Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Believer98    13/12/2018    1 recensioni
Ditocorto arriva a Grande Inverno e decide di indagare. Risultato? Westeros scoprirà chi è Jon Snow. Robert Baratheon si infurierà e gli darà la caccia. Intanto Lord Stark sarà costretto a restare fermo e a guardare.
Jon scapperà per salvarsi e, intanto, cercherà di mettere insieme i pezzi della storia dei suoi genitori e della sua famiglia. Attorno a lui una compagnia di amici e di fedeli ai Targaryen.
La ruota continua a girare con nuovi giochi e nuovi nemici. Tutto per il Trono.
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Per questioni di trama ho cambiato i pairing che già esistevano:
Jon/Sansa
Robb/Margaery, Arya/Gendry, Jaime/Brienne
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Ultimo capitolo pubblicato: Dracarys
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Eddard Stark, Jon Snow, Robert Baratheon, Sansa Stark
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Ciao :)
Eccomi con un nuovo capitolo e mi scuso se ho impiegato tanto ma dovevo decidere come far evolvere il futuro dei nostri protagonisti,
in particolare quello di Jon, il giovane drago. E devo dire che ho trovato idee carine per i prossimi capitoli.
Spero che questo sia di vostro gradimento.
RINGRAZIO chi segue, ricorda, preferisce e chi ha recensito!





Castello Nero, la Barriera

Dopo la visita di Robert Baratheon a Grande Inverno, nei Sette Regni trascorsero tre mesi tranquilli. Bran si era risvegliato, sua madre e suo fratello Robb accanto a lui.
Intanto, nella Fortezza Rossa, Sansa era stata ufficialmente promessa in sposa a Joffrey e Arya prendeva lezioni di danza da un maestro spadaccino di Braavos.
Jon invece, durante il tempo trascorso alla Barriera, aveva stretto amicizia con alcuni dei suoi compagni, ovvero Samwell Tarly, Ed, Pypar e Grenn.
Sam era di corporatura robusta e aveva un carattere timoroso: per questi motivi non si era ambientato tanto facilmente tra i Corvi. Jon, con il suo essere comprensivo, gli era sempre stato vicino. Sam aveva un buon cuore e amava leggere, tanto da essere nominato attendente di Aemon Targaryen, il Maestro dei Guardiani della Notte.
Eddison invece era un tipo solitario e cupo, che però si trovava bene dentro il suo gruppo di amici. Nessuno era fedele a Jon come Ed. Sin dal primo giorno si era attaccato a lui senza una precisa motivazione.
Pypar, imitatore di voci e amante della recitazione, era il più schietto della combriccola. Infine Green, anche lui molto legato a Jon, non era tanto intelligente ma grosso e muscoloso.
Come Jon, i suoi amici non erano mai stati trattati degnamente. Come lui volevano fare qualcosa di giusto, di buono e farsi valere agli occhi degli altri.
Ognuno di loro aveva ricevuto un nomignolo offensivo da Ser Alliser Thorne: Jon era diventato Lord Snow il Perdente, Grenn il Muflone, Ed l’Addolorato, Sam il Ciccione e Pyp il Buffone.
Spesso i ragazzi cercavano di divertirsi con quei nomi, si prendevano in giro gli uni con gli altri e li modificavano in versione più onorevoli e spiritose. Così Jon diventava Re Snow il Magnifico, Grenn il Maschione, Ed il Gioioso, Sam il Leggiadro e Pyp il Saggio.
Jon, però, si sentiva sempre più nervoso: nonostante il sostegno degli amici e l’onore di servire i Guardiani, suo zio Benjen era sparito al di là della Barriera e non aveva ancora fatto ritorno. Jon non riusciva a ottenere il permesso per partire alla sua ricerca perché non era un Ranger, ma un semplice attendente. Attendente di Jeor Mormont, il Lord Comandante dei Guardiani.
« Forza, muovete quelle chiappe signorine » gridò Ser Thorne. « L’allenamento non finisce mica perché siete diventati attendenti. Hai sentito tu, Ciccione che non sei altro? »
Sam storse il muso ma non replicò. Era abituato a essere chiamato in quella maniera. Jon, invece, con il pensiero su zio Ben, era parecchio nervoso. Non sopportava i prepotenti e non era disposto a tollerare ancora gli insulti di Alliser Thorne.
