la testa, da quando ha
perso il figlio, ma
non mi aspettavo fosse COSÌ fuori di testa!”.
“Sto
perdendo il filo…”.
“Ti
dicevo… l'ho visto nel bosco e si è messo a
farneticare. Mi ha parlato di figli
bastardi con gli umani, di grotte misteriose ed altre cose assurde. Ma
quello
su cui più insisteva era questo: le ali. Blaterava
insensatezze, affermando che
tu hai le ali d'angelo. Da manicomio, insomma".
“E
la tua
domanda sarebbe…?”.
“Sono
tutte assurdità, vero? Cioè… tu non
hai le ali d'angelo! Mi viene da ridere al
solo pensiero!”.
“Ridi
pure!” alzò le spalle Keros, bevendo qualche sorso
con gli occhi socchiusi.
“C…cioè?
Tu hai…?”.
“Le
vuoi
vedere?”.
“Mi
prendi per il culo?! Tu non puoi avere ali d'angelo! Tu sei il figlio
del re!
Tu sei un demone! Tu sei un tentatore! Tu sei…”.
“Le
vuoi
vedere?”.
“Sì,
ti
prego!”.
“E
che mi
dai in cambio?”.
“Che…?”.
“Sono
un
tentatore: non do mai nulla per nulla. L'ho imparato da te,
Mefisto”.
“Che
cosa
vorresti?”.
“Ho
un
paio di amici in cerca d'impiego. Sono bravi, te lo assicuro. E
volenterosi
d'imparare".
“Come
tentatori, dici? Procacciatori?”.
“Sì…”.
“E
che
problema c'è? Certo! Portameli pure!”.
“Un
problema c'è, a dire il vero”.
I
due si
fissarono. Mefistofele fremeva per conoscere il seguito ma Keros se la
prendeva
comoda, cercando di portare la situazione del tutto a proprio vantaggio.
“…
non
hanno un addestramento completo” terminò, infine,
la frase. Con una calma ed
una naturalezza tali da far sembrare la cosa del tutto normale.
“Intendi
dire che hanno meno di mille anni? Non lo hanno ancora
terminato?”.
“No.
Hanno
circa la mia età. Ma non hanno concluso l'addestramento base
perché sono stati
banditi dopo la guerra, assieme alle loro famiglie. Vorrei che li
addestrassi e
che li assumessi”.
“Frena!”
borbottò Mefistofele “Mi stai chiedendo di
addestrare e dare lavoro ad un
gruppetto di sovversivi? Sai in che guaio potrei ritrovarmi? E chi mi
garantisce che siano demoni gestibili e non dei coglioncelli con voglie
anarchiche?”.
“Io
te lo
garantisco. Mi prendo interamente la responsabilità, in caso
di qualsiasi
problema".
“Mi
pari
il culo in ogni caso?”.
“Puoi
contarci".
Mefistofele
non sembrava del tutto convinto. Fece una smorfia, dubbioso, ma poi
allungò il
braccio e strinse la mano del sanguemisto.
“Va
bene,
accetto" disse “Ora però mostrami quelle
ali…”.
Keros
lo
accontento senza più alcuna vergogna. In una stanzetta
privata, le spalancò e
mostrò le piume argento con un sorriso quasi orgoglioso.
Mefistofele le
osservò, affascinato ed incantato, come un bambino davanti
ad una nuova
scoperta. Si chiedeva come fosse possibile, le toccava e non riusciva a
crederci.
“Ma
il re
lo sa?” mormorò.
“Lo
sa”
annuì il sanguemisto “E le guarda proprio come
stai facendo ora tu".
“Oh
be’…”
ridacchiò il demone “Io te l'ho sempre detto: sei
speciale. Visto? Ho sempre
ragione!”.
L'allievo
sorrise. Si stupì di quella reazione. Si aspettava il
disgusto, la paura o lo
sconcerto, mentre invece Mefistofele pareva felice, probabilmente
ricordando i
giorni in cui anche lui, sulla schiena, sfoggiava qualcosa di molto
simile.
“Ti
manca
il Paradiso?” domandò il mezzodemone.
“No"
rispose sinceramente il tentatore “Ma a volte è
bello scorgerne un
pezzettino…”.
Ciao!
Altre piccole novità. E preparatevi
perché nel prossimo capitolo vi attendono nuovi colpi di
scena ;) a presto!!