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Autore: queenjane    14/12/2018    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Avevo avuto gli incubi per l’ennesima volta, mi svegliai urlando, a squarciagola, il pannolino fradicio, come prassi, e, dopo pochi momenti, ti percepii vicino a me, tranquillo, passa, mentre ti serravo le mani, sulla destra brillava il nodo nuziale di Andres, mio padre putativo. “Non passa” una pausa “Non passerà mai” deglutisti mentre premevo la testa contro la tua clavicola, sst, sst, straziata a tua volta. La cantina, il gusto ferroso del sangue, la polvere, il cuore che mi scappava dalle orecchie “Mi mancano, Cat, ogni singolo giorno, perché loro sì e io no?”una domanda eterna senza risposta. “Oh Alexei” “Me lo hai detto tante volte, ma non credo di riuscirci” E.. “Tu .. “una pausa straziata “Non mollare .. sei un lottatore, sempre” 
 
 
Siberia, inverno 1918.
“Cara Catherine, ti scrivo da Tolbosk, è il 15 gennaio 1918, fa tanto freddo e mi manchi, ci manchi. Come stai? Come state?Mi ha fatto tanto piacere ricevere i biglietti di Natale, sei stata carina a mandare una giacca imbottita a testa, sciarpe e guanti e berretti e calze, che la nostra roba si era rovinata ed era piena di buchi, nonostante i rattoppi e i rammendi..Abbiamo costruito una montagnola di neve nel recinto quadrato, dove lanciarci con le slitte, tranne che le guardie l’hanno spianata e ne abbiamo costruita un’altra e tanto.. Seguo le lezioni, la sera organizziamo rappresentazioni teatrali con M. Gilliard come suggeritore e Anastasia, Marie e me come attori.. Olga legge tanto come Tatiana, con Papà seghiamo tanta legna .. Riprendo ora, che abbiamo mangiato storione e bliny con i soldi che avete inviato abbiamo potuto acquistare queste squisitezze, che sennò non era possibile, il governo provvisorio ci ha dato un budget di 600 rubli a testa, 4.200 in tutto, che siamo in sette (visto, aritmetica applicata..) e non basta per tutto..Mi manchi, era bello quando mi raccontavi le storie, Achille e l’Eneide e compagnia, mi prendevi tra le braccia e facevamo volare gli aquiloni.. Spero che ci mandino presto in Inghilterra, così ci rivedremo… (. . ) Ora vado a mangiare dei pancake, se pensi che non avevo mai appetito e mi brontolavi sempre, ne rideresti..Ciao, Cat, alla prossima, un bacio ..ps mi sono preso la rosolia, faccio pendant con le mie sorelle, una forma più leggera da cui mi sto rimettendo.. mi manchi tanto.
                                                                                                    Yours Alexei” 
 
Quello che trapelava era la disperazione, la noia, il tempo che non passava mai. Alexei teneva un diario, ove annotava brevi frasi, quello che aveva fatto. I suoi pensieri si intuivano, noia, appunto, e speranza e voglia di ridere e giocare.  In quel gennaio, lui e le sue sorelle si presero la rosolia, tanto per non farsi mancare nulla del rosario di malattie e affanni. Con il senno degli anni passati non rimpiansero mai di essere rimasti insieme, nonostante le privazioni e le durezze, mai.. sia Alessio che Anastasia avrebbero barattato tutto per poter tornare a parlare, anche solo per due minuti, con i loro genitori e le loro sorelle, rimanere insieme, anche solo per poco.

Gennaio ’18“Oggi è stato come ieri e domani sarà lo stesso come domani. Dio, aiutaci, abbi pietà di noi
4 gennaio 1918 “Oggi ho ancora più bolle. Giocato a scacchi con Nagorny tutta la mattina, ora anche Maria è malata. È stato ordinato a tutti i soldati di rimuovere le loro spalline, ma io e Papa non l’abbiamo fatto
1916, anno in cui finalmente aveva avuto il piacere, la gioia e la soddisfazione di vestire una vera uniforme, a prescindere da quelle onorarie, con relative mostrine di lanciere caporale, mostrine   con le sue iniziali A. N. iniziate a N. A., usanza russa, un legame tra generazioni, gli appellativi di padre e figlio che si legavano tra loro. Gli piaceva indagare sulle automobili, i meccanismi di cannoni, aerei e sommergibili. Aveva mangiato il pane nero, come i soldati, la loro zuppa, si era allenato e aveva marciato, davvero era “soldier prince, un principe soldato”
Dal diario di Alessio, 6 gennaio ’18” Alzato alle sette. Preso tè con Papa, Tatiana e Anastasia. Maria sta un poco meglio e cammina per la stanza. Alle 18 abbiamo giocato a nascondino, facendo un gran chiasso.” I giorni uno uguale all’altro, ogni cosa sempre la stessa, la noia, non ne poteva davevro più.
 
