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Autore: Egia2001    06/12/2018    1 recensioni
Come era arrivato a questo? Kazuki non riusciva a ricordarlo o a capirlo. I suoi occhi erano bendati insieme alla sua bocca, non riusciva a muovere le braccia che erano bloccate dietro la sua esile schiena e le sue gambe erano tenute dalle mani di qualcuno. Ormai non si ricordava nemmeno quanto tempo era passato, potevano essere minuti, o forse ore se non giorni. Non poteva far a meno che sperare nell'arrivo di qualcuno, anche in di Daisuke, nonostante non voleva che lo vedesse in quelle pietbose condizioni.
Tutto quello era successo senza potersi rendersene conto, era successo velocemente e all'improvviso; era una giornata come tante per Kazuki, si ricordava che stava andando a scuola, tutto era tranquillo e nella solita e noiosa monotonia, fino a quando tutto era diventato buio.
ATTENZIONE: in questa storia sono presenti contenuti forti (violenza fisica e carnale, autolesionismo, ecc) (+18)
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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La giornata di scuola non passò in modo molto diverso da quelle precedenti, tranne per il fatto che questa in particolare era stata molto più chiassosa: tutta la scuola in quelle ore non faceva altro che parlare delle notizie che, in poche ore, erano arrivate in tutte le classi. Nei corridoi durante i cambi dell’ora, si poteva sentire un vociare debole dovuto ai gruppetti di ragazzi che continuavano a parlare di quello che li avrebbe aspettati il giorno dopo e di quanto fossero felici di conoscere visi nuovi. Poche ore dopo Akemi e Kazuki uscirono dal grande cancello della loro scuola, i due iniziarono a camminare in silenzio uno di fianco all’altra, la foga della nuova notizia non li aveva colpiti come gli altri avendo saputo molto prima degli altri. I due vagavano per i marciapiedi circondati da altri studenti, ma erano troppo assorti nei loro pensieri anche solo per notare le persone circostanti. Kazuki aveva lo sguardo rivolto verso l’alto, dalla strada davanti alla scuola si poteva notare il mare in lontananza, mentre Akemi, stretta nella sua sciarpa, nascondeva il suo sguardo turbato tenendolo verso il basso.

 

“Hai sentito Daisuke alla fine?” Chiese all’improvviso la ragazza rompendo il silenzio.

 

Il ragazzo, perso tra i suoi pensieri, sobbalzò alla domanda improvvisa. “Sì” Rispose Kazuki “Sto andando a pranzo da lui, almeno possiamo parlare con calma”

 

Akemi annuì, il suo sguardo si spostò di nuovo da ragazzo a verso il basso, sembrava più preoccupata e pensierosa del castano, come se avesse paura di quel che sarebbe successo.

 

“Fammi sapere come sta, e anche come prenderà tutta questa storia” Rispose infine la rossa, sorridendo all’amico e mascherando momentaneamente la sua preoccupazione.

 

Kazuki salutò la rossa facendole un cenno con la mano, e camminando lentamente tra vari vicoletti, si ritrovò davanti la porta dell’appartamento dell’amico. Quella sensazione di preoccupazione che gli aveva lasciato addosso la ragazza, si era fatta sempre più grande e gravava sul ragazzo, tanto da farlo tentennare prima di bussare alla porta. Non appena la sua mano toccò la porta     quella si aprì leggermente; il ragazzo vedendo che era aperta entrò, e non appena varcata la soglia un ottimo odore si fece strada nelle narici di Kazuki facendo brontolare il suo stomaco, e facendogli dimenticare per un momento i suoi pensieri e le sue preoccupazioni.

 

“Se avevi così tanta fame potevi avvisarmi, ti avrei preparato una porzione doppia!” lo canzonò l’amico “Beh sicuramente non ho sbagliato ad invitarti a pranzo”

 

Il castano non lo aveva notato subito, il suo amico era vicino al tavolo imbandito. Stava sistemando delle ciotole e, prima di girarsi e guardarlo negli occhi, gli sorrise.

