Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: blackjessamine    03/12/2018    5 recensioni
Ufficio Misteri, 31 dicembre 1998: mentre l'anno della guerra e della pace vive i suo ultimi minuti, un gruppo di Indicibili scopre che una Soglia altro non è che un passaggio, e che dove si può andare avanti, si può tornare indietro.
Un grosso cane nero – apparentemente molto debole, ma innegabilmente vivo – viene estratto dalle macerie di un arco di pietra.
E mentre l'anno della morte e della rinascita volge al termine, i rimpianti si fanno leggeri, pronti ad essere spazzati via dalla speranza di una seconda possibilità.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Pas de Deux '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1

Danzare in tempo di guerra, è come sputare in faccia al diavolo




“Avanti, puoi fare di meglio!” esclamò, la voce appena alterata da un tono vagamente canzonatorio. Sperava di provocare Bellatrix, di spingerla a fare qualcosa di stupido, rivelando un punto debole. Vide il suo sorriso allargarsi ancora di più, mentre i suoi occhi si illuminavano di una luce fredda e la sua bacchetta si muoveva così rapidamente che lui non ebbe nemmeno il tempo d capire che cosa stava succedendo.
Il dolore che gli esplose nel petto gli annebbiò per un attimo la vista, mentre perdeva l'equilibrio e cadeva all'indietro. 
Aspettò di sentire il duro impatto della pietra con il suo corpo, ma tutto quello che udì fu la voce di Harry che gridava il suo nome.
Gridava e gridava, e Sirius continuava a precipitare, i polmoni sempre più vuoti, la coscienza che faticava ogni secondo di più a mantenere la presa sul suo corpo. 

La voce di Harry si fece un sospiro sempre più flebile, sempre meno angosciato, finché quel sussurro si trasformò in un soffio delicato che sembrava parlare al centro esatto del suo essere, con una malinconia tanto dolce che Sirius sarebbe rimasto ad ascoltarlo per sempre.
Non aveva più voce, né orecchie con cui ascoltare suoni, e non esistevano più pensieri coerenti, o sensazioni, ma mentre avvertiva il suo intero essere dissolversi un un'assenza di tensioni intuì, più che sentire, una voce pronunciare un'ultima volta il suo nome.
La voce di James era una carezza che gli indicava la direzione in cui lasciare andare quel che restava della sua volontà.
Nel suo ultimo anelito di consapevolezza, la seguì.


E poi la voce tornò a farsi intensa, tornò ad essere qualcosa di corporeo, non più un mormorio al centro della sua coscienza, ma qualcosa di concreto, qualcosa che poteva essere udito solo da orecchie umane, orecchie che facevano parte di un corpo vivo, fatto di sensazioni, di un dolore atroce in mezzo agli occhi, di membra adagiate su una superficie morbida...
“Sirius.”
Harry, non James. Harry che chiamava il suo nome, la voce roca, una disperazione incredula a incrinare le sue parole.
Sirius avrebbe solo voluto scivolare di nuovo in quel vuoto confortante, quel vuoto dove non c'era coscienza, dove non c'era altro che un nulla privo di ogni tipo di sofferenza.
Ma Harry ripeteva il suo nome, e Sirius sapeva che quel ragazzo aveva bisogno di lui.
Bellatrix, i Mangiamorte, la Profezia... doveva tornare da lui.
Con un immenso sforzo di volontà, Sirius costrinse i suoi occhi ad aprirsi sulla luce fredda e troppo intensa di quella stanza. Aprire gli occhi, separare due sottili membrane di carne l'una dall'altra era stato uno forzo così intenso che per un attimo Sirius temette di essersi spinto troppo in là.
La luce era troppo violenta, i suoi occhi iniziarono a lacrimare mentre lui cercava di sottrarsi a quel bruciante dolore, troppo debole per sollevare una mano a schermarsi il viso... e poi qualcosa di grosso oscurò del tutto la sua visuale, qualcosa gli si gettò addosso, soffocandolo in un abbraccio che minacciò di mozzargli il respiro.
Harry.
Harry stava bene, allora. Qualcuno li aveva portati via dall'Ufficio Misteri...
Sirius avrebbe voluto rispondere all'abbraccio di Harry, stringerlo fra le braccia, cercare di mormoragli qualche parola di conforto, ma gli era impossibile.
Si sentiva esausto, sentiva dolore ovunque, ed era come se il suo corpo fosse stato pressato ed allungato all'infinito. Anche respirare si stava facendo sempre più difficoltoso, e fu con un moto di sorpresa che si accorse che l'inquietante rantolo che riempiva la stanza proveniva dalla sua gola.
Ci fu un suono concitato di passi, parole allarmate, poi una voce molto vicina a Sirius esclamò:
“Esca, signor Potter.”
Harry protestò vigorosamente, ma Sirius faceva fatica a concentrarsi su quello che gli stava intorno.
Movimenti confusi, una sagoma scura allontanò quasi a forza Harry, e prima che Sirius trovasse la forza per cominciare a protestare un volto si stagliò davanti agli occhi di Sirius: un uomo giovane, un viso bello, ma freddo, una carnagione olivastra che non era per niente lusingata dalla mascherina verde acido che gli copriva la bocca...
“Stia tranquillo, signor Black. L'abbiamo ripreso, è al sicuro, ora. Non la lasceremo tornare laggiù.”
C'erano mani che tastavano e armeggiavano in maniera esperta con il suo corpo, sollevavano il suo braccio destro, vi iniettavano una scarica dolorosa, gelida, che si diffondeva rapidamente attraverso tutti i suoi nervi...
“Riposi, ora” sussurrò il giovane uomo con voce affabile, e Sirius, che ormai non riusciva più a distinguere le figure attorno a sé, si lasciò andare.


 
***
 

Ron e Hermione si lanciarono un'occhiata complice: Harry era pallidissimo, sembrava sul punto di svenire. Era accasciato su una scomoda poltroncina imbottita, la stessa che aveva occupato negli ultimi sei giorni, sempre, puntuale come un orologio. Da quando Kinglsey Shaklebolt, la notte di Capodanno, si era presentato nell'appartamentino che lui e Ron dividevano, con il viso scolpito da un'espressione così grave da gelare all'istante ogni tardivo festeggiamento, portando con sé quella sconvolgente notizia, Harry aveva trascorso tutte le sue giornate fuori da quella stanza in un'ala isolata del San Mungo. Arrivava tutti i giorni alle otto precise, e se ne andava solo dopo le sei, quando la Guaritrice di turno lo implorava di rispettare gli orari delle visite, la voce tremante. Nel gennaio del 1999 era difficile, per chiunque, chiedere a Harry Potter di fare qualcosa che chiaramente andava contro la sua volontà.
Fosse stato per lui, non avrebbe abbandonato la sua posizione nemmeno per pranzare, motivo per cui Hermione, Ron e la signora Weasley si erano assunti il compito di presentarsi al San Mungo ogni mezzogiorno per cercare di obbligare Harry a ingoiare rapidamente almeno un sandwich.
La sconvolgente notizia che un gruppo di Indicibili, la notte di Capodanno, aveva provocato un'esplosione all'interno di una sala dell'Ufficio Misteri, causando il crollo di un antico arco di pietra dalle proprietà ancora non del tutto note al grande pubblico, e che fra le macerie del crollo avevano ritrovato il corpo esanime, ma ancora vivo, di un grosso cane nero, era stata tenuta segreta. Il Ministro Shaklebolt in persona si era assicurato che tutti i Guaritori coinvolti nel caso mantenessero il riserbo più assoluto. Eppure, il fatto che i tre protagonisti della Guerra e della Pace, invece di godersi le meritate vacanze invernali avessero preso a trascorrere molto tempo al San Mungo, non era per niente passato inosservato: i giornalisti si erano sbizzarriti in teorie l'una più assurda dell'altra. Il Cavillo aveva pubblicato un lungo articolo in cui dimostrava come il loro soggiorno all'interno dei sotterranei della Gringott l'anno precedente doveva aver causato un brutto contagio di Landamina Rannuvolata – la spora di un fungo invisibile in grado di far evaporare lentamente la sanità mentale del malcapitato. L'Eco della Pluffa aveva strillato in lungo e in largo che Potter e Weasley soffrivano di Vertigolite, una malattia piuttosto diffusa nei giocatori di Quidditch semi-professionali: quest'articolo aveva riempito di orgoglio e soddisfazione Ron, e aveva strappato una risatina sprezzante a Ginny, che aveva promesso di dare fuoco a tutte le sue vecchie copie della rivista, appena fosse tornata a Hogwarts. Infine, la Skeeter aveva sostenuto che, per alleviare la tensione durante l'anno di peregrinazione, i tre eroi del Mondo Magico dovevano aver stretto un legame particolarmente saldo, che ora doveva essere sfociato nell'assidua presenza della signorina Granger nei corridoi del reparto maternità – tutti avevano notato come i suoi fianchi si fossero riempiti negli ultimi mesi, no? – e Potter e Weasley, in qualità entrambi di papabili padri, erano con lei a dividersi gioie e responsabilità. Quest'articolo aveva rischiato di far svenire Ron, e di certo era riuscito a far venire una crisi di nervi alla signora Weasley.