“Caro Alexei, ti scrivo la solita lettera settimanale, come alle ragazze, se la corrispondenza arriva in ritardo o a rate..  io vi penso e vi scrivo sempre. E mi manchi, mi mancate, ci mancate. Venendo alla tua lettera del 15 gennaio, ricordati questi doni sono fatti con il cuore, stai sicuro, e ho cercato di essere pratica, che di sicuro con il freddo siberiano guanti e berretti non bastano mai.. La fantasia, la memoria, sono doti che ho avuto fin da bambina, con le tue sorelle ci divertivamo a raccontarcele, solo che come Olga è portata per il pianoforte e Tata per la danza, io avevo questo dono, che mi è valso l’appellativo di principessa Sherazade, principessa cantastorie. E per  i cavalli, come amazzone me la sono sempre cavata, esageravi tu a dire che cavalcavo il vento e che era uno spettacolo solo starmi a vedere.. Ne prendo atto, come della circostanza che come sei riuscito a esasperarmi, farmi ridere o consolare delle mie tristezze è riuscito a ben pochi. Quando eri piccolo, ti bastava un’occhiata per decifrare se avevo qualcosa, nonostante le mie allegrie apparenti.. già, gli aquiloni. Mi riviene in mente una volta in Crimea, eri sulle spalle di Nagorny, il marinaio, tenevi in mano il filo e lo facevi innalzare, abilissimo. “Vola, vola ..”dovevi compiere sette anni,  esile e abbronzato, con i pantaloni corti e una camicia da marinaio, il profumo delle rose e del mare stordiva, poi me lo aveva passato, il filo, e lo avevo fatto schizzare ancora più in alto, una rapida torsione del polso “Brava .. Catherine! Lascialo, libero, via!!”  “Facciamolo insieme.. me lo potete passare, signor Nagorny?” ero sempre gentile, con loro, chiamandogli signore, usando per favore e simili. E mi eri salito tra le braccia, ridendo, che andava sulle nuvole, magari fino in America e facendo ciao con la manina. 
“Vola, aquilone, vola per me..!!”nell’aprile 1916, tra un periplo e l’altro ero passata a trovarti, al Palazzo di Alessandro, mi ero fermata una settimana. E  correvi, estasiato, facendo una gara con quell’uccello di carta, di leggero cartone blu e azzurro, con la coda dorata, il mantello da cadetto e gli stivali da soldato, mi avevi mollato il berretto per non perderlo, due ombre, la tua per terra, l’altra che si innalzava nel vento, che ogni tanto si univano e mischiavano “Bravissimo, Zarevic.. “ “Vieni, prendimi..” E ti ripresi, dopo un poco, sollevando le gonne, ero agile, leggera. E i tuoi  occhi azzurri vibravano di gioia, avevi appena un poco di fiatone, ti buttasti tra le mie braccia, ti rimisi il cappello “Mandalo un poco tu..” “Dammi” “Uffa.. lo fai volare più alto..” “Sono più alta.. liberiamo..??” mi accoccolai sui talloni, per evitare troppa disparità tra le stature, contammo e via.. “Secondo te dove arriva?” “In Spagna..”per prendermi in giro, a bella posta, che mio marito è nato in quelle terre.. 
Il mio fighter prince, un principe combattente, che non molla mai, come Achille. Te lo detto a Carskoe Selo, te lo ripeto ora, tu sei un lottatore, non molli mai, qualunque cosa accada, come un vero principe, a prescindere da titoli o rango.. Ti voglio tanto bene, Alexei.. (..)Venendo a Felipe, ormai ha sette mesi abbondanti e gattona, gli occhi sono sempre color ardesia, come quando era appena nato e .. farfuglia qualche sillaba, il tipico bambino direbbe “ma-ma”, mamma, invece lui “Tata”, ovvero Tatiana, ho continuato a parlargli di voi, e che tua sorella era quella con cui stava più volentieri.. Tata invece che mamma, per mia soddisfazione, e tanto è, va bene uguale..Mando una foto di noi tre.. Speriamo che, giunta la primavera e con il ghiaccio sciolto, vi rechiate in Inghilterra..
Il morbillo è una grande scocciatura, per le bolle che prudono, ps manchi tanto pure a me, ribadisco
Ciao Alexei, un bacio,
                                         yours Catherine che ti vuole tanto bene” 
Sempre, anche se si  riteneva un impiastro, un invalido e un perdente, lui, ma non io, l’ho adorato per tutta la vita, il mio prediletto, coraggioso fratellino.

