Serie TV > Da Vinci's Demons
Segui la storia  |       
Autore: Amy W Gildeary    19/12/2018    2 recensioni
Il conte Girolamo Riario una volta disse: «Quando si deve trasmettere un messaggio, preferisco servirmi di mezzi che gli altri non userebbero».
Una donna, ad esempio.
E se papa Sisto IV non avesse avuto un figlio, ma una figlia?
E se il bellicoso Santo Padre avesse deciso di sfruttarla come arma per i suoi subdoli piani, approfittando dell'effetto sorpresa?
Cosa sarebbe successo se avesse avuto lei il compito di attaccare Firenze e di ottenere i servigi del geniale artista Leonardo da Vinci?
-
«Sapete chi sono?», domandò la giovane donna, chinando di poco la testa di lato; la voce morbida e vellutata, senza alcuna traccia di turbamento. «Sono Gemma Riario. Contessa di Imola, guida della Santa Romana Chiesa e nipote di Sua Santità, papa Sisto IV».
[...]
«Sì, lo so», commentò la contessa, con un sospiro annoiato. «Rimangono tutti sempre molto sorpresi di vedere una donna», continuò, con una naturalezza e una tranquillità a dir poco disarmanti, ben poco appropriati al contesto. «Volevano un figlio maschio. Lo avrebbero chiamato Girolamo. Ma poi sono arrivata io».
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo da Vinci, Nico, Nuovo personaggio, Zoroastro
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il Gioiello del Vaticano
Capitolo 8 - L’Appeso

 

 

 

Nei Tarocchi, la carta dell’Appeso rappresenta l’esaltazione della spiritualità che sovrasta la fisicità. Può indicare misticismo, devozione a Dio. Può significare l’abbraccio con filosofie superiori che trascendono l’umano, dimenticando il materiale. Indica una persona disinteressata che sa sacrificarsi per un credo, un ideale. Può anche indicare una persona di fede, un sacerdote, come anche un sognatore, un utopista.
Al negativo, però, indica chi si nutre di illusioni, chi progetta senza saper realizzare, chi è amato senza sapere ricambiare.

 

 

 

            «Affrettatevi. Possiamo ancora salvare le persone colpite», mormorò Leonardo, porgendo alla suora le istruzioni per guarire le consorelle dall’avvelenamento.

            «Complimenti, da Vinci», si intromise Giuliano, ma la risposta dell’artista non fu più di un debole cenno del capo.

            «Grazie, maestro», aggiunse la badessa, con un sorriso colmo di riconoscenza.

Al contrario, Lupo Mercuri e i suoi scagnozzi rivolsero al prodigioso fiorentino un ultimo sguardo contrariato, prima di uscire a grandi passi dal dormitorio del convento. Vedendoli andarsene a passo di carica, Leonardo non riuscì a trattenere una risata soddisfatta e, in fondo, di sollievo.

Dovette però ammettere che, senza la loro oscura presenza in quella stanza, l’aria era decisamente più leggera e respirabile, così tanto che sentì i suoi polmoni implorarlo per averne di più, e l’artista assecondò quel bisogno. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, alzò il capo al soffitto e respirò profondamente.

Chiuse gli occhi e sentì la freschezza del mattino liberarlo dalle paure e dalle angosce di quegli ultimi giorni al convento, e le sue labbra si piegarono in un sorriso.

Quando riaprì gli occhi, però, qualcosa era cambiato.

 

La stanza del convento era vuota. Completamente.

Niente più letti di legno, niente più lenzuola insanguinate, e nessuna persona sdraiata su quei giacigli.

Il silenzio, e nient’altro, a saturare l’aria.

Leonardo provò a muoversi, ma i suoi muscoli erano improvvisamente indolenziti, pesanti come massi, e anche solo compiere un passo richiese uno sforzo disumano.

Sollevò lo sguardo in direzione di una delle finestre, per scorgere qualcosa al di là di esse, ma vide solo il vuoto. La campagna fiorentina era sparita, ingoiata da una nebbia densa e bianca come la neve, e non c’era possibilità di vedere altro che quel candore.

Quando provò di nuovo a muoversi, le gambe cedettero per lo sforzo, le energie lo abbandonarono, e perse i sensi.

 

Non sapeva dire quando tempo fosse passato. Forse giorni. Forse un battito di ciglia.

Quando però riuscì a risvegliarsi, non era più nel convento, ma in un luogo a lui sconosciuto.

