Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    19/12/2018    22 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Assedi e duelli
 
La battaglia infuriava davanti alle massicce mura medievali del castello di Lille e gli assedianti erano sempre più accaniti e feroci. La cosa più grave, però, era che, per quanti ne morivano, raggiunti dai proiettili degli assediati, altrettanti ne arrivavano di rinforzo.
All’inizio, gli assalitori si erano limitati a sparare coi fucili di cui erano stati riforniti, ma, dal giorno successivo all’inizio dell’assedio, avevano iniziato a tentare la scalata delle mura, con arpioni di ferro legati a delle funi e scale di legno. Gli assediati avevano risposto sparando a chi si arrampicava, spingendo via le scale e provando a mozzare le funi e a sganciare gli arpioni. L’adolescente Marchese de Saint Quentin, ancora troppo giovane per cogliere appieno il lato pericoloso e brutale della situazione, era eccitatissimo per il fatto di trovarsi in mezzo al vero assedio di una fortezza e rimpiangeva che non ci fosse a disposizione dell’olio bollente da gettare addosso agli assalitori, così come aveva letto nei libri di storia. La sorella tentava in tutti i modi di tenerlo lontano dai merli, ma lei stessa, esponendosi con foga e ardimento, non gli dava l’esempio di un contegno prudente e cauto.
Le donne, con l’eccezione di Mademoiselle Victoire Aurélie che combatteva e della Marchesa e della Marchesina d’Amiens che erano manifestamente inadeguate per qualunque cosa differisse da una lamentela, si prendevano cura dei feriti e quelle un po’ più intraprendenti ricaricavano i fucili e facevano la spola dai merli all’armeria, per portare nuove armi e munizioni. Dall’armeria, però, provenivano soltanto armi da fuoco antiquate e alcune di queste erano pure fuori uso, così come una parte dei proiettili. Nessuno era stato in grado di fare funzionare i cannoni che, quindi, spuntavano dalle feritoie a titolo meramente intimidatorio, ma senza alcuna utilità pratica.
Sir Percy Blakenay, non essendosi troppo impressionato per l’esibizione delle terga, continuava a provocare gli assedianti e, con alcuni di loro, aveva anche avuto successo. Un tizio, tutto muscoli e niente cervello, infatti, a forza di perdere tempo a rispondere alle provocazioni del nobile inglese, non si era accorto di essere sotto tiro ed era stato colpito. Un altro, con il volto di un primate e un’intelligenza meno che scimmiesca, aveva ingaggiato con lui un surreale battibecco:
– Sfottete, sfottete, aspetto ancora i fulmini della collera divina! Ah! Ah! Ah! Ah!
– I fulmini non ce li ho – gli aveva risposto Sir Percy – ma, intanto, beccatevi questo!
E, afferrato un pietrone da un angolo diruto delle mura, glielo aveva lanciato in testa, centrandolo in pieno mentre quello ancora sghignazzava.
– Ahi, che dolore! – aveva urlato l’uomo, portandosi una mano alla testa.
– In attesa di assaggiare i fulmini di Nostro Signore, accontentatevi di essere lapidato dal dio della scherma – lo aveva dileggiato Sir Percy che, pur essendo il migliore spadaccino di Albione, non era di certo il più modesto.
Con tantissimi mercenari quel gioco era riuscito, ma non con Marc Kroger che, malgrado i ripetuti tentativi di destabilizzazione emotiva, era rimasto freddo al suo posto, a dirigere l’assalto.
Giunti alla mattina del terzo giorno d’assedio, gli ospiti del castello erano stanchi e, in alcuni casi, anche feriti mentre gli assedianti erano sempre sostituiti da nuovi elementi.
– Le munizioni stanno terminando – fece notare, a un certo punto, il Conte di Canterbury – Temo, quindi, che dovremmo presto ripiegare su balestre, archi e frecce…. – aggiunse, poi, con amara ironia.
– PreoccupateVi delle munizioni, se Vi fa piacere – gli rispose Sir Percy – Così non penserete alla testa d’ariete – e, con un cenno del capo, invitò gli astanti a guardare di sotto.
Quelli si affacciarono e videro degli uomini trasportare un massiccio tronco. Subito dopo, iniziarono a udirsi dei tonfi sordi provenire dal portone d’ingresso.
– La porta è antica e, per quanto massiccia, non reggerà a lungo oltre mezzogiorno – disse Sir Percy – e, poiché nessuno sa se esistono passaggi segreti, ci troveremo presto in seria difficoltà. Io venderò cara la pelle come ho sempre fatto, ma sono preoccupato per le donne e per i giovani.
 