 
Tornando alla questione delle mostrine e dell’uniforme, era un affronto toglierle, che sia lo zar che suo figlio si consideravano dei soldati, vestendosi da tali dall’inizio delle ostilità. Alla fine, per evitare dimostrazioni ostili da parte delle guardie, lo zar evitava, vestendo un cappotto circasso su cui mai le aveva messe, Aleksey no, da testone quale era, quando gliele tolsero si ricordò quello che gli aveva detto Andres, mio marito nonché suo amico, a proposito di quando si godeva il mese di galera poco dopo l’abdicazione a Carskoe Selo e se lo rigirò a modo suo, già, Andres si era goduto un ameno soggiorno senza accuse non meglio giustificate, la sua sola colpa apparente avermi sposato.
“Come è stato?”   gli aveva servito la  domanda mentre controllava un esercizio di inglese, nessuno li sentiva  “Lunga, lunghissima  ..” Andres cauto, gli occhi verdi socchiusi “Che ti hanno fatto?” riferendosi al mese di soggiorno in galera, Andres aveva valutato l’opzione più congrua, nessuna bugia e nemmeno voleva agitarlo “.. principalmente mi provocavano” lo avevano definito un traditore, un figlio di puttana e un cornuto, sputato nei piatti dove mangiava e tanto .. Non aveva reagito. “Confessa e te la cavi” “Non ho nulla da confessare..” la replica. Minacce e blandizie, si era finto idiota .. “Le spie sono punite con la morte” “Ma non hanno abolito la pena capitale..di recente, che ho perso” “Potresti testimoniare che lo zar è un traditore..” 
 “Non rispondevo, cercavo di passarci sopra”
“Ah.. “
“Pensavo a qualcosa di divertente. A una calamità naturale”
“Bella definizione per Catherine”  (Alessio!!)
“E chi dice che era lei..?” sardonico, mai perdeva il gusto per la battuta.
“Andres, chi era?” un sorriso “Io no davvero..” una pausa “Giusto?”
“Negli anni recenti sono stato a pesca, con quella persona..”
Si riferiva a lui, aveva compreso lo zarevic, ridacchiando, in effetti si erano divertiti e lo aveva fatto diventare verde, tra domande e chiacchiere, cacciandolo in imbarazzo, impresa epica che era riuscita a ben pochi, almeno a sentire Cat “Che comunque sa sempre il fatto suo, intelligente, spiritoso, con una parlantina infinita” era arrossito “E tornando al discorso di prima, se rispondevo alle provocazioni avrei fatto il loro gioco e non mi conveniva. Non che fosse facile, bada, cercavo di estraniarmi, tra virgolette, alla fine l’ho spuntata..” Erano nella stanza degli studi di Alessio, la sua classe, sulla poltrona d’angolo la zarina sferruzzava, ascoltava lì le sue lezioni come lo zar. Osservando lo spagnolo e suo figlio alle scrivanie, sopra di loro mappe geografiche, sulla Russia e l’Europa continentale. Per non tacere delle teche che contenevano le collezioni di insetti, farfalle e uccellini, per le lezioni di scienze, tutte curiosità per mantenere viva l’attenzione di Aleksey, che si annoiava spesso e facilmente, un poco come Catherine, prima che sua madre sostituisse il tradizionale percorso di studi (ricamo, economia domestica e via così) con sessioni impegnative di lingue, letteratura e storia dell’arte straniere.. E storia.. Come con Alessio, se lo interessavi si divertiva e ti faceva divertire a tua volta nello spiegare e imparare.
“Nessun errore, sicuro”
“Sicuro”e non discutevano della lezione, quanto della sostanza.
“E se uno sbaglia?”
“Si corregge”
“Tu hai mai sbagliato?”
“Spesso .. e ho cercato di imparare”
“Sarai un bravo PAPA’, fidati” che ero incinta, avrei partorito nel giugno 1917.
Aleksey voleva bene ad Andres, in un dato senso era il suo eroe, un campione da cui trarre esempio, parlavano ben poco di sentimenti, ma si apprezzavano, il cameratismo maschile, credo.
Preferiva l’eroe irruento, il picador alla serena abnegazione dello zar, era meno umiliante, per lui.  E Andres non era pirite, il luccicante ed apparente oro degli stolti, era forma E sostanza.
Come Alessio. Gliele toglievano, le mostrine,  e se le rimetteva alla prima occasione, era testardo come un mulo iberico. E la dignità, il senso di sé, non era orgoglio sterile, era arduo passarci sopra, quindi imparò, si sminuivano gli altri e non lui.
Poi Andres diventò davvero suo padre, con l’adozione.
  
Dal diario di Alessio” 24 gennaio 1918. Nel pomeriggio preso una botta alla mano e guardato Papa, che ha pulito il tetto dalla neve, e come portavano la legna in casa. Che noia.!!
“27 gennaio 1918, Auguri al volo Catherine, come sei diventata grande, hai ben 23 anni, come ne farà  Olga a novembre..Baci, Alexei alias monello PS Felipe somiglia davvero tanto a tuo marito, Tata si è messa a ridere della prima parola del bambino, annotando che per te non deve essere stata una grande soddisfazione” si e no, l’onere di nove mesi e del parto era toccato a me, tranne che Felipe prediligeva suo padre, quindi di cosa dovevo lamentarmi? E tanto, da una parte, ci sformavo, quando mi chiamò “MAMMA”, feci una metaforica tripla, carpiata capriola di gioia, tornando dopo la lunga stagione in Siberia del 1918 e il soggiorno a Copenaghen mi rifuggiva, per un pezzo, come se ricordasse la mia assenza, portando rancore, appresi la pazienza, quando rincominciò a chiamarmi “MAMMA” e a cercarmi non rimpiansi nulla, se quello era lo scotto, ben venisse.

Dal diario di Alessio “30 gennaio 1918. Dormito male stanotte. Mi fa male la gamba. Colazione con Mama, rimasto a letto tutto il giorno”
2 febbraio 1918, una breve nota di Olga “Auguri, cumulativi, in ritardo. E’ veramente freddo in questi giorni, siamo appena tornati da una passeggiata. Nell’angolo di una finestra abbiamo inciso una “C”. Dio ti benedica, mia cara, stai bene, con amore Tua Olga ps..io propendo per l’azzurro PPS accludiamo la seguente poesia ...Un bucaneve, in inverno, colmo di grazia, bianco.. Una luna perduta, sottile, delicato il centro di bianco oro, i petali si piegano, giocando con la brina.. La perfezione e la delicatezza” Una volta, la zarina Caterina II, in una delle sue passeggiate, aveva trovato un precoce bucaneve, incantata aveva ordinato che una guardia lo vigilasse, era perfetto, fragile e fiero. Capii l’antifona, non cedevano, erano fragili solo in apparenza, si guardavano a vicenda, eravamo sia il bucaneve che la guardia.
Never give up. 

Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine,”..non vi è stato un preciso momento, di decodificazione, sai, quando il crepuscolo invade una stanza, non accendi la luce e ti trovi al buio. Era freddo, leggevo tanto, i servizi vespertini, le passeggiate, brevi eventi giornalieri.. La sopravvivenza. Costruimmo una montagna di neve, a gennaio, a marzo le nuove guardie la spianarono, che era un “divertimento”. Ci riducemmo a vedere la gente che passava dalle finestre, per avere un poco di ristoro, 22 anni, nel pieno della presunta giovinezza, avrei dovuto ballare, avrei potuto costruirmi una famiglia e invece ero con la mia, senza una vera distrazione. I miei genitori costantemente insultati, quando una volta erano semidei. La malinconia che mi abita come una vocazione, una principessa di gelo e neve, destinata a non svegliarsi in primavera. A prescindere dal fatto che la stanza dove dormivo con le mie sorelle era una vera ghiacciaia. E le cose andavano di male in peggio, sia in generale che in particolare. I bolscevichi avevano preso il potere, le notizie erano imprecise, tranne che si parlava di un armistizio tra la Russia e Germania, Austria, Bulgaria, una pace separata, l’esercito allo sbando, in dismissione, e i tedeschi avanzavano, pezzo su pezzo. Per noi, a Tolbosk, a partire dal gennaio 1918 il maggior assillo era il denaro, in cronica carenza, e il cambio delle guardie e ... “ senza mollare, la loro dignità ha resistito fino all’ultimo respiro.

