Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Colarose    19/12/2018    2 recensioni
Quando si perde tutto, non si fa che rimproverarsi di non aver fatto di più per non perdere quel tutto.
E Harry ha perso tutto.
Ma gli verrà data un seconda possibilità.
Un viaggio nel tempo, 27 anni indietro nel passato.
Prima che Voldemort seminasse terrore, prima della Prima Guerra Magica, prima dei Mangiamorte e prima della fondazione dell’Ordine della Fenice.
Prima di quel 31 ottobre, prima di quell’esplosione.
Prima dei Malandrini.
Una nuova responsabilità si fa carico sulle spalle di Harry: vincere la Prima Guerra, prima che ce ne sia anche una seconda.
Ma ci sarà un piccolo imprevisto.
**********
Siete pronti per la lettura?
Ma soprattutto, siete pronti per la storia del quinto Malandrino?
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mio posto felice

Harry ultimamente era con la testa tra le nuvole, Remus l’aveva notato. Gettava occhiate con svogliatezza e ascoltava con distratta attenzione ciò che le persone dicevano. Talvolta si sedeva, da qualunque parte, e chiudeva gli occhi (o semplicemente guardava il vuoto, dipendeva da dove si trovasse in quel momento) e quando Remus lo guardava, sapeva che risvegliarlo da quello stato di pace e concentrazione sarebbe stato difficile, perchè il suo amico, in quei momenti, vagava e vagava, in un posto indefinito, in uno spazio che non esisteva in cui tutto veniva amplificato. 

Ad occhi esterni poteva sembrare che ad un tratto Harry Potter avesse deciso che la meditazione dovesse far parte della sua giornata quotidiana, ma Remus sapeva che si stava semplicemente esercitando. 

Si stava esercitando ad essere tutt’uno con il mondo, a lasciare quella noiosa terraferma e andare con la mente sempre più su, sempre più su, farla diventare senza confini, come il cielo. A tal punto da percepire la magia intorno a sé, riconoscerla e impararla. Harry ci stava riuscendo, aveva preso -naturalmente- con molta serietà il rituale e non voleva trovarsi impreparato quando sarebbe giunto il momento di farlo. 

Era affascinante avvicinarglisi silenziosamente in quei momenti, per non disturbarlo, e vederlo comunque aprire gli occhi e chiamare il tuo nome ancor prima di vederti. Com’è che era possibile? Aveva percepito la tua magia. Ovvio. Da come lo diceva sembrava fosse una cosa perfettamente normale che tutti erano capaci di fare. Forse si era dimenticato che, la prima volta che era riuscito a percepire un’aura, era saltato come un bambinetto con uno dei suoi rari, enormi, sorrisoni insieme al brillio dei suoi occhi. 

Era già stato deciso il luogo del rituale, una pianura deserta, agli estremi margini di un paesino sperduto nelle Okney. Silente aveva consigliato di non farlo all’interno di Hogwarts, poiché la magia era davvero molto intensa, e sarebbe stata estremamente percepibile. L’Horcrux, non l’avevano distrutto, bensì ora l’anello si trovava chiuso in un scatola con sopra svariate magie protettive. Entrambi erano stati d’accordo sul non far capire minimamente a Voldemort di star dando la caccia ai suoi Horcrux, poiché c’era il rischio che cambiasse tutti i luoghi, sostituendoli con altri ancor più improbabili. Forse, finchè non li avessero conservati un bel po’ -se non tutti-, era meglio conservarli e poi distruggerli tutti insieme. L’Ardemonio sarebbe stato una buona alternativa al veleno di Basilisco, che comunque era molto raro e ci metteva molto tempo per arrivare da chissà quale paese. 

Ma Harry aveva ancora altro a cui pensare, perché quel giorno era il 12 Ottobre.

E domani c’era la Luna Piena. 

E lui e Sirius avevano ancora la foglia in bocca. 

Chiunque, anche da un miglio di distanza, avrebbe percepito l’ansia che cercavano di nascondere. Forse, quello fu uno dei pochi giorni -compreso anche il 13 Ottobre- in cui Sirius Black fiatò a malapena, tenendo la bocca completamente serrata. Lui e Harry mangiarono peggio dei criceti, e si gettavano sguardi a vicenda, quasi a compatirsi, come avessero litigato e soprattutto come se uno dei due non sospettasse dell’altro. Sirius quasi rinunciò a lavarsi i denti, la sera, ma James gli fece notare che la sua bocca non aveva preso neanche un po’ d’aria quel giorno, e quindi puzzava molto più del solito. 

Sirius ci mise quattro minuti e cinquantasei secondi a lavarsi i denti, mentre Harry ci riuscì in quattro minuti e quarantatre secondi. Non che poi si fossero messi a contarli, questa è più che altro una stima di Peter. 