Harry parve non accorgersi della presenza dei due ragazzi fino a quando loro non gli furono accanto, e Hermione chiese, con voce forzatamente allegra:
“Ci sono novità, Harry?”
Il ragazzo sussultò, si raddrizzò gli occhiali sul naso e disse, con voce roca:
“Sì. Si è svegliato.”
Hermione e Ron, quasi contemporaneamente, proruppero in grida esultanti, fino a quando, finalmente, Harry riuscì a spiegare:
“Be', oddio, non proprio. Ha aperto gli occhi, ma sembrava non vedere nemmeno quello che aveva attorno, poi ha fatto un rantolo orribile e mi hanno buttato fuori...”
I due ragazzi, di nuovo, si lanciarono un'occhiata complice, un po' preoccupati.
Con un sospiro, Harry proseguì:
“Dieci minuti fa è uscito il Guaritore Landmann, ha detto che per un altro paio di giorni preferiscono tenerlo sedato... ma le sue funzioni vitali sono tutte ripartite naturalmente. Secondo lui, quando lo sveglieranno di nuovo, potranno iniziare la riabilitazione. Ora è debole, ma a livello fisico non sembra avere alcun tipo di danno...”
Il ragazzo lasciò ricadere il capo all'indietro, come se pronunciare quelle poche parole lo avesse completamente stremato.
“Oh, Harry, ma è fantastico! Landmann è il migliore, se dice così significa che davvero... che andrà tutto bene!”
Harry guardò Hermione con le labbra tese in una linea sottile, e annuì. Non c'era bisogno che nessuno dei tre pronunciasse ad alta voce quello che si aggirava nella mente di tutti: nessuno, nemmeno il famoso Landmann, aveva la minima idea di cosa fosse necessario fare. La vita dell'uomo disteso nella camera 3 del reparto riservato ai dipendenti dell'Ufficio Misteri era appesa al filo dell'intuito e della fortuna dei Guaritori.
Quando Kingsley aveva comunicato ad un Harry sconvolto che il corpo di Sirius Black, incosciente, debilitato ma vivo, era stato ritrovato fra le macerie della sala dell'Arco nell'Ufficio Misteri, la prima reazione di Harry e dei suoi amici era stata di incredula, sconvolta, immensa gioia. Harry si era precipitato al San Mungo, ma il corpo di Sirius era tenuto sotto strettissima osservazione: il suo caso era unico in letteratura, i Guaritori migliori del San Mungo si muovevano attorno a lui – e un paio di luminari erano stati convocati in tutta fretta dalle migliori accademie di Magimedicina di tutta l'Europa – ma le certezze erano pochissime. Nessuno sapeva che cosa aspettarsi, e la paura di fare un passo falso e risvegliare troppo in fretta il corpo di quell'uomo, causando danni irreparabili, era tantissima. E così Sirius era stato incantato con un sonno profondo in grado di rallentare al massimo tutte le sue funzioni vitali, così da dare tempo ai Guaritori di studiare la situazione e capire quale fosse il modo migliore di procedere.
A Harry era stato concesso di vederlo solamente dopo tre giorni dal suo salvataggio dalle macerie dell'Arco, e solo attraverso uno spesso vetro che isolava la stanza asettica in cui era tenuto dal resto dell'ospedale: non avendo idea di che cosa fosse successo a Sirius in quei due anni, né di come fosse stato possibile che il suo corpo uscisse da quell'Arco in perfette condizioni, come se fossero passati solo pochi secondi da quando lo aveva attraversato – il sangue sul taglio che aveva in faccia era ancora fresco, quando erano riusciti a trasformare il grosso cane nero in Sirius Black – si temeva che qualsiasi cambiamento nelle condizioni ambientali potesse essere pericoloso per le persone coinvolte nella sua cura, e fatali per il paziente.
Lentamente, i Guaritori avevano iniziato ad alleggerire l'incanto di sedazione, potendo così effettuare maggiori controlli sulle sue funzioni vitali, e a partire dal terzo giorno avevano permesso a Harry di passare del tempo in sua compagnia.
La mattina del sei gennaio il Guaritore Landmann, un uomo giovane, ma dotato di un talento fuori dal comune, aveva decretato che fosse arrivato il momento di correre qualche rischio, e provare a risvegliare il paziente.
Il risultato non era stato esattamente quello sperato, ma per lo meno i Guaritori avevano osato sollevare l'incanto sedativo, e ora Sirius Black giaceva in un sonno indotto solamente da una banale pozione calmante molto concentrata: non c'erano stati significativi peggioramenti nelle sue funzioni vitali, e questo faceva sperare che ben presto avrebbero potuto diluire di molto la pozione calmante, permettendo al paziente di riprendere coscienza per qualche ora ogni giorno.