In febbraio il governo smobilitò i soldati che erano appartenuto alle file imperiali, sostituendoli con giovani rivoluzionari, dalle brutali maniere. Questi ultimi prontamente incisero oscenità scurrili sulle altalene usate dai “bambini” e Alessio lo rilevò subito, tranne che lo zar tolse subito i sedili. Da allora in poi i soldati scrissero o fecero le loro caricature sulla recinzione, in alto, dove era impossibile toglierle. Il siberiano, Rasputin, che prendeva, da dietro, una posizione laida e oscena, la zarina Alessandra, la Nemka bliad, senza onore o decoro, per sicurezza vi era una corona di insulti, lo zar rappresentato con un bel paio di esplicative corna, onde non avere dubbio alcuno.

Alessio si prese un numero inimmaginabili di spinte quando diceva che non era vero o tentava di scancellarle, un trauma nel trauma, lui che era sempre stato trattato con i guanti di velluto, protetto, amato e coccolato. Che capisse gli insulti era pure peggio, ormai non era più un piccoletto ignorante.   E taceva, cercando di impedire alla collera di tracimare, pezzenti erano loro e non lui. Se lo ripeteva e faceva male.

Un decreto del governo provvisorio sancì per i Romanov lo stesso trattamento economico dei soldati, ovvero 600 rubli al mese, 4.200 per sette persone sarebbe stato sufficiente, peccato che la cifra doveva servire per  i membri del personale, cuochi, dame valletti e quanto altro.  “ A carico di Nicola Romanov, residente in via della libertà a Tolbosk, 7  persone, 4.200 rubli al mese
Lo zar preparò un budget, in base al quale si trovò a licenziare dieci persone. Li avrebbero serviti comunque, ma questo significava la povertà. Per grazia ricevuta, riuscirono ad arrivare 10.000 rubli, gli altri si erano smarriti lungo strada, che tamponarono un poco.  Quello era l’ennesimo invio di denaro, a quel giro erano 40.000 rubli, in quale maglia della corruzione si erano persi.
Tra ingaggi e rendite ne avevo da spendere.  Dieci vite non sarebbero bastate.

I pasti erano poco imperiali, burro e caffè erano stati considerati lussi inutili di cui i Romanov potevano fare a meno. Il pranzo era una minestra, carne o pesce, del vino, a cena, carne, verdura, alle volte pasta.  Gli abitanti di Tolbosk, saputo della situazione, inviarono  caviale, dolci, uova e pesce fresco, doni del cielo per la zarina.
Era la fede che li faceva andare avanti, giorno per giorno, potevano portare via ogni cosa, ma non le “nostre anime”, scrisse Alessandra alla sua amica Anna.  Perdonare i nemici, non cercare vendetta, trarre la forza di non cedere alle avversità, che questa vita non è nulla, a confronto dell’eternità. Olga ne scrisse in una poesia privata, cercava di capire la vita e sapeva di comprendere molto poco.
“Abbiate timore per le vostre anime, non per i vostri corpi. San Paolo”

“ Hesperia, la terra occidentale, come i romani chiamavano la Spagna,ma il nome della stella della sera è Espero. Mi sento di ghiaccio, fredda e eterna” annotò Olga, battendo tra loro le mani gelate. Non aveva fame, cedeva sempre mezza e rotta delle sue porzioni al fratello, che spazzolava tutto, la fame della adolescenza, pareva crescere da una settimana all’altra, aveva ereditato di certo l’alta statura dal nonno paterno, Alessandro III, che era stato alto circa 1.94. E si annoiava, non ne poteva più, i suoi sbuffi erano l’esternazione dei suoi e di quelli delle sorelle, la sua cantilena l’eco del loro disagio. “Voglio giocare, voglio andare in giro.. Mi annoio” E ancora “Cat ha scritto? Mi manca” “Ho fame” A 13, 14 loro erano magiche, pensava Olga, avevano condiviso il privilegio di una adolescenza e, ancora prima, di una infanzia in armonia, convivendo tanto. Si sentiva in colpa ad avere ignorato che Cat la aveva passata tra le botte e la violenza del principe Raulov, omettendo che lei non le aveva detto una sillaba, mai. Sulle ossa slogate, i lividi, gli insulti. Era già un miracolo che avesse saputo amare, non fosse diventata cattiva, più era triste e più sorrideva, Catherine dalle smaglianti apparenze, Catherine, principessa delle assenze, la signora delle favole, dai passi fatati.