********
 
Girodel entrò negli appartamenti della moglie, con apprensione mista a stanchezza, deciso a salutarla prima di andare alla reggia.
Subito dopo avere varcato la soglia, la vide, seduta accanto a un tavolino di marmo intarsiato d’oro su cui era appoggiato un vaso di porcellana carico di rose, viole, calle e gigli. Era bella ed elegante come sempre, priva di gioielli e abbigliata con un semplice vestito di seta rosa, ornato, sulle spalle e sul decolleté, con un fichu di pizzo bianco, lavorato con motivi di foglie e di fiori. Il volto di lei era, però, molto pallido e solcato da profonde occhiaie.
– Mi hanno detto che non siete stata bene, Madame e sono venuto a informarmi sulle Vostre condizioni.
– Non è nulla di grave, Monsieur, non temete – rispose la donna, con un sorriso lieto, ma stanco e gli occhi tristi – Ho avuto un lieve capogiro e, così, ho deciso, per questa mattina, di non andare alla reggia. La Regina, del resto, è al castello di Meudon e, senza di lei, la mia presenza non è necessaria.
– Ma il bambino? – chiese, preoccupato, Girodel, sedendosi sulla poltroncina posta accanto a quella della moglie.
– Il bambino sta bene – assicurò la donna, con una lieta risata.
– Bene – rispose lui, notevolmente sollevato – Ho dato ordine di mandare a chiamare il medico.
– Non occorre, Monsieur, è soltanto un po’ di stanchezza….
– Nessuna premura è troppa per Voi…. e per lui….
Lei non rispose, se non con un debole e triste sorriso. Il marito, con una stretta al cuore, prese le mani di lei fra le sue, le baciò e, senza lasciarle andare, le chiese:
– Mia cara, cosa c’è? Desiderate che non vada alla reggia e che Vi rimanga accanto?
– Oh, no! Davvero! Non sto poi così male! Sono amorevolmente e diligentemente accudita, nulla mi manca e non voglio distoglierVi dal Vostro dovere….
– Qualcuno Vi ha mancato di rispetto?
Ella tacque. Di fronte a quel silenzio, Girodel, stringendo ancora più forte le mani della moglie, riprese a rivolgersi a lei, con tono concitato e carico di apprensione.
– Mio padre ha ricominciato a essere sgarbato con Voi?
– Oh! No! Egli è così caro e pieno di gentilezze e di attenzioni!
– Siete sicura?
– Certamente! – rispose lei, con una risata forzata.
– E, allora, cosa c’è? – insistette lui, divorato dai dubbi e quasi ansimando.
– Niente – disse quella, stringendo le labbra e aggrottando la fronte – Capricci di una donna incinta, nulla di grave….
– Posso andare, quindi? – le domandò, poco convinto.
– Ma certo!
– A questa sera, allora. Se mi riuscirà, mi libererò anche per metà pomeriggio. Prima, non credo di farcela, visto che il Comandante è assente.
Alzatosi dalla poltroncina, le si inchinò davanti e, poi, le voltò le spalle, incamminandosi verso l’uscita. Quando fu a metà strada fra le due poltroncine e la porta, ella lo chiamò all’improvviso.
– Monsieur!
– Sì, mia cara? – esclamò lui, voltandosi immediatamente.
Quando la rivide, dopo essersi girato verso di lei, si rabbuiò del tutto, perché era completamente pallida e prossima alle lacrime.
– Amor mio, cosa c’è? Vi sentite male? Che Vi hanno fatto?
Lei scoppiò in un pianto dirotto, reggendosi il volto fra le mani.
