Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: RobLucciswife    07/12/2018    1 recensioni
Ciao a tutti e grazie per essere qui. Sono appena arrivata su questo favoloso portale ed ho deciso di diventarne parte attiva pubblicando la mia prima storia. Come si evince dal mio nick amo parlare di Rob Lucci, il mio mito assoluto ma anche, di tutti i personaggi che abbiano condiviso parte della propria esistenza con lui.
Da qui la scelta di iniziare con Pauly, dedicandogli un momento in cui potrete conoscerlo non solo come carpentiere ma come uomo.
Ho cercato di fare suoi, i miei pensieri riguardo l’accaduto della notte dell’incendio di Water Seven.
Dopo una festa in suo onore in quanto nuovo presidente di Water Seven, eccolo nelle vesti di un uomo tradito con l’unico confidente al corrente delle sue pene: Il suo grande maestro Iceburg.
Grazie dell’attenzione, buona lettura.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Iceburg, Kaku, Kalifa, Paulie, Rob Lucci
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Esiste un luogo isolato dal resto del mondo, in cui l’infanzia viene sottratta insieme ai sogni d’ogni orfano che vi approda. Un posto in cui vige la regola del sacrificio imposta a menti tanto giovani da ignorare il significato d’esso come anche il motivo del portarne il peso quando a malapena si riescono a pronunziare le prime parole.
 
Non è semplice per un bambino solo trovare il senso della vita che non è stato egli a chiedere ma gli è stata data o per errore, o per distrazione o per non curanza. Ancora meno è per lui sopravvivere agli stenti, al freddo ed alla fame, dopo essersi trovato al mondo senza un motivo.
C’è un qualcosa di insito in ogni specie a livello primordiale, che gli esperti chiamano “istinto di sopravvivenza” in grado di spingere ciascun individuo ad aggrapparsi a qualsivoglia cosa pur di non soccombere.
Ecco perché, in quell’isola, valanghe di infanti senza famiglia – viva o morta che fosse- che ne reclamasse l’assenza o ne piangesse la scomparsa, dotati di un fisico sano che rese loro possibile sopravvivere alle intemperie dei primi istanti d’esistenza, giungevano ogni anno.
Quello diveniva il loro senso di esistere.
Quelle erano le menti fresche, pure, non ancora contaminate dalle leggi umane, in cui imprimere il marchio della giustizia.
Quei fisici nuovi di zecca erano perfetti per creare delle infallibili macchine da guerra aventi come unico scopo realizzare le ambizioni di altri.
Quando “ i rifiuti del mondo” cominciavano per natura a comprendere le cose, accadeva spesso che rifiutassero un destino di quel tipo, reputando errato auto immolarsi nel corpo e nello spirito solo per capricci di chi un posto in alto nel mondo lo aveva.
Allora cessava la loro utilità e non avevano possibilità  nemmeno d’esser riciclati venuti a conoscenza com’erano di verità troppo scomode per rilasciarli allo stato origiario di “feccia vivente” . Non era raro pertanto, vederli scomparir del tutto, probabilmente: nella migliore delle ipotesi sotto metri di terra, nella peggiore come cibo per pesci.
 
 
Naturalmente la presa di coscienza non per tutti era negativa. Molti di essi infatti, o per carattere stesso, o per la buona riuscita di un lavaggio cerebrale: assumevano il ruolo di macchine da guerra considerandosi orgogliosi di poter vantar tale titolo, e non voler in alcun modo deludere chi aveva dato loro una simile opportunità.
 
Infine vi erano i “privilegiati” anche se parlare di privilegio era comunque errato. Coloro cioè la cui unica “colpa” era esser venuti alla luce per mano dell’elite che aveva creato quel mondo a parte e che aveva vissuto in esso a propria volta. La famiglia quest’ultimi la avevano eccome, e talvolta era la medesima a decidere per loro non appena aperti gli occhi alla vita.
Proseguire ciò che i genitori avevano orgogliosamente iniziato, volenti o nolenti, era il loro destino.
L’allenamento cui erano sottoposti era egualmente estenuante, ma potevano vantare qualche pausa in più, stanze migliori, un posto lavorativo già pronto non appena terminato il percorso, ed affiancare in rappresentanza gli ufficiali governativi rimasti in quel luogo.
 
Questa era l’isola delle giovani reclute dei cipherpool, della creazione dei cosiddetti “uomini perfetti” secondo rigidi canoni che non risparmiavano nessuno, nemmeno tra i “privilegiati” – a volere stesso dei genitori di questi ultimi -.
A seconda del grado di potenza raggiunta, non solo come erroneamente si credeva unicamente fisica ma bensì psicologica, della fermezza, della determinazione e del vigore, i soldatini venivano divisi in gruppi da 1 a 9.
Il 9 era il grado più alto: quello aspirato da tutte le matricole, visto come la massima compensazione per quegli sforzi disumani e la rinunzia a essere considerati semplicemente “bambini” la cui unica preoccupazione sarebbe dovuta essere il nome da dare alle proprie bambole o rincorrere un coetaneo fra i verdi prati con le risate a far da padrone.
Non era raro che alcuni padri con molteplici medaglie sul doppiopetto, parlassero personalmente con i “grandi capi” delle giovani reclute raccomandando ciascun il proprio figliolo, promettendo ampi compensi in danaro, favoritismi d’ogni genere e regali superiori a quelli destinati ad un sovrano.
Questi ultimi però, avevano una responsabilità troppo grande con i 5 astri di saggezza stessi nonché la massima autorità del governo mondiale, per poter inserire reclute immeritevoli, seppur lusingati ed attirati ad accettare tali doni.
Il 9: il cipherpool per eccellenza. L’elite dei servizi segreti mondiali. Gli stipendi più alti mai visti tra le istituzioni, la massima considerazione da parte del mondo, gli angeli custodi dell’autorità.
Al di sopra di esso vi era solo il CP0, talmente alto come grado, da non potervi accedere se non da adulti con esperienza delle missioni più impervie sulle proprie spalle, e quindi le selezioni per esso, non avvenivano in quell’isola di mocciosi.
 
Come in ciascun posto di valutazione, scolastico, militare, malavitoso e che a dir si voglia vi è sempre chi emerge superando ogni canone di selezione: anche quel fazzoletto di terra aveva la propria perla rara. La stella per eccellenza, la recluta superiore ad ogni combattente del passato.
In quel caso, il diamante era rappresentato da un ragazzino di 12 anni dalle origini occidentali, particolare anche nell’aspetto, con due sopracciglia dalla strana forma “a falce”, piccoli ma penetranti occhi color smeraldo e i capelli scuri portati a caschetto.
L’unico di cui il governo mondiale stesso aveva iniziato ad avvalersi volendolo nelle prime missioni, cosa più unica che rara dal momento che, l’età minima per cominciare un lavoro di tal genere non poteva essere inferiore ai 18 anni compiuti.
Tal limite non era stato scelto naturalmente a caso: schiere di strizzacervelli, istruttori di arti marziali di fama mondiale avevano l’arduo compito di consegnare la perfetta macchina da guerra ai “grandi capi” sincerandosi che quest’ultima fosse aurea in ogni propria singola parte, e vien da sé pertanto, che una simile preparazione non la si ottenesse da un giorno all’altro ma dopo anni ed anni di rigidissimi allenamenti.
 