 

“Vedo che non stai poi così male” rispose Kazuki “Non avevi voglia di venire?”

 

“Non sono tipo da fare queste cose, mi conosci, e poi non stavo mica morendo, avevo semplicemente un po’ di febbre” rispose lui continuando a sorridergli, mentre prendeva posto a tavola “Adesso siediti, ho fame anch’io”

Quando Kazuki si avvicinò per sedersi notò tutto quello che aveva preparato l’amico. Sul tavolo c’erano due ciotole di riso semplici, una ciotola ciascuno di nikujaga accompagnato da una di zuppa di miso e, infine del tonkatsu. Daisuke si è dato da fare mentre io ero a scuola, pensò tra sé e sé, beh almeno non si è annoiato.

I due iniziarono a mangiare, Daisuke si era dato veramente da fare per preparare tutte quelle cose deliziose. Kazuki sapeva che il suo amico era bravo in cucina, d’altronde abitando da solo non aveva nessuno che gli preparava i pasti e quindi doveva aver fatto molta pratica. Mentre mangiavano continuavano a parlare del più e del meno e della giornata a scuola di Kazuki.

 

“E’ successo dell’altro a scuola? Notizie nuove, professori che si sono lamentati della mia assenza...” Disse Daisuke.

 

Il moro doveva aver capito che c’era qualcosa che non andava: anche se erano migliori amici non era da Kazuki un comportamento del genere, non era solito auto-invitarsi a casa delle persone, ma cosa più importante, non sapeva nascondere ciò che pensava davvero. Sicuramente Daisuke doveva aver fatto due più due e doveva aver capito che l’amico gli stava nascondendo qualcosa.

 

“Non credo che tu sia venuto qui per dirmi questo, soprattutto con tutta questa fretta” Concluse poco dopo il ragazzo più grande, il suo tono era cambiato, da amichevole e tranquillo a freddo e inquisitore.

 

Kazuki gelò. L’amico aveva veramente capito che qualcosa non andava. I pensieri del castano si susseguivano velocemente nella sua testa, tanto velocemente da non riuscire quasi ad elaborarli. Aveva pensato di mentirgli per uscire da quella discussione senza litigare, ma sapeva che Daisuke non era così stupido e che lo avrebbe capito in men che non si dica. Kazuki non aveva allora altre soluzioni se non dirgli la verità, sperando che l’amico non l’avrebbe presa male come l’altra volta sul tetto della scuola.

 

Kazuki deglutì sonoramente e iniziò a giocherellare con il riso nel suo piatto. “Hanno dato una nuova notizia a scuola” iniziò infine, titubante “Hanno detto che arriveranno due nuovi studenti nella nostra scuola”

 

Daisuke si fermò un attimo prima di riprendere a masticare “Beh figo, finalmente arriveranno dei nuovi studenti nella nostra città”

 

Kazuki spostò il suo sguardo dal suo piatto agli occhi azzurri del suo amico che intanto erano posati sul suo smartphone.

 

“Sono due fratelli, Aisu e Mirai Tanaka”

 

Quelle parole fecero perdere un battito a Daisuke, non poteva credere alle sue orecchie. Le bacchette, non più sorrette dalle sue dita, caddero nella piccola ciotola sottostante. Gli occhi color ghiaccio del ragazzo più grande si staccarono dal suo telefono e per un attimo entrambi i ragazzi si guardarono negli occhi e fu in quel momento che Kazuki capì che il suoi presentimenti erano giusti. Kazuki, che conosceva da anni l’altro e che sapeva com’era caratterialmente, capì che adesso doveva mancare poco prima che il suo amico esplodesse di rabbia, ma al contrario di quello che si sarebbe aspettato, non accadde mai. Il suo amico infatti gli sorrise, un sorriso fittizio che serviva solo a mascherare i suoi pensieri e le sue vere intenzioni. Quel sorriso apparentemente felice e dolce fece bene il suo lavoro, tanto che Kazuki non sapè come reagire.