– Chi è il responsabile del Vostro dolore? Una cameriera? La manderò via subito! Un’altra dama di corte? Ne parlerò ai Reali e al Comandante! – esclamò l’uomo, tornando a sedersi accanto ala moglie.
– No…. – rispose quella, in un singhiozzo.
– E, allora, chi?
– Vostro cugino….
– Cosa Vi ha fatto?!?! – ringhiò, con voce sorda, Girodel, alzandosi di scatto dalla poltroncina mentre gli occhi gli brillavano di una luce rabbiosa.
In poche, ma sofferte parole, ella, dopo avere smesso di piangere e avere recuperato un po’ di autocontrollo, gli raccontò tutto, senza omettere alcun particolare e senza cercare giustificazioni per sé. Lui la guardava con volto provato e pieno di sofferenza.
– Vi giuro che sono mortificatissima! – disse la donna, con sincero dolore – Non era mia intenzione arrecarVi danno e, per quanto le circostanze depongano a mio sfavore, Vi assicuro che, riguardo alla condotta di mio padre, io nutrivo dei meri sospetti, non suffragati da prove certe…. Dopo tanti anni dalla morte di lui, neanche ci pensavo più e credevo che questa storia fosse, ormai, un triste, ma innocuo ricordo….
Lui continuava a fissarla con sguardo addolorato.
– E che cosa voleva in cambio del suo silenzio? – sibilò, con voce irata.
– Voleva che Vi spiassi e che gli riferissi….
Il volto di Girodel avvampò di rossore e si contrasse in una maschera di collera mentre gli occhi di lui, abitualmente sereni, divennero quelli di un demone della vendetta.
– Sebbene le mie intenzioni non fossero malvagie – proseguì la donna – Sono consapevole del disonore che la mia leggerezza ha causato al buon nome dei Girodel. Dopo il parto, mi ritirerò in un convento…. ma…. ma il bambino…. il bambino…. non ha colpa….
– Neanche Voi avete colpa, cuor mio e, se Vi ritiraste in convento, verrei lì come una furia, butterei giù tutte le porte e Vi porterei via, dovessi anche strapparVi alla Madre Superiora in persona – disse lui, in tono appassionato.
– Ma come – si stupì la moglie mentre il volto le si rischiarava in una risata di sollievo – La cosa non Vi disturba?
– Nulla di ciò che Vi riguarda mi disturba – e concluse la frase dandole tre lievi baci, sulle mani, sulla fronte e sulle labbra – In fin dei conti, quanto a parentele imbarazzanti, siamo messi male tutti e due! – e rise allegramente.
– E a Vostro padre cosa direte? – domandò lei, con voce singhiozzante e gaia al tempo stesso mentre si asciugava le lacrime col fazzoletto.
– Nulla – rispose l’uomo, con un rassicurante sorriso – Non sono affari suoi….
– Mio caro…. io… io….
– Voi, adesso, dovete semplicemente riposarVi, ristabilirVi e mettere al mondo il bambino più bello del mondo e, quando ciò accadrà, io sarò accanto a Voi e con Voi resterò sempre!
Dopo qualche istante, aggiunse:
– Siete sicura che non volete che rimanga qui, a tenerVi compagnia?
– Oh, no, andate! Vi ho trattenuto fin troppo….
Lui le si inginocchio davanti, le sollevò le mani dal grembo, le baciò appassionatamente e, dopo essersi rialzato, si incamminò verso l’uscita, voltandosi un’ultima volta verso di lei e sorridendole con viso amorevole.
Quando ebbe richiuso le ante della porta dietro le sue spalle, l’espressione gentile e rassicurante gli sparì rapidamente dal volto e fu sostituita da uno sguardo carico di rabbia e di disprezzo.
Con passo rapido, si diresse verso le scuderie.
 