Rob Lucci invece, aveva una notorietà tale da esser già divenuto leggenda, dopo aver superato in modo inappuntabile anche gli addestramenti più estremi non dando modo nemmeno di concepirne altri alla mente dei preparatori, a soli 9 anni.
Una simile pietra preziosa sarebbe stata uno spreco nei cipherpool di grado inferiore, pertanto era l’unico a vantare il posto assicurato nel numero 9.
Il solo a cui capi ed ufficiali si rivolgessero con il “lei” (cosa impensabile verso un bambino a meno che non fosse egli figlio di un nobile mondiale), con la stanza migliore e singola – privilegio rarissimo concesso solo al figlio dell’attuale agente del CP0 Spandine – e al cui pronunciare il nome gli altri  bambini stessi sentissero gelar il sangue nelle vene e fossero colti da una sorta di timore reverenziale.
Infine era anche il singolo a cui fosse permesso allenarsi nel gruppo dei ragazzi più grandi, prossimi ormai alla selezione, da lui come già detto ampliamente superata.
Non a caso, proprio per tali motivi, l’ormai ragazzino non era ben visto da tutti i colleghi adolescenti, che animati da uno spirito d’alta competizione mal sopportavano che un poco più che moccioso fosse stato considerato più forte di loro.
In particolar modo Lucci aveva problemi con un ragazzo di 19 anni, dai lunghi capelli scuri raccolti in una coda alla quale molteplici elastici distribuiti a tratti nella sua lunghezza davano le sembianze di quella di uno scorpione, con una cicatrice sull’occhio sinistro e le sembianze orientali, il cui nome era Jabura.
Di carattere totalmente opposto al suo, fracassone, competitivo e logorroico, il giovane asiatico sembrava averlo preso in antipatia sin dal primo istante, non risparmiandogli dispetti demenziali come colorargli i calzoncini di rosa, mettergli uova nel cappello a cilindro, e battute di pessimo gusto.
Certo è che il risentimento era reciproco dal momento che anche l’altro, seppur generalmente dai nervi molto saldi, gliene dava di santa ragione arrivando addirittura a mordergli le caviglie utilizzando il potere del proprio frutto del diavolo in forma felina.
Ciò che rendeva così sicuro di sé il giovinotto dagli occhi a mandorla era la forza straordinaria di cui anch’egli era dotato.
Jabura infatti quanto a potenza fisica era più forte di Lucci stesso ( beh, naturalmente con sette anni di allenamento in più sulle proprie spalle), ma nonostante l’età non a livello di quella psicologica dal momento che era un provocatore nato e ricercava rissa sempre e comunque.
Proprio a causa di quest’ultimo aspetto infatti i “grandi capi” non lo avevano ancora scelto per l’agognato cipherpool n. 9 ma si avvalevano saltuariamente della sua collaborazione i cipherpool di grado minore.
 
Nel gruppo dei ragazzi ormai adolescenti nel quale Lucci aveva accesso, vi erano altri membri ancora in attesa di selezione come il testardo orientale: un poeta mancato dalla voce insopportabile e dalla cantilena congenita con lunghi capelli rosa di nome Kumadori, un ragazzo con evidenti problemi di obesità sulla cui bocca i chirurghi del posto avevano cucito una cerniera con tanto di zip visto il suo vizio di parlare troppo ( ma piuttosto forte specialmente nel karate perché i capi decidessero di sopprimerlo ) che rispondeva al nome Fukurou, ed infine: un giovanotto dall’acconciatura bizzarra consistente in due corna simili per forma a quelle d’un ruminante, con la passione per il gioco del baseball piuttosto taciturno. Probabilmente l’unico con cui Lucci avesse un rapporto sereno.
 
Viste le ridotte dimensioni dell’isola, non ci si doveva sorprendere che le notizie avessero la rapidità di un fascio di luce nel diffondersi sia tra le reclute, sia tra i vertici governativi risiedenti in loco.
Viene da sé per tali ragioni che i ragazzi sopra menzionati fossero già stati scelti per essere introdotti nell’agognato da tutti CP9, seppur non vi era ancora stata  - ad eccezione che per Lucci – l’ufficializzazione della cosa.
Vi erano ancora tre posti vacanti qualora le presenze del gruppetto menzionato fossero state confermate, due dei quali, correva voce che fossero già stati assegnati ai figli degli agenti dell’attuale CP0, ovvero: a una bambina bionda e miope dall’aria intellettuale che pareva chiamarsi Califa e, ad un ragazzino poco più grande di Lucci che nessuno sull’isola sopportava di nome Spandam, il quale tutto nella vita avrebbe potuto fare tranne che il soldato viste le pressoché assenti abilità fisiche, il lamento facile e l’indole doppiogiochista. Spiccava tuttavia quanto meno nell’intelligenza organizzativa avendo ereditato dal padre Spandine, una mente brillante.
 
Quell’unico posto rimasto, in una selezione che salvo casi eccezionali, aveva luogo una volta ogni 20 anni, era responsabile di allenamenti al limite dell’umano, di notti insonni e volontà d’ottenerlo arrivando anche talvolta ad uccidere il proprio compagno qualora lo si vedesse più meritevole.
Una volta formato il gruppo, i bambini ma ancor più i ragazzini che in tal momento potevano aver dalla propria parte l’età idonea al raggiungimento di quell’obbiettivo: non avrebbero più potuto entrarvi visto che sarebbero stati ormai adulti il ventennio successivo.
Niente come la cupidigia appartiene all’animo umano: il desiderio di potere e ciò che ne deriva permette il compimento di azioni che si fa fatica a comprendere come possano essere state concepite dalla mente di un uomo, seppur infante.
Tuttavia: ancora era sconosciuta la data esatta in cui sarebbe avvenuta la formazione definiva ed ufficiale del gruppo d’assassini per eccellenza, e ciò permetteva agli aspiranti combattenti di prender un po’ di respiro placando la terribile ansia albergante nei loro giovani animi.
 
Nella stagione estiva, i capi locali – spacciando per humana pietas il loro voler godere di una vacanza dopo un altro anno passato ad addestrare ragazzini – permettevano ai gruppi di reclute di godere di trenta giorni di pausa a rotazione, per tornare ricaricati e conseguentemente più producenti al consueto addestramento.
Naturalmente era impossibile per i bambini lasciare l’isola, ma veniva concesso ad alcune imbarcazioni –sotto rigida autorizzazione del governo-  di farvi ingresso per vendere talune dolciumi, altre giocattoli e talvolta libri, quaderni ed addirittura vestiti.
Generalmente i più piccoli erano i primi ad usufruire della vacanza ristoratrice, venendo divisi in gruppetti sotto sorveglianza di un istruttore, in modo tale da poter avere 15 giorni ciascuno e non esser d’intralcio e/o distrazione per i ragazzi più grandi che avrebbero continuato ad allenarsi.
Al gruppo comprendente poche unità di quest’ultimi erano stati conferiti 30 giorni di riposo essendo il loro percorso il doppio estenuante rispetto ai piccoli colleghi.
 
 
 
 
 
Agosto aveva fatto la propria comparsa sull’isola delle anime perdute, portando con sé il massimo del calore nei raggi solari, insetti d’ogni genere, e grilli canterini durante le sue afose notti stellate.
Il gruppo dei “piccolissimi” aveva già esaurito il proprio periodo di riposo nella prima decade del mese trascorso, mentre ormai, quello dei bambini di età compresa tra i 6 ai 12 anni stava per terminare il proprio.
Alcuni di essi preda della curiosità su cosa comprendeva l’allenamento per i più grandi, li guardavano allenarsi sdraiati su un prato fiorito poco distante.
 
“Guardate quello è Rob Lucci!! Io l’ho conosciuto si allenava con me!!!!”
 
“CHEEEE? SUUUUL SERIO??”
 
“Sì sì! E’ così forte! Voglio diventare come lui quando crescerò!”
 
“Quello è il tizio stupido invece”
 
“CHI SAREBBE IL TIZIO STUPIDO?? EH MOCCIOSO?” Jabura poggiate le mani sui fianchi rivolse uno sguardo carico di ira al ragazzino che proferì tali parole, il quale senza nemmeno dar lui risposta gli tirò una pietra in testa.
 
“Bravo, hai fatto bene” disse Lucci senza voltarsi e continuando le flessioni sulla propria mano destra.
 
“CHE HAI DETTO LUCCI? NON HO SENTITO”
 
“Avrebbe dovuto tirartene un’altra”
 
“MALEDETTO BAMBOCCIO, ADESSO TI GONFIO COME IL BERNOCCOLO CHE M’E’ SPUNTATO DAL CRANIO”
 
“Finitela” intervenne Blueno interrompendo il proprio esercizio marziale “Conservate le scazzottate per quando avremo anche noi la nostra ora d’aria. Rischiate altrimenti che vi venga posticipata.”
 
I due si scambiarono un’occhiataccia per poi ignorarsi e proseguire i propri esercizi, così come i piccoli spettatori ripresero le chiacchiere:
 
“Hai sentito? Stasera c’è di nuovo il pagliaccio di legno!”
 
“Dici davvero?EVVIVA!!!! Mi fa morire dal ridere quell’idiota mascherato! Hai visto come l’hanno saccagnato di botte?”
 
“Sìììì troppo forte ahahahahahahahahha”.
 
“A me fa morire il numero delle torte in faccia!!!! Con quel nasone!!!!ahahahaha”
 
 
“Ehi ma cos’è questa storia? Chi sarebbe sto pagliaccio di legno?” chiese Jabura ai compagni mentre improvvisava un combattimento con Fukurou.
 
“CHAPAPAAAA pare che dieci giorni fa insieme alle navi commerciali sia arrivata anche quella di un tizio circense per intrattenere i mocciosi. L’ha voluta il gran capo dell’isola perché il figlio si annoia e gli chiede incessantemente di giocare, ma lui ha ben altro da fare, così da unire l’utile al dilettevole. CHAPA”
 
“Puoi chiedere se cercano una comparsa, saresti perfetto.”
 
“VEDREI MEGLIO TE A SALTARE NEI CERCHI DI FUOCO, MALEDETTO GATTACCIO SELVATICO, SPERANDO POSSA INCENERIRTI”
 
“YOYOYOIIII FINITELA RAGAZZI!
AL MIO OCCHIO ATTENTO NON SFUGGE
 CHE ‘L MAESTRO NOSTRO NELL’OSSERVARCI RUGGE!!!”
 
“Invece di andare a vedere sto pagliaccio di legno perché non andiamo a vedere se alla nave commerciale troviamo qualche giornaletto porno?” propose Jabura con la consueta espressione da maniaco.
 
“Sei un porco”
 
“MA COSA VUOI SAPERNE TU MOCCIOSO? BEVI ANCORA LATTE IN POLVERE.”
 
 
D’un tratto una musica simile a quella di un parco giochi fece eco dalla spiaggia sita dietro la grande torre dell’isola, al cui suono i ragazzini presenti si alzarono in gruppo gridando esaltati:
 
“E’ LUI! E’ LUI E’ IL PAGLIACCIO DI LEGNO!!!!! OGGI HA INIZIATO PRIMA!!!ANDIAMO! ANDIAMO!
 
“IL TIPO DELLA NAVE HA DETTO CHE POSSIAMO ANCHE GIOCARCI!!!AHAHAH SIII ANDIAMOOO UN GIOCATTOLO VIVENTE!!!!”
 
Uno sciame di bambini si gettò correndo alla volta della spiaggia alla stregua di uno stormo di mosche attratte dal miele. Il loro lato infantile, nonostante tutto, non era ancora totalmente scomparso.
I ragazzi più grandi invece, perdurarono l’allenamento di quel giorno sin al tramonto: d’estate infatti, oltre al fastidio del sole cocente e del caldo insopportabile, gli esercizi avevano una durata decisamente maggiore proporzionata al calar delle tenebre.
Tre giorni e avrebbero potuto godere del meritato riposo, per potersi dedicare ciascun di loro, alle attività che più preferiva.
Generalmente: Blueno riprendeva a giocare a baseball con un altro ragazzo anch’egli appassionato del medesimo sport, Fukurou vagava per l’isola in cerca di nuovi pettegolezzi spendendo i risparmi dell’anno, ottenuti con mansioni extra a livello di garzone, in riviste di gossip che gli permettevano d’esser sempre informato su tutto, Kumadori componeva poesie demenziali talvolta modificando le parole per ottenere rime altrimenti inesistenti per poi cantarle a squarciagola fino a che non venissero a intimargli di cessare tale strazio e Jabura beh, deliziava i propri sensi –e non solo quelli- con le riviste pornografiche di attraenti fanciulle.
Lucci invece passava il proprio tempo libero generalmente con il proprio piccione passeggiando nei luoghi più silenziosi dell’isola, finalmente in solitudine, spesso accompagnato da un buon libro da divorare sotto un maestoso salice piangente.
Non disdegnava nemmeno l’allenarsi per conto proprio senza la voce irritante dell’istruttore, coordinando le proprie mosse come più gli aggraziava.
Saltuariamente si concedeva l’acquisto di qualche abito elegante alla nave commerciale che vantava una prestigiosa boutique d’alta moda all’interno. D’altronde, i guadagni ottenuti dalle prime missioni glielo permettevano.
 
Terminata la propria giornata, dopo una doccia fresca ed una cena ristoratrice, Jabura propose un’uscita di gruppo all’area mercantile a cui aderirono tutti i ragazzi presi dalla curiosità ( anche se le intenzioni del giovane asiatico erano quelle di vedere gli intrattenimenti per i più grandi: magari sexy ballerine in lingerie). Alle reclute della loro età – come si è detto Lucci era l’eccezione in tutto – era consentita l’uscita serale in quella stagione, a condizione che alle 23:00 esatte si ripresentassero al dormitorio: pena un giorno di punizione e mancato permesso di uscita per un mese. Certo non volevano giocarsi le ferie.
Lucci seppur controvoglia, accettò la proposta lasciandosi tentare dall’idea di acquistare una nuova giacca di rappresentanza dal momento che quella attuale aveva tutta la fodera interna scucita a causa dell’allargarsi delle spalle. Il suo giovane corpo aveva già un principio di muscoli che rendevano non più indossabili i vestiti degli anni passati.
 
I giovani rampolli, incamminatosi per il sentiero illuminato dalle luci provenienti dalla spiaggia, concordarono di darsi appuntamento innanzi alla torre dell’isola alle 22:30, in modo tale da aver il tempo necessario per rientrare ciascun alla propria stanza.
La prima nave sulla sinistra, di dimensioni assai circoscritte rispetto alle altre due accanto, era proprio quella circense: lo spettacolo era ancora in corso e Jabura, si gettò subito verso gli spalti al fine di riuscire ad intravedere qualcuna delle sexy ballerine da lui agognate.
Rimase deluso quando trovò essi tutti occupati da ragazzini chiassosi ed il proprietario gli rivelò che le belle signorine non erano state ingaggiate a cagion del fatto che, la sua bagnarola era stata voluta unicamente per intrattenimento di bambini dell’età del figlio del capo dell’isola per i quali era previsto il famoso “pagliaccio di legno”.
 
“NGHEEEE IO VOGLIO LE RAGAZZEEEEEE”
 
“Ti sta bene, pervertito.”
 
“Quando crescerai ne riparleremo, moccioso. Bah, qui c’è solo il fantoccio di legno o come diavolo si chiama, io proseguo oltre, vado a vedere se almeno riesco ad avere un po’ di soddisfazione con le riviste! Ci vediamo più tardi gattaccio.”
 
Voltatosi alle spalle Lucci realizzò che ciascun dei compagni fosse andato per proprio conto alla ricerca di ciò che gli interessasse, per cui rimasto solo, decise con calma di fare una passeggiata per raggiungere l’ultima imbarcazione con gli accessori d’abbigliamento.
La musica era insopportabile, specie ora che l’aveva di fianco e veniva interrotta solo dagli schiamazzi del giovane pubblico che rideva a crepapelle.
Con le mani in tasca, Lucci si voltò alla propria sinistra e vide sul palco un bambino dal naso quadrato che pareva esser realmente di legno, venir manovrato dall’alto con dei fili da un burattinaio, lo stesso che con un megafono gli conferiva una voce demenziale.
Il piccolo di corporatura esile indossava scarpe di quattro misure più grandi che rendevano i suoi movimenti goffi ed impediti, un completo di raso rosso con annodata una cravatta a pallini ed il trucco bianco che gli copriva il volto in alcune zone del visto s’era colorato di rosso per il rivolo di sangue che gli scorreva dal nasino quadrato.
Sentendosi osservato da qualcuno che non appartenesse a quel pubblico crudele, il bambino sollevò gli occhi rotondi sino ad incrociare il suoi, e fu così che notò esser pieni di lacrime contrastanti con il rossetto che formava un ampio sorriso sulle piccole labbra.
 
“ECCO BAMBINI ORA PRENDO QUESTO MARTELLO E MI PICCHIO AHAHAHAHAHAHAHAHA GUARDATE QUANTO SONO STUPIDO”urlò la vocina dall’autoparlante mentre i fili si mossero sino a che il piccolo, afferrato un martello vero dallo spessore di quello d’un falegname, se lo diede sul nasino che accartocciandosi nella sua forma quadrata iniziò a sanguinare copiosamente.
 
“SII ORA LO FACCIO DI NUOVO BAMBINI”
 
Veduta tal scena Lucci si rifiutò di proseguir oltre, avanzando con passo deciso e provando un forte senso di disgusto non solo per quanto aveva appena assistito ma per le corpose risate che ne conseguirono.
Non ne capì il motivo ma una forte sensazione di malessere gli fece compagnia per tutta la sera, tanto da rendergli impossibile anche scegliere una fra le molteplici giacche eleganti nella boutique che aveva desiderato vedere nonché unico motivo della sua uscita.
Fece ritorno alla propria stanza addirittura in anticipo, cercando di rimuovere dagli occhi quell’immagine di profondo degrado.
Era ancora nel pieno dell’addestramento anche psicologico che gli avrebbe permesso di vedere le cose unicamente da spettatore disinteressato senza che la sua parte emotiva ne risentisse, di conseguenza, qualcosa di umano ancora era presente in lui, forse per tal ragione non riusciva a togliersi dalla mente la vista di quegli occhi tondi pieni di lacrime appartenenti ad un bambino umiliato in quel modo.
La stessa terribile sensazione non lo abbandonò nemmeno il giorno seguente mentre, come al solito era dedito agli esercizi volti a perfezionare il Rankyaku, la tecnica che amava di meno, avendo lui una forza spropositata nelle braccia.
 
La sera seguente, la sensazione era più forte che mai, così, come se qualcuno realmente lo manovrasse in modo similare a quel povero bambino, si ritrovò nel piccolo anfiteatro allestito di fronte all’imbarcazione con nuovamente egli come “attrazione”.
Quella volta, l’esibizione fu ancora più indegna dal momento che il proprietario della bagnarola permise alle giovani reclute di interfacciarsi col “burattino” a cui fecero le cose più atroci. Fu come se il sadismo, la frustrazione per quella vita austera, la rabbia per la loro condizione di abbandono si fossero riversate su quell’innocente.
Lo usarono come bersaglio dello Shigan, lo torturarono urinandogli addosso e molte altre furono le mostruosità compiute su quell’esserino inerme.
 
“ORA DEVI RIDERE MENTRE TI COLPISCO STUPIDO GIOCATTOLO PARLANTE!!”
 
“ahaha l’ha fatto per davvero! Guardatelo!!! Che idiota ahahah guardate che faccia!!”
 
La violenza fu tale che lo stesso proprietario dello squallido ammasso di legname intervenne dicendo con timidezza:
“ora basta ragazzi, altrimenti ehm.. me lo uccidete e mi rovinate.”
 
Ma nemmeno quello bastò a far volgere al termine quel massacro orrendo. Egli ottenne come risposta dal figlio del noto ufficiale:
“IO FACCIO QUELLO CHE VOGLIO, STRACCIONE! ED E’ MEGLIO PER TE CHE TE NE STIA FUORI DAI PIEDI ALTRIMENTI LO DICO A MIO PADRE!!”
 
 Lucci non potè esimersi dall’intervenire quando vide che uno dei ragazzini gli aveva strappato i calzoni ed afferrato un lungo bastone lo indirizzò al suo orifizio mentre il bambino urlava in modo straziante dal dolore.
 
“ORA BASTA. QUESTO E’ TROPPO”.
 
Riconosciuta la voce della “Leggenda” calò il silenzio e il pubblico intero sentì ghiacciarsi il sangue nelle vene.
 