La notte del 13 Ottobre, i due non si erano messi d’accordo sul dividere il Mantello, Sirius non ci aveva neanche pensato, era sicuro che Harry avesse la situazione perfettamente sotto controllo per non farsi beccare. Non aveva torto, in effetti, Harry usciva abitualmente tre volte a settimana, se non di più, e evitava con magistralità Gazza, quasi automaticamente. 

Forse ci avevano sperato, forse no, ma fare il tragitto separati non servì a non incontrarsi. Purtroppo, avere un’amicizia così stretta, sembrava aver comportato l’aver pensato lo stesso luogo in cui c’era l’altro. 

La Torre d’Astronomia, era perfetta per ricevere i raggi diretti della Luna. 

Harry aprì lentamente la porta, invisibile, e dopo essere entrato, se la chiuse alle spalle. Si avvicinò alla ringhiera, spostando alcuni telescopi di cui facevano uso gli studenti durante l’ora di Astronomia. Osservò la Luna, ancora coperta da alcune piccole nuvole, che la coprivano leggermente, ma Harry era sicuro che di lì a poco se ne sarebbero andate. 

Ironico acchiappare una notte tersa ad Ottobre e non a Maggio. Forse perché aveva piovuto tutto il giorno, Harry non lo sapeva. Si appoggiò alla ringhiera e osservò la Luna, aspettando pazientemente che si scoprisse del tutto. Gli parve quasi di sentire leggerissime urla di dolore, in lontananza. 

Dopo neanche un minuto, la porta si riaprì da sola, così come si chiuse apparentemente da sola. Harry già aveva capito chi era, ma lui non sembrava aver notato la sua presenza. 

Forse perché era ancora invisibile, chissà. 

Harry cercò di indovinare quanto tempo Sirius ci avrebbe messo a vedere una fialetta sospesa in aria. Quest’ultimo si tolse lentamente il Mantello, lasciandolo cadere a terra, e solo quando si fu completamente voltato, sobbalzò, notando la fialetta. 

Harry sciolse l’incantesimo, trattenendo un sorrisetto divertito, ormai era anche inutile far finta di non conoscere incantesimi avanzati. 

«Ciao» riuscì solo a dire Harry. 

 «Ciao.» rispose banalmente Sirius, incerto. Nella mano destra teneva stretta la fialetta, gettò una breve occhiata alla Luna alta in cielo. Dopo essersi guardati per due secondi ancora, il Black voltò la testa e la tenne testardamente fissa sul cielo, sentendo, al contempo, lo sguardo di Harry ovunque, ma forse era solo una sua impressione. 

Harry continuò ad osservarlo, mentre il disagio cresceva a dismisura. Si gettarono continui sguardi di sottecchi, entrambi immaginando come si sarebbero comportati se non avessero litigato. Probabilmente avrebbero parlato, avrebbero immaginato il sapore disgustoso che avrebbe avuto il miscuglio. Avrebbero già sognato le notti di Luna Piena, che in futuro avrebbero fatto insieme a Remus e agli altri. 

Ma la loro immaginazione non fu condivisa, le parole e i pensieri se li tennero per sé, più passava il tempo e più si vedeva quanto fosse desolante essere lì, insieme, e stare zitti, come se fossero sconosciuti, ognuno curioso dell’altro.

In quel momento Sirius rimpianse davvero tanto il prima. Avrebbe voluto dargli una sua osservazione sullo strano miscuglio arancione che era nelle fialette.
Esposero la fialetta ai raggi della Luna, e la sostanza divenne di un arancione leggermente più chiaro. Mentre tenevano le fialette oltre la ringhiera, Harry estrasse dalla tasca un piccolo oggetto di legno. 

Sembrava una minuscola scatolina. 

«Engorgio» sussurrò, la scatolina si ingrandì gradualmente. Sirius guardò interrogativamente Harry, mentre questi si chinava, portando con sé la fialetta di cristallo con una lentezza esasperante (quasi il liquido non si muoveva). La scatola di legno lavorato era estremamente semplice, totalmente chiusa e sulla facciata frontale aveva una serratura per lucchetto. 

Harry aprì la scatola e ripose con cura la fialetta, poi si voltò verso Sirius che continuava ad osservarlo. 

«Che aspetti? Mettila anche tu» Sirius si riscosse e posò la fialetta nella scatola. Poi Harry la chiuse e tirò fuori dalla tasca un lucchetto e con questo chiuse la scatola. 

Il corvino sguainò la bacchetta e la agitò sul lucchetto, facendolo brillare brevemente. 

«Ti rendi conto che basