Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: RaidenCold    04/12/2018    0 recensioni
Numerosi destini si incrociano nella città di Caravan Palace, legati dai bizzarri poteri noti come "Stand".
I giovani Joey e Joanna dovranno fare i conti con complotti e misteri, ma nel loro cammino non incontreranno solo nemici, bensì anche nuovi alleati che combatteranno al loro fianco lotte sempre più dure: sarà proprio in queste battaglie che i protagonisti impareranno a conoscere loro stessi, i propri Stand, ed i motivi per cui hanno ricevuto tale dono.
(Postilla della'autore: era da tanto tempo che volevo scrivere una storia su uno dei miei fumetti preferiti, spero possa piacervi, e che in essa, nonostante il mio tocco personale, possiate trovare il senso di "Bizzarria" che mi ha sempre affascinato nei lavori del grande Hirohiko Araki.
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura di questa storia, ed in particolare TheShieldOfClouds, che trovate qui su Efp, e Saru Mimiwara.)
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Quanto può essere grande una città?

In realtà la risposta non è per forza data dall’effettiva estensione in chilometri quadrati: un cittadino venuto dalla campagna ad esempio troverà immensa una città che l’abitante di una grande metropoli definirebbe normale. Ma non è detto che quest’ultimo non possa trovare una di queste città normali più grandi della sua: questo è il caso di Caravan Palace.

La grandezza di Caravan Palace non regge certo il confronto con quella di città come Londra o Parigi, ma ha tutto.

Ha il mare, ma anche l’aeroporto, le miniere e persino gli studi televisivi; è un po’ come la Springfield del cartone animato I Simpson.

E naturalmente, al giovane quindicenne Cirano, cresciuto in un piccolo paese della Toscana, Caravan Palace sembrò una città enorme; si aggirava col naso all’insù per la stazione, che non era molto più grande di quella di Firenze, ma c’era qualcosa che lo incuriosiva, ed il suo interesse crebbe quando cominciò a vedere il resto della città, una città moderna, molto diversa dai borghi storici a cui era abituato. Certo esteticamente non poteva competere, ma in ogni dove c’erano negozi di qualsiasi genere, e case, uffici ed edifici pubblici, ma anche ampi parchi pieni di alberi; con questi ultimi in particolare, avrebbe dovuto imparare a prendere confidenza. Amava il verde e avrebbe preferito vivere in un bel paesino di montagna, lontano da tutti, dove avrebbe vagabondato libero e senza meta, ma il destino aveva piani diversi in serbo per lui.

Caravan Palace era la città dei misteri, perché in essa vi accadevano una serie di stranezze: la più strana di tutte era stato un fenomeno meteorologico alquanto insolito, che i media aveva battezzato Stardust Rain.

Cos’era accaduto? Una notte, senza preavviso, strane masse nebulose avevano fatto la loro comparsa tutt’attorno alla città e alle zone limitrofe, e pochi minuti dopo dal cielo era iniziato a piovere una strana polvere di un color verde metallico; ma quella misteriosa pioggia, per quanto fosse apparsa bella, aveva in realtà portato una misteriosa epidemia, che non aveva colpito solo coloro che giravano per la città, ma anche molti curiosi che avevano voluto sperimentare quella pioggia fluorescente sulla propria pelle.

Inoltre, quella sottilissima polvere penetrò anche nelle tubature ed entrò in circolo negli acquedotti, e ciò aumento drasticamente il numero di persone contagiate .

Quella notte migliaia di persone vennero ricoverate negli ospedali della città, alcuni colti da malori improvvisi, altri si ritrovarono coperti da tumefazioni ed escrescenze tanto invasive da deformare i connotati di chi ne veniva colpito; ad alcuni crebbero persino parti del corpo e si ritrovarono con un occhio o un dente in più, o una seconda mano fusa nel palmo, e così via…

La maggior parte dei ricoverati fortunatamente se la cavò con una febbre alta, ma quasi tutti coloro che erano entrati a contatto diretto con la pioggia morirono, e solo un centinaio di loro tornò a casa nei giorni successivi; venne fatto ogni accertamento possibile, ma nell’organismo dei superstiti non vi era alcun cambiamento constatabile, quasi come se quel misterioso virus non fosse mai esistito. E di fatto, nessuno lo aveva mai visto questo virus, nemmeno nei pazienti infetti in punto di morte; qualunque fosse stata la natura della malattia, non era rilevabile con le tecnologie esistenti in quel momento.