Che potevo fare Olga? O resistevo o impazzivo, non avevo tante opzioni..
La situazione pareva immobile e così non era, la confraternita di San Giovanni di Tolbosk (monarchica organizzazione che cercava di salvare i Romanov) era diventata un punto di aggregazione. Suo leader tale Boris Solovev, il cui padre era stato tesoriere del Santo Sinodo, era un vanesio, vanaglorioso, tuttavia aveva sposato la figlia di Rasputin,Maria, nell’ottobre del 1917, condizione che gli tributò la cieca fiducia della  zarina. Insomma, affabulò tutti, divenne un punto di riferimento per piani di riscatto, i monarchici gli offrivano denaro. Tramite canali ufficiosi di corrispondenza, rassicurava gli zar.
Comunque, il complesso piano di riscatto, non ebbe seguito, che non vi era, in alcun modo. Quando i Romanov vennero trasferiti, nell’aprile del 1918, Solovev era opportunamente agli arresti, in guisa tale che nessuna nulla poteva imputargli. Un norvegese di nome Lied aveva lavorato nel commercio negli anni che precedettero la guerra, in Siberia,  progettando una rotta che da Tolbosk giungeva fino al mar di Kara, risalendo il fiume. Nella primavera del 1918 venne convocato a Londra, convocato dalle alte sfere, per organizzare una missione che rimase senza esito alcuno. E poi giunse una serie di tentativi di salvataggio dal Kaiser Guglielmo di Germania, vi furono lettere che offrivano aiuti. Notiamo l’ironia, nemici di guerra da quattro anni, i tedeschi offrivano aiuto, lo zar rifiutò. E il Kaiser versava lacrime amare sulla sorte delle “principesse tedesche” in Russia, Alix e le sue figlie, che non dovevano subire troppe angherie, la regina Olga di Grecia riferì che vi piangeva a notte intere, sul destino delle principesse Romanov. Le lacrime di  coccodrillo sarebbero state meno ipocrite, a partire dal 1914 Russia e Germania erano nemiche dichiarate, stante la guerra, nonostante i legami famigliari, la zarina Alessandra e il Kaiser erano in primo luogo cugini per parte di madre.

Ai primi di marzo 1918, il comitato dei soldati decise di abbattere la montagna di neve costruita nel retro della casa, uno dei pochi svaghi dei fratelli Romanov.  Per la domenica di Carnevale, la folla passava festeggiando sotto le finestre, i ragazzi si misero a guardare dalle finestre, annoiati fino alle lacrime, quello era uno spunto di svago, uno dei pochi rimasti come segare e ammucchiare legna.

Dal diario di Alessio “ 19 febbraio 1918. Passato tutto il giorno come ieri, nel pomeriggio giocato con Kolia e fatto una daga di legno con il mio pugnale. Giocato ad attaccarci.  ..(..)  11 Marzo 1918 .. Fatto male al piede, non posso mettere gli stivali. Così devo stare a casa tutto il giorno. (..) 24 marzo 1918. Sempre lo stesso, mangiato 16 pancake a pranzo. Una cerimonia religiosa alle 9. Di mattina. Il tempo è freddo e ventoso. Fatto bagno (..) 24 marzo 1918 tutto sempre uguale (..) la neve si scioglie e diventa fango (..) tirato palle di neve e con arco, l’arco che mi ha fatto Andrej F. ” Andres Fuentes, io lo appellavo Andrej, alla russa, almeno nei primi tempi.
...l’esercito tedesco avanzava verso Pietrogrado, già San Pietroburgo, la capitale venne spostata a Mosca. L’esercito ormai era allo sfascio, i soldati avevano disertato a milioni.. I termini per il trattato di pace, firmato a Brest-Litovsk il 3 marzo 1918 furono umilianti. Ai tedeschi venne ceduto la maggior parte del territorio conquistato da Pietro il Grande in avanti, comprese la Polonia, la Finlandia, gli Stati Baltici, Ucraina e Crimea, buona parte del Caucaso, circa 60 milioni di persone vivevano in quei territori.. Inoltre, la Russia doveva pagare alla Germania sei miliardi di marchi, un quarto immediatamente, in oro, il resto  a rate entro l’ottobre 1918.  L’economia era finita, erano state date via un terzo delle regioni agricole, l’80%  delle miniere di carbone, l’accisa sulle estrazioni petrolifere, un terzo delle industrie tessili e un buon quarto delle ferrovie. Un triste elenco, la contabilità delle perdite, non era un trattato di pace, quanto un tradimento.
La guerra civile era dietro l’angolo. 
 