 

“Trovo che questa sia un’ottima notizia” rispose infine Daisuke dopo una pausa che sembrò interminabile.

 

“Non mi sembri molt-”

 

“Sono felice per te e Akemi, il vostro desiderio si è avverato” le parole del ragazzo più grande bloccarono quelle del castano che si immaginava non avrebbe mai ricevuto una risposta.

 

Il moro lo guardava con occhi colmi di quella che poteva sembrare felicità e sorrideva all’amico, quasi per rassicurarlo, ma Kazuki capì che era solo una maschera ben costruita. Il castano continuava a guardarlo preoccupato, non riusciva a capire il  comportamento dell’amico, non capiva cosa avesse detto di tanto sbagliato e non sapeva come rimediare, sapeva solo, dentro il cuor suo, che quello che voleva dirgli non era niente che lo avrebbe reso felice. Dopo quella frase infatti, i due rimasero in silenzio per molto tempo.

Poco tempo dopo i due iniziarono a fare i compiti a casa. Daisuke si fece mandare i compiti da un suo compagno di classe mentre Kazuki tirò fuori i suoi dal suo zaino. Passò qualche ora e, mentre Daisuke sembrava aver completamente dimenticato quello che si erano detti, il castano era ancora distratto dai pensieri di quella conversazione, tanto fredda quanto complessa. Le loro parole continuavano a vagare nella sua testa, cercava disperatamente delle risposte che però non sembravano arrivare,  quando ad un tratto capì: l’amico aveva reagito male quando aveva scoperto i nomi dei due ragazzi, in quel momento infatti si era creato quella maschera di bugie che copriva ancora il suo vero volto.

 

“Daisuke...” iniziò titubante Kazuki “Tu conosci i nuovi studenti, vero?”

 

L’amico continuò a guardare il libro, il suo sguardo però cambiò improvvisamente, adesso sembrava turbato, come se non sapesse come rispondere.

 

“No, mai visti né sentiti” rispose infine “Hai provato a chiedere ad Akemi? E’ lei che viene da lì”

 

“Da lì dove scusa?”

 

“Dal Kanto” Rispose Daisuke.

 

Kazuki era confuso. “Io non ti ho mai detto che venivano dal Kanto” Disse il castano freddo, capendo che c’era qualcosa che non andava.

 

Il ragazzo più grande gelò, si capiva non sapeva come rispondere e che era con le spalle al muro. Il suo viso colme e rilassato si era incupito, lasciando spazio a un’espressione agitata tipica di chi sta mentendo.

 

“Te lo sarai dimenticato” disse infine Daisuke ridacchiando “infondo sai meglio di me che quella testa è vuota”

 

“Non credo...” Rispose Kazuki con un filo di voce, mentre giocava con una matita. “Devo andare, si è fatto tardi” Rispose invece a voce alta alzandosi dal suo posto. Daisuke controllò il suo orologio, si erano fatte le 17:00, e dopo aver chiuso anche il suo libro, si alzò anche lui per accompagnare l’amico alla porta. Kazuki intanto si era chinato e stava facendo il suo zaino. Non appena finì di sistemare i libri, il ragazzo si alzò e ,non fece in tempo a voltarsi, che senti le braccia forti dell’altro bloccarlo tra il suo corpo e la porta. Gli occhi dell’amico erano puntati dentro i suoi. Il suo corpo muscoloso era a pochi centimetri dal suo. L’amico era sempre stato più altro di Kazuki, ma in quella situazione il castano si sentì ancora più piccolo. I capelli scuri con le ciocche azzurre di Daisuke gli coprivano il volto serio e preoccupato, lasciando visibili solo i suoi occhi color ghiaccio, tanto freddi quanto caldi e amorevoli.