“MA QUELLO E’ ROB LUCCI! COSA CI FA QUI? CE L’HA CON NOI?”
 
Il ragazzo dal caschetto nero chiusi gli occhi disse a voce bassa ancor più inquietante:
 
“Concedo a tutti 10 secondi. Se non vi vedo sparire all’istante, l’isola non avrà più reclute. Sì anche tu, figlio dell’ufficiale: tuo padre potrà essermi solo grato per avergli migliorato l’esistenza cancellando l’errore più grande che abbia mai commesso.”
 
Non terminò nemmeno la frase che ci fu un fuggi fuggi tra il panico generale, a cui lo stesso proprietario della bagnarola non potè credere, ignorando l’identità di quel ragazzo tenebroso.
Il piccolo intanto piangeva respirando con la bocca aperta dal momento che il nasino era ridotto ad una maschera di sangue, ancora grondante d’urina. I loro occhi si incrociarono di nuovo, questa volta lo sguardo del bambino fu troppo arduo da sostenere.
Rivolta un’occhiata gelida all’uomo che aveva permesso di compiersi simili atrocità, Lucci tenendo le mani in tasca tornò sui propri passi per raggiungere la sua stanza. La nausea che aveva avvertito pochi istanti prima iniziò ad aumentare fino a farlo fermare accanto ad un cespuglio all’uscita della pineta dove dette violentemente di stomaco.
Pensare che scene simili ne aveva già viste e ne aveva a propria volta compiute per ordine dei suoi superiori, ma vederle riversate su quel bambino gli provocava un dolore mai provato.
Aveva qualcosa di diverso, che non riusciva a spiegarsi. Quegli occhietti rotondi era come se avessero aperto una breccia nella rigida corazza che sempre con maggiore abilità aveva imparato a costruirsi. Forse per il suo di passato, forse perché lo vedeva realmente indifeso, forse una ragione non c’era.  
Non riuscì nemmeno a prender sonno quella notte e si promise che non avrebbe dato modo di verificarsi mai più una cosa del genere, a costo realmente di fare fuori tutte le reclute. Aveva il potere di farlo.
 
 
 
 
La sorpresa più grande la ebbe il giorno seguente quando, sempre alle prese con l’odiato Rankyaku, sentendosi osservato si voltò senza veder nessuno, fino a che un cespuglio emise un lieve fruscio.
Due grandi occhietti rotondi di cui uno gonfio da esser ridotto a poco più di una fessura, si affacciarono dall’arbusto.
Nonostante il piccolo volto tumefatto ed il nasino storto riconobbe il bambino che non lo faceva dormire la notte, il quale uscito dal proprio nascondiglio arrossì per l’imbarazzo ed abbassò lo sguardo, le punte dei piedini si toccavano timidamente e fra le mani teneva una nave giocattolo.
 
“E tu che hai da guardare moccioso?”
 
“Mi scusi Signore…mi dispiace averLe arrecato fastidio…”
 
Lucci poggiandosi un asciugamano sulle spalle possenti, si diresse verso di lui concedendosi una breve pausa.
 
“Come ti chiami?”
 
“Kaku..”
 
“Perché sei qui?”
 
“Volevo ringraziarLa.. per ieri sera.. probabilmente.. se Lei non fosse intervenuto.. io sarei morto..”
 
Il ragazzo si sedette su una lastra di pietra allungando le gambe ancora rigide per lo sforzo muscolare di poch’innanzi.
 
“Quanti anni hai?”
 
“Sette..”
 
“Che ci fai sulla nave di quel balordo?”
 
“Non ho altro posto dove andare..”
 
“Sei solo?”
 
“Avevo dei genitori.. ma per via del mio aspetto e della povertà in cui vivevamo non hanno più voluto saperne di me.. così.. Ravek mi ha preso con sé.”
 
“Ravek?”
 
Il piccolo guardando la propria nave giocattolo continuò:
 
“E’ il proprietario del circo galleggiante.. si trovava con la propria nave al porto del mio villaggio qualche anno fa, così, trovandomi interessante come fenomeno da baraccone, dati pochi berry ai miei genitori –ben felici di disfarsi di me non solo in qualità di piccolo mostro ma anche di bocca da sfamare- mi accolse sulla sua imbarcazione garantendomi almeno gli avanzi dei propri pasti ed un po’ di paglia su cui dormire.”
 
Ascoltate le sue parole colme di tristezza, Lucci lo guardò senza rispondere. Fino a quando non lo vide appoggiare il giocattolo sull’erba.
 
“Quella barca è tua? E’ molto bella”
 
“Sì è l’unico giocattolo che i miei genitori mi abbiano mai regalato.. è il mio migliore amico. Si chiama Zac.”
 
“Ciao Zac, piacere di conoscerti! Anche io ho un amico speciale, posso presentartelo?”
 
Il bambino magrissimo annuì timidamente, per poi scoppiar di meraviglia quando vide un colombo bianco farsi strada fra le foglie dell’alto albero alle loro spalle e posarsi sulla spalla del ragazzo misterioso.
 
“Lui è Hattori: il mio migliore amico.”
 
“Ma è bellissimo! E’ un uccello bianco come la neve! Che bello!”
 
“Purr.. purr” gli rispose il volatile accennando ad un educato inchino per poi appoggiarsi sul suo braccino esile pieno di lividi. Lucci notò che il piccolo aveva le falangi delle dita completamente storte. “ E’ per via di quei maledetti fili con cui lo lega quell’essere spregevole” pensò.
 
“Ti fermerai ancora per molto in questo posto sperduto?”
 
“Non credo Signore.. domani sera terminiamo gli spettacoli, dopodiché riprenderemo il mare.”
 
“Mi sento mortificato per ciò che ti è accaduto ieri sera Kaku..”
 
Il bimbo gli rivolse uno sguardo triste mentre con le manine non smise di accarezzare Hattori.
 
“Ci sono abituato. I bambini come me sanno essere davvero crudeli.. gli adulti generalmente mi guardano e ridono, oppure mi scambiano per un burattino vivente non degnandomi di attenzione. Per i piccoli invece sono come un giocattolo da rompere e gettare via.”
 
“Perché non vai via da quella maledetta nave?”
 
“Perché sono solo.. e sono debole. Il mio corpo è gracilino, non ho alcun posto dove andare e soprattutto chi potrebbe mai adottare un bambino mostro come me..?”
 
“Io non ti trovo affatto un mostro! Hai un nasino..strano e allora? Ti rende un bimbo unico, speciale!”
 
Le lacrime a fiotti cominciarono a scendere dagli occhioni tondi, colando dal piccolo mento, mentre Kaku chinata la testolina, tra i singhiozzi riuscì solo a rispondere:
 
“Nessuno me lo ha mai…detto…grazie…Signore….”
 
Terminato il forte sfogo, il piccolo si asciugò il nasino quadrato ancora dolente e storto, bisbigliando:
 
“Adesso..devo andare… Ravek mi starà cercando, tra poche ore avrà inizio il penultimo spettacolo..allora…grazie di cuore per tutto e spero di rivederLa.. Signor…”
 
“Io sono Rob Lucci. Ma puoi chiamarmi semplicemente Lucci e darmi del << tu >> non sono tanto più grande di te.”
 
Giratosi il berrettino in modo tale da indossarlo con la visiera rivolta all’indietro e ripreso il suo gioco, il biondino ramato rivolse un ampio sorriso al ragazzo più grande.
“Grazie di tutto Lucci..”
Poi sparì, inghiottito dalle foglie della siepe.
 
 
Quell’incontro gli aveva provocato una tristezza desolante. Cosa aveva quel bimbo di così speciale da rendergli possibile il provare emozioni che aveva dimenticato in età ancora più giovane della sua?
Non raccapacitandosi di tali pensieri, Lucci rimase immobile per quasi un’ora su quella lastra fredda con il proprio migliore amico addormentato sulle gambe. Delle voci poco lontano però, lo fecero ritornar al mondo. Avevano un suono sgradevole ed una tonalità infantile. Gli parve che le parole udite, avessero la forma di insulti.
Lucci non era mai stato curioso sin dalla più tenera età. Il mondo umano lo annoiava terribilmente e questa era la ragione per la quale prediligeva assai maggiormente trascorrere il proprio tempo in solitudine vista sempre come una conquista e mai come condanna, accompagnato unicamente dal silenzio. Tuttavia quel minuscolo esserino nasuto, aveva fatto breccia nella sua parte più umana, innescando un senso di protezione e dolcezza nei suoi riguardi.
Per tal motivo, nell'ipotesi che quelle grida di insulti fossero rivolte al suo piccolo amico si avvicinò di fretta al loco da cui provenivano.
Scorse in lontananza tre ragazzini praticamente suoi coetanei, che circondato Kaku, lo schernivano malignamente con battute di pessimo gusto sul suo aspetto.
Tra di essi riconobbe il figlio dell'ufficiale che aveva ideato quel diversivo sgradevole pur di sbrogliarsi dalla noia del dedicargli del tempo, dei restanti due non aveva memoria ma gli parve appartenessero al gruppo dei più scarsi.
 
“Ciao pagliaccio di legno, cosa ci fai tutto solo per il bosco? Hai perso il padrone?”
 
“Guardate ha una nave giocattolo in mano, fa' un po' vedere.”
 
Proferite tali parole il bullo gli strappò dalle piccole mani il modellino che gli era tanto caro, innalzandolo oltre la propria altezza e rendendogli quindi impossibile il riappropriarsene.
 
“Ridammelo!Ridammelo, è mio!”
 
“Cosa fai alzi la cresta fantoccio?” disse il compagno del ladro sferrandogli un pugno che fece riprendere a sanguinare il nasino già malconcio per la sera prima.
 
“Probabilmente non gli è bastata la lezione di ieri. Devi ringraziare la tua buona stella che quello stronzo di Rob Lucci passasse di lì. Adesso però possiamo riprendere quello che abbiamo interrotto, qui nessuno può sentirti, pagliaccio.”
 
Il piccolo ignorando le minacce concentrato com'era al riavere il suo amato giocattolo, piangendo compiva piccoli salti al fine di poterlo riprendere dal braccio alzato del suo aggressore che, crudelmente lo sventolava trovando assai divertente farlo patir in tal modo.
Improvvisamente la piccola nave gli scivolò di mano e crollando a terra si ruppe la punta.
 
“Oh guarda si è rotto. Ahahaha”
 
Kaku si chinò facendosi oscuro in volto, riprendendo ciò che rimaneva dell'amico di legno, mentre gli altri tre ridevano a crepapelle.
 
“Che cosa hai fatto....”
 
“Ho rooootto il suo giocaaaattolo ahahahaahh, adesso tocca a te essere inferiore, preparati a fare la stessa fine. Romperò quell'abominio che ti ritrovi al posto del naso proprio come la punta della tua ridicola nave!”
 
Lucci preso da un'indicibile rabbia, teso l'indice ed irrigito il proprio braccio destro fece per avventarsi contro i sadici esseri ma non si aspettò minimamente che, il bambino sferrò un calcio di una tale potenza contro il responsabile di quel danno da spappolargli letteralmente la milza facendolo ricadere con gli occhi rivolti al cielo a metri di distanza in una pozza del suo stesso sangue privo di conoscenza.
“JOAN! CHE COSA HAI FATTO MALEDETTO IBRIDO? SEI MORTO!SEI MORTO!”
 
Entrambi i rimasti gli si avventarono contro subendo la stessa sorte, non fu tanto il loro esser scagliati con il cranio fracassato in mezzo alla polvere a rendere incredulo lo spettarore, bensì la forza sprigionata da quelle gambine così esili che si chiedeva come facessero a sorreggerlo.
Nemmeno i suoi primi Rankyaku erano stati tanto poderosi.
Il piccino aveva messo k.o. tre ragazzini che si allenavano da anni e per quanto fossero scarsi i loro risultati, vantavano comunque una preparazione non alla portata di tutti.
Ma la cosa non terminò lì.
Dopo aver infatti tra le lacrime rivolte parole di conforto al giocattolo rotto proprio come fosse un vero amico in carne ed ossa quali: “Mi dispiace Zac. Mi dispiace tanto. Ti fa molto male? Ti riparerò subito.....Oh Zac....” il suo protetto spiccò un salto altissimo letteralmente dando l'impressione di volare, fluttuando nell’aria come un foglio di carta velina.
 
“Ma che razza di gambe ha??” pensò Lucci fra sé e sé “ Senza saperlo ha utilizzato tre delle sei tecniche dell'addestramento di noi reclute tra le più complicate. Ecco perchè sentivo che avesse qualcosa di speciale questo bambino: è un prodigio. Non oso pensare se avesse una preparazione tecnica.... un simile fenomeno fa realmente il pagliaccio di un circo e abbiamo più di mille unità completamente inutili che si allenano portando dopo anni risultati che valgono la metà di quello che riesce a fare lui?”
 
Altra cosa che la leggenda della giustizia oscura non sopportava era infatti la debolezza, non solo fisica naturalmente, ma aveva sempre visto di mal occhio le matricole come quel Spandam o quei tre idioti che avevano ricevuto la lezione che meritavano, incapaci dopo anni di reggersi in piedi dopo dieci minuti di percosse.
 
“Pazzesco. Ho davvero assistito ad un qualcosa di incredibile.”
Il pensiero di quell'episodio non abbandonò la sua mente per tutto il tempo restante della giornata, era così assorto ed incredulo nel rimuginare sulla potenza di quel piccolo circense da essersi alienato dal mondo.
Terminato il pranzo, decise di concedersi un pomeriggio medidativo in virtù del fatto che mancassero poche ore all'inizio del turno di riposo previsto per il suo gruppo e chi come lui era tanto avanti nella preparazione, non avrebbe avuto difficoltà a recuperare quelle poche ore.
Scelse tuttavia di rimaner nei paraggi rinunciando al consueto giro in pineta per rimanere a disposizione nel caso qualcuno degli ufficiali vedendolo non impegnato, avesse avuto delle esigenze di qualunque tipologia.
Le urla provenienti dalla finestra localizzata nell'ala destra accanto alla grande torre, attirarono la sua attenzione; decise così di appropinquarsi nella loro direzione, ed eseguiti un paio di balzi felini si ritrovò sul ramo immediatamente di fronte all'epicentro delle stesse.
 