Da allora erano passati due anni, e la vita a Caravan Palace aveva apparentemente ripreso a scorrere normalmente, come se nulla fosse successo: l’unica evidente differenza, era l’assenza delle persone perite quella notte.

 

Cirano se ne stava seduto su di una panchina in mezzo ad un grande parco verdeggiante, ed osservava il cielo sereno privo di nubi, senza pensare a niente di particolare; contemplava la vita.

A un certo punto sentì una risata poco lontano; in principio la ignorò.

Poi la risata si ripeté, seguita da altre vocine sghignazzanti sue simili.

A quel punto Cirano si voltò: nella panchina accanto alla sua, vi era una dozzina di ragazzi, probabilmente poco più grandi di lui, intenti a bere e fumare – erano circa le nove del mattino.

Quando si girò i loro sguardi si incrociarono, e Cirano pensò che stessero ridendo tra loro per chissà cosa.

“Bei capelli!” - urlò sarcasticamente uno dei ragazzotti.

Cirano aveva una pittoresca chioma smeraldina, con alcuni ciuffi protesi in avanti legati da lacci dorati; non ebbe dubbi sul fatto che si stessero riferendo a lui.

I tizi continuavano a guardarlo, con quel ghigno da babbei stampato in viso:

“Secondo voi ce l’ha il cazzo?” - domandò uno.

“Naaa…!” - risposero gli altri in coro.

A quel punto, una persona più facile da intimidire se la sarebbe squagliata, a causa di quei ceffi molesti, ma Cirano non era quel tipo di persona: un’offesa di quel genere non poteva essere ignorata, visto soprattutto che si stava soltanto facendo gli affari suoi.

Cirano si alzò in piedi ed iniziò ad avanzare verso di loro:

“C’è qualche problema?”

“No no!” - rispose uno di loro, in tono palesemente derisorio.

“Senti ma…” - si fece avanti un altro: “… dove l’hai presa quella canotta da donna?”

Cirano intuì che si stesse riferendo al suo maglioncino bordeaux ampiamente scollato – tanto da mostrare buona parte del petto – con larghe maniche fino ai gomiti.

Un terzo infine gli comparve davanti:

“Ti fa male?” - domandò ridacchiando mentre gli agitava col dito il piercing che aveva sotto l’occhio; a quest’ultimo Cirano sferrò il primo cazzotto, dritto sul naso.

“Che cazzo fai?!” - gli urlò uno degli altri due.

“Non sopporto che mi tocchino.”

Adirati i due si avventarono su di lui, mentre il resto di loro si mise attorno formando una sorta di ring; non impiegò molto a stenderli con la sola forza dei suoi pugni.

Gli altri tuttavia non persero il sorriso, e decisero di avventarsi sul giovane, alcuni armati di coltello; a quel punto, uno di loro cadde a terra mettendosi le mani davanti agli occhi, gridando di dolore.

Cirano riuscì a stenderne un paio, ma ben presto la superiorità numerica lo sovrastò e mentre due lo tenevano fermo, un terzo si apprestava a sferrargli un pugno all’addome, quando anch’egli cadde a terra urlante:

“Il mio occhio, ho qualcosa nell’occhio!” - gridò in preda al dolore.

Approfittando della confusione Cirano si liberò e con una leva proiettò il suo avversario a terra; i suoi compari però subito si precipitarono a riacciuffarlo. Cercò di sgusciare tra di loro, mentre altri cadevano colpiti da quel misterioso oggetto negli occhi; nel frattempo tuttavia, lo stordimento per alcuni era già passato, e non ci volle molto per immobilizzare Cirano nuovamente.

Questa volta, si fece avanti un ragazzo enorme dal viso squadrato, che fino a quel momento se ne era rimasto in disparte: vestiva abiti neri in pelle, pieni di borchie e strappi, e portava i capelli scuri all’indietro, salvo alcuni ciuffi biondi più lunghi che si alzavano come strane antenne incurvate all’indietro.

“Questo non è pane per i vostri denti.” - si avvicinò lui sorridendo.