Da Vinci giaceva a terra, la guancia premuta contro un pavimento liscio e freddo come il ghiaccio. Le forze però sembravano essere tornate, e l’artista riuscì a sistemarsi seduto e a trascinarsi verso una delle pareti di quella stanza misteriosa, per poter avere il muro come supporto alle sue spalle mentre aspettava che i capogiri cessassero.

Nemmeno da quella prospettiva, però, riuscì a riconoscere quel luogo, o almeno a capire di che cosa si trattasse.

Le pareti erano nere come la pece, lucidate alla perfezione ma così oscure da soffocare anche il più tenue raggio di luce. Alte, imponenti, si innalzavano come a voler raggiungere il cielo, ma tutto ciò a cui riuscivano ad arrivare era il soffitto di quella stanza, anch’esso cupo e buio.

Un debole tintinnio metallico catturò l’attenzione dell’artista, che si voltò subito in direzione di quel suono. Scattò in piedi, cosa che si rivelò un grave errore per il suo già precario equilibrio, ma per fortuna la parete fu di nuovo il suo sostegno.

Recuperate le forze, mosse qualche passo barcollando, ma deciso a seguire quel suono.

Sentì gli occhi bruciare e li serrò con forza per placare le fiamme.

Quando li riaprì, era altrove.

 

Quella nuova stanza, al contrario della precedente, era completamente bianca.

Le pareti, il pavimento, il soffitto, i mobili… ogni cosa era di marmo, di un marmo così candido da riuscire quasi ad accecarlo.

Ma non era la sola differenza rispetto alla sala precedente.

Non era più solo.

Al centro del salone, una figura misteriosa sedeva su un esile sgabello, chinata su di un tavolo. Qualunque azione stesse svolgendo, era celata sotto ad un drappo di velluto nero, insieme all’identità di quella persona sconosciuta.

Quel tintinnio metallico risuonò di nuovo in tutta la stanza, più forte e nitido di prima, e Leonardo capì, osservando i movimenti sotto al mantello, che proveniva proprio dall’individuo misterioso.

L’artista mosse qualche passo in quella direzione, ma poco dopo un altro attore entrò in scena.

Non si trattava, però, di una figura distinta e definita come la prima. Al contrario, il suo profilo era evanescente, fumo nero che si diradava lungo i suoi contorni, e lasciava dietro di sé una scia di cenere e polvere.

Aveva però le fattezze di una persona, di un uomo alto e robusto, che si muoveva in modo deciso e sicuro verso il lato del tavolo opposto alla persona seduta.

Da quella coltre densa e cupa, però, Leonardo riconobbe chiaramente la forma di una mano: ossuta, scheletrica, e dalle unghie lunghe e sporche di carbone. E stretto tra quelle dita prive di pelle, stringeva un cuore. Un cuore ancora pulsante.

Una risata riecheggiò tra le candide pareti, ma impregnata di malvagità, sadica, crudele, perversa.

D’istinto, da Vinci mosse un passo indietro, e il suo sguardo vagò subito fino a quella misteriosa figura chinata sul tavolo. Per qualche ragione, pregò che anch’essa scappasse, chiunque egli o ella fosse, ma niente del genere accadde.

Tutto ciò che quella persona fece fu alzarsi in piedi, senza però allontanarsi dallo scrittoio. Al contrario, iniziò a camminare intorno ad esso con passi lenti e stanchi, e ad ogni suo movimento il tintinnio risuonò.

Solo allora, Leonardo vide.

Massicce catene di ferro seguivano ogni mossa, ogni gesto, ormai non più celate dal velluto nero, e osservandole da Vinci si chiese come fosse possibile trascinarle, tanto apparivano pesanti.

Nonostante tutto, la figura raggiunse l’altro lato del tavolo, dove una bilancia d’oro era magicamente comparsa, e il lucido marmo bianco la rifletteva come uno specchio. L’altra presenza, la nube di fumo nero, allungò la mano verso uno dei piatti e lasciò cadere il cuore.

Il meccanismo della bilancia si azionò, il primo piatto si abbassò e la sua controparte rispose.

E su di essa, la seconda chiave.

Sotto il velluto nero, un’altra mano si avvicinò alla bilancia. Candida, aggraziata, ma incerta e tremolante.

Prima di poter sfiorare la chiave, una lacrima cadde sul piatto.

In quei pochi secondi, da Vinci prese coraggio e si avvicinò a quelle misteriose presenze, lo sguardo che vagava dalla bilancia al mantello nero.