********
 
Impolverata, trafelata e con i muscoli irrigiditi da giorni di sforzi sovrumani, ma senza rendersi conto di tutto ciò, perché in preda all’ardore dell’avventura e a un lancinante dolore morale che non le dava tregua, Oscar sfrecciò come una saetta per la Grande Place di Lille mentre i passanti rimiravano, stupefatti e increduli, il cavallo e l’amazzone.
Fermatasi davanti al palazzo che recava lo stemma dei Conti di Lille, l’indomita guerriera smontò da cavallo e iniziò a picchiare sul portone con foga incontenibile.
– Arrivo, arrivo!! – disse il vecchio portinaio che, aprendo, si trovò dinnanzi una furia scarmigliata con due occhi dardeggianti e spiritati che, guardandolo, sembravano trafiggerlo.
– Oh, Signore! La settimana scorsa, quel gigante che sembrava il diavolo in terra…. Quest’oggi, un Cavaliere dell’Apocalisse in persona!
– Dov’è il Conte di Lille? E’ vero che è morto? – chiese Oscar, senza prestare la minima attenzione alle lamentele del vecchio.
– Non lo so, davvero, non lo so! Hanno preso d’assedio il castello e non questo palazzo e io non ho notizie….
– Le Guardie cittadine si sono mobilitate in soccorso degli assediati? – chiese Oscar, sempre più in preda alla concitazione.
– No, Signore, non credo…. Io non ne ho avuto notizia….
– Perché no?!?! – tuonò Oscar il cui volto era diventato una maschera di furia e di ardore che quasi più nulla aveva di umano – Dov’è la caserma?
Cavalcò, come un turbine, in direzione della caserma, seguendo le indicazioni del vecchio e raggiungendo l’antico edificio nel giro di pochissimi minuti.
– Sono Oscar François de Jarjayes, Comandante Supremo delle Guardie Reali – tuonò la donna, scansando, con ambo le braccia, le sentinelle che volevano impedirle l’ingresso – Vi ordino di farmi parlare col vostro Comandante!
Il Comandante, con la bocca unta, un tovagliolo al collo e una coscia di pollo ancora in mano, si precipitò giù per le scale.
– Ma cos’è questo baccano! Mi disturbate mentre sto facendo cose importantissime! Vi metterò tutti ai ferri!!!!
– Vi rimpinzate come un maiale mentre il castello del Conte di Lille è sotto assedio da giorni! – tuonò Oscar, in preda a uno dei suoi proverbiali attacchi di collera.
– E io che ci posso fare?! L’ho preso d’assedio io quel maledetto castello?!
– Spetta a voi mantenere l’ordine in zona, incapace che non siete altro!
– E mica posso fare da balia a tutti i signorotti della regione!
– In nome di Sua Maestà il Re, seguitemi! Romperemo l’assedio e metteremo in salvo gli assediati! – ordinò Oscar, con voce possente e un tono che non ammetteva repliche.
– Per quello che mi riguarda, potreste anche essere San Michele Arcangelo a capo di tutte le Schiere Celesti, ma io prendo ordini soltanto da….
– Se non mi seguirete immediatamente e senza fiatare, così come vi ho ordinato, vi spedirò in ceppi davanti alla Corte Marziale e, per quanto è vero che sono Oscar François de Jarjayes, vi assicuro che nessuno di voi scamperà al plotone d’esecuzione!
Dal volto del Comandante delle Guardie di Lille, tracotanza e sicumera sparirono nel volgere di un istante.
 
********
 
Girodel bussò nervosamente alla porta dell’elegante appartamento ammobiliato che il Conte di Compiègne aveva preso in locazione in uno dei quartieri più signorili di Parigi. Nonostante la concitazione e la rabbia che gli obnubilavano la mente, gli venne spontaneo domandarsi a quali risorse il cugino avesse attinto per sostenere quell’onerosa spesa, date le traballanti finanze di cui disponeva, ma accantonò subito quella curiosità, perché altre erano le pulsioni che lo muovevano.
Gli venne ad aprire un valletto in livrea che, conosciuta l’identità dell’inatteso visitatore, gli dichiarò che il Signor Conte non era in casa. Scansato di lato il valletto con un gesto secco, Girodel iniziò a percorrere l’appartamento a rapidi passi, affacciandosi alle stanze aperte e spalancando le porte di quelle chiuse mentre il valletto e altri servitori lo seguivano, ingiungendogli di andarsene immediatamente.
– Se non uscirete subito da qui – lo minacciò il valletto – manderò a chiamare le forze dell’ordine.
– Io rappresento le forze dell’ordine – rispose, secco, Girodel.
Finalmente, il Colonnello entrò in salotto e trovò il Conte di Compiègne seduto su un divano, intento a leggere un libro. Alla vista del cugino, il Conte fece appena in tempo a mettersi in piedi che un fulmineo pugno lo raggiunse fra la guancia destra e l’angolo della bocca, facendogli ruotare di lato la testa e il busto e quasi gettandolo a terra.  
– Ma come osate?! – protestò il Conte di Compiègne, tergendosi, con il dorso della mano, un rivolo di sangue che gli era sgorgato dal labbro inferiore mentre alcune gocce rosse avevano macchiato il candido jabot di pizzo – Queste maniere da angiporto riservatele ai vostri soldati e non a me!
– Infame! Criminale! Scellerato! Anche con le donne ve la prendete! Come avete osato ricattare mia moglie e proporle le vostre nefandezze?! Di fronte a nulla vi arrestate?!
– Dovreste essermi grato, cugino, perché, grazie a me, avete scoperto che razza di donna vi siete messo in casa….
– Non osate parlare di mia moglie in questi termini e non tentate mai più di rivederla!! Dovreste vergognarvi!! Dovreste….
Non riuscì a terminare la frase, perché la collera gli affastellava le parole e i pensieri e questi, ingorgandosi, non riuscivano a trovare una forma espressiva né una via d’uscita.
– Siete patetico – sibilò il Conte di Compiègne – Neppure riuscite a formulare una frase di senso compiuto. D’altra parte, non siete mai stato un grande oratore….
Per tutta la risposta, Girodel si sfilò il guanto destro e glielo lanciò sul volto, dicendo:
– Domani mattina alle sette, nel viale posto sul retro della Chiesa di Saint Eustache. Duelleremo con la spada, al primo sangue.
– Eh, no, caro cugino, la parte offesa, qui, sono io, visto che mi avete indegnamente colpito come un ubriacone di taverna. Io scelgo la pistola.
– E sia. Vi concedo non il diritto di sentirvi parte offesa, ma quello di scegliervi l’arma, perché nutro della commiserazione per voi e perché posso darvi una lezione anche con un braccio legato dietro la schiena.
Ciò detto, se ne andò senza congedarsi e senza voltarsi indietro.
 