Harry, per una volta, avrebbe voluto saltare il pranzo: Sirius si era riaddormentato solo da un'ora, e poteva ancora succedere di tutto. Non si sarebbe mai perdonato se qualcosa fosse andato storto e lui non fosse stato fuori dalla sua stanza, mai. Hermione e Ron, però, ebbero la meglio: i Guaritori sapevano perfettamente dove trovarlo, se fosse successo qualcosa, e lui aveva bisogno di mantenersi in forze.
I tre ragazzi, immersi in una fitta conversazione, attraversarono il corridoio ampiamente illuminato dell'area riservata ai casi speciali protetti dal Ministero del San Mungo, senza prestare la minima attenzione a ciò che li circondava. Se fossero stati meno presi dall'analisi che Harry stava facendo delle parole del Guaritore Landmann, si sarebbero accorti che una giovane donna dal volto pallido era ritta in piedi lungo il corridoio, fissando con occhi spaventati la porta dalla quale erano appena emersi.
Se uno di loro si fosse gettato un'occhiata alle spalle, avrebbe visto quella donna fare un sospiro profondo, sistemarsi un ciuffo di capelli chiari dietro l'orecchio sinistro e gettarsi oltre la porta che loro avevano lasciato, con il volto deformato dalla stessa espressione di terrore che avrebbe avuto un uomo incaricato di gettarsi in un nido di Acromantule.


