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Autore: Martocchia    14/12/2018    1 recensioni
Sequel di "Ojos de Cielo"
Sono passati pochi mesi dalla scomparsa di Clara, ma tutto sembra essere cambiato nel mondo di Luca: tutto è nero, niente ha più valore per lui, neanche ciò che lo legava così strettamente a "lei". Sì, perché quel nome è impronunciabile per chiunque.
Le persone intorno a lui stentano a riconoscere in quel ragazzo cupo, sarcastico e menefreghista, Luca. Ma delle promesse sono state fatte e delle persone faranno di tutto per mantenerle e per farle mantenere.
Riuscirà Luca a trovare la forza per andare avanti? Riuscirà a cantare. suonare, amare ancora, come lei gli ha chiesto? E se sì. come?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7 – Qui dentro me

È un sabato mattina assolato di fine febbraio.
Il don è seduto su una panca in una piccola ed antica chiesa, che si trova sul lungolago di Luino, con una vista splendida sul lago Maggiore. Non c’è da stupirsi se tante persone la scelgono per il proprio matrimonio…
L’orario delle confessioni è passato, la chiesa è vuota e il don si sta prendendo del tempo per considerare i propri pensieri in tutta pace, prima di chiudere tutto è ritornare in oratorio per il suo meritato pranzo in compagnia di Marcellino.
Ma, improvvisamente, una delle porte in legno massiccio si apre con un cigolio, una striscia di luce solare si affaccia timidamente all’interno del santuario e su di essa si staglia un’ombra femminile. Il don si volta verso il fondo della chiesa, sorridendo con serenità alla mamma di Luca.

- Stavo proprio pensando a tuo figlio. -.
La donna ride sommessamente, mentre guarda all’altare e si fa un segno di croce, per poi sedersi al fianco del sacerdote.
- Dà tanto da pensare a tutti quel ragazzo… - sospira – Ma sono felice che lo faccia qualcun altro oltre a me. -.

- La preoccupazione è compresa nel pacchetto dell’amore e dell’affetto e lui adesso ne ha tante di persone intorno a lui che hanno accettato di fare questo acquisto. – commenta l’uomo in tono scherzoso.

- E per questo non posso fare altro che ringraziarti. Se tu e Marco non aveste insistito tanto e non lo aveste portato a conoscere gli amici di Clara… Mi terrorizza pensare che cosa sarebbe potuto accadere… - le mani della donna hanno un forte ed istintivo tremore.
Il prete la guarda con paterna dolcezza, posando una mano sulle sue per frenarne il fremito.
- Non serve pensarci ormai. In questi mesi ha fatto molti passi avanti. Ha accettato la sfida e sta facendo tutto ciò che può, pian piano, per ritornare sulla strada giusta. Il problema è che non lo sta ancora facendo per sé stesso, ma per la promessa che ha fatto a Clara. È il senso di colpa per averla ignorata per tanto tempo che lo attanaglia in questo momento, anche se penso che ci sia anche qualcos’altro che non vuole dire… -.

- Ha incominciato a frequentare il Gruppo Giovani, l’oratorio, è andato con voi in montagna a Capodanno, si è messo a studiare seriamente, si è impegnato tanto anche nell’organizzare il Carnevale…Quando l’ho visto giocare e ridere con i bambini non potevo credere ai miei occhi. È più sereno, sorride, eppure… Ho paura che stia ancora girando intorno alla questione più importante, senza cercare di affrontarla. – spiega lei, non nascondendo nel proprio tono di voce una certa preoccupazione.

- È ciò che tutti pensiamo, ma non possiamo di certo costringerlo ad affrontarla, possiamo solo attendere che lo faccia da sé, fargli sapere che noi ci siamo se ne avrà bisogno e stargli accanto, dargli tutto il nostro sostegno quando il momento fatidico arriverà. -.

- Ma lui non canta, non suona, non piange, non è mai andato una volta al cimitero. È come se cercasse di evitare tutto ciò che lo metterebbe nelle condizioni di dire “Clara è morta”. Cerca di andare avanti come se nulla fosse, rimanendo in realtà fermo. – esclama esasperata.