A Tolbosk, la notizia sconvolse Nicola e Alessandra, era “umiliante”, una disgrazia senza ritorno per la Russia.  Alix disse che avrebbe preferito morire in Russia piuttosto che essere salvata dai tedeschi.
E aprile portò un problema immane, che si aggiunse all’angoscia della prigionia.  Da quando i soldati avevano distrutto la montagna di neve, Alessio usava lanciarsi per le scale della dimora, usando una sorta di  slittino. Lo aveva sempre fatto, da anni, tranne che a quel giro, era veramente spericolato,  senza cura, come se volesse tentare la sorte. I risultati non si fecero attendere, purtroppo.

Gilliard e Nicola Romanov annotarono nei rispettivi diari che era confinato a letto, per un violento dolore all’inguine. Era stato così bene durante l’inverno, studiando, facendo le sue particine nelle commedie, giocando a palle di neve, segando il legno, divertendosi con l’arco e le frecce e il suo amico Kolia Deverenko “Mamma! Cat.. dove sei? Non no ho paura di morire, ma di quello che potrebbero farci”. La febbre altissima, delirava di un cavallo, che aveva cavalcato, lui, un sogno impossibile, un desiderio irrealizzabile.
Il dolore non gli dava un attimo di requie, urlava e gemeva, come a Spala, una crisi che lo aveva quasi ammazzato nel 1912. Era uno dei suoi peggiori attacchi di emofilia. Alla caduta si era sommata la pertosse, a forza di tossire le sue condizioni erano peggiorate.
Alix era sua madre, da venerare, un monito, ma era troppo distante, per lui Mamma era altro
 “Mamma..” storse il viso, respingendo la zarina “MAMMAA..”
“Il cavaliere, a galoppo.. via”
Un respiro, una pausa.

“Non ho paura  di morire, ma di quello che potrebbero farci..Mamma”
 E le sue urla si sentivano finanche in strada, erano l’eco di un rimorso, di un assenza e un esilio. “CATHERINE..”
“MAMMA”

“Delirio febbrile, i dolori, lo hanno mandato fuori da ogni grazia dovete avere pazienza Maestà imperiale..39 e rotti di febbre, delira”enunciò il medico, Botkin, che seguiva Aleksej da quando era nato.
“Invoca le sue sorelle e Catherine Fuentes..” enunciò Alessandra Feodorovna. Nata Alix von Hesse, aveva preso il nome di Alessandra Feodorovna, quando si era convertita alla fede ortodossa e sposato Nicola, i suoi nemici la chiamavano con spregio la Nemka bliad, la meretrice tedesca, una novella dopo l’appellativo cagna tedesca” Febbre o meno..” Sempre. 
“Si  riprenderà..”
E l’emofilia gliela aveva passata lei, la maledizione che si trasmetteva  di madre in figlia ai maschi, aveva amato e amava Alessio, più di ogni persona al mondo, tranne che quello smisurato affetto aveva causato, oltre la gelosia delle sue sorelle, di allontanare suo figlio. Che la amava e non si lasciava andare. E tanto di cambiarlo, giocare con lui si erano sempre occupati altri, a partire dalle sorelle e Catherine, lei era confinata a letto per ansia e emicranie, devota a Rasputin, la malattia di Alessio era una bomba a orologeria che non concedeva appello.
“Lei è mia madre, ma .. Non mi ha mai raccontato una favola, mai, piangeva sempre, non ha giocato con me.. Stava sempre male, come ora.. Le mie mamme vere sono Olga, Tata e Cat.. E non le posso dire nulla, no, è malata e sta male..” Quando Alessandra sentì quel dialogo smozzicato tra suo figlio e Nagorny, il marinaio infermiere, sarebbe voluta morire, desiderando di scavare un buco per terra, aveva sbagliato tutto.. a partire da subito. Rasputin era solo una illusione, cui si era aggrappata per anni, fino alla tragedia. Era malato e cercava di proteggere lei. 
Cosa ho fatto a mio figlio?
Madre, non Mamma, tra quelle due parole cadeva un intero mondo, sommerso e nascosto.
“CAT..”
“… , dove sei?” un affanno, un sussurro.
Dormiva male, vomitava e.. non ne poteva più.


