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Autore: Giorgia_Farah    12/12/2018    0 recensioni
Una Terra divisa tra il Bene e il Male. Due Regni in balia all'odio li avevano portati a guerre sanguinose e stragi di morti innocenti.
Sigillare un patto era l'unico modo per riportare nel mondo la pace e la prosperità.
Ma ad un caro prezzo: ossia sacrificare la propria vita per amare una persona che meritava soltanto di essere odiata
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Threesome, Violenza
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La sveglia suona ininterrottamente, e da questo momento il calvario della prima giornata come “Assistente della Grande Signora" può avere inizio. Se dopo colazione le mie compagne possono godersi la giornata, io con un semplice abito estivo e un'espressione imbronciata cammino dritta verso il portone della fortezza. Un volta entrata chiedo indicazioni alla servitù, non essendo informata in quale luogo mi dovrei incontrare con l'anziana donna. Il salone da ballo era il luogo, così non perdo tempo e mi affretto. “Coraggio, Pearl, non sarà così male questa giornata. Non può andare peggio di così”, dico tra me e me per accrescere quel poco coraggio che mi spinge ad avanzare a destinazione. Arrivata all'entrata, il vestito nero e l'espressione perennemente astiosa della signora comprare davanti ai miei occhi, facendomi sobbalzare, come se avesse già udito i miei passi un quarto d'ora fa. Rimango interdetta, portandomi in un inchino. «Buon mattino, Grande Signora», farfuglio. «Non per me, ogni qual volta si parla di te», ribatte scontrosa, senza ricambiare il saluto. I lineamenti del viso sono duri, contorti in un'espressione di astio e superiorità allo stesso tempo. «Il tuo comportamento è stato assolutamente inappropriato, per non parlare del tuo attacco verso una delle tue compagne! Non rispecchia il decoro e la compostezza di una signora del tuo oramai rango! Siete una vergogna!», sputa, picchiandomi con il lungo bastone che regge nelle mani, lungo la schiena. «Grande Signora, Lady Penelope si è presa la libertà di offendere me e il mio passato, quando in verità sarebbe lei a rivivere i suoi passati da ragazza svergognata», ribatto io, saldo lo sguardo contro i suoi occhi grigi, stringendo i pugni per il dolore insopportabile alla schiena. «Non guardarmi in tono di sfida, ragazzina!» «Vi sto solo dicendo la verità, Signora» «La verità lasciala da parte, ora, non sono venuta qui per ascoltare le tue lamentele», si avvicina al mio viso. «Non siete qui per sparlare della vostra compagna, solo il suo Paese natale e le persone che le circondano sanno la verità. L'unica mossa  è ignorare ed agire quando si conviene», si allontana, con un cenno del capo mi invita a seguirla. Ci incamminiamo per il castello, ascoltando solo la voce secca Signora. «Lady Pearl, l'indifferenza è la migliore arma contro le persone che vogliono creare discordia. Quelle sono le stesse persone che provano invidia verso le loro vittime, non abbassatevi ai loro livelli» Sento la sua voce inclinarsi, diventando una melodia dolce, per un breve attimo, nonostante i suoi occhi fossero ancora come due cerchi di ghiaccio. «Grande Signora...mi state forse dando...un consiglio?», tento, stranita da quello che ha appena confessato, seppur siano parole sagge. Lei, alla mia richiesta si ferma e torna a guardarmi con gli occhi, seppur la sua severità sia vinta dalla sorpresa. «Tutti hanno sofferto nella vita, questo è quello che posso consigliarvi, ma non pensate che lo stia facendo perché mi piacete» “Schietta”, penso, delusa dal fatto che non ha dimostrato un minimo d'affetto. «Certo», dico semplicemente. Ritorniamo a camminare in silenzio, fino a ritrovarci nel secondo piano. «Pensavo dovessi aiutarvi in qualche mansione», osservo, davanti alla porta della Sala da pranzo. Aldilà della parete potevo sentire risate, parole incomprensibili, e tutto ciò non fece che accrescere una brutta sensazione. «E lo farete, abbiamo altri due giorni da passare insieme», precisa la vecchia, scquadrandomi. “Perché tutto ciò mi suona come una minaccia?”, penso io, pesando le parole di lei. Annuisco, e aspetto che apre la porta. Come supposi prima, quello che apparve davanti ai miei occhi non fu altro che la conferma alle domande. Penelope, ancora in vestaglia da notte, con uno scollo abbastanza vertiginoso al petto, intenta a far mangiare una ciliegia al principe con movimenti provocatori del corpo, è l'ultima cosa che avrei voluto vedere, invece me la ritrovo addirittura seduta sopra le gambe del principe. Vengo inondata da un'emozione mai provata, ma talmente potente da farmi distogliere lo sguardo dal disgusto. A capotavola, sedeva il Sovrano, masticando gli ultimi grumi di cibo con altrettanto fastidio verso la figura sfacciata della giovane, che non smetteva di scambiare effusioni con il figlio anche in sua presenza. Solo quando la Grande Signora di schiarì la gola i due giovani, compreso il Re, si girarono verso di noi, mentre i rumori imbarazzanti di poco fa vengono invogliati dal silenzio. «Miei sovrani, sono qui per ringraziarvi della compagnia che oggi mi è stata offerta» «Lieti di questo, mia cara balia», rispose il principe, senza sciogliere la stretta dalla schiena della bionda. «Buongiorno, Lady Pearl», disse poi, rivolgendosi a me. Non risposi, semplicemente ero stizzita dal comportamento instabile di lui. Com'è possibile che quel principe fosse lo stesso Diamond che settimane prima mi rivolgeva la parola come se si trovasse davanti alla propria sorella? Cosa lo spinge a comportarsi così? Ma soprattutto: perché mi sta facendo così male vederlo con quell'arpia? La Grande Signora ci disse tempo fa che era vietato provare gelosia verso le altre compagnie, eppure è successo. E non solo quella, sto provando anche rabbia e delusione; mi sento presa in giro ogni secondo che lo sento e lo guardo. Ad essere buoni ci si rimette sempre il cuore. E io non avrei mai dovuto donarlo fin dal principio: da quando ci siamo parlati l'ultimo giorno del mio viaggio sul treno. E ora che lo guardo tra le braccia di quella bionda odiosa, stento a credere che si tratti dello stesso vampiro che mi ha raccontato un pizzico del suo passato, lo stesso con cui mi sono sfogata, lo stesso a cui gli ho posto la mia “quasi” totale fiducia. Ho cercato di capirlo, di appoggiarlo e di rispettare i suoi spazi, ma lui si è approfittato della mia bontà, prendendomi per una sciocca; e forse ha un unico scopo: portarmi al letto. E questo mi fa ancora più male. In questo momento, mentre i presenti aspettano che ricambi il saluto del principe, mi rendo conto che non lo capirò mai, e l'unica maniera per non soffrire più è stargli lontano, distanziarmi e pensare più a me stessa. Così, per tutta risposta, abbasso il capo e mi inchino. Non riesco a salutarlo, non trovo le parole perché si bloccano in gola, dove un groppo fatica a farmi respirare regolarmente. «La contadina ha lasciato la lingua nel suo letto di paia», ridacchia Penelope. Stringo i pugni lungo i fianchi, vorrei ribattere ma le parole della Grande Signora tornano nella mente. “Sii indifferente”, penso, stringendo gli occhi per non vedere più, per bloccare le lacrime che rischiano di uscire. «Meglio essere una contadina con dei valori, piuttosto che una svergognata, viziata come te», sussurro, sicura che nessuno mi abbia ascoltato. Tentativo vano, poiché le labbra del Re si curvano in un sorriso compiaciuto, il figlio sbarra gli occhi, mentre la balia mi lancia uno sguardo glaciale. Ma finché hanno sentito loro, per me va più che bene. Poco importa se dopo dovrò sorbirmi i rimproveri della mia tutrice. «Con il vostro permesso», mi inchino nuovamente ed esco di fretta nella stanza,   senza aspettare il permesso dalla balia: tanto l'avrei aspettata fuori dalla porta. Qui finalmente posso dare sfogo alle mie lacrime, mi accuccio alla parete, e abbraccio le gambe al petto. Senza accorgermene, mi ritrovo nella stessa posizione in cui innumerevoli volte a casa mia, seduta contro al muro, mi ritrovavo per sfogare tutta la disperazione che mi portavo dentro. Solo che in questo momento non ho nessuno, i miei genitori sono troppo lontani per rassicurarmi che andrà tutto bene. Non c'è l'odore di legno e grano di mio padre ad avvolgermi il corpo o le carezze premurose di mia madre. Sono da sola a sopportare questo calvario, un calvario che mi sta portando mano a mano alla disperazione. E tutto questo per cosa? Per essermi affezionata ad un insulso vampiro. Tutta d'un tratto l'idea di scappare non mi sembra poi così insensata.
   
 
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