All’improvviso con un movimento secco afferrò col pugno qualcosa in aria davanti a sé, e Cirano sussultò:

“Dunque eri tu a darci tutti questi problemi…” - aprì leggermente la mano, rivelando una grosso insetto simile a un’ape, ma con le striature e verdi, e sfavillanti occhi del medesimo colore.

Uno degli altri si fece avanti:
“Ma io non vedo nulla, Lindemann…”

“E’ uno Stand, ovvio che tu non lo veda idiota.”

Stand: così quel tale chiamava quel potere che Cirano manovrava, talvolta involontariamente.

A quel punto, da dove si era levato il primo, si alzarono un altro ragazzo e una ragazza; il primo, decisamente meno imponente del compare ma comunque abbastanza muscoloso, aveva fluenti capelli ricci spettinati ed indossava un pesante cappotto grigio e pantaloni di una tuta del medesimo colore, l’altra aveva i capelli biondi – con una evidente ricrescita – rasati a lato e vestiva una felpa col cappuccio e – nonostante fosse autunno – una minigonna, avendo pertanto le gambe coperte unicamente da un collant bucherellato.

“Così questo stronzetto ha uno Stand? - disse la ragazza.

“Sì, è questo qui.” - rispose quello che avevano chiamato Lindemann, mostrandole l’insetto.

L’altro ragazzo sbuffò:

“Ma come avete fatto a prenderle da uno sgorbio simile…” - a quel punto sfoderò un piccolo coltello a serramanico dal cappotto e si avvicinò a Cirano - “Tu non sei di queste parti, vero?”

Cirano non rispose, e il ragazzo gli portò il coltello vicino al mento:

“Guardami quando ti parlo. Non sei di queste parti, vero?”

“No.”

“Perché non torni da dove sei venuto, bamboccio del cazzo?”

Improvvisamente, la lama del coltello divenne liquefatta e il ceffo per non ustionarsi dovette gettare via l’arma.

In quel momento, poco lontano da loro, apparve un giovane alto e slanciato, vestito con una giacca in pelle nera ed un paio di blue jeans aderenti; aveva folti capelli biondo grano, portati fino alle spalle.

“Che cazzo vuoi tu?” - gli urlò quello che poco prima impugnava il coltello.

Il ragazzo si sfilò lentamente gli occhiali da sole che portava sul volto, rivelando i suoi scuri occhi truci:
“Lasciatelo stare.” - disse con una voce profonda e un po’ graffiata, ma in qualche modo calda.

Il gruppo scoppiò a ridere, eccetto Lindemann, che rimase impassibile.

“Sparisci sfigato!” - lo intimò la ragazza.

Lindemann le si avvicinò all’orecchio:
“E’ Joestar, quel suo Stand è una seccatura.”

La ragazza rise in modo stridulo:
“E quindi? So chi è, e conosco il suo Stand! Noi siamo in tre però.”

“Forse potremmo batterlo” - aggiunse il ragazzo dai capelli ricci ghignando - “Ma farebbe un male cane… e non ho voglia di attirarmi l’ira di Creep poi.”

La ragazza sbuffò: “Questo stronzo secondo me neanche lo conosce davvero Creep!”

“Lo conosce eccome, idiota.” - sentenziò Lindemann.

“Conterò lentamente fino a tre, e se quando avrò finito il ragazzino non sarà libero, giuro che vi romperò le ossa.”

Senza perdere il loro sorrisetto strafottente, i ragazzi si guardarono cercando di mascherare le proprie perplessità.
“Uno.”

A quel punto lo sguardo di tutti andò verso il ragazzo riccio:
“Quello non scherza capo!”

“Due.”

“Non ne vale la pena cazzo!” - lo esortò Lindemann.

“Tre.”

“Va bene, lasciatelo.”

Detto ciò Cirano fu liberato, e si incamminò un po’ tremolante verso il suo salvatore.

“Andiamocene.” - li esortò il ragazzo dai capelli ricci.

“Non finisce qui brutto stronzo!” - grugnì la ragazza minacciosa mostrandogli il dito medio.

Prima di andarsene, Lindemann lanciò uno sguardo indecifrabile al biondo, il quale ricambiò con un’occhiata simile, rimanendo muto ed impassibile.