“ PADRE! GUARDATE COSA MI E' STATO FATTO!” la voce del moccioso in questione gli era familiare: non sbagliò infatti. Riconobbe il figlio dell'ufficiale che insieme ai tre balordi aveva aggredito Kaku. Le bende gli ricoprivano tutto il busto livido, mentre un braccio era avvolto in un fazzoletto annodato al suo collo, rigidamente ingessato.
 
“Stai facendo un addestramento speciale, cosa pretendi: carezze?”
 
“NON E' STATO UN MIO COMPAGNO A PROCURARMI TUTTO CIO'!!!”
 
Dalla propria postazione Lucci, lasciatosi sfuggire un sorrisetto, intravide il padre dare la schiena al figlio senza nemmeno prestare attenzione alle sue lagne, chino su una scrivania colma di registri e scartoffie.
 
“PADRE!GUARDATEMI!QUEL BASTARDO MERITA UNA LEZIONE.”
 
“Joan, come puoi vedere ho da sbrigare faccende assai più importanti che l'ennesima rissa a cui non hai saputo far fronte pensando che fosse sufficiente presentarti con il mio nome. Non so nemmeno di chi tu stia parlando né mi interessa saperlo se devo dirla tutta.”
 
“E' STATO IL PAGLIACCIO DI LEGNO CHE FA PARTE DI QUELLA MALEDETTA NAVE ADIBITA A CIRCO CHE HAI FATTO ARRIVARE!!!!!!”
 
Il silenzio calò nella stanza, dando una sensazione di attesa inquietante per ciò che ne sarebbe seguito.
 
“Credo di non aver inteso. Puoi ripetere?”
 
“IL PAGLIACCIO DI LEGNO DELLA NAVE DA CIRCO CHE HAI VOLUTO FAR APPRODARE ALL'ISOLA MI HA QUASI SPAPPOLATO LA MILZA, PADRE!!!!!QUESTO FATTO NON PUO' RESTAR IMPUNITO.”
 
L'uomo di alta statura, poggiò la candida piuma di cui si serviva per compilare quel mondo cartaceo innanzi a sé, per poi voltarsi verso il congiunto e sfilarsi i rotondi occhiali dal volto. Sotto la divisa bianca era possibile intravedere un gilet a righe le quali, vista la corporatura robusta in alcuni tratti del ventre si deformavano.
 
“Un pagliaccio ti ha ridotto in quel modo?”
 
“Sì!!QUEL DANNATO FANTOCCIO DI LEGNO DEL CIRCO.”
L'ufficiale si coprì gli occhi con il palmo della mano destra, chiudendosi in un mutismo che interruppe dopo diversi minuti con un'isterica risata, dapprima manifestata velatamente attraverso continui tremolii, ed in un secondo momento apertamente.
 
“Un...pagliaccio.....AHAHAHAHAHAHAHAHAHA!!!AHAHAHAHAHAHAHAHAH”
 
“Pa-padre.. ma cosa...”
 
“AHAHAHAH, UN SOLDATO DEL GOVERNO MONDIALE RIDOTTO AD UN ESCREMENTO VIVENTE DA UN PAGLIACCIO. MA CHE CON CHE FACCIA TI PRESENTI QUI, DI FRONTE A ME, NON CELANDO UNA VERGOGNA DEL GENERE? TU, MISERO AGGLOMERATO DI CELLULE CHE  DA STOLTO COMMISI L'ERRORE DI METTERE AL MONDO. TU, FECCIA INDEGNA LA CUI UNICA GLORIA NELLA PROPRIA INUTILE VITA E' AVER AVUTO ME COME PADRE?”
 
Rimasto ammutolito dalle grida impetuose e da una reazione come quella che mai si sarebbe atteso, il giovane tentò di trattenere le lacrime che non tardarono a rigare il suo volto, mentre si fece strada da una delle narici una piccola scia di muco conferendogli un aspetto ancor più infantile.

“Ho acconsentito ad ogni tua assurda richiesta unicamente per non avere la visione della tua piccola, insignificante presenza. Ho fatto appello alla clemenza del supremo consiglio di quest’isola per farti ammettere all’addestramento forgiante le punte di diamante della giustizia, nonostante ti reputassi meno del nulla; non sei stato in grado nemmeno di godere di questo privilegio, ed ora sono stufo di te e del tuo universo misero ed inutile. Questa è realmente la goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai colmo fino all’orlo. Sparisci dalla mia vista e non osare mai più presentarti al mio cospetto sin a quando non sarai divenuto un uomo degno di essere chiamato tale, quindi con ogni probabilità difficilmente ti rivedrò.”
Pronunciate quest’ultime parole, l’uomo rimessosi gli occhiali abbassati sul setto nasale, riprese il lavoro interrotto non degnando più di considerazione alcuna il ragazzino che lasciò la stanza in un pianto disperato.
 
Quello spettacolo a Lucci fu assai gradito; di più, anzi. Lo rese di ottimo umore per tutte le ore seguenti, nonostante temesse ripercussioni sul piccolo responsabile di tutto quell’eccezionale momento. La cosa però, non si sarebbe verificata questa volta: era pronto a recarsi alla nave di Kaku con congruo anticipo al fine di proteggerlo da ciò che aveva scatenato, non limitandosi solo ad osservare ma ad intervenire.
Balzato infatti, giù dall’albero, a passo veloce percorse i pochi chilometri che lo separavano dalla spiaggia, fermandosi quando scorse il bimbo in una radura poco lontano.
Notò che aveva riparato il proprio giochino alla meglio, utilizzando un poco di pece reperita al molo, e che tenendolo appoggiato alla sommità d’una collinetta erbosa di pochi metri, gli rivolgeva parole rassicuranti.
 
“Non preoccuparti amico mio, nessuno ti farà più del male: io ti difenderò con le unghie e con i denti”

In quest’occasione Kaku aveva portato con sé due coltellini affilati che tenendo fra le minuscole mani, brandiva al vento come fossero vere e proprie Katane. Un’immagine che gli ispirò estrema tenerezza.
Tal sentimento però, mutò in incredulità pietrificante quando vide che, ancora livido di rabbia per quanto accaduto all’oggetto a lui tanto caro, il piccolo sferrò un calcio ancor più vigoroso di quello precedentemente inferto ai balordi, abbinando ad esso con movimento sincronizzato le due piccole armi da taglio. Fu come se il tutto si fosse ridotto ad un’unica gigantesca e letale lama che falciò di netto l’albero dietro al quale lui stesso si celava cosa che, lo costrinse ad un rapido movimento per non venirne schiacciato.
Ancora sbigottito per ciò a cui aveva appena assistito, Lucci si ritrovò a poca distanza dal bambino che arrossì arretrando quasi volesse darsi alla fuga.

“No, ti prego non te ne andare.”

“Mi dispiace.. non credevo che Lei fosse là dietro, Signore.”

“Non hai nulla di cui scusarti, hai fatto qualcosa di incredibile, Kaku.”

Divenuto ancor più paonazzo in volto, il mini circense si sedette sul prato accanto alla sua amata nave.

“Ti piacciono le spade?”

“Moltissimo Signore…..”

Il ragazzo si sedette accanto a lui e sorridendogli (cosa assai rara) gli disse dolcemente:
“Mi pare di averti già detto che puoi chiamarmi Lucci e darmi del << tu >>”.

Il piccolo gli rivolse un largo sorriso non percependo l’imbarazzo venir meno.

“Ho visto quello che hai fatto questa mattina, Kaku.”

Udite queste parole, il bambino tremando balbettò alzando la voce:

“LU-LUCCI NON E’ COME SEMBRA. QUEI MALED..RAGAZZI HANNO FATTO DEL MALE A ZAC” iniziò a lacrimare sussultando “I-IO NON VOLEVO… I-IO HO PERSO LA TESTA E…”

Lucci levatogli il cappellino ancora indossato con la visiera girata, gli accarezzò i capelli in maniera rassicurante:
“Sei stato eccezionale. Tu sei un fenomeno Kaku, e ancora non te ne rendi conto.. mi hai colpito. E credimi è un qualcosa di estremamente raro per quanto mi riguarda. Ho visto combattere gente d’ogni età e d’ogni grado nonostante come vedi, io non sia tanto più grande di te. Solo nei veri uomini ho visto il tuo coraggio e la tua forza.”

“ Da-davvero..?”

Lucci annuì continuando a sorridere.

“A-allora.. non mi vuoi.. punire..?”

“Punirti?Ma stai scherzando?Ce ne fossero di reclute come te.. “

Kaku ripreso fra le braccia il suo ligneo amico lo strinse a sé nascondendo il visino.

“Perché non lasci quella nave e ti unisci a noi?”

Il bambino lo guardò stupito per poi riabbassare gli occhioni rotondi e rispondere:
“Io non sono che un burattino vivente.. non potrei mai competere con fenomeni del vostro calibro, nemmeno ci ho mai pensato.”

“Non hai avuto alcun problema a fronteggiarne tre, nonostante non potessero certo definirsi fenomeni se non da baraccone.” Lucci si portò la mano innanzi alle labbra, amaramente pentito di quanto appena pronunciato.

“Io sono un fenomeno da baraccone, Lucci.. non quei tre. Quella è gente che ha avuto la fortuna di nascere dalle persone giuste, con un aspetto normale, ed essere nel posto giusto al momento altrettanto giusto.. io sono solo senzafamiglia che riesce almeno a fare ridere i bambini.. sono solo un pagliaccio..”

“Tu non sei un pagliaccio Kaku. Mi addolora pensare che ti abbiano portato a considerarti tale solo perché un losco individuo trae profitto dai tuoi sacrifici e non si accorge di avere fra le mani un autentico prodigio.” Continuò: “Nessun << pagliaccio >> come lo chiami tu, avrebbe avuto una tale grinta da ridurre tre individui con un addestramento come il nostro a poco più che poltiglia.”

“Sono stato.. solo fortunato…”

Lucci lo afferrò per il braccino esile e guardandolo nei tondi occhi castani gli disse:
“Tu hai un talento incredibile anche con le spade. Sei un’autentica arma vivente, un guerriero. Perché non rifletti su questo..? Ti assicuro piccolino, che non sono il tipo che elargisce meriti né tanto meno complimenti a chiunque. Anzi, probabilmente sei la prima persona con cui mi capita.”

Il bimbo si alzò all’in piedi, sempre paonazzo ma con uno sguardo terribilmente triste.

“Ora devo andare Lucci.. tra poche inizierà il mio ultimo.. so che cosa ho fatto e a chi l’ho fatto.. questa potrebbe essere la mia ultima volta..”

“NON LO SARA’! NON PERMETTERO’ ASSOLUTAMENTE CHE LO SIA, IO..”

“A me non importa di morire..” Kaku abbozzò un sorriso mentre due lacrimoni gli scesero sulle guanciotte paffute “ e se accadesse, sono felice di averti conosciuto Lucci. Sei stato forse l’unico che mi abbia mai parlato in questo modo, e l’unico ad avermi trattato da ESSERE UMANO.. perché…anche se io sembro di legno… anche se tutte le sere indosso quel vestito ridicolo, anche se mi prendo a martellate da solo manovrato da quel tizio.. io.. sono un essere umano….”
Pulendosi il nasino ancora dolente, il piccolo poggiò la manina dalle dita storte su quella dell’amico:
“Nasconderò Zac nella stiva della nave del circo. Se non ci sarò più voglio che sia tu a prenderlo.. così ti ricorderai di me…”

“Kaku….” Per la prima volta nella propria vita Lucci avvertì il calore di una lacrima scendere dai suoi occhi ed attraversargli il volto contratto. Per la prima volta, ebbe la voce rotta dal pianto. Per la prima volta.. percepì un sentimento così forte nascergli dentro da spezzargli il cuore indistruttibile.

“Non devi essere triste” gli disse l’altro ancora sorridente “per un bambino nelle mie condizioni non c’è alcuna differenza tra vivere e morire. Però sono contento perché almeno una volta mi sono sentito amato.. e questo sarà il più dolce dei ricordi che porterò con me…”
Asciugandosi le lacrime con vigore e cercando invano di trattenere le altre, il ragazzo più forte dell’isola lo strinse a sé con talmente tanta forza da percepire i battiti del suo cuore.
“Grazie…” Kaku con le piccole labbra umide gli sfiorò la guancia, e liberatosi dal suo vigoroso abbraccio, balzò in aria leggero come una libellula, assaporando quell’incredibile sensazione di libertà.
Lucci, chinato su se stesso, pianse come mai ne aveva avuta memoria, e non riuscendo a comprendere che cosa quel ragazzino gli avesse mai fatto per ridurlo in tal stato. Forse, tutta la repressione a cui si era costretto per non essere attaccabile su nessun fronte, era stata schiacciata dall’intensità di quell’emozione. O forse, quel bambino così fragile ed indifeso gli rimembrava se stesso, quando aveva il suo stesso sguardo di orfano abbandonato al proprio destino. Non lo sapeva e non lo capiva, ma i singhiozzi non cessavano ed anzi si facevano più forti. Non si curò nemmeno del fatto che qualcuno potesse vederlo: vedere il futuro simbolo della giustizia oscura in preda alle lacrime. D’altronde anche lui…. Era un essere umano.
Quando finalmente il pianto gli concesse tregua, un’idea folle quanto geniale gli illuminò gli occhi rossi. Una pensata che gli diede la forza di riprendere la sua funzione di allievo prodigio e lo fece precipitare alla sede centrale dell’isola.
Una trovata, che avrebbe cambiato per sempre la vita di quel bambino.
 
…………………………………………
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: RobLucciswife