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Autore: carachiel    08/12/2018    2 recensioni
Quattro anni dopo la fine del WDC, i fantasmi del passato dovrebbero essere ormai ben lontani. Ma per Hart Tenjo, sono ben più vividi che per chiunque altro.
Eppure è disposto ad andare contro tutto, compresa la Sorte beffarda, pur di recuperare quel che resta. E, in un mondo dove i Numeri sono diventati reali, non sarà semplice.
____________
Heartland City era un posto ormai pressochè in rovina. Vista dall’alto essa appariva come spenta, priva delle illuminazioni che un tempo l’avevano resa una vera e propria luminaria, tanto che di notte sembrava esserci ancora la luce del sole.
Ora, beh, ora c’erano solo macerie.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christopher Arclight/ Five, Haruto Tenjo/Hart Tenjo, Misael/Mizaeru, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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6 – E quindi uscimmo…
 
24 Febbraio, 00:27
 
La tempesta aveva colpito Heartland intorno a mezzanotte. Prima era solo una pioggia leggera, poi da nordest erano iniziati a riversarsi fulmini, il cielo plumbeo e uniforme come un'unica pennellata. Quando colpì con tutta la sua furia, la città si ritrovò al buio, avvolta da una tempesta di saette che si scaricavano ovunque potevano.
Le luci erano abbaglianti, al punto che quei pochi cittadini che non erano fuggiti si ritrovarono sui balconi o per strada per ammirare quello spettacolo terrificante.
Il vento spazzava violentemente il suolo mentre una figura avvolta in un mantello avanzava contrastando a malapena la forza della pioggia, il cappuccio alzato per ripararsi un poco, incurante dei tuoni che, fragorosi, riecheggiavano attorno.
Percorse rapidamente le strade, scegliendo sempre quelle secondarie, finché non venne interrotto da un gruppo di criminali a cerca di carte Numero.
La figura incappucciata non dovette fare molto sforzo, infatti dopo poco i criminali erano stati sgominati da un’enorme carta Numero.
I suddetti fuggirono alla massima velocità possibile, per poi rifugiarsi sulle scale di un portoncino, al riparo dalla pioggia grazie a una tettoia.
 
“Cristo!” esalò il più alto, non appena ebbe recuperato fiato “Non ho mai visto un Numero come quello!”
“Sono d’accordo capo… Anf… era a quattro zampe vero…?? Io ho visto solo il muso, era… una maschera… orribile” ansimò un tipaccio.
“Sì, e aveva quelle criniere...”
“Ma che scherzi, Hisayama?? Ma dico, hai visto il tizio? Non ha detto una parola, ha alzato il braccio e quella bestia è partita!”
“Groan… Mi sembra che mi sia caduto addosso un Tir!” si lamentò un altro "Mi fa quasi venir voglia di diventare onesto!"
“Sta di fatto che io quel tipo non voglio rincontrarlo più nemmeno nei miei incubi!”
 
Intanto la figura incappucciata era giunta al viale che portava alla Heart Tower, con accanto il Numero che non accennava a svanire. Il mostro quando giunse in prossimità della torre iniziò ad agitarsi, scuotendo la testa e facendo ondeggiare le quattro criniere raccolte da nastri.
A quel punto l’uomo tirò fuori una mano e iniziò a carezzare il bizzarro quadrupede “Buono, numero 8. Lo so, non ti piace neanche a te. Ma è necessario.”
Il Numero capì e smise di agitarsi, per poi svanire e tornare nella carta, lasciando solo una manciata di scintille dorate ai piedi della figura incappucciata, presto spente dalla pioggia battente.
 
Superò l’ingresso senza essere fermato, muovendosi all’interno dell’edificio con la sicurezza propria di chi sa dove sta andando, superando corridoi deserti e rampe di scale, per poi prendere un ascensore e arrivare all’ultimo piano.
Qui fu fermato da una segretaria affannata, ma bastarono poche parole per farle cambiare espressione da sospettosa a rilassata. Essa gli indicò la porta e si diresse frettolosamente nella direzione opposta.
Qui la figura incappucciata si appoggiò a un muro coperto da crepe – l’intonaco aveva bisogno di una rinfrescata – e si dispose ad aspettare.
Dalla porta giungevano le voci concitate di due uomini che parevano star discutendo animatamente.
 
“Dottore, lei non sta prendendo la faccenda seriamente!” scattò un uomo alto dai corti capelli castani spettinati che sembrava appena annegato, a giudicare dagli occhi vacui.
“Ah no? Beh, si da il caso che io non l’abbia assunta a sindaco in questo stato d’emergenza per la sua bella faccia, Attard, quindi veda un po’ che vuole fare!” replicò il suo interlocutore, un uomo dai capelli biondicci a punta e piccoli occhi viola a palla
“Dottor Faker, forse non ha capito la gravità-“
“La capisco perfettamente, e le ripeto che si arrangi! Le ho messo a sua disposizione tutti i mezzi necessari per arginare la situazione Numeri, quindi ora mi aspetto risultati!”
“Mi avevano detto che lei era testardo, ma non immaginavo fino a questo punto. A me serve un consiglio!” replicò il sindaco in modo lento e pacato, per quanto possibile.
“Beh, a me avevano detto che voi inglesi siete terribilmente snob e pronti a giudicare qualunque persona che non rientri nei vostri standard!” sputò fuori Faker con rabbia, la vena sulla sua tempia che pulsava pericolosamente.
“Tecnicamente io sarei maltese…” pigolò timidamente il sindaco.
“E tecnicamente io le dico di andare a fare il suo lavoro!”
Quando l’uomo fu uscito Faker ricadde pesantemente sulla poltrona ipertecnologica dietro di lui e chiuse gli occhi. Si sentiva completamente esausto, svuotato. Nonostante fossero passati solo quattro anni dal Carnevale di Duelli si chiese con che forza fosse riuscito ad organizzarlo, ponderò passandosi la mano tra i capelli.
 
Il suono di passi nella stanza lo costrinse a riaprirli, per vedere una figura scura introdursi.
“Chi va là?” esclamò alzandosi di scatto per poi stringere i pugni, come a raccogliere tutta l’energia che gli restava. – Dannazione… poteva solo che sperare di non rovinare a terra. –
La figura ammantata non sembrò preoccuparsene e con tutta calma si portò a una decina di passi dall’altro, prima di calarsi il cappuccio.
“Non sapevo avessi così bassa opinione degli inglesi…”
“Byron…” mormorò.
Lo guardò avvicinarsi, un sorriso ironico dipinto sul viso.
“E’ un piacere vederti.” rispose, l’accento britannico quanto mai esagerato.
Ignorò la provocazione, per poi drizzare la schiena, per sopperire alla differenza d’altezza.
“Piove?”
Per tutta risposta l’altro rise, sistemandosi un ciuffo fradicio “Diamine, suppongo di sì.”
“Quindi che ci fai qui con questo tempo, Byron?”
“Vengo a trovare un ex compagno di lavoro” rispose stringendosi nelle spalle.
“Ex… Appunto.”
“Sarei un approfittatore se venissi ogni volta da te per qualcosa.”
“Forse perché lo sei?” iniziava a seccarsi di quel giochetto idiota.
L’altro non rispose ma gettò un’occhiata attorno con aria svagata.
“Non ho tempo da perdere, mi dici perché sei qui?”
“Uh, come sei maleducato, pensavo che voi nipponici aveste senso dell’ospitalità!”
“…Vieni.” ordinò seccamente mentre si portava a un lato della stanza e metteva una mano sulla pulsantiera.
Quella che sembrava essere una decorazione in rilievo sul muro scattò all’indietro, per rivelarsi essere una porta scorrevole che si aprì con un rumore metallico, rivelando delle rampe di scale.
Byron emise un basso fischio di ammirazione, seguendo il collega.
– Non gli sfuggì che l’altro camminasse appoggiandosi col palmo della mano al muro né, a salita ultimata, che ansimasse leggermente. –
 
Arrivati davanti a una porta, Faker armeggiò per qualche istante con la serratura, per poi aprirla.
L’interno si rivelò essere una stanza dai colori freddi. Il bianco la faceva da padrone, rendendo ancora più grande un appartamento già di per sé vasto, con una serie di vetrate a tutta parete che si affacciavano sul cielo tempestoso.
Tuttavia, nonostante a una prima occhiata l’appartamento sembrasse piuttosto curato, Byron, avanzando nell’appartamento, si accorse immediatamente del leggero odore di chiuso che aleggiava nella stanza, reso visibile sotto forma di pulviscolo quando il collega accese le luci.
Si aspettava che si scusasse per il disordine o ammettesse di essere stato molto impegnato, tuttavia l’altro non disse nulla, lasciandolo là a gocciolare.
Solo dopo una manciata di secondi gli fece togliere il mantello zuppo per poggiarlo su un appendiabiti.
- E di ciò gli fu grato, detestava la pesantezza della stoffa intrisa di pioggia sulle spalle, ma d’altra parte un ombrello sarebbe stato troppo facilmente avvistato, per non menzionare che con quei fulmini non era affatto sicuro –
“Senti… ti dispiace se vado a farmi una doccia?” borbottò quasi in tono casuale per poi scomparire senza attendere risposta.
Byron fece un mezzo sorrisetto tra sé. Il collega non era cambiato molto da quando lavoravano assieme.
Se non altro, caratterialmente.
Lasciò trascorrere qualche istante per poi avviarsi verso il corridoio per dare un’occhiata alle varie stanze. Il fatto che i letti fossero tutti impolverati confermò la sua impressione che Faker non trascorresse molto tempo in quella casa, dato l’ordine quasi compulsivo con cui teneva i propri beni.
– Del resto, sapeva che era quel tipo di persona che quando gli mandavi una mail era capace di rispondere dopo mesi, in barba a quanto potesse essere urgente. –
 