Quando poi la mano raggiunse la chiave, posata sul piatto, il velluto scivolò via dal capo, rivelando l’identità della povera anima incatenata.

Gli occhi vuoti e vacui, lo sguardo perso, le forze prosciugate… ma era lei.

Era Gemma.

 

Leonardo riaprì gli occhi di scatto, inspirando tutta l’aria che poté.

Provò a rialzarsi dal letto, ma si sentì strattonare da qualcosa, una stretta attorno ai polsi che gli impedì qualsiasi movimento.

            «Mi sbagliavo…», mormorò, con un filo di voce. «Mi sbagliavo… mi sbagliavo…», ripeté più e più volte.

Era sveglio, ma l’immagine di quel volto, così vuoto e perso, privato di qualsiasi emozione o vitalità, lo aveva colpito più di quanto non volesse ammettere.

Se poi ripensava a quella discussione, a quelle parole intrise di veleno e ribrezzo dettate solo dal contagio, si sentiva ancora peggio. Perché lo aveva visto nel suo sguardo: non era quella la verità. Non ci era neanche lontanamente vicino.

Sentiva le voci di Nico e di Giuliano de’ Medici chiamarlo, parlargli, porgli delle domande, ma non riusciva a rispondere, la sua mente non pensava ad altro che ad una persona.

Una giovane donna che, a sua insaputa, era proprio lì fuori, in piedi, appena accanto alla porta del dormitorio.

Gemma aveva sentito tutto e, per quanto provasse a negarlo, un sospiro di sollievo era sfuggito dalle sue labbra appena certa che Leonardo fosse sopravvissuto al contagio.

Prima di darsi tempo di pensarlo, però, scosse la testa e si allontanò. Si era trattenuta anche troppo a lungo, e il viaggio verso Roma sarebbe stato lungo. Dover tornare in Vaticano e riferire al papa che il piano era fallito… non sarebbe stato facile. Scese le scale verso il cortile con un passo via via più lento, al pensiero di quello che l’avrebbe aspettata una volta attraversato il portone e lasciato il convento.

Raggiunto il chiostro, però, il suo sguardo venne catturato dalla statua di Sant’Antonio, la stessa scultura che aveva fatto da tramite per il veleno e che era stata strumento del contagio.

Sapeva che era una pessima idea, che se qualcuno dei suoi collaboratori l’avesse vista sarebbero sorte strane domande, e che lei per prima non doveva pensarci, ma fu più forte di qualsiasi buon senso.

Lentamente, raggiunse il piccolo podio di pietra, incorniciato da un modesto arco di mattoni grezzi e da alcune piante rampicanti.

Congiunse le mani in grembo, sollevò lo sguardo verso il volto del santo patrono, e lentamente si inginocchiò davanti alla sua statua. Il suo volto perse qualsiasi traccia di arroganza o di superbia, e al loro posto calò un velo di malinconia.

La sua mente si allontanò da tutto: Roma, Firenze, il papa, la sua missione, perfino Leonardo.

Da tutto tranne che da un pensiero. Da una persona.

E a quella persona rivolse la sua preghiera.

 

 

 

Angolo dell’autrice

Buonsalve a tutt*!

Trovata la cura per salvare le suore, ore servirà una medicina per curare Leonardo dai sensi di colpa per quello che ha detto a Gemma. Essere stato contagiato è un’attenuante? Oppure ha davvero esagerato, a prescindere?

Inoltre, so che non dovrei dirlo, ma è stato buttato lì qualche dettaglio che piano piano ricomporrà quel puzzle che è la vita di Gemma, la sua storia e il suo passato. Sono sempre curiosa di sapere che teorie possono scaturire anche solo da poche frasi, sia in questo capitolo che in quelli precedenti. Idee?

Che dire, questo è l’ultimo capitolo del 2018, ma dal momento che il prossimo sarà mercoledì 2 gennaio, rimando gli auguri di buon anno ad allora. Qui, mi limito a farvi tantissimi auguri di buon Natale e a ringraziarvi per avermi letto e per continuare a leggermi. Se aveste voglia di farmi un piccolo regalo per queste feste, sarei felicissima di leggervi nelle recensioni e di sapere che cosa ne pensate.

Intanto, un bacione grandissimo!

Amy W. Gildeary

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Da Vinci's Demons / Vai alla pagina dell'autore: Amy W Gildeary