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Autore: Paola Malfoy    07/12/2018    0 recensioni
Dal testo:
Vuoto.
Era questo ciò che lo circondava; e il vuoto era riempito dal buio, e dal silenzio.
Un silenzio agghiacciante ed opprimente.
Avrebbe voluto uscire, mischiarsi alle persone nelle strade, ma le persone non volevano lui.
Era solo.
Restaban si alzò dal letto nel quale stava praticamente facendo la muffa da settimane, e cercò di scacciare tutte quelle sensazioni che si mischiavano alla paura, camminando per la stanza, rimettendola a posto ed ascoltando musica.
La musica, lei si che era un’amica fidata. Alleggeriva il suo cuore e la sua anima, ed era sempre lì quando lui aveva bisogno, non si rifiutava mai d’aiutarlo.
[…]
Non si era più fatto la barba, i capelli erano cresciuti e spettinati.
E lui se ne stava lì, sdraiato sul letto, o girava per la stanza, ascoltava musica… ogni tanto leggeva. Faceva di tutto per non pensare.
Pensare avrebbe significato ricordare, e lui odiava ricordare.
Così rimaneva immobile, bloccando i pensieri e non facendo nulla.
Nessuno diceva nulla, perché non aveva nessuno. Era solo.
La sua vita si era bloccata, e lui non sembrava intenzionato a farla ripartire.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non permettere alle tue ferite, di trasformarti in qualcuno che non sei.

Paolo Coelho

 

«Va tenuto d’occhio» disse James seriamente «Ha tentato il suicidio più d’una volta».

«E… non è riuscito… nel suo intento?» chiese la Preside Zabini cautamente.

«No, la prima volta è stato frenato dai maggiordomi, la seconda volta non so che cosa gli abbia fatto mettere giù il coltello; fatto sta’ che Restaban Tomkins non sta bene» esclamò James.

«Si, sarà meglio tenerlo d’occhio» concordò il Direttore guardando prima la Preside e poi Demi.

«Non contate su di me» disse quest’ultima «Non ci conosciamo bene… e poi è Tomkins!»

«Beh, cara, non posso certo tenerlo d’occhio io! Sono pur sempre la preside!» esclamò la Preside.

Demi sospirò.

«Beh, se si lasciasse avvicinare, sarebbe un buon esempio per tutta la scuola. Forse inizierebbero a trattare meglio i Mormegil, o quei pochi che sono rimasti» disse Demi.

«Si, questa alleanza contro Mormegil non mi piace» concordò James.

«Vedrò che posso fare, ma state riponendo fin troppa fiducia in me, Tomkins non si farà avvicinare molto facilmente».

 

Restaban era entrato senza problemi nel dormitorio, ed aveva sistemato in fretta il baule con le sue cose, approfittando del fatto che in giro non c’era nessuno. Si era infilato in fretta la divisa, ed altrettanto velocemente era uscito nel parco.

Aria.

Era stato chiuso nella sua stanza per giorni, e non aveva provato nulla. Si era chiuso per dieci minuti nella sua stanza ad Alcoarth e si era sentito soffocare.

L’aveva detto lui che tornare era una pessima idea.

Vide degli studenti uscire nel parco, lui si limitò a rimanere seduto immobile sotto un salice non troppo distante dal Lago Delle Sirene; non lo degnarono d’uno sguardo.

Il travestimento di James funzionava, la divisa Mormegil faceva il resto. Lo aveva dedotto senza sforzo dall’occhiata che quel piccolo gruppo di studenti gli aveva lanciato.

«Ehm, ciao».

Restaban sobbalzò. Demi Hale era in piedi accanto a lui.

«No» esclamò Restaban.

Demi lo guardò confusa.

«No cosa?» chiese.

«Non provare ad essere gentile con me solo per le pietose storie che ti ha raccontato il tuo migliore amico, non è il tuo forte, davvero».

Demi strinse le labbra e gonfiò leggermente le guance, si guardò attorno e poi si sedette accanto a lui.

«Sai, è strano sapere che sei Tomkins con… sai, i capelli neri e… il resto…»

«Fa sempre piacere sapere che parli con me solo perché non sembro me» rispose annoiato Tomkins, guardando il Lago Delle Sirene.

«No! Io non…» iniziò Demi cercando di spiegarsi.

«O perché te lo hanno chiesto James, il Direttore, la Preside o il fantasma di Mrs. GentilWaman, o la tua coscienza, o…»

«Puoi smetterla con questo elenco!» esclamò Demi facendo calare il silenzio. «Ho accettato di.. ehm, parlare con te… no, nel senso, di provare ad esserti amica..»

«Amica?» chiese Restaban guardandola come si guarda un pazzo «Io non ho amici».

«Potresti averli» rispose Demi «Comunque, ho accettato – avrei potuto dire no – perché… credo che tu stia facendo un grande sforzo, il venire qui e riprovarci, intendo. Ho sempre pensato che il coraggio non sia determinato solo dal fare la scelta giusta, perché non si può fare sempre la scelta giusta».

«E da cosa credi sia determinato il coraggio allora, Hale?» chiese Restaban poco interessato a ciò che la Hale pensava sul coraggio.

«Da come ci rialziamo quando cadiamo» disse lei. Restaban rimase leggermente sorpreso. «E tu ora stai andando bene, stai dimostrando molto coraggio» aggiunse.

«Lo sai che non ci volevo venire qui, no?»

«Si, lo so, ma sei qui, e io come la Preside, il Direttore, lo accetto…»

«Quello che tu chiami coraggio, Hale, è un passatempo in attesa…»

«Non dire della morte, per favore. È orribile e patetico» disse Demi bloccandolo e guardandosi in giro. Qualche studente stava uscendo, la guardavano male per il fatto che era seduta vicino ad un ragazzo con la divisa nera.

«Questa è la patetica verità della mia vita, Hale. Suppongo che James ti abbia informato dei miei tentativi di fare felice mezza comunità mondiale».

«Io non ne sarei contenta» rispose subito Demi.

Lui si fece sfuggire una risata.

«Tu e il tuo amico avete detto la stessa cosa, e dovreste esserne i più felici».

«Dimmi Restaban, dove vedi felicità in un ragazzo, di appena diciannove anni che si uccide?»

«Io ci vedo la fine di tutto questo buio» mormorò il ragazzo chiudendo gli occhi.

«Io invece vedo la possibilità persa di vedere la luce».

«Non mi convincerai Hale».

«Ho tutto l’anno per provarci. Nel frattempo, potresti non ucciderti?» chiese lei.

Al ragazzo scappò nuovamente una risata.

«Posso provarci. Ma non ti prometto nulla».

«Bene, dato che sei l’unico Mormegil del nostro anno…»

«Fammi indovinare, ho sempre lezione con voi. Fantastico» disse Restaban strappando dell’erba e rigirandosela tra le mani. Demi si alzò in piedi.

«Domani mattina alle otto in punto, Incantesimi. Non tardare Jacob».

«Non lo farò» esclamò lui mentre Demi gli voltava le spalle e si avviava verso il castello.

 

«Ma chi è?»

«Lo hai mai visto?»

«Io no»

«Dicono che ci sia sempre stato»

«Passava inosservato perché è orfano…»

Erano questi i commenti che la mattina seguente Restaban sentiva a colazione.

Tratteneva a stento le risate.

Doveva essere parecchio noioso, essere così stupidi. Avevano creduto a tutto, che idioti.

Tornò ad occuparsi della sua colazione, non mangiava così tanto da… da quando frequentava il secondo anno?

Improvvisamente fu distratto dalla sua colazione dal volume delle voci che si alzava sempre di più nella Mensa. Era appena entrata la Hale e il suo corteo di sfigati, composto da una ragazza che non conosceva, l’ormai ex-ragazza di James e Blaise. Restaban gli riservò un’occhiata pigra prima di posare lo sguardo sulla caraffa di caffè.

Chissà dove si trovavano Daphne e Adrien…

Alzò un sopracciglio perplesso quando una ragazza di Mormegil, probabilmente di tre anni più piccola, seduta poco lontana da lui, gli sorrise arrossendo.