Guardandosi davanti al grande specchio squadrato del bagno, Faker dovette ammettere a sé stesso che aveva veramente una brutta cera: la carnagione livida, gli occhi infossati e i capelli opachi e ispidi da cui facevano capolino ciocche ingrigite.
Stava cadendo a pezzi.
Reprimendo la voglia di piangere, si mise sotto il getto della doccia, imponendosi di mantenerla fredda fintantoché non si fosse sentito meglio. E una volta che il gelo dell’acqua gli ebbe restituito una parvenza di energia, si asciugò grossolanamente e uscì dal bagno.
 
Quando Byron lo vide tornare, avvolto in un pesante accappatoio, i capelli malamente frizionati che apparivano più stravolti di quanto non fossero già, si azzardò a chiedere “Dimmi… Da quanto tempo non ti facevi una doccia?”
L’altro lo fulminò, avviandosi verso la cucina “Sono stato molto impegnato… I Numeri stanno facendo troppi danni.”
“A giudicare dalle parole del sindaco non sembravi molto partecipe.” replicò seguendolo. La cucina era quasi minimale, anch’essa bianca, con solo un tavolo di legno laccato e alcune sedie a spezzare l’apparente monocromia.
“Quell’Attard, se non avesse bisogno di me per ogni cosa..!”
“Sarebbe meglio?”
“Dio, no! Considera che voleva pianificare uno stanziamento di fondi extra per fronteggiare lo stato d’emergenza…”
“Essere previdenti non è un difetto.” obbiettò.
“Ma esserlo troppo porterebbe all’allarmismo, che è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.” sbottò stringendo  convulsamente le dita sullo schienale di una sedia lì vicina, per poi sospirare e sparire di nuovo.
Quando riapparve completamente vestito, Byron lo squadrò con aria lievemente sorpresa.
“Che c’è signor stile impeccabile…?” sospirò rassegnato, dopo tutte le volte che il collega aveva squadrato di mal occhio il suo vestiario.
“Nulla. Ah, ho fatto il caffè. Era l’unica cosa che nella tua dispensa non mancasse.” mormorò indicandogli due tazze fumanti poggiate sul tavolo .
“Grazie.”
Rimasero per una manciata di secondi in silenzio gustando la bevanda scura, pur non smettendo di occhieggiarsi aspettando che l’altro parlasse.
“Seriamente Byron… Perché sei venuto? A piedi, poi, considerando che casa tua è dall’altra parte della città. E in una nottata così…” domandò Faker poggiando la tazza sul tavolo e sedendosi, mentre l’altro prendeva posto davanti a lui.
“Ero… preoccupato.”

L’altro non ebbe bisogno di alzare gli occhi per sapere che stava dicendo la verità, lo percepiva dal tono più morbido.
Non voleva ammetterlo a sé stesso, non ancora, ma quelle parole l’avevano fatto vergognare, di essersi fatto trovare in uno stato così miserabile, e che solo la presenza dell’altro l’avesse convinto a rimettersi un minimo in sesto.
D’altra parte comprendeva anche l’esitazione che era aleggiata nel tono dell’ex collega prima di ammettere di essere preoccupato, Byron detestava palesare certe sensazioni.
“Sto bene… Non c’era bisogno.”
“Seriamente, Ayato?” domandò, lasciando cadere la domanda con studiata noncuranza.
Faker fece una smorfia “Sembra passata una vita dall’ultima volta che ho sentito quel nome associato a me… Ormai anche per i giornali sono ‘Dr. Faker’ e basta.”
L’altro non disse nulla, ma allungò una mano sul polso del collega.
“Non va bene… Non se ti ostini a far finta che non sia successo nulla. È un vizio di famiglia?”
“Non ho bisogno di un confessore.” replicò, il tono più duro per non fargli capire di aver centrato il punto, ma senza ritrarre la mano dalla presa.
“Ed io non ho intenzione di elevarmi a ciò che non mi compete. Tanto, anche se lo fossi, non mi crederesti. Non mi credi neanche ora.”
Non replicò, trovando improvvisamente molto interessante la superficie del tavolo.