 
***
 

Eugenie Collins, ventisette anni e un diploma in Guarigione e Medimagia fresco di pochi mesi, appose con uno svolazzo la sua firma in fondo alla scheda su cui aveva diligentemente appuntato tutti i parametri vitali del signor Black: ancora non poteva credere che il signor Landmann l'avesse scelta - lei sola, fra tutti gli specializzandi! - per fare parte del selezionato e prestigioso numero di Guaritori coinvolti nel caso Black. Si trattava di un caso più unico che raro, una fantastica occasione per fare ricerca in campi inimmaginabili, oltre che un ottimo trampolino di lancio per la sua carriera. Oh, certo, la sua amica Betty, specializzanda in Fatture Accidentali, il suo primo giorno di lavoro aveva già messo la bacchetta addosso a tre pazienti, mentre a Eugenie non era mai stato permesso di fare qualcosa che non fosse prendere appunti e misurare il battito cardiaco del paziente, ma insomma, le cose non erano nemmeno lontanamente paragonabili.
Eugenie stava lavorando con i migliori Guaritori d'Europa, e se solo Black fosse sopravvissuto qualche altra settimana, per il tempo necessario di permettere loro di compiere qualche studio approfondito, la sua presenza in quell'equipe sarebbe stata un biglietto in grado di aprirle le porte di qualsiasi ospedale del mondo.
Landamnn era convinto che Black sarebbe sopravvissuto, ma Eugenie, lungi dal voler contraddire il più giovane Guaritore ad essersi guadagnato la nomina di Caporeparto, non riusciva ad essere così fiduciosa: l'uomo disteso su quel letto era un mucchietto d'ossa tenuto insieme da un sottile strato di pelle grigiastra, e lei temeva che si spezzasse ogni volta che un Guaritore lo muoveva per effettuare qualche analisi. Certo, i suoi parametri vitali si facevano di giorno in giorno più stabili, ma quando qualche ora prima aveva aperto gli occhi, Eugenie aveva a stento trattenuto un gemito di orrore: quello sguardo cieco ero lo sguardo di un pazzo, di un uomo incapace di vedere oltre i confini della propria mente.
Eugenie si era informata bene: l'Emeroteca del San Mungo era estremamente fornita, e lei aveva letto tutto quello che aveva trovato su Sirius Black; aveva iniziato dai quotidiani di sedici anni prima, che lo descrivevano come il Mangiamorte che aveva portato Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ai Potter, passando per i giornali del '96, in cui era ritratto come un assassino in fuga da Azkaban, fino ad arrivare alle cronache dei processi dello scorso autunno, quando il nome di Black era stato pulito da ogni accusa, la verità sul suo conto era stata portata a galla – Harry Potter e il ministro Shaklebolt in persona avevano giurato davanti all'Alta Corte del Wizengamot, fornendo prove inconfutabili dell'innocenza di Black – e lui e suo fratello Regulus avevano ricevuto entrambi un Ordine di Merlino, Prima Classe, alla memoria.
Eugenie aveva osservato a lungo le fotografie di Black, sia quelle del ragazzo affascinante che era stato nei suoi ultimi anni di scuola e nei pochi anni da uomo libero che aveva vissuto combattendo Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, sia quelle che lo ritraevano prigioniero, folle e urlante ad Azkaban. Non c'erano dubbi sul fatto che quel corpo pallido e malandato che aveva sotto gli occhi appartenesse al prigioniero dall'aria spettrale: se non glielo avessero assicurato, in quei lineamenti ossuti e tetri lei non sarebbe mai stata capace di rivedere il ragazzo affascinante che sedeva sulle rive del Lago Nero accanto ad un giovane James Potter.