********
 
L’assedio infuriava con la veemenza di un uragano mentre il massiccio tronco faceva rimbombare colpi sempre più cupi sul portone di legno che era prossimo a cedere.
Agitatissimi, ma per niente domi, con addosso il coraggio della disperazione, gli assediati guardavano, dall’alto delle mura, la bolgia infernale che, come lava incandescente, ondeggiava sotto di loro e si preparavano al peggio.
– Nascondete le donne nelle cantine mentre noi combatteremo fino allo stremo! Quando il portone cederà, venderemo cara la pelle! Mademoiselle de Saint Quentin, riparateVi nelle cantine anche Voi!
– No, io resterò a combattere con Voi! – rispose l’ardimentosa giovane donna, con la determinazione nella voce e il fuoco nelle vene.
Dopo questo scambio di battute, colui che aveva impartito l’ordine gettò lo sguardo oltre le mura, là dove l’assedio infuriava più intenso e disperò. Guardò, poi, oltre gli assalitori e vide le Guardie di Lille che galoppavano verso il castello, divorando le leghe fra nuvole di polvere e, in testa all’armata, lei….
Gli altri assediati, seguendo l’esempio, guardarono in lontananza anche loro e, nel volgere di pochi attimi, sui loro volti, la gioia prese il posto della disperazione.
– Siamo salvi! – esclamò Sir Percy con la gioia di un ragazzo mentre batteva una pacca sul braccio del Conte di Canterbury.
Il reggimento delle Guardie di Lille sopraggiunse con la rapidità di un fulmine, fra il rumore degli zoccoli e la terra sollevata dai destrieri.
– Rompete l’assedio! – tuonò Oscar, con tutto il fiato che aveva nei polmoni – Artiglieri, sparate ai ribelli, aprite dei varchi, spianate la strada alla cavalleria!
– Soldati della cavalleria, caricateli al centro! – proseguì Oscar – Sfruttate la velocità e l’effetto sorpresa e spaccate il fronte nemico in due!
– Abbattete quelli che manovrano il tronco! – aggiunse la fiera amazzone – Non permettete loro di sfondare il portone!
Aveva appena terminato di urlare questi ordini, quando il volto di lei si levò verso i merli e gli occhi le si confissero in quelli di colui che aveva impartito le direttive agli assediati. Fu un lampo, un sussulto, un battito di cuore e Oscar e André si rividero.
Carichi di felicità per l’insperato aiuto, gli assediati ripresero a sparare le ultime munizioni contro l’orda degli assalitori.
Oscar, nella campagna sottostante, gridava ordini, parava colpi, agitava fendenti e nessuno riusciva a sottrarsi dall’impeto di lei. Molti neanche le si accostavano, tanto era il timore che incuteva loro e chi lo faceva assaggiava, ben presto, il sapore amaro dell’antica spada dei Jarjayes. Un mercenario le si avvicinò, caricandola a testa bassa, ma lei tirò le redini del cavallo, scartando verso destra e facendo piovere addosso all’avversario, mentre le cavalcava accanto, un rapido fendente. Un altro la raggiunse da dietro, deciso a colpirla alle spalle, ma lei ne vide il riflesso sulla lama di una baionetta, si voltò di scatto e lo infilzò con una stoccata. Il cadavere le cadde addosso e lei lo scostò con una manata. Nel fare ciò, mosse la testa verso l’alto e vide, in cima alle mura, la fiera Marchesina de Saint Quentin che combatteva accanto ad André. Una foga implacabile la colse, inducendola a moltiplicare gli sforzi e, per gli assedianti, non ci fu più salvezza.
André, intanto, aveva ordinato di non sparare più, perché le Guardie di Lille, comandate da Oscar, erano, ormai, troppo vicine e c’era il rischio di colpire, nel caos della mischia, un alleato. Comandò, quindi, di scendere nella corte del castello e di schierarsi accanto al portone, per essere pronti a dare manforte alle Guardie qualora esso fosse stato abbattuto.
Nel giro di meno di mezz’ora, la battaglia ebbe termine e i mercenari furono sconfitti. Oscar ne diede l’annuncio a gran voce, ingiungendo agli assediati di aprire le porte del castello.
Il portone si aprì e le Guardie, guidate da Oscar, entrarono a cavallo nella corte del maniero, passando in mezzo a due schiere festanti di persone che le salutavano, acclamandole e portandole in trionfo. Oscar cavalcava fiera, in testa al corteo, suscitando l’ammirazione e il delirio di tutti. Il portamento nobile di lei e i biondi capelli di seta, ondeggianti sull’uniforme color turchese, la facevano assomigliare a un’immagine dipinta più che a una creatura reale. A un certo punto, la splendida guerriera girò il volto e gli occhi di lei incontrarono quelli del Conte di Lille.
 