- Posso solo immaginare quanto sia doloroso come madre vedere il proprio figlio in queste condizioni, ma non rimarrà per sempre così. Ci sta provando, lo sai, ce la sta mettendo tutta, ma bisogna dare tempo al tempo. Ferite di questo genere non si possono curare con la bacchetta magica. Ogni cellula deve rigenerarsi, riconnettersi alle altre e formare nuovi tessuti. Si può solo aspettare, con pazienza. -.

I due rimangono in silenzio per qualche minuto, con gli occhi fissi sull’altare e sugli affreschi segnati dal tempo. Le campane di mezzogiorno incominciano a suonare festose, metà giornata è già volata via ed è giunta ormai l’ora di mangiare qualcosa.
La donna si alza, fa nuovamente il segno di croce ed infine, con i piedi già rivolti verso l’uscita, si rivolge nuovamente al prete:
- Fra poco sarebbe stato il compleanno di Clara… Non sarà una giornata semplice per Luca. -.

- Hai ragione… Quella sera ci sarà un incontro del Gruppo Giovani. Magari è la giusta molla che gli darà la spinta per aprirsi ancora un po’ di più. E noi lo ascolteremo e gli staremo vicini come sempre. Non preoccuparti. – la incoraggia l’uomo, alzandosi per accompagnarla all’uscita.
- Facile a dirsi… - sospira lei di rimando.
Il don le apre la porta, il sole lo acceca e l’aria fresca gli riempie i polmoni, dopo ore passate là dentro. La donna si ferma davanti a lui, gli stringe una mano, sorridendo con gratitudine, per poi allontanarsi dalla sua vista, lasciando il sacerdote solo, davanti all’ingresso, con lo sguardo rivolto verso l’alto, come a chiedere un consiglio a Qualcuno che ne sa di più.


La sveglia suona, inesorabile e fastidiosa come tutte le mattine. Luca fa cadere pesantemente una mano su di essa per spegnerla. Con occhi ancora assonnati guarda la data sul display e per poco non si strozza con la sua stessa saliva. Si stropiccia gli occhi, credendo di aver visto male, ma quei piccoli numeri non hanno la benché minima intenzione di cambiare. Il ragazzo lascia ricadere la testa all’indietro sul cuscino e fissa il soffitto con occhi vacui.
“È già passato così tanto tempo…”.
Si mette seduto sul letto e dal soppalco guarda in basso, verso il pianoforte coperto.
“Quel giorno mi sono praticamente dichiarato, ma non è andata esattamente come speravo… - ride ripensando a come il suo cellulare avesse pensato bene di suonare proprio quando stava per baciarla.
“Non sono mai stato tanto in imbarazzo come in quel momento. Era il suo compleanno e volevo solo vederla felice, farla cantare e cantare con lei. Ora invece…”.
- Ah, basta! – esclama con tono esasperato – Se mi metto a pensare a queste cose finirò solo per deprimermi come al solito. Forza, Luca, alzati! – e detto ciò scende dal letto e si dirige in bagno.

Dopo mezz’ora è già fuori di casa, pronto ad affrontare una nuova giornata scolastica, facendo finta che non sia affatto un giorno particolare.
Davanti al suo cancello, però, trova, appollaiato sul muretto come un avvoltoio, in attesa, Marco, il quale, appena lo vede chiudersi la porta d’ingresso alle spalle, si rimette in piedi con un balzo e aspetta che l’amico lo raggiunga, sorridendogli in modo assolutamente anormale per qualunque essere umano al mattino presto.
“E al diavolo il voler fare finta di niente…” Luca sospira rumorosamente e guarda storto il proprio migliore amico.
- Eddai, cos’è quella faccia? Non sei contento di avere compagnia sulla strada verso quel luogo triste e polveroso chiamato scuola? – domanda allegramente il ragazzo.

- Pensi davvero che io creda che sia stato solo un caso che tu mi abbia fatto quest’improvvisata proprio oggi? – chiede per tutta risposta l’amico, cominciando ad incamminarsi, senza aspettare l’altro.

- Sono stato così un illuso da averci sperato giusto un pochino? – Marco gli corre dietro, mentre Luca alle sue parole alza gli occhi al cielo – Ok, ok, era scontato che tu lo capissi, ma almeno apprezza il gesto di profondo affetto che ho fatto per te. -.

- Adesso non fare il melodrammatico! – commenta l’altro ragazzo, guardando con la coda dell’occhio l’espressione da finto offeso dipinta sul viso di Marco – Certo che lo apprezzo, ma non ce n’era bisogno. La data nonostante tutto non cambia e, in fondo, è anche giusto che almeno oggi non combatta con i miei ricordi e lasci la mia memoria vagare un po’, per lei. – la serenità negli occhi di Luca sorprende l’amico, che, incoraggiato da ciò, prova a fare un’altra proposta…

- Senti, a proposito di ricordare… Io oggi pomeriggio andrò al cimitero, da Clara. Vuoi venire con me? -.

Lo sguardo di Luca si incupisce, come il cielo prima che scoppi un temporale. Immagini del funerale scorrono veloci nella sua testa. Ognuna è uno spillo che si diverte a punzecchiare dolorosamente il suo cuore e la sua mente. Il ragazzo stringe le palpebre, cercando di allontanare quei ricordi…
“Qualunque altro ricordo, ma non quello, non oggi.”.
- Penso che per stavolta passerò. – risponde infine in tono neutro – Riesco a ricordarla perfettamente senza vedere la sua tomba. – e detto ciò accelera il passo, lasciando dietro di sé il proprio migliore amico, il quale si sente un po’ colpevole di aver causato quel repentino cambiamento d’umore, proprio quando sembrava che Luca stesse affrontando nel modo giusto la giornata.

- Almeno stasera al Gruppo Giovani ci vieni? – domanda, alzando la voce per farsi sentire dal ragazzo che si sta allontanando sempre più da lui.
Luca alza solo un pollice in segno di assenso e Marco, rincuorato, corre verso di lui, chiedendosi cosa quella serata gli riserverà.


La giornata è assolata e nel cimitero si ode solo il lieve cinguettare degli passerotti, che, incoraggiati dal bel tempo, cantano allegri il prossimo arrivo della primavera. Volano leggeri da un albero all’altro, appoggiandosi ogni tanto su qualche lapide segnata dallo scorrere del tempo, dal vento e dalla pioggia; si guardano attorno, cercando di carpire con i propri piccoli occhietti neri qualche segnale di pericolo, oppure il movimento di qualche insetto commestibile, da portare ai propri piccoli, che li stanno aspettando affamati nel nido.
Ma uno scalpiccio sulla ghiaia spaventa gli uccellini, che decidono di cercare il pranzo altrove. Marco si ferma ad osservarli volare via, rimanendo per attimo a fissare il cielo azzurro, sgombro dalle nuvole.
Riscuotendosi dai propri pensieri si avvicina alla lapide che gli è così familiare: pietra bianca porosa, come quella del fratello di Clara, lì accanto; una piccola statua di un angelo ad occhi chiusi e la bocca semiaperta, le mani giunte e la testa piegata verso l’alto. A Marco è sempre piaciuto pensare che quell’angelo fosse Clara intenta a cantare anche nel posto dove ora si trova. Ai piedi della statua un vaso con dei fiori dall’aria un po’ sofferente: il ragazzo li prende e li getta nel bidone lì vicino, poi riempie un annaffiatoio e colma nuovamente il vaso di acqua fresca, per poi mettervi dentro i fiori che ha portato lui, margherite e lavanda, i preferiti di Clara. Il profumo della seconda impregna intensamente l’aria circostante e Marco chiude gli occhi beandosene per un istante.
- Buon compleanno Clara. - sussurra, sorridendo, mentre un raggio di sole illumina con riflessi dorati le sue iridi nocciola, da cerbiatto, come diceva sempre lei.
- Questa settimana sono venuto a trovarti in un giorno diverso da solito, ma non potevo non venirti a trovare proprio oggi. Hai visto? Ti ho portato un mazzo di fiori ancora più grande. Magari nei prossimi giorni passo a cambiare l’acqua per farlo durare un po’ di più del solito mazzo settimanale… - si ferma per un attimo, lasciando in sospeso il pensiero – Scusami, Clara. Non sono riuscito a portarlo qui… Non è ancora pronto ad affrontare… Questo. Lo capisci, vero? Ma sta bene, almeno credo, insomma, meglio di qualche tempo fa… Ha solo bisogno di ancora un po’ di tempo per prepararsi, non è certo facile la prima volta… -.
Una piccola lacrima fa capolino, mentre Marco ricorda la sua prima visita a quella tomba, il giorno dopo la prima Adorazione che gli aveva cambiato la vita, in cui l’aveva sentita, aveva percepito chiaramente il suo calore, che da allora non l’aveva più lasciato. Era terrorizzato dall’idea di trovarsi di fronte a quella lapide, alla prova inconfutabile che la sua Clara non c’era più, ed aveva pianto così tanto, buttando fuori tutti i suoi sentimenti, le sue paure ed i suoi dubbi. E così aveva cominciato a parlare con lei tutte le settimane, raccontandole dei suoi amici, della scuola, del musical e dei progressi di Luca.
- Sai, sono sicuro che manchi poco. Qualcosa mi dice che presto lo vedrai qui. Sta per succedere qualcosa di grosso… Meglio che vada, mi aspetta un incontro del Gruppo Giovani che si prospetta molto interessante. Ho l’impressione che stasera Luca avrà bisogno del sottoscritto, ma non preoccuparti, andrà tutto bene, ne sono sicuro! – esclama il ragazzo, sorridendo con ottimismo, per poi addolcire la propria espressione – Ci vediamo presto, Clara. Ti amo. – dice infine, baciando la punta delle proprie dita, appoggiandole poi su una guancia dell’angelo – Lo so che è una causa persa in partenza, ma la speranza è l’ultima a morire, no? Può darsi che su in Paradiso, a forza di sentirmi parlare tu abbia cambiato idea e abbia finalmente capito quanto io sia fantastico. Sicuramente renderebbe le cose molto più interessanti quando saremo di nuovo tutti e tre insieme. – commenta Marco ridendo – Ma lo so che tu già vedi in me molto più di quanto io possa immaginare, semplicemente Luca è a un livello totalmente diverso dal mio, lo capisco. La purezza del suo amore per te… In pochi la possiedono. Mi accontenterò del secondo posto nel tuo cuore, sempre meglio di niente. – e detto ciò Marco si allontana verso l’uscita sorridendo e guardando con occhi brillanti di speranza il cielo limpido, ormai sul punto di scurirsi con l’avvicinarsi del tramonto.


C’è aria di festa nell’oratorio di Luino: luci accese, il tepore dei caloriferi, cartoni di pizza vuoti impilati in un angolo, risate allegre. L’ora dell’incontro vero e proprio è ancora lontana, ma il desiderio di stare insieme ha vinto la stanchezza di una settimana per alcuni di scuola o di università, per altri di lavoro, e in mezz’ora una cena in compagnia è stata organizzata. Marcellino scorrazza sotto sedie e tavoli, fermandosi solo ad annusare e leccare scarpe o per farsi coccolare e in questo il gruppo di giovani non si risparmia, sopportando pazientemente le sue zampate e i suoi morsi giocosi.
L’atmosfera è leggera, sembra che nulla possa turbarla. Nessuno ha parlato della ricorrenza del giorno, anche se è chiaro che tutto questo è stato messo in piedi soprattutto per festeggiarla e stare vicini a Luca, il quale, nel segreto del suo cuore, sta ringraziando i suoi amici.

- Manca più di mezz’ora alle nove… Perché non cantiamo qualcosa? – propone una delle ragazze, rivolgendosi immediatamente verso Luca con espressione imbarazzata – Sempre che non ti dia fastidio… -.

Luca sorride accondiscendente:
- Tranquilli, fate pure. Non dovete trattenervi per me e poi oggi mi sembra la giornata giusta per farlo, lei lo apprezzerebbe molto. -.

- Allora bisogna recuperare una chitarra, la mia l’ho lasciata in salone. – dice suo fratello, accingendosi ad alzarsi per andare a prendere lo strumento, ma Luca lo blocca.

- Vado io. Almeno mi sento partecipe, visto che né canto né suono. – e si dirige verso la porta.

- Sei sicuro? – gli sussurra Marco, afferrandolo per un braccio prima che possa uscire dalla stanza.

Il ragazzo appoggia una mano su quella dell’amico e lo guarda negli occhi, cercando di sembrare il più sicuro e rassicurante possibile:
- Sì, non preoccuparti. Non devo suonarla, ma solo portarla qui. Penso di potercela fare. – ma non ne è convinto neanche lui, eppure si libera con delicatezza dalla presa di Marco e si dirige a passo spedito verso il salone.
Appena vi entra ed individua con lo sguardo lo strumento, però, si irrigidisce come una statua di sale. Sente il battito del proprio cuore accelerare e le mani diventare sudaticce.
“È solo una chitarra, non è lei, Luca! Datti una calmata e comportati da persona normale!” pensa, scuotendo la testa con foga ed avvicinandosi alla custodia aperta. Ma nel momento in cui il ragazzo tocca il manico di legno dello strumento le sue dita incominciano a tremare. Come sotto ipnosi, sfiora con i polpastrelli le corde, ne segue il profilo fino in fondo, alla cassa, avvertendo sempre più forte il bisogno di far emettere loro una nota, anche una sola. E così, incapace di trattenersi, ne pizzica una e un singolo, limpido, suono riecheggia nel salone, nel corridoio, fino a giungere al bar, dove non passa certo inosservato: tutti si zittiscono e si guardano con occhi sgranati.
- Luca… - sussurra Marco incredulo, spostando gli occhi sul don, il quale gli sorride e annuisce. In men che non si dica tutto il gruppo di giovani è in corridoio a spiare il ragazzo, il quale, intanto, ignaro della loro presenza, ha imbracciato la chitarra, come se non fosse passato un solo giorno da quando l’ha suonata per l’ultima volta. La mano sinistra preme le corde pronta a riprodurre qualunque accordo, la destra attende di generare altre note da quello strumento, perché quell’unico, misero, suono non gli è bastato. Luca lo sapeva che se avesse pizzicato quella corda non sarebbe più riuscito a smettere. La musica è una droga, lui ne è dipendente, lo sono entrambi, e da troppo tempo si è imposto un’astinenza decisamente dannosa.
Il ragazzo non ha più la forza di opporsi ai propri desideri, a lei. Respira profondamente, alza gli occhi verso l’alto, mentre le sue dita cominciano a muoversi fluide sulle corde e la sua voce si leva nell’aria senza incertezze.

A volte mi guardo e
mi sento come se avessi sbagliato tutto
quasi come se
questa vita non abbia poi un senso
improvvisamente
non vedo più niente
tutto si appanna
qui dentro me
qui dentro me
qui dentro me
qui dentro me
qui dentro me

Ed eccola, proprio lì davanti a lui, ad occhi chiusi, ondeggiando lentamente al ritmo del musica. Poi quegli occhi si aprono e si fissano sul ragazzo, provocandogli un brivido di emozione: quegli occhi sono pieni di dolcezza, esattamente come lui temeva, e brillano tanto da far male.
“Occhi di Cielo…” si ritrova a pensare Luca “Com’è possibile che tu vedessi tanta luce nei miei? Ora sembra non esserci mai stata… L’ho spenta, mi sono spento quel giorno in ospedale e da allora mi sono autocondannato all’oscurità.”.
L’amore di quello sguardo sembra tagliarlo in due e allora chiude gli occhi, ma eccolo che riappare indelebile nella sua mente.
“Basta, non puoi guardarmi così, non puoi. Non lo merito. Non ti ho ascoltata, non ho neanche provato a mantenere la promessa fatta, perché speravo davvero che tu mi fulminassi, o qualcosa del genere, e mi riportassi da te. Senza di te sono completamente perso e, lo ammetto, finché non ho incontrato i tuoi amici, ho pensato molte volte che questa vita non riservasse più nulla per me… “.

