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Autore: DreamFyre    07/12/2018    0 recensioni
Il primo maggiordomo aprì lo sportello, si abbassò per distendere i tre scalini e poi si rialzò per accompagnare la contessa nella sua discesa. Era una donna da far schiantare il cuore al solo vederla. Aveva occhi radiosi come zaffiri tagliati a goccia, una setosa chioma d'oro e delle movenze graziose come se fosse stata una regina. Il suo abito era del colore delle uova di un pettirosso, e indossava una bella croce di diamanti al collo. Alzando la testa il maggiordomo notò che la contessa non aveva viaggiato da sola, e quando osservò l'aspetto degli altri due compagni di viaggio (o compagne, per meglio dire, perché erano due fanciulle) sul suo volto nacque un'espressione perplessa e si volse a guardare la contessa, che però lo fissava con fare pacato e sereno.
[Scusate ma ho un pc schifoso e non riesco ad andare daccapo
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[ Marsiglia; 1614. ] La carrozza era trainata da due bai scuri, era intarsiata d'oro e dorati erano perfino i tre piccoli scalini che accompagnavano nella discesa a terra. il cocchiere era tutto avvolto nella sua giacca e teneva la testa abbassata, perciò era impossibile capire chi fosse. Ma alcuni ragazzini di strada avevano riconosciuto lo stemma della carrozza e sui volti era apparsa un'espressione di autentica gioia. ''La contessa! La contessa!'' gridavano i marmocchi malconci e segnati da un'esistenza povera. La contessa de Nointel era conosciuta da quelle parti perché le domeniche dopo messa si presentava sempre con qualcosa da mangiare e le distribuiva ai meno abbienti. Perché una contessa si prodigasse così tanto per aiutare dei poveracci, questo non era chiaro. La carrozza attraversò la via principale della città seguita dallo sguardo adorante del popolo, che avrebbe voluto avere almeno la metà delle ricchezze di cui certamente la contessa disponeva. Infine sparì dietro una via laterale, in direzione della dimora del governatore. Marsiglia era stata annessa all'impero francese nel 1536, ma si era sempre dimostrata una città assolutamente autonoma, senza bisogno di aiuti da parte del Re. Bastava un governatore e qualche funzionario capace per sostenere il benessere di uno dei principali porti europei. La carrozza disegnò un'elegante curva all'interno dei giardini della casa, e si fermò poco distante dalla soglia d'ingresso. Un plotone di servitù era in assetto d'accoglienza, perché l'arrivo della contessa era già stato annunciato. Il primo maggiordomo aprì lo sportello, si abbassò per distendere i tre scalini e poi si rialzò per accompagnare la contessa nella sua discesa. Era una donna da far schiantare il cuore al solo vederla. Aveva occhi radiosi come zaffiri tagliati a goccia, una setosa chioma d'oro e delle movenze graziose come se fosse stata una regina. Il suo abito era del colore delle uova di un pettirosso, e indossava una bella croce di diamanti al collo. Alzando la testa il maggiordomo notò che la contessa non aveva viaggiato da sola, e quando osservò l'aspetto degli altri due compagni di viaggio (o compagne, per meglio dire, perché erano due fanciulle) sul suo volto nacque un'espressione perplessa e si volse a guardare la contessa, che però lo fissava con fare pacato e sereno. ''Queste ragazze sono con me. Vanno trattate come voi trattate me.'' Il maggiordomo, confuso, non poté comunque far altro che obbedire alla dama. E accompagnò anche le due fanciulle nella loro discesa. ''Oh cielo'' subito si alzò un brusio dalle cameriere che osservavano l'arrivo della contessa dalle finestre della casa ''ma quelle sono due negre! E vestite come dame, per giunta! Bontà divina, che vergogna. Dove le avrà trovate la contessa due selvagge così?'' Per la verità, solo una delle due era davvero nera come l'ebano. L'altra sembrava più una mulatta, e aveva gli occhi verdi. Ma comunque la sua pelle era più scura della soglia dell'accettabilità dell'epoca. La nera aveva un bel vestito color girasole, e indossava lunghi guanti bianchi. La mulatta aveva un abito acquamarina, verde chiaro, un colore particolare. E per quanto fossero entrambe bellissime, qualcuno da lontano o da dietro le finestre sussurrò qualcosa come ''scimmiette'' ''mi domando perché siano qui e non in un campo di cotone''. Curioso come gli insulti peggiori arrivassero dalle cameriere più anziane, dalle più brutte e le meno affascinanti. La contessa e le due fanciulle furono accompagnate all'interno della dimora. Mentre la dama dispensava sorrisi a tutti, le due ragazze erano estremamente serie e si guardavano attorno come se non avessero mai visto una dimora del genere. ''Saranno abituate a vivere nelle capanne'' sussurrò maligno qualcuno. Attraversato l'atrio si ritrovarono all'inizio delle scale, ma prima che potessero salire o anche solo pensare di farlo un uomo piegato dagli anni arrivò loro incontro. Il governatore in persona. Era serio, anzi, sembrava proprio arrabbiato. ''Contessa, tra noi c'è sempre stata una sincera amicizia, perché ora decidete di offendere me e la mia casa portando due selvagge sotto il mio tetto?'' ''Governatore'', iniziò subito la contessa sorridendo come se nulla la turbasse ''queste ragazze sono educate e assolutamente civili. Non avete motivo di temere loro o la loro indole selvatica. Ma non sono qui per loro, sono qui per interloquire con voi in merito ad un'importante questione. Posso avere udienza nel vostro studio?' L'uomo rimase zitto per qualche secondo. Si sentì come... attratto, dallo sguardo della dama. Improvvisamente avvertì, come un pugno sferrato in volto, il bisogno fortissimo di fare tutto ciò che lei chiedeva. Alla fine fu così forte che iniziò a pensare che fosse quello che voleva anche lui, e borbottò. ''E sia, e sia! Porteremo dentro anche le vostre fanciulle, così saprete tenerle a bada se faranno qualcosa di incivile. E ve lo giuro, dio onnipossente, che qualsiasi danno faranno alla mia casa...'' ''Sarà immediatamente risarcito. Avete la mia parola, Governatore.'' Il governatore trattenne degli ulteriori sbuffi di disappunto e ripercorse la scala in senso opposto, salendo nel suo studio. Le tre donne lo seguirono, non badando agli sguardi della servitù. Sembrava che a nessuna di loro tre importasse cosa pensassero gli altri. ''Allora, contessa'', iniziò l'uomo quando tutti e quattro furono nello studio, ''di che cosa volevate conferire, e perché nel mio studio e non nel salotto?'' Almeno due pareti della stanza erano coperte da mensole di mogano, scaffali che ospitavano decine e decine di libri di giurisprudenza, geografia e censimenti vari. ''Non è un argomento da salotto, quello di cui voglio parlarvi.'' ''Ah'' l'uomo si carezzò il mento, adesso era davvero incuriosito. La contessa parlava sempre di argomenti interessanti, non era come la maggior parte delle signore ricche, ossia delle ochette concentrate unicamente su quale collana abbinare all'abito ed altre superficialità di quel tipo. Le due piccole selvagge si erano appostate ai lati della porta d'ingresso, e questo gli sembrò quasi buffo. Era come... come se facessero la guardia. Come se stessero facendo il palo. L'uomo sorrise a se stesso e scosse la testa per allontanare quelle fantasie sciocche. ''Bene, son tutto orecchi per voi.'' Ma ancora non aveva finito di parlare che la contessa si era avvicinata a lui e lo fissava intensamente, e lui, inchiodato alla sedia del suo studio, non poté fare altro se non guardarla con intensità. ''Non pensate che il commercio della pesca sia obsoleto?'' ''Non comprendo'', disse il governatore iniziando a sentire stranamente caldo. Di che cosa stava parlando la contessa? ''Io credo che dovreste interdire l'attività ittica, smettere di mandare gli uomini a pescare.'' ''Ma, contessa'' e qui il tono dell'uomo si fece basso, intimidito, come se dovesse giustificare le proprie azioni ''siamo una città di mare, la pesca è parte integrante del nostro commercio, per non parlare delle famiglie dei pescatori che sopravvivono unicamente col mestiere paterno...'' ''Smettetela di uccidere i pesci.'' Sibilò a quel punto la dama a denti stretti. L'uomo ebbe un fremito di puro terrore quando vide nei suoi occhi la luce bestiale che li animava. Smettetela? A quale voi si riferiva? La contessa aprì di più gli occhi e socchiuse le labbra. Per un attimo il governatore temette che lei, da un secondo all'altro, lo avrebbe incenerito chissà come. Ma poi dalle labbra schiuse della donna iniziò ad uscire un canto meraviglioso, mille volte più potente di un coro di voci bianche. Una voce così bella che non poteva appartenere a questo mondo, al mondo terrestre. Il governatore fu come catapultato in un'altra dimensione, uno stato di pura beatitudine in cui non era necessario per lui mantenere la sua forza di volontà. Doveva solo lasciarsi andare. E lo fece. Sorrise come un perfetto ebete, con la mente ormai smarrita in quel magico mondo immaginario come un bambino perso nelle sue favolette. La sirena Cariclo lo aveva appena incantato. ''Adesso'', sussurrò la creatura, ''prendi penna, carta e scrivi.'' La notizia colpì tutta la popolazione come un fulmine a ciel sereno. Il governatore aveva reso illegale la pesca per più di un anno, sostenendo che in quegli ultimi anni la quantità di pescato fosse stata così esagerata da compromettere la sopravvivenza delle specie ittiche. Marsiglia non avrebbe sopportato un emendamento simile e si sarebbe ribellata per mesi, provocando caos e devastazione. E durante i giorni peggiori, una carrozza d'oro girava per la città e il porto, mettendo a rischio persino l'incolumità del nobile che ne usufruiva. Anche se era pericoloso, quella carrozza continuava a percorrere le vie messe a ferro e fuoco dalla rivolta. Come se il nobile là dentro godesse, nell'osservare lo sfacelo della città.
   
 
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