********
 
Alle sette del mattino del giorno successivo, il Colonnello de Girodel e il Conte di Compiègne si trovavano nel viale retrostante la Chiesa di Saint Eustache.
Entrambi erano intenti a prendere gli ultimi accordi coi loro padrini, evitando, il più possibile, di guardarsi negli occhi. Girodel aveva scelto, come padrino, il Capitano de Valmy mentre il Conte di Compiègne aveva optato per uno dei gentiluomini della cerchia del Duca d’Orléans.
Il cielo di Parigi, a quell’ora, era grigio e, per quanto la foschia si stesse diradando, una leggera nebbiolina aleggiava ancora nel viale alberato che faceva da teatro a quella cupa disputa di onore.
D’un tratto, il Giudice di gara, un Marchese sui quarant’anni, reclamò l’attenzione dei contendenti che rivolsero lo sguardo verso di lui, evitando, ancora e ostinatamente, di guardarsi.
– Signori, i padrini mi hanno riferito che il tentativo di conciliazione non ha avuto successo e, pertanto, procederemo. Le armi risultano regolamentari e apparentemente prive di difetti. Vi posizionerete al centro del viale, schiena contro schiena. Conterò fino a dieci e, a ogni numero che scandirò, muoverete un passo in avanti. Quando avrò contato fino a dieci, allora e soltanto allora, potrete voltarVi e sparare. Ricordate che questo è un duello al primo sangue, ragion per cui, alla prima ferita, la tenzone terminerà e il duellante illeso sarà proclamato vincitore. Avete capito?
I due nobiluomini fecero cenno di sì.
– Il sorteggio ha assegnato al Conte di Compiègne il lato della Chiesa e al Colonnello de Girodel quello del viale – proseguì il quarantenne Marchese – Se siete pronti, prendete posizione.
Il Colonnello de Girodel e il Conte di Compiègne si portarono al centro del viale e si sistemarono schiena contro schiena, come era stato loro detto.
– Siete pronti? – domandò il Giudice di gara.
Entrambi risposero affermativamente.
– Il duello ha inizio. Uno….
I due contendenti mossero il primo passo, guardando in avanti con volto impenetrabile.
– Due…. Tre….
Spero di non avere commesso una pazzia – pensava Girodel mentre procedeva – Mia moglie ha soltanto me ed è in attesa di nostro figlio….
– Quattro…. Cinque…. Sei….
Signore – pregava Girodel, durante il suo incedere inesorabile – So che non approvate i duelli, ma Vi prego di aiutare mia moglie, se io non ce la dovessi fare…. Lei è innocente e non c’entra con tutto ciò…. Fate che abbia una vita serena e che mio padre tratti sempre con benevolenza lei e il bambino e non faccia mancare loro alcunché….
– Sette…. Otto….
Il dado è tratto…. In un modo o nell’altro, fra poco, tutto avrà fine….
– Nove….
Il Giudice di gara aveva appena gridato: “Nove”, quando il Conte di Compiègne, senza attendere la fine del conteggio, si voltò di scatto e premette il grilletto contro il cugino. Uno sparo risuonò in quel silenzioso mattino di fine maggio, seguito dal gemito sordo di Girodel che si incurvò in avanti, portandosi una mano sulla spalla destra.
– Ma…. E’ inaudito! – tuonò il quarantenne Marchese.
Il Medico, seguito dal Capitano de Valmy, corse al fianco di Girodel e iniziò a esaminare la ferita di lui.
– La pallottola si è conficcata nella clavicola destra – disse il Medico mentre palpava la spalla di Girodel che soffocava i gemiti di dolore – per fortuna, non in profondità e sarà semplice estrarla. Non sono state colpite vene e arterie rilevanti e la ferita non è mortale.
Il Giudice di gara tirò, visibilmente, un sospiro di sollievo e, subito dopo, in preda alla collera, disse con voce grave:
– Il vincitore è il Colonnello de Girodel. Conte di Compiègne, non ho mai visto tanta fellonia e, per quello che mi riguarda, voi non siete un gentiluomo.
Detto questo, si ritirò disgustato. Anche il Capitano de Valmy e il Medico si allontanarono, sorreggendo Girodel e non degnando di uno sguardo il Conte di Compiègne che andò via sorridente, come se nulla fosse accaduto.
 