Restaban rimase perplesso per qualche istante, doveva fingere di sorridere? Infondo era lui, ma non era lui… alla fine le sorrise leggermente, e lei si voltò subito a parlare con l’amica.

Strano a dirsi, ma James aveva fatto davvero un buon lavoro.

Finì di mangiare e si alzò annoiato, non aveva esattamente voglia d’andare a lezione… non aveva voglia di fare nulla, se doveva essere sincero; per questo saliva lentamente le scale che portavano alle aule.

«Ma quello chi è?»

La voce di Alexia fece alzare gli occhi al cielo a Restaban. Ma lo seguivano?

«Ehm… beh, so che si chiama Jacob, come fate a non ricordarvelo? Si è sempre seduto in fondo, un po’ nascosto…» disse la Hale, mentendo relativamente bene.

«Come hai detto che si chiama?» chiese Blaise.

«Jacob Lewis» rispose prontamente.

Restaban salì le scale più velocemente e li distanziò, arrivando in classe e sedendosi in fondo.

Neanche a dirlo, Demi si sedette accanto a lui.

«Ci sono esattamente ventisette posti in questa classe».

«Con questo cosa vorresti dire?»

«Che puoi sederti da un’altra parte, Demi. Per oggi ho avuto sufficiente contatto umano».

«E non sei ancora andato a fuoco?» rispose la ragazza.

«So che questo ti delude. Comunque, non ti senti sottovalutata nell’essere sfruttata come balia?» chiese con un finto sorriso. La Hale gli sorrise di rimando.

«Non lo considero fare la balia, vedo questo più come un esperimento scientifico: l’osservazione dei comportamenti dell’esemplare Tomkins, uno studio approfondito» rispose lei.

Il ragazzo storse il naso.

«Attenta, potrei sempre mostrarti i punti salienti del mio saggio».

«Quale saggio?» chiese Demi corrugando le sopracciglia.

«Come rendere la vita impossibile a miss so-tutto io Hale in cinque semplici passi» rispose lui con un sorriso che non prometteva nulla di buono.

«Da qui non mi muovo Tomk… Lewis» si corresse Demi dato che stavano entrando altri studenti.

«Bene» rispose Restaban tirando fuori i libri. «Ci divertiremo un sacco io e te».

Lei iniziò a pensare che, forse, avrebbe potuto scegliere un altro di quei ventisette posti.

 

«Bene, oggi impareremo…» iniziò il professore.

Demi aprì la borsa per prendere penna, quaderno e fogli, ma non trovò nessuna delle tre, al loro posto c’era un…

«Un teschio rosa… sul serio? Davvero molto carino Restaban, ma non posso prendere appunti con questo» disse Demi. Luisi voltò verso di lei, puntandole quegli occhi azzurri contro e corrugando le sopracciglia.

«Non so di che parli. Stai forse impazzendo, Hale?»

Demi riconobbe un accenno del solito ghigno da Tomkins anche su quel viso terribilmente diverso da quello del vero Tomkins.

Demi tornò a guardare la borsa, e fu lei a corrugare le sopracciglia. Il teschio era sparito e il resto era tornato al loro posto.

«Ma come..?»

«Signorina Hale! Potrebbe stare attenta, sempre che questo non le rechi troppo disturbo!» la richiamò il professore.

Demi divenne rossa immediatamente, imbarazzata. Nessuno l’aveva mai richiamata a lezione, tralasciando qualcuno.

«Mi scusi professore» esclamò subito. Quest’ultimo strinse le labbra e poi continuò la lezione.

«Meno uno» disse Restaban senza guardarla e con un sorriso che andava da una parte all’atra del viso.

Si divertiva, il bastardo.

 

«Ora… chi sa dirmi per quale motivo questo incantesimo è molto difficile?»

Demi alzò subito la mano.

«Si, signor Lewis?»

Demi aprì la bocca per rispondere, ma con orrore realizzò che non avevano chiamato lei, chi poteva sapere…

«Come incantesimo è molto simile al fuoco maledetto, e senza un’adeguata concentrazione si rischia di perdere il controllo e di far divampare un incendio incontrollabile» rispose correttamente Jacob, o Restaban, lasciandola a bocca aperta.