Quando Eugenie si voltò per lasciare la stanza e portare il suo rapporto nell'ufficio di Landmann, per poco non rischiò di urlare: accanto alla porta c'era qualcuno, qualcuno che si era mosso in modo così silenzioso che Eugenie, persa nei suoi pensieri, non l'aveva sentito arrivare.
Era una donna che doveva avere all'incirca la sua età: piccola di statura, magra, avvolta in un cappotto babbano scuro, il suo viso era così pallido da confondersi con il muro bianco alle sue spalle. I suoi capelli chiari arrivavano appena a sfiorarle il mento, e sembravano aver bisogno di una bella spazzolata. Sarebbe stata carina, probabilmente, se solo avesse perso qualche minuto a coprirsi quelle profonde venature scure sotto gli occhi, se avesse spalmato un po' di colore sulle sue gote esangui, e se non avesse fissato il letto su cui era disteso Sirius Black con uno sguardo a dir poco allucinato.
“Signorina, non può stare qui. Devo chiederle di uscire.”
Le regole erano regole: nessuna visita era ancora permessa, salvo quelle del signor Potter – il quale del resto aveva minacciato di far saltare per aria l'intero reparto, se non lo avessero lasciato avvicinare al letto di Black – e solo sotto la sorveglianza del Guaritore Landmann.
La donna parve non sentirla: i suoi occhi chiari erano fissi sul letto di Black, a un paio di metri da lei, e il suo respiro, così sembrava a Eugenie, era accelerato.
“Se è una parente stretta, può aspettare il Guaritore Landmann qui fuori: sarà qui entro venti minuti, e potrà chiedere a lui chiarimenti, ed eventualmente concordare un orario di visita...”
Le parole morirono sulle labbra di Eugenie mentre la donna sollevava una mano tremante in un gesto di supplica: gli occhi chiari della donna non si erano mai staccati dal corpo addormentato di Black, e ora erano evidentemente pieni di lacrime.
Eugenie non sapeva che cosa fare: o meglio, sapeva cosa avrebbe dovuto fare, e cioè allontanare immediatamente quella donna, ma non sapeva come farlo. Un conto era studiare una procedura di comportamento e ripeterla con sicurezza ad un esame, diverso era pensare di sfiorare quella donna che sembrava pronta ad accasciarsi al suolo in ogni momento, o interrompere quello sguardo così intenso che aveva il potere di farla sentire un'intrusa fuori posto.
Eugenie esitò: non sembrava che la donna fosse minimamente intenzionata a fare un passo verso il paziente, e questo era buono. Però doveva andarsene prima che Landmann tornasse: se il Guaritore avesse scoperto che lei aveva lasciato una visitatrice entrare senza permesso nella stanza di Black, si sarebbe beccata la sfuriata più grande della sua carriera. E con ogni probabilità, non avrebbe più avuto una carriera, se non quella di commessa nel negozio di scarpe di suo padre.
Alla fine, con un sospiro, si decise a intervenire, cercando di assumere il suo tono più professionale:
“Signorina, dico davvero, la prego di lasciare subito la stanza. Non mi obblighi a fare intervenire la sorveglianza, per favore.”
Eugenie le posò una mano sulla spalla con un gesto gentile ma fermo, e in quel momento la donna si riscosse: i suoi occhi pieni di lacrime si posarono sul viso di Eugenie e vi indugiarono a lungo, confusi, come se solo in quel momento si fosse resa conto che nella stanza c'era qualcun altro.
Infine, la donna represse un brivido, lanciò un'ultima occhiata al corpo di Black e poi, guardando Eugenie come se non la vedesse veramente, mormorò:
“Dovete girarlo...”
Eugenie fece un passo indietro: c'era un motivo più che fondato se il primo reparto che aveva escluso dalla lista delle possibili specializzazioni era il Janus Thickey: non aveva la minima idea di come approcciarsi ad una persona chiaramente fuori di testa. Forse questo non le faceva particolarmente onore, ma tant'era.
“Signorina...”
“Sul fianco destro. Di solito dormiva così.”
Eugenie aprì la bocca, ma nessun suono lasciò le sue labbra.
Nel frattempo, silenziosa e rapida com'era arrivata, la donna le voltò le spalle, e scomparve nel corridoio.
In lontananza, Eugenie avrebbe giurato di udire dei singhiozzi a stento trattenuti.





Note:
Il titolo di questo capitolo, come spesso accade, non è farina del mio sacco, ma è tratto da un'opera di Hafid Aggoune.
Il primo paragrafo di questo capitolo, invece, l'ho ripreso praticamente pari pari dalla fine dell'ultimo capitolo de “La danza delle spade”: l'unica cosa che è cambiata, è la persona.
Giuro che questo è l'ultimo capitolo “preparatorio”, e dal prossimo entreremo un po' più nel vivo delle vicende. O per lo meno, ci proverò.
Come mi è già capitato di dire a qualcuno di voi fra i commenti, chiedo un particolare favore a chi non avesse letto La danza delle spade: fatemi sapere se il filo della storia è comprensibile comunque. La mia intenzione è di trovare il modo di dare le giuste spiegazioni in modo da rendere tutto comprensibile a chiunque, ma ormai convivo da troppo tempo con il personaggio di Alhena e la sua storia, e rischio di faticare ad essere obiettiva.
I prossimi aggiornamenti credo saranno un po' più dilatati, ma solo perché vorrei riuscire a tenere saldamente il filo della narrazione, e ci sono alcuni punti che hanno bisogno di un bel po' di attenzione, e non voglio rischiare di affrettare troppo le cose, facendo sciocchezze.
In ogni caso, ci sentiremo sicuramente prima di Natale.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: blackjessamine