********
 
Oscar era affacciata al cammino di ronda del castello di Lille e, con le mani appoggiate al parapetto, guardava, fra un merlo e l’altro, il sorgere del sole in quel fresco mattino di primavera.
Una striscia arancione, lunga e stretta, segnava, all’orizzonte, la linea di demarcazione fra la terra e il cielo. Al centro di essa, il disco solare, di un bianco abbacinante bordato d’oro, salutava il mondo con lunghi e spessi raggi d’ambra, determinando, col suo levarsi, la fine dell’alba e l’inizio del giorno. Il cielo, sempre più scuro a mano a mano che si distanziava dal sole, era privo di nubi e preannunciava una giornata serena. Qualche uccello, uscito dal nido, volteggiava intorno alle torri per, poi, allontanarsi. L’aria frizzante era una gioia per i polmoni e un toccasana per chi, come lei, non aveva chiuso occhio per giorni e giorni.
Si ricordò del tuffo al cuore che aveva avvertito nel rivedere vivo André. Quella sensazione l’aveva sconvolta, abbagliata, lasciata senza fiato e strappata al regno delle ombre verso il quale era diretta. Quella scossa aveva esaltato la viva eccitazione che provava ogni volta che era in battaglia. La leonessa aveva combattuto libera, impavida e sollevata, non in fuga da qualcosa, ma attratta da una luce nuova.
Li aveva visti, poi, guerreggiare insieme, lui e la splendida Marchesina. Li aveva scorti in cima al castello, mentre sparavano come due furie, gomito a gomito, spuntando fuori dai merli e, poi, riscomparendovi dietro. Come sembravano affiatati, nati per stare insieme, Marte e Minerva, le due divinità guerriere! Era arrivata lì e l’aveva trovato vivo e ciò le sarebbe dovuto bastare. Stava bene e aveva accanto a sé una donna tutta intera e non una a metà che neanche era capace di distinguere fra amicizia e amore.
Mentre pensava, scorse un’ombra allungarsi sulla destra. Si girò e lo vide che incedeva verso di lei. Egli, a sua volta, la vide, ne colse lo sguardo e capì.
– Mademoiselle de Saint Quentin è una giovane donna molto ardimentosa e…. una cara amica. Per certi versi, mi ricorda te, così come la luna ricorda il sole.
Riuscirò ad amarla per quello che è e per come si merita, senza farne l’oggetto di un’ossessione e senza proiettare su di lei le mie pulsioni? – pensava, contemporaneamente, il giovane.
– André, non devi darmi spiegazioni, la tua vita ti appartiene e arriva sempre il tempo in cui un uomo si affranca dall’infanzia e dal passato – rispose lei, palesando comprensione, ma sentendosi, allo stesso tempo, spudoratamente felice per la rassicurazione contenuta nelle parole di lui.
Riuscirò ad amarlo come merita e a non sentirmi soffocata, prigioniera e imbrigliata in una vita che accetterei per lui, ma che non mi si attaglierebbe? – pensava la donna mentre parlava.
– Tu sei il passato che diventa futuro. Tu sei l’infanzia che traghetta la sua innocenza in un essere incorrotto e prezioso – rispose André alle parole di lei.
Riuscirò a vivere con lei di realtà e non di fantasia? Di concretezza e non di esaltazione? – pensò, subito dopo, l’uomo.
– André, tu continui a mitizzarmi, ma io sono stata a lungo innamorata di Fersen anche se sapevo che mi volevi bene. Come puoi continuare a volermi bene? Puoi continuare a volere bene a questa donna imperfetta e fallibile che mai reggerà il confronto con l’idea che te ne sei fatto?
Riuscirò a competere con me stessa? Non è la Marchesina la mia rivale, ma l’idea che egli ha di me….
– Certo, Oscar, io ti voglio bene da sempre, così come sei e per quella che sei sempre stata.
– Oh, André, anch’io ti voglio bene! Ti voglio bene André!
– Io questo l’ho saputo da sempre, Oscar. Adesso niente può più dividerci.
Riuscirò a non perdermi in lei e nella bellezza di questo sentimento? Riuscirò a elaborare un progetto di vita sensato che si affranchi dalla leggiadria dei sogni effimeri?
Riuscirò a non perdermi in lui e nella bellezza di questo sentimento? Riuscirò a rimanere me stessa, padrona della mia vita e fiera?
Lei gli pose le mani sul petto e lui gliele strinse. Quel tocco comunicò all’uno l’essenza dell’altro e fugò ogni dubbio. Nessun fraintendimento, nessuna mistificazione. Nessuna rinuncia, nessuno snaturamento. Soltanto due esseri nuovi che nascevano insieme a quel giovane sole, in una fresca mattina di primavera, priva di nubi e carica di speranze.
 