 

“Fa attenzione Kazuki, il passato potrebbe rifarsi vivo e potrebbe portare con sé brutti ricordi”

 

Le parole enigmatiche di Daisuke lo confusero solo di più. Kazuki non riusciva a capire cosa intendeva, né perché l’amico si stesse comportando in un modo così insolito. Poco dopo le braccia forti dell’amico si spostano, lasciandolo libero di spostarsi, ma prima di lasciarlo andare veramente si cinsero intorno al suo corpo esile in un abbraccio. Quel gesto dolce sembrò interminabile. Kazuki poteva sentire il corpo caldo dell’amico stretto contro il suo, poteva sentire il suo cuore battere forte mentre lo stringeva e poteva sentire il profumo del moro che lo rapì non facendogli capire niente. Era felice del gesto dolce dell’amico, ma non era da lui comportarsi in quel modo, anche se l’aveva fatto sentire protetto e...

 

Kazuki, ancora confuso dai sentimenti contrastanti che si susseguivano nel suo cuore e nella sua mente, ritornò alla realtà all’improvviso quando il tepore del corpo dell’altro si staccò dal suo.

 

“E’ meglio che io vada ora, mia madre sarà in pensiero” rispose infine il ragazzo.

 

Daisuke annuì mentre arretrò leggermente, il suo sguardo era perso nel vuoto e sembrava molto pensieroso, Kazuki pensò che probabilmente anche lui era confuso da quel che era successo.

 

“Ti mando un messaggio se succede qualcosa” disse infine Kazuki mentre l’amico continuava a stare in silenzio. “Ci sentiamo”

 

“Ci sentiamo”

 

Dopo che si salutarono la porta dell’appartamento si chiuse con un sonoro tonfo. Kazuki uscì con calma dal condominio fino a ritrovarsi per strada. Il clima di era era molto più invernale di quel pomeriggio, il vento freddo e la leggera pioggerellina resero la passeggiata meno piacevole tanto che il castano non potè fare a meno che stringersi nel suo cappotto alzando il cappuccio della sua felpa. Durante il tragitto verso casa il castano continuava a pensare a quel che era successo e allo strano comportamento dell’amico. Domande su domande continuavano a sovrapporsi nella sua testa, ma non trovarono mia risposta. Il ragazzo continuò a camminare, i suoi vestiti erano leggermente bagnati dalla pioggia, il vento che si alzava ancora di più in prossimità del mare facendogli sentire ancora di più il freddo, e calde lacrime che iniziarono a scendere dai suoi occhi quando, forse, intuì la risposta a tutte le sue domande.

 

* * *

 

Daisuke continuava a guardare fuori dalla finestra con aria preoccupata, le goccioline fine di pioggia rigavano i vetri delle sue finestre le luci della città illuminavano il suo volto. Sembrava stesse cercando Kazuki con lo sguardo, anche se sapeva che era impossibile. Improvvisamente si voltò per prendere il suo telefono dal divano e iniziò a digitare freneticamente sul touch screen.

 

“Signora Mori, ho saputo che il padre ci ha trovati” Quelle furono le uniche enigmatiche parole che scrisse alla madre di Kazuki, parole che sapeva lei avrebbe capito, per questo la risposta della donna non tardò ad arrivare.

 

“Come fai a saperlo?”

 

“Me lo ha detto Kazuki” Rispose allora il moro, triste di dover dare una notizia del genere a quella povera donna. “Mi ha detto che Aisu e Mirai sono in città”

 

Dopo quel messaggio sembrò che il tempo si fosse fermato, i minuti sembravano interminabili ore prima che il messaggio di risposta arrivasse. Daisuke sapeva che la madre di Kazuki doveva essere scioccata. Daisuke era ancora davanti la finestra con lo sguardo perso nelle vie della città quando il telefono vibrò di nuovo.

 

“Non possiamo ancora fare niente, l’unica cosa che possiamo fare è aspettare”

 
  
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