Alessio, amore, che fai? Come va? Scruto le foto, in una sei di lato, stringi una sega a doppia lama,  il colbacco in testa, lo sguardo annoiato, il tedio appare in tutte le pose, come nelle lettere..Anche io non vedo l'ora di ritrovarti. 
E un giorno ti rivedrò, in questa vita o in paradiso …
Cat.. tell  me a story.


La zarina scrisse alla sua amica Anna V. che Alexei era malato, confinato a letto, con una emorragia interna che lo faceva soffrire terribilmente.
Sul momento stava meglio, in senso lato, chiariamo, ma dormiva male e i dolori, per quanto meno acuti, non erano finiti. Era dimagrito terribilmente, il colorito giallastro, come a  Spala. Non aveva appetito e stare tutto il giorno sdraiato sulla schiena lo stancava, come cambiare posizione. Sua madre si alternava a vegliarlo tutto il giorno e la notte con le sue sorelle e il marinaio Nagorny e Gilliard. Ora le spalline dell’uniforme sia lui che suo padre le portavano solo al chiuso, per evitare che venissero tolte, un sommo insulto per Nicola, che aveva amato l’esercito, era stato un colonnello, Alessio aveva le sue mostrine da Caporale Lanciere, dal 1916, effettive, particolare che lo aveva riempito di gioia ed orgoglio.
Mancava una persona, Cat, la storica rompiscatole. Sempre presente.
Kitty Cat, gattina.
Cat.
Catherine de Saint Evit, in prime nozze.  Madame.
Princesa Fuentes, nelle seconde.
Mia principessa, per Olga, il suo ultimo possessivo sussurro.
Sorellina.

Da una lettera di Olga Romanov a Catherine, dell’aprile 1918” ..Grazie per la lettera e i doni, uova, cartoline, la cioccolata per Alessio e… l’appunto, che avresti voluto inviare della marmellata di mirtilli, ma non hai osato, per tema che il vetro si rompesse. E libri, sempre graditissimi (..) Alessio sta un poco meglio, ma il sangue si riassorbe velocemente e ha ancora dolori. Ieri ha sorriso, ha giocato a carte e gli è riuscito a dormire un paio di ore nella giornata. È diventato magrissimo, con gli occhi enormi. Gli fa piacere che gli si legga qualcosa, qualcosa mangia ma non ha appetito, non che sia una grande novità, tranne che è vero, farebbe a meno di mangiare del tutto. Nostra madre sta con lui tutto il giorno, ogni tanto io e Tata o M. Gilliard le diamo il cambio, di notte io o Nagorny. Arrivato un gran numero di nuove truppe, dal governo bolscevico, insieme a un nuovo commissario di Mosca, un uomo chiamato Yakovlev. Speriamo di avere un servizio in casa, per Pasqua. Nevica, ma si scioglie tutto, diventando fangoso… una guardia si è premurata di distruggere sotto i tacchi degli stivali una violetta che Anastasia amava guardare, era spuntata e le piaceva vedere la progressiva geometria delle foglie e i fiori, anche questa distrazione ci viene negata” non mi raccontò che Alessio mi  invocasse, quello strazio senza  fine o ritorno, Cat, per Catherine, di un cavallo.

E un giorno ti rivedrò, in questa vita o in paradiso …
Cat.. tell  me a story.
 
Raccontamela adesso, dopo l’ennesimo incubo.
Ora ci credo, lo voglio. E io non posso fare altro, tranne che starti vicino,, pratica, ti metto un pannolino pulito, aspettiamo l'alba, non mi illudo, tranne che un giorno alla volta, starai bene, stai bene.
   
 
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