 

Quando quel gruppetto di balordi si fu allontanato, Cirano si sedette su una panchina e sospirò, pensando di essersela vista brutta.

“Ti ringrazio, se non fossi arrivato tu non so cosa sarebbe successo…” - sospirò stiracchiandosi.
“Ti avrebbero pestato, e forse rotto un braccio, ecco cosa sarebbe successo.” - rispose il ragazzo bruscamente.
“Non ho fatto nulla, hanno cominciato loro.”
“Di questo non ne dubito, ma mi chiedo perché tu li abbia affrontati.”
“Perché quando vengo provocato reagisco, sono fatto così non posso farci nulla.”
“Se vuoi rimanere in questa città devi cambiare atteggiamento: è pieno di gentaglia come Kesh Florìda e la sua combriccola.”
“Kesh Florìda… così si chiamava quel buffone?”

“Sì, e quello grosso si chiama Stelar Lindemann, mentre la ragazza è Bia Giotti. Gli altri sono solo dei signori nessuno, degli zero di cui non vale la pena neppure ricordare il nome.” - sentenziò con una nota di rabbia nel suo tono.
“Loro potevano vedere il mio Bee Gees…”

“Parli dell’Ape?”

“Allora la puoi vedere anche tu!”

“Sì certo, perché possiedo anch’io un’abilità simile.”

“Prima l’hanno chiamata Stand, se non sbaglio…”

“Uno Stand è l’emanazione della forza spirituale di una persona, può avere diverse forme e poteri, ma solo una persona con un alto potenziale combattivo può manovrarlo a modo, altrimenti si rischia di rimanere schiacciati dal peso dello Stand stesso e agonizzare fino alla morte.”

Detto ciò il ragazzo distese il braccio, e dal suo corpo, nella medesima posizione, comparve una figura umanoide, completamente grigia, coperta su buona parte del corpo da una sorta di corazza metallica simile a quella di un robot.

“Il mio nome è Joey Joestar, e questo è il mio Stand.”

Cirano osservò stupito lo Stand di Joey:
“E’ la prima volta che vedo un altro potere simile al mio! Ad ogni modo, io sono Cirano de’Medici, e questo” - fece librare in aria lo Stand - “è Bee Gees.

“Forse penserai che sia proprio un caso bizzarro il fatto che cinque persone con uno Stand si siano incontrate oggi in questo parco: non è così. Ogni portatore di Stand si muove seguendo inconsapevolmente un filo rosso che lo conduce ad incontrarne altri.”

“Capisco; ad ogni modo non mi hai detto come si chiama il tuo Stand.”

“Non ha un nome.”

“Ah…”

“Generalmente tutti gli Stand ne hanno uno, ma il mio no, e non chiedermi il perché.”

A quel punto il biondo si voltò e fece per andarsene.

“Aspetta!” - lo fermò Cirano - “Te ne vai così?”

“Che altro c’è?”

“Io… quei tizi temevano il tuo Stand, e vuol dire che deve essere molto potente; ti prego, aiutami a far diventare il mio Stand più forte, così da non dover più temere quella gentaglia!”

“E dopo?”

Cirano non rispose, limitandosi a guardarlo perplesso.
“Dopo che farai? Ti vendicherai? E poi loro si organizzeranno per fartela pagare?” - sbuffò irritato - “Va a casa, ed evita certi guai, dammi retta.”

“Credevo che…credevo che tu fossi un tipo coraggioso!”

“Ci conosciamo da neanche mezz’ora.”

“Eppure vedendoti affrontare Kesh e i suoi sembravi così sicuro di te; insomma, mi sembri uno degno di rispetto!”

“Essere temuto non è sinonimo di essere rispettato; avevano le loro buone ragioni per non farmi incazzare.”

“Allora fammi diventare temuto come te!”

“Mi stai irritando. Vattene a casa.”

“Non ce l’ho una casa.”

Joey lo guardò di sbieco:

“E ti aspetti che la cosa mi intenerisca?”

“No.”

“Bravo, hai capito bene.”

Infine Joey si voltò nuovamente, e si incamminò verso l’uscita del parco, lasciando il giovane Cirano con l’amaro in bocca, per aver trovato e subito dopo perduto il suo primo amico a Caravan Palace.

 

   
 
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