« Gli attendenti non dovrebbero essere affidati a un Ser più competente? »
« Jon non fa niente » sussurrò Sam, cercando di tranquillizzare il proprio amico.
« Come osi, bastardo? » sbottò Thorne, attento a marcare bene l’ultima parola. « Ripeti quello che hai detto e ti faccio pulire tutte le latrine del Castello Nero. »
Ser Alliser sembrava davvero arrabbiato stavolta. Ed diede una gomitata a Jon, sperando che non avesse la brillante idea di ribattere. E per fortuna Jon non lo fece.
« Tutti contro il signorino Snow, ora » ordinò Alliser. « Insegniamo ai bastardi a stare a posto, ovvero in fondo alla scala sociale. »
Jon digrignò i denti ma mantenne il sangue freddo. Alcuni si rifiutarono di battersi contro di lui, come i suoi amici; altri invece, come Rast, si fecero immediatamente avanti. Erano in tanti ma, ovviamente, Jon li sconfisse tutti. Odiava il pensiero di uccidere, quello della spada era un talento con cui era nato ma questo non significava che gli piacesse.
Dopo aver disarmato i suoi compagni si voltò verso Ser Alliser Thorne, unico responsabile della sua rabbia. Ser Thorne fu uno dei capi che si opposero alla richiesta di Jon, di partire per l’estremo Nord alla ricerca di Benjen. Se fosse successo qualcosa a suo zio, Ser Alliser poteva esserne considerato responsabile.
« Snow » gridò il Lord Comandante, che sembrava aver assistito alla scena. « Tu e i tuoi amici venite con me. »
Jon e i compagni si guardarono perplessi e seguirono Jeor Mormont nelle sue stanze. Il capo dei Guardiani della Notte aveva una comunicazione da fare. Con il viso pensieroso passò in rassegna dei ragazzi, da Jon a Pyp e sospirò pesantemente. Prima che parlasse sembrarono passati dei minuti interminabili.
« Abbiamo notizie su Benjen Stark. »
Jon strabuzzò gli occhi. « L’avete ritrovato? »
« Più o meno » borbottò Mormont.
« Che significa più o meno? » sbottò Jon abbastanza irritato. Era stanco di quella situazione, non gli importava più neanche dei Guardiani della Notte: doveva ritrovare suo zio.
« Jon. » Ed rimproverò il suo amico per il tono avventato che aveva utilizzato.
« Sei un tipo parecchio irriverente Snow, se ti capitasse davanti un Re neanche ti inchineresti » osservò il Lord Comandante, il tono divertita.
« Mi sono inchinato a Re Robert. Se si comportasse in maniera sleale non mi inchinerei più dinanzi a lui e non mi interesserebbe se è il sovrano. Sono fatto così. »
I suoi amici sorrisero. Quello era il Jon che avevano imparato a conoscere, a seguire. Anche Mormont sorrideva, finché un pensiero non oscurò il suo viso e il Lord Comandante tornò serio. « Tuo zio è stato catturato dai bruti, questo intendevo dire. » E nella stanza calò il silenzio.
Jon rimase in silenzio, meditabondo.
« Allora mi dovete dare il permesso per andare a recuperarlo. »
« Ci dovete dare il permesso, a tutti » precisò Ed. « Noi veniamo con te amico. »
Il Lord Comandate si schiarì la voce per attirare l’attenzione dei ragazzi. « Siete Attendenti, non Ranger. Non posso mandarvi in una simile spedizione. O almeno non posso farlo se non siamo tutti d’accordo. »
« Gli altri non saranno mai d’accordo » borbottò Jon, contrariato, iniziando a camminare avanti e indietro. Le pressioni di Ser Alliser Thorne sul resto dei membri anziani erano troppo forti, e poi nessuno avrebbe creduto in loro.
« Cercherò di convincerli, ma dovrete avere pazienza. »
« Pazienza? Lo zio di Jon rischia giorno dopo giorno » urlò Grenn, il vocione possente. Jeor Mormont alzò un sopracciglio, sfidando il giovane a gridare di nuovo.
« I bruti sanno che teniamo a lui, non gli faranno del male. Ovviamente sanno anche che io manderò qualcuno e attendono. » Detto questo si voltò verso Jon. « Tuo zio starà bene ancora per un poco, intanto dammi il tempo di convincere gli altri a farvi partire e non fare gesti avventati. »

Il giorno seguente gli attendenti tornarono a svolgere i propri compiti regolarmente, oltre a sopportare in silenzio gli insulti di Ser Alliser. Jon stava combattendo contro Grenn, Ed e Pyp si allenavano con l’arco e le frecce, mentre Samwell restava seduto a guardare e ogni tanto abbassava gli occhi sulle pagine ingiallite dei propri libri. Ser Thorne si era limitato a qualche battuta, non li aveva offesi troppo. Questo perché aveva altro su cui concentrarsi: attendeva dei nuovi arrivati. Improvvisamente il portone si aprì e Yoren, il confratello reclutatore, scortò dei ragazzi dentro. Jon li guardò a uno a uno e notò che erano tutti molto giovani, c’era persino un bambino. Uno dei più grandi catturò la sua attenzione: non era bello, anzi nonostante i vestiti buoni era brutto. Di ossatura robusta, aveva un naso largo e due labbra enormi. Gli occhi piccoli, molto ravvicinati e pallidi, sembravano due schegge di ghiaccio.
Anche lui sembrò interessarsi a Jon. Lo fissava come si fissa un pezzo di carne. Non è del Sud, realizzò Jon.
« Ser Alliser, vi presento i nuovi arrivati. Loro sono Luke, Bamb Pyke, Joe Hunt, Olly » e mentre Yoren parlava indicava i giovani uno a uno. « Lui, invece, è Ramsay Snow, bastardo di Casa Bolton. »
Jon guardò il ragazzo. Quindi era un bastardo del Nord, proprio come lui, però non si assomigliavano. Non per una questione estetica, quello veniva in secondo piano, quanto per alcuni dettagli evidenti: gli occhi di Ramsay erano folli, perfidi, sfioravano quasi il sadismo.
Il bastardo di Casa Bolton sembrò irritato dalla presentazione fatta da Yoren.
« Io non sono uno Snow, sono un Bolton vero. » La sua voce era bassa, cadenzata ma nascondeva una prominente rabbia.
« Sì certo » mormorò Yoren con sarcasmo.
« So che qui avete uno Snow degli Stark piuttosto. »
Ser Alliser si fece avanti, come illuminato. « Io sono Ser Alliser Thorne, mi occuperò di addestrarvi. Lascia che ti presenti il caro Lord Snow, colui che tutto può a quanto pare, anche sfidare i propri superiori. »
Ramsay squadrò Jon da capo a piedi e gli si avvicinò con fare superiore. « Noi non siamo sullo stesso piano, chiaro ragazzino? Posso non avere il nome di mio padre ma sono un Bolton, mentre tu sei un bastardo di cui si sono liberati volentieri. »
Jon cercò di non sentirsi ferito. Il maledetto era astuto, aveva capito subito il suo punto debole e aveva colpito. Eppure non doveva essere poi così furbo se era finito lì.
« Allora se sei un Bolton, cosa ci fai con i Guardiani della Notte? »
La sua sfacciataggine fece grugnire Ser Alliser e irritò Ramsay. Inizialmente il figlio di Bolton strinse i denti, poi tornò a sorridere, in maniera felice e spensierata. « Stavo per scuoiare vivo uno dei figli di Lord Reed » disse. « Il tuo caro fratellastro mi voleva morto ma mio padre ha scritto a Re Robert e lui mi ha concesso di venire qui. »
Jon provò un forte disgusto per quella creatura malefica che si era ritrovato davanti. Conosceva i bambini Reed, li aveva visti nascere e crescere. La grazia che Re Robert aveva concesso a Ramsay sembrava inconcepibile agli occhi di Jon: il bastardo dei Bolton meritava di essere giustiziato.
Ser Thorne invece si avvicinò a Ramsay con gli occhi spalancati e ammirati. « Tu mi piaci Bolton. »
Jon pensò che anche il Castello dei Guardiani della Notte improvvisamente fosse diventato un luogo sgradevole. La gente della peggiore specie veniva accolta in un ordine che avrebbe dovuto essere nobile e onorevole. Credeva che lì sarebbe stato messo da parte il suo status e che avrebbe potuto dimostrare il proprio valore, eppure tutti continuavano a rinfacciargli chi era. Quanto avrebbe voluto che Arya fosse lì. Per lei non esisteva nessuno Snow, ma era solo una ragazzina. Presto sarebbe cresciuta e avrebbe iniziato a guardarlo come tutti. Non c’era via di fuga dalle proprie origini a Westeros.
Neanche zio Benjen era lì. Non poteva fargli da spalla o a dargli dei consigli.
Dove sei zio, si chiese Jon.

 

Aspra Dimora, Oltre la Barriera

Affacciata sopra il Mare dei Brividi, Aspra Dimora torreggiava su tutto il resto. Mance Ryder era il Re Oltre alla Barriera, un bruto cresciuto dai Guardiani della Notte che era tornato a casa. Il freddo lì era diventato distruttivo, quasi tossico. Da tempo si vociferava di quella che i bruti chiamavano apocalisse, parte dei loro territori si sarebbe disintegrata. O almeno questo dicevano gli antichi saggi. Avevano due possibilità: spingersi ancora più a Nord e scoprire cosa ci fosse, oppure avvicinarsi alla Barriera e rischiare di venire ammazzati dai Guardiani.
Mance Ryder, però, con il suo flemma aveva trovato una terza opzione per salvare il proprio popolo: far tornare i bruti a Westeros. Antiche leggende dicevano che sarebbe successo, che qualcuno li avrebbe guidati al sicuro. Purtroppo nessuno si era presentato, e non c’era tempo per aspettare un aiuto.
Dovevano agire in fretta, senza esitare. L’unico vantaggio che per adesso avevano sui Guardiani era un uomo, un ostaggio. Si trattava di un loro confratello giurato, Benjen Stark. I bruti conoscevano bene quella Casata. Erano stati gli Stark a cacciarli e ora, secondo il giudizio di Mance, sarebbe stato uno Stark a farli tornare. Come ostaggio. Con una spada puntata contro. Il Lord Comandante Jeor Mormont non avrebbe mai lasciato morire un confratello fidato come Benjen.
Lo Stark se ne stava nella tenda di Mance, sorvegliato da una bruta e un bruto. Entrambi dai capelli rossi e dalla carnagione chiara. Lei aveva detto di chiamarsi Ygritte; lui Tormund, leader dei bruti dopo Mance Ryder.
In realtà Benjen aveva temuto di subire un trattamento peggiore quando fu catturato, ma, a parte i borbottii della ragazza, non poteva lamentarsi. Gli davano cibo e acqua, dormiva comodo su una branda, anche se con i polsi legati. Sembrava si prendessero cura di lui come una merce di scambio. Sapeva cosa volevano e temeva non sarebbero riusciti a ottenerlo.
« Su cosa rimugini vecchio? » domandò Ygritte, rozza e insolente. Benjen storse il muso infastidito dalla voce grezza della bruta.
« Sulle stagioni che passano, sulla zuppa calda, su un camino acceso » mentì, e i due bruti sembrarono credergli.
« Noi non conosciamo queste cose » affermò Tormund. « Ti pare giusto? »
« Io non posso farci nulla, il passato è passato. »
« No, però puoi fare qualcosa per il presente. »
« Intendete usarmi come ostaggio? Solo io per il passaggio di un intero popolo a Westeros? Non funzionerà mai, non sono così importante quindi fareste meglio a cambiare piano » osservò Benjen con arguzia. Non l’avrebbero mai liberato. Almeno tentava di fargli perdere tempo.
« Non ha capito niente » bofonchiò Ygritte rivolta a Tormund.
Il bruto scosse la testa e si decise a spiegare il piano a Benjen. Tanto non poteva comunicare con gli altri confratelli. « Noi useremo te come ostaggio per attirare tuo nipote, il figlio legittimo di Lord Stark. Minacceremo di bruciarti vivo se non verrà qui. Catturato il giovane Stark il gioco sarà fatto. Il Re dovrà darci il permesso di tornare. »
Benjen sospirò e con una mano si strofinò il viso. Il piano era davvero stupido. « Quest’idea continua a fare schifo. Non ci credo che Mance Ryder in persona non sia riuscito a pensare a nulla di meglio.»
« Cos’altro possiamo fare » gridò la bruta. Tormund le fece cenno di stare calma.
« Qui inizia a fare troppo freddo, si avvicina l’apocalisse predetta dagli antichi » disse lui a Benjen, e il Corvo rimase in silenzio. Non credeva che i bruti fossero un popolo superstizioso. Eppure se temevano qualcosa doveva esserci un motivo.
« Deve esistere una soluzione migliore, una soluzione che non comprenda minacce e ostaggi » constatò. « Avete mai pensato di trattare? »
I due bruti scoppiarono a ridere. « Il Re non si interesserebbe mai a noi. Da quanto dice Mance non si interessa nemmeno alla propria gente che muore di fame » disse Tormund. In effetti ha ragione, pensò Benjen. Robert di reale ha solo il Trono. Il bruto notò il suo silenzio e, con un sorriso ironico, riprese il discorso. « Sai qui credevamo in una leggenda. Raccontava di un uomo che ci avrebbe salvati e riportati nei Sette Regni. Eppure siamo alla fine di queste terre e di lui ancora nessuna traccia. »
« Sapete qualcosa di questa persona? Come è fatta, da dove viene … »
« La leggenda racconta di un giovane uomo in grado di sfidare il fuoco e darci una nuova vita. »
« Sciocchezze, storielle della buona notte raccontate per far addormentare i bambini » intervenne Ygritte, braccia conserte e naso arricciato. Benjen trovò il suo atteggiamento davvero insopportabile.
« Si chiamavano Targaryen » disse il Corvo, « però hanno smesso di esistere anni fa. »
Ygritte sorrise sarcastica, come per dire te l’avevo detto. Tormund sospirò. « Come puoi vedere Corvo, siamo costretti a questo piano. Mance non ha escogitato di meglio perché non esiste di meglio. »

 

Castello Nero, la Barriera

Jon camminava avanti e indietro, impaziente, davanti alla porta della Sala Comune. Lì dentro i membri anziani dei Guardiani della Notte stavano prendendo delle decisioni importanti sulla spedizione per salvare Benjen Stark. Ciò che preoccupava Jon era il pensiero di non venir incluso nella spedizione. Sarebbe volentieri entrato a parlare con tutti loro per convincerli, ma prima doveva avere il permesso dal Lord Comandante.
I suoi amici se ne stavano seduti, in attesa come lui. Ed e Grenn erano pronti a partire, Pyp e Samwell sembravano più spaventati ma pur sempre disponibili.
« Jon calmati o esploderai » constatò Ed, con fare apprensivo.
Jon sospirò e stava per mettersi a sedere quando sentì una voce. Si trattava di Donal Noye, il fabbro dei Guardiani della Notte, che raccontava delle storie ai nuovi arrivati. Fra questi c’era anche Ramsay.
« Ho costruito io quel martello da guerra » diceva Donal. « Bello, possente, letale. Il martello di Robert Baratheon, quello che uccise Rhaegar Targaryen. »
« Saresti in grado di forgiarne uno simile per me? » chiese Ramsay, e Donal Noye gli rivolse un’occhiata scettica. « Come prova di ciò che dici, delle tue abilità » si giustificò il bastardo.
« Posso provarci ma nessun martello sarà mai potente quanto quello. »
« Come fa un martello a essere più potente degli altri martelli? » protestò Sam, che come Jon si era messo a origliare i discorsi di Noye. « Gli associate un simile valore soltanto perché ha ucciso un Targaryen. »
« Soltanto? Tu non capisci proprio niente ragazzo » sbottò il fabbro. « Non è poco uccidere un Targaryen, né tantomeno Rhaegar Targaryen. »
« La vittoria non è dovuta alle armi ma solo ai combattenti. Le armi sono simboliche. »
Jon fu in disaccordo con Sam: non bastava essere bravi per vincere un combattimento. Intanto il dibattito aveva acceso i presenti e un gruppo di curiosi si era radunato attorno ai contendenti.
« Le armature fanno una vittoria » replicò Grenn, anche lui infervorato dalla questione.
« Uno più ignorante di un altro » mormorò Donal con una mano sulla faccia.
« La perfidia vince su tutto » intervenne Ramsay, un ghigno divertito sulle sue labbra.
« Accusi il Re dei Sette Regni di essere perfido? » domandò Sam ingenuamente.
Ramsay scoppiò a ridere. « Accusare? La perfidia è meravigliosa, io ammiro il Re. »
Nessuno replicò e il sussurro di Pyp emerse dal silenzio. « Questo è pazzo per davvero. »
« Un martello contro un spada » osservò Jon a voce alta. Molte teste si girarono nella sua direzione. « In un qualsiasi scontro in campo aperto, indipendentemente dalle armature usate, un’arma inastata è sempre più pericolosa di una spada. Un maggiore allungo, unito a una buona maneggevolezza, nonché una grande potenza di impatto. Re o non Re, non provi nulla roteando un martello. La vera abilità esce fuori quando brandisci una spada, e il fatto che i duellanti usassero armi diverse ci impedisce di affermare che il vincitore era il più abile dei due. La storia è raccontata dai vincitori, di solito come preferiscono. »
Il suo era un ragionamento scontato e basico, ma alcuni dei presenti lo guardarono come se avesse tre teste. Jon notò che persino Ed aveva iniziato a fissarlo insistentemente.
« Ma tu da che parte stai? » chiese Donal Noye. In un primo momento Jon non capì il senso di quella domanda, in realtà non fece in tempo dato che Jeor Mormont uscì dalla Sala Comune e si avvicinò a grandi falcate.
« Snow e amici, venite dentro. »

« Chi ci dice che è una buona idea mandare quattro giovani attendenti insieme ai Ranger? »
« Sono dei ragazzi in gamba e credo che il loro desiderio di farsi valere possa essere una facoltà preziosa in una missione come questa » dichiarò il Lord Comandante.
Aemon Targaryen, intervenuto in precedenza, si voltò verso Jon. « Sai che non puoi farti condizionare dagli affetti? Se ci assicuri che non sarai troppo precipitoso, impulsivo e non ti farai compromettere dai sentimentalismi ti manderemo in spedizione. Prima però dovrai convincerci. »
Jon guardò i suoi amici e questi gli rivolsero degli cenni di incoraggiamento. Cosa avrebbe potuto dire per convincere i Guardiani della Notte? Si era unito ai Corvi da tre mesi, aveva fatto il suo giuramento. Aveva avuto il tempo per mettere in dubbio quella decisione e aveva constato che non c’era altra soluzione: poteva vivere bene soltanto con i Guardiani della Notte. Altrove era un semplice bastardo, senza una figura materna e con una figura paterna quasi assente, rappresentata da un uomo che non aveva intenzione di dargli il proprio cognome. Doveva vivere bene lì, non aveva altre alternative e non poteva riuscirci senza zio Benjen.
« Sappiate che non mi piace parlare e che non mi ritengo un bravo oratore. So che la paura può portare a delle scelte impulsive, ma chi mi conosce sa che sono un tipo riflessivo e che non metterei mai in pericolo i miei compagni. Non sono un egoista. Sono qui per diventare qualcuno e diventerò qualcuno. Sono qui per proteggere gli altri, anche Benjen Stark. Non solo perché è mio zio ma anche perché è il mio compito, come Guardiano della Notte. Per favore, lasciatemi partire. »
Aemon Targaryen sorrise e annuì, Ser Alliser Thorne sbuffò.

Tre giorni dopo un gruppo di nove Guardiani era in partenza dalla Barriera. I membri anziani dei Guardiani della Notte avevano deciso che era meglio partire in pochi pur di non attirare l’attenzione.
Il gruppo era composto da Jon, Sam, Ed, Grenn, Pyp, Chett, Satin, Jaremy Rykker e il Lord Comandante in persona. Alcuni si erano opposti alla sua partenza, mentre altri, che aspiravano al potere, ne erano stati felici. Lui aveva scelto di partire in nome di Benjen Stark: voleva recuperare un vecchio amico.
Jon invece era contento di allontanarsi da Ser Alliser Thorne e da quella specie di sadico inquietante di Ramsay Snow, o Bolton, a chi interessava. I Corvi avevano progettato un piano che comprendeva una scorciatoia per intrufolarsi ad Aspra Dimora senza farsi notare dai bruti. Era difficile. Due componenti avrebbero dovuto seguire il percorso mentre il resto sarebbe rimasto di guardia. Secondo i piani quei due componenti dovevano essere Satin e Jeremy Rykker, il primo giovane e veloce, il secondo con esperienza. Il viaggio cominciò in brutte condizioni climatiche: una tempesta di neve investì i viaggiatori. Il tempo al di là della Barriera si faceva sempre più brutto: come se una forza oscura, magica cercasse di spiantare quegli insediamenti.
Jon non riusciva neanche immaginare alla rabbia e paura che dovevano provare i bruti: confinati secoli orsono e ora costretti a subire un freddo che sembrava preannunciare il disastro.
In realtà non era mai riuscito a odiare quelle persone, come invece facevano i Guardiani. Jon, in cuor suo, preferiva i bruti rispetto a esseri meschini come Ramsay, Ser Alliser Thorne, Rast. Tutti uomini terribili e disgustosi. Esistevano tanti uomini orripilanti nei Sette Regni, eppure non venivano condannati o respinti.
« Si preannuncia un brutto tempaccio » gridò il Lord Comandante. « Fermiamoci qui e riposiamo » disse poi, indicando un gruppo di grotte.
Quella sera mangiarono un coniglio arrostito che erano riusciti a catturare prima di partire e alcuni dei Corvi si misero subito a dormire. Gli unici rimasti svegli furono Jon, Sam, Ed e Grenn. Sam cercava di riscaldarsi vicino alle fiamme su cui avevano cucinato mentre Grenn gli ordinava di smettere di battere i denti.
Ed e Jon erano rimasti in disparte, entrambi muti fino a quando il più grande non ruppe il silenzio. « Come stai? »
« Sono preoccupato per zio Benjen e, allo stesso tempo, ho paura che sia evidente quanto sono condizionato dalla cosa » disse. Con il suo amico poteva confidarsi, di lui si fidava ciecamente.
« Lo so che hai paura, è il tuo familiare più vicino. »
« Non dovrebbe essere così. Unendoti ai Guardiani rinunci alla famiglia. »
« Ma sappiamo entrambi che è difficile » decretò Ed.
« Sai Ed, a parte mia sorella e zio Benjen nessuno è stato in grado di non farmi sentire uno Snow. Persino mio padre non mi ha dato il suo cognome, non mi ha mai trattato come trattava il suo primogenito. » I suoi ricordi tornarono indietro, pensati e dolorosi, come una coltre di immagini soffocate che circolavano nella sua mente. Casa è dove c’è famiglia, ma cosa succede se i tuoi stessi familiari ti fanno sentire fuori posto e inadatto?
Lady Catelyn, specialmente, era sempre stata sprezzante nei suoi confronti. Lo guardava con un odio e gli parlava con un tale foga da farlo sentire quasi colpevole. Quasi. Perché lui sapeva di non avere colpa degli errori di suo padre. Allo stesso tempo era triste definirsi un errore, ma molte volte aveva quella sensazione: quella di essere nato involuto e indesiderato. Lord Stark lasciava che sua moglie dicesse e facesse quello che preferiva di lui, non aveva mai preso le parti di Jon e, anche questo, lo feriva.
« E questo ti ha ferito più di quanto tu abbia dato a vedere » intuì Ed. « Sappi che per me non sei mai stato un bastardo Jon, tu sei il mio leader. Non mi interessa se il tuo cognome è Snow. Io seguo e seguirò per sempre te, e te soltanto. »
Jon sentì gli occhi diventare lucidi. La fedeltà che gli dimostravano i suoi amici, giorno dopo giorno, riusciva a commuoverlo. Con un braccio circondò Ed e il ragazzo davanti a lui ricambiò volentieri.
Improvvisamente si sentì una botta e un tonfo.
« Grenn perché mi hai colpito? La scatola è caduta dentro il fuoco » gridò Samwell con il viso completamente paonazzo. Grenn gli rispose con altrettanta veemenza.
« Non sopportavo più i tuoi denti battenti. La prossima volta ci butto te dentro il fuoco! »
« Ragazzi fate silenzio, sveglierete gli altri » li sgridò Ed.
« Il contenitore che il maestro Aemon mi aveva affidato è caduto dentro il fuoco » si lamentò Sam.
« Lo recupererai domani, quando si spegnerà il fuoco. »
« Lo troverò completamente fuso. »
« Cosa conteneva? » intervenne Jon.
« Non importa » borbottò Sam con uno sbuffo. « Non riesco neanche a vedere dove è andato a finire. »
Jon, invece, insistette. « Sam, cosa conteneva? »
Sam arrossì e sospirò, decidendosi a confessare. « La mappa di queste zone che il Lord Comandante usava per orientarsi. »
« Sam è una cosa importantissima, dobbiamo ritrovare il contenitore » sbottò Jon e tutti i compagni iniziarono a cercare nelle fiamme. Grenn, sentendosi in colpa, prese un bastone e cominciò a frugare.
« L’ho trovato » gridò e, con il bastone, sollevò il contenitore. Jon, senza riflettere, afferrò il recipiente metallico senza neanche battere ciglio.
« Jon » esclamò Ed preoccupato e istintivamente gli tolse il contenitore cocente dalle mani. Ovviamente poi, con un grido di dolore, scaraventò a terra il recupiente.
In tutta quella confusione il Lord Comandante si era svegliato. « Cosa succede qui? Vogliamo attirare tutti i bruti nella zona? »
« Torniamo a dormire signore » affermò Grenn. Jeor Mormont non si accontentò della risposta, prese Grenn e Sam per un braccio e se li trascinò dietro. Ed e Jon rimasero di nuovo.
« Ti sei fatto male? » chiese Jon, prendendo le mani di Ed per osservarne i palmi ustionati.
« Certo che mi sono fatto male, tu no? » Quando Jon non rispose, Ed decise di ispezionare i suoi di palmi. Non un segno o una scottatura, niente. Il ragazzo di Grande Inverno osservò le proprie mani con altrettanto stupore, e le paragonò a quelle dolenti di Ed. Il suo metalupo osservava quella sceneggiata senza capire.
« Non capisco come sia possibile. »
« Non ti era mai successo? »
Jon, a bocca aperta, deglutì. « Non mi ero mai avvicinato tanto al fuoco. Sai è una di quelle cose pericolose da cui ti mettono in guardia da bambino. »
Ed era stranito ma scelse di soprasedere sulla questione. « Forse hai toccato il calore per meno tempo. Io propongo di andare a dormire e di non pensarci troppo. »
Jon deglutì di nuovo e annuì, convinto a lasciar perdere.

Il giorno dopo partirono di buon ora, Jeor Mormont ancora arrabbiato per il casino che i suoi ragazzi avevano fatto in nottata. Tuttavia una gran parte della giornata sembrò procedere per il verso giusto. Fino a quando Jeremy Rykker non ordinò a tutti di fermarsi.
« Non siamo soli, ci stanno seguendo. »
Sam iniziò a tremare mentre tutti gli altri si guardarono attorno. Nei paraggi non vedevano niente. Eppure si fidavano di un grande segugio come Jeremy e, se lui diceva che qualcuno li stava seguendo, c’era sicuramente qualcuno che li stava seguendo.
« Cosa percepisci? » gli chiese Mormont.
« Siamo circondati » constatò il Guardiano della Notte. « I bruti ci hanno circondati. »
Sam cominciò, come se fosse possibile, a tremare ancora di più. Jon vide Spettro allontanarsi e non capì il motivo. Sembrava che non ci fosse via di scampo, e tutto accadeva troppo in fretta.
« Corriamo » disse improvvisamente Jeremy e si precipitò verso una direzione. Tutti gli altri seguirono il suo esempio, di corsa. Non sapevano dove stavano andando ma continuarono a fuggire nella speranza di seminare i nemici.
Le loro speranze si rivelarono vane quando un gruppo di bruti spuntò sulla strada. Jon si voltò di colpo e notò che erano ovunque, erano tantissimi. Li avevano davvero circondati. Il giovane Snow stava per estrarre la propria spada quando una lama fredda e affilata gli toccò il collo.
« Non ti muovere o sei morto. » A parlare era stata una ragazza, o meglio una bruta dalla pelle bianca e dai capelli rossi, il viso ricoperto da lentiggini e il naso sbarazzino. In un primo momento Jon pensò che fosse carina, poi rimosse il pensiero e provò a spostarsi.
« Non muoverti ragazzino, o infilzo il ciccione » disse un’altra voce. Jon vide un uomo dai capelli e dalla barba rossi che puntava una spada contro Sam, e il ragazzo ormai tremava da testa a piedi, sembrava stesse per perdere i sensi. In effetti, pochi secondi dopo, si accasciò al suolo.
« Sam » gridò Jon, cercando di soccorrere il compagno, ma la lama della bruta si fece più insistente attorno al collo, impedendogli di fare un qualsiasi movimento. Alla fine tutti i Guardiani vennero catturati e disarmati, compreso Lord Mormont.
« Sapevo che ieri sera avevamo fatto troppa confusione » bofonchiò Grenn.
« Quale confusione? » chiese il bruto rosso. « In realtà ci è arrivato un corvo che svelava il percorso che avreste fatto. »
Nella compagnia calò un lungo e frustrante silenzio. Poi Jon esclamò con rabbia: « Ramsay. »
« Il pazzo demoniaco » proruppe Pyp.
« E probabilmente anche Ser Alliser » aggiunse Ed.
« Quegli idioti pagheranno per questo giorno » concluse il Lord Comandante, il volto contratto dalla tensione e dalla preoccupazione.

  
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