Demi strinse le labbra e si voltò indignata, non l’avrebbe avuta vinta di nuovo.

«E chi sa dirmi come questo incantesimo è utilizzabile?»

Demi fece scattare il braccio così rapidamente che in molti si chiesero come facesse a restarle attaccato al corpo.

«Signor Lewis, prego!»

«Come incantesimo è spesso utilizzato per accendere falò di grandi dimensioni, ma nel 1876 è stato usato da tre maghi in contemporanea, in Cornovaglia, per bloccare con un muro di fuoco un’onda anomala che rischiava di distruggere una cittadina».

«Esattamente» trillò il professore.

Demi ribollì di rabbia, e con lei il suo ego. Restaban sorrise come non faceva da anni. Si stava divertendo come mai in vita sua.

«Meno due».

 

Si stavano esercitando nel controllare un piccolo fuoco. Dovevano ingrandirlo e rimpicciolirlo, fargli prendere varie forme, senza lasciare che bruciasse tutto.

Per Demi era semplice, lo stava controllando senza il minimo problema da quindici minuti, e si stava preparando a ricevere l’elogio del professore, che stava passando tra i banchi.

Nemmeno Restaban se la cavava male, muoveva la testa pigramente e il fuoco, altrettanto pigramente, rispondeva.

Il professore arrivò al loro tavolo e improvvisamente, con una fiammata di pochi secondi, il fuoco bruciò i libri, i fogli e le penne che Demi aveva sul tavolo, riducendoli a cenere e lasciandola con gli occhi sbarrati. Il suo fuoco… ma che cavolo era successo?

«Oh, un vero peccato signorina Hale» disse il professore scuotendo la testa. Scuotendo la testa! Nessun professore scuoteva la testa, non con lei!

«Deve esercitarsi di più e mantenere la concentrazione, perché non prende esempio dal suo compagno di banco?» aggiunse il professore voltandosi.

Demi fulminò Restaban con un’occhiata omicida. Lui sorrise poggiando i gomiti sul tavolo e guardandola mentre si rigirava la penna tra le mani.

«Meno tre»

«Bastardo» sibilò Demi riprese il controllo del fuoco ma, improvvisamente, una nuova fiammata spuntò da essa, facendo prendere fuoco alla sua gonna. Demi scattò in piedi rovesciando la sedia e spegnendo il fuoco per un pelo.

«Signorina Hale!» tuonò il professore «Forse è meglio se per oggi lascia stare la pratica, questo incantesimo non fa per lei.» esclamò il professore facendo partire un coro di mormorii, increduli che Demi Hale avesse sbagliato qualcosa.

«Meno quattro» disse Restaban guardandola.

Demi strinse i denti e raccolse la sedia, per poi tornare a sedersi accanto allo stronzo.

«La lezione è finita» esclamò il professore, e lei sospirò grata.

«Pensi di sederti ancora vicino a me?» le chiese Tomkins con quella dannata voce che non sembrava la sua voce, e quel volto che non era il suo volto, ma con quel tono bastardo e stronzo che lei avrebbe sempre riconosciuto ovunque.

«Si, e lo farò solo per darti fastidio!» esclamò lei orgogliosa alzandosi e fronteggiandolo. Fantastico, lo stronzo era pure più alto di lei.

«Bene» rispose Restaban lasciandola passare.

Demi gli voltò le spalle e si preparò per uscire per prima dalla classe. Fece due passi e poi sbatté contro qualcosa di invisibile e duro, che la face cadere a terra.

«Ma insomma! Signorina Hale! Stia attenta a dove mette i piedi!» tuonò il professore mentre il resto della classe rideva, tranne Blaise, che cercava di far rialzare l’amica.

«Ma in cosa sei inciampata, Demi?» chiese l’amico aiutandola.

«In un bastardo» rispose lei massaggiandosi la fronte mentre l’amico la guardava confuso.

«E con questo fanno cinque» disse Restaban letteralmente scavalcandola con le mani in tasca ed uscendo dalla classe senza, stranamente, incontrare ostacoli.

Che stronzo! Pensò per l’ennesima volta Demi.

 

Demi mantenne la parola, e per il resto del giorno si sedette accanto a lui solo per dargli fastidio.

Anche lo stronzo fu di parola, la mise ripetutamente in imbarazzo e le rese la giornata un inferno mostrandole altri venticinque punti del suo ‘saggio’ che, a dire dello stesso Tomkins, era un vero e proprio capolavoro malefico.

Arrivò a cena irritata, molto irritata.

Si sedette e torturò il cibo che aveva nel piatto per un buon quarto d’ora.

«Non te ne è andata bene una oggi, Demi» disse Alexia guardando l’amica.

«Non è che ti piace quel Tomkins? Sei sempre nervosa quando sei seduta accanto a lui, e sei sempre seduta accanto a lui» esclamò Blaise.

Demi, che nel frattempo stava rimettendo a posto quei pochi fogli che non erano andati bruciati, dato che non riusciva a mangiare, a quelle parole li buttò letteralmente per aria e si alzò di scatto.

«A me non piace proprio nessuno!» esclamò arrivata al limite della sopportazione. Odiava Restaban! Dio come lo odiava.

A passo di marcia uscì dalla Mensa sotto lo sguardo confuso dei suoi amici e di almeno la metà degli studenti.

«Un best seller mondiale, Hale» disse Restaban, che fuori dalla Mensa sembrava attenderla per prendersi tutta la gloria del suo trionfo.

Demi, dato che nessuno poteva vederli, diede uno spintone al bastardo con la B maiuscola.

«Ti diverti?» gli chiese lei.

«Come non mai. Ti siederai ancora vicina a me?»

«Tranquillo, rimani pure nel tuo mondo desolato e privo d’esseri viventi, volevo solo aiutarti!» esclamò lei stufa. Non le era mai capitata giornata peggiore a scuola! Ora tutti i professori la credevano un’idiota, e lei non era idiota!

Voltò le spalle a Restaban e si diresse nella sua camera. Una dormita, una buona dormita, e domani sarebbe stata maglio.

 

Restaban sospirò mentre nella notte che lo circondava si sentiva distruggere dal dolore che provava dentro. Come poteva farlo uscire?

Mosse nuovamente la mano sul so braccio.

Così andava meglio, molto meglio, stava uscendo un po’.

Ripeté il gesto, lo fece ancora, ancora e poi ancora.

Quando si sentì soddisfatto si guardò le braccia piene di tagli, coperte di sangue che usciva da lui con un po’ di quel dolore che lo distruggeva.

Lasciò cadere a terra il pezzo di vetro che aveva in mano, e poi si distese a terra.

Ora stava un po’ meglio, solo un po’, ma stava meglio… o almeno credeva.

 

Il giorno seguente, la prima lezione era Letteratura con Mr. Finn. Nemmeno a dirlo, il vecchio professore accoppiò Demi e Restaban. Suggerimento della Preside Zabini, naturalmente.

Demi era rimasta zitta tutto il tempo, facendo ciò che andava fatto per far venire fuori un buon tema, aiutata da Restaban, inaspettatamente poco maligno quel giorno. Sembrava quasi privo di forze a dire il vero.

Il caldo dei fuochi nei camini aveva scaldato l’aria, e Demi non era l’unica ad essersi alzata le maniche.

«Abbiamo dimenticato di mettere l'antagonista» mormorò leggendo l’ultimo rigo, della consegna. Tomkins glielo passò, si era tolto il golfino, restando solo con la camicia bianca. Sul braccio sinistro si vedeva oltre la stoffa la cicatrice lasciata dal accoltellamento inferto dalla zia, ma non era stata quella a colpirla. Restaban le aveva passato la penna con il braccio destro, la cui manica era leggermente alzata, e lasciava intravedere un taglio.

«Devi stare più attento quando tagli le cose» disse Demi. Restaban fece un piccolo sorriso ed annuì.

Appena la ragazza gli voltò le spalle, il sorriso scomparve dal suo viso.

   
 
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