Detestava l’apparente facilità con cui l’altro gli parlava, detestava la coscienza del debito che aveva nei suoi confronti da quando aveva ottenuto il perdono. E una piccola parte di lui continuava a credere di aver racimolato la sua pietà, non il perdono.
Era andato troppo oltre.
Almeno Kazuma se n’era andato, scegliendo di non parlargli più. E ciò, da un certo punto di vista, gli procurava un bizzarro senso di conforto.
 
La presa sul suo polso si fece più stretta, costringendolo a guardare dritto negli occhi il collega.
“Non dirmi che va tutto bene. Non ti chiedo la verità, ma non mentire in modo così spudorato. Non a me.”
“Vero… Del resto il tuo peggior nemico ti conoscerà sempre meglio…” ribattè, il tono poco più di un soffio.
L’altro abbassò gli occhi sebbene un riflesso ferito li avesse attraversati.
“Tu non sei la stessa persona che tuo figlio ti accusa di essere.” replicò dopo qualche istante, lasciando il suo polso.
“Come puoi dirlo? Lui non ti odia.”
Gli bastò uno sguardo per capire, prima che l’altro gettasse la testa indietro, scoppiando in una risata colma d’infelicità.
Passarono alcuni secondi prima che Byron continuasse “Perché vuoi reprimere a tutti i costi l’unico sentimento buono che nutri per quel ragazzino? Non commettere la mia stessa leggerezza, potrebbe fartela pagare assai salata.”
“Byron…”
- Qualcosa nelle parole del collega gli era risuonato stranamente familiare, come se le avesse già sentite. –
“Smettila di tormentarti.”
“Non posso… non posso…” mormorò, le spalle che tremavano
Byron serrò le labbra, odiava non sapeva cosa fare. Ed era la prima volta che il collega – no, l’amico – si lasciava cadere a pezzi davanti a lui. Si ritrovò a stringergli semplicemente la spalla, non osando varcare lo spazio tra loro.
 
“Perdonami… Sono squallido.” mormorò, la voce appena incrinata appena  i singhiozzi si furono placati.
L’altro non disse nulla, ma si limitò a stringerlo un poco più forte.
- Ed era più di quanto Faker si fosse mai aspettato, considerando l’ipotesi e considerando Byron. Più di quanto meritasse, in fondo.
 
“Sappi che non ho mai fatto nessuna pressione perché Hart venisse da me.” replicò, e Faker sapeva che stava dicendo la verità.
“Lo so. E non voglio che lo preghi… Mi manca, ma posso aspettare.”
“Questo lo so… Ma per quanto?” replicò alzandosi e prendendo la tazza di caffè in mano.
A quelle parole Faker sudò freddo ma si impose di non dare peso all’insinuazione del collega “Per tutto il tempo necessario.”
Byron sorrise appena, come se quella risposta avesse risolto un dubbio che lo affliggeva e finì di bere il caffè ormai freddo “Ti andrebbe di raccontarmi come siete arrivati a… questo? Hart quando è venuto alla villa non è stato molto esplicativo.”
L’altro si alzò, spostandosi con il bacino appoggiato al bracciolo del divano per poi sbuffare “Sono affari privati.”
“Parlarne ti farà stare meglio” assicurò riappoggiando la tazza sul lavello
. Faker si prese il ponte del naso tra due dita, sospirando esasperato “Tu e la tua dannata psicologia…”
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Credevate fosse finita così? Nah, continua… *si frega le mani all’idea di quanto Angst sta spremendo dai poveri personaggi*
Prima di tutto un grazie a Fayer_Siren che mi ha ricordato di aggiornare – e di aver suggerito l'idea su cui si erge sbilenca 'sta storiella –. Detto ciò... Per procedere con ordine: lasciamo i nostri derelitti per altri due ancor più derelitti, e un mio OC che ho piazzato al posto di Heartland e non so nemmeno perché (e non so se farà altre apparizioni). Quanto li vorreste prendere a manate per quanti complessi si fanno? Tranquilli, miei cari lettori, nel prossimo capitolo sarà comunque così :) il prossimo aggiornamento sarà per il Nuovo Anno, dunque Nuon Batale in stra anticipo!
  
   
 
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