********
 
– Conte di Compiègne, siete stato prezioso – disse il Duca d’Orlèans, porgendo un calice di vino rosso all’ospite e sedendosi, subito dopo, su un’elegante poltrona di uno dei salotti del Palais Royal – Siete stato scaltro e avete saputo sfruttare al volo tutte le opportunità che vi si sono presentate.
Il Duca d’Orléans si stava facendo ragguagliare dal Conte di Compiègne sugli esiti dell’attività di spia che il secondo aveva, per lunghi mesi, svolto. Nei giorni precedenti, si era, invece, incontrato col Duca di Germain che mai aveva perdonato ad André l’assegnazione della Contea di Lille e che continuava a serbare nel cuore un’ostinata speranza di farsela attribuire e, con fare suadente, lo aveva convinto a inviare alcuni sgherri per cingere d’assedio il castello dei Conti di Lille.
– Vi ringrazio, Altezza – rispose, colmo di vanesia soddisfazione, il Conte di Compiègne – Appena ho letto l’incartamento relativo all’assedio dei due castelli siti nelle campagne parigine, mi è balenato in mente il piano. Ho pensato che quegli episodi avrebbero messo in allerta il Comandante de Jarjayes, facendole apparire credibile la morte del Conte di Lille in un assedio analogo e quasi contemporaneo. Ho ordinato, così, a un uomo di mia fiducia, di predisporre, in fretta e furia, quelle righe e di consegnarle.
– Avete fatto bene – lo elogiò il Duca d’Orléans – Quella dannata intrigante si è precipitata a Lille e, ora, sebbene sia sopravvissuta agli scontri, è a centinaia di miglia di distanza da qui.
– Esattamente – proseguì il Conte di Compiègne – Per non parlare dell’aiuto involontariamente fornitomi dalla moglie di mio cugino. Non avrei mai immaginato che quella sciocca avrebbe preso il coraggio a due mani e si sarebbe confidata con il marito. Sembrava una donna di scarso carattere e, provenendo dalla miseria, pensavo che non avrebbe rischiato di subire il ripudio da parte di lui…. Nonostante tutto, mi ha offerto una sponda inaspettata…. Quell’idiota di mio cugino, degno marito di cotanta moglie, mi ha sfidato a duello e io l’ho ferito!
– E, così, caro Conte, Vi siete sbarazzato pure lui….
– Proprio così! Con quella ferita, ne avrà per almeno un mese e non è il solo!
– Cosa intendete? – domandò il Duca d’Orléans.
– Il Capitano de Valmy resterà confinato per trenta giorni nel suo palazzo, come punizione per avere fatto da padrino in un duello – rispose il Conte di Compiègne.
– La fortuna, finalmente, ci arride! – esclamò il Duca d’Orléans – Con Oscar François de Jarjayes, Victor Clément de Girodel e quel loro tirapiedi del Capitano de Valmy ridotti all’irrilevanza, potremmo agire indisturbati!
I due aristocratici proruppero in una risata, scambiandosi un enigmatico sguardo d’intesa.


Fine della prima parte







Questo capitolo movimentato e passionale segna un’importante svolta nella storia.
La leonessa di Francia” va in vacanza, ma tornerà a gennaio, con emozionanti eventi e nuovi intrighi. Spero che, finite le feste, riprenderete la lettura, perché il what-iffone è alle porte!
Vi auguro buon Natale e un felice anno nuovo!
   
 
Leggi le 22 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_