E poi c'è chi pretende
che io sia solamente un bel sorriso
una certezza un paradiso
ma non è così
non è così facile
anche se sembra semplice
solo tu mi hai dato
la forza
di guardarmi dentro
di superare il vuoto senza morire mai
nonostante me nonostante i miei guai
sono qui dentro me
sei qui dentro me
sono qui dentro me
qui dentro me

“Ma, nonostante io abbia continuato a ribellarmi e a nascondermi dalla serenità che avrei potuto riacquistare così facilmente, nonostante abbia fatto di tutto per farmi odiare da chiunque, anche da te, tu non mi hai mai abbandonato. Ci sei sempre stata, nelle persone che mi hai messo accanto e che non si sono arrese davanti ai miei rifiuti, e dentro il mio cuore. Durante quell’Adorazione la tua voce ha rimescolato tutto dentro di me: non volevo più morire, desideravo solo vivere.”.

Quando ho paura dammi forza
e quando mi perdo dammi chiarezza
e questo amaro che ho qui in bocca
resti pure basti che serva

“Eppure la paura è rimasta, insieme al senso di colpa, intatti, come un masso davanti all’entrata di una grotta. Non ho voluto permettermi ancora di cantare e suonare, ero terrorizzato dall’idea di dover fare questa conversazione, avevo paura di ciò che avresti pensato di me, dopo che ho eliminato la musica dalla mia vita per tanto tempo. Quanto sono stato stupido… Solo cantando una canzone mi sto sentendo rinascere, il masso si fa più leggero sul mio cuore, aiutami a spostarlo e a distruggerlo, dammi una mano a recuperare i miei Occhi di Cielo.”.

Sono stanco di chi troppo aspetta
Cosa volete io dica stavolta
la vita corre ma non va in fretta
c'è speranza solo per chi la cerca
Sei qui dentro me
qui dentro me
qui dentro me
qui dentro me
qui dentro me

“Ok. Penso sia arrivato il momento di dirmelo chiaro e tondo: tu sei morta, ma da morta sei più viva di quanto io lo sia stato in questi mesi. Io sono vivo ed è arrivato il momento di dimostrarlo, perché la vita mi riserva ancora grande cose e voglio viverla per due, come mi hai detto tu, per te e insieme a te, che sei sempre dentro di me.”.

L’ultimo accordo si spegne nell’aria, le mani di Luca rimangono, però, ancorate allo strumento, come se, ora che lo ha ritrovato, non volesse più lasciarlo andare.
Lei è ancora davanti a lui, con un dolce sorriso stampato sulle labbra. Gli si avvicina, posa una mano sul cuore del ragazzo e con l’altra gli accarezza il viso, mentre una lacrima le attraversa una guancia.
Le sua bocca si muove, pronunciando le ultime parole della registrazione:
“Amore mio, piangi.”.
E così gli occhi di Luca si riempiono di lacrime, che incominciano a cadere copiose sulla chitarra. Il ragazzo si lascia cadere in ginocchio sul pavimento del salone, emettendo un grido, smorzato dal pianto, il cui oggetto è un’unica, inconfondibile, parola:
- Clara. -.

Angolo dell'Autrice
Rieccomi con un nuovo capitolo. Scusate l'attesa, ma la sessione d'esami si sta avvicinando ed inoltre ultimamente ho davvero tanti impegni anche in oratorio, ma soprattutto volevo che questo capitolo fosse davvero perfetto, perché è uno dei punti di cardine della storia.
Adesso chissà cosa riserva l'avveire per Luca... Incontrerà diverse persone, alcune conosciute, altre nuove e, soprattutto, dovrà compiere una scelta importante riguardo al proprio futuro e vi posso assicurare che sorprenderà diverse persone...
Buona lettura e, se non riesco a pubblicare il prossimo capitolo prima di Natale, buone Feste!!!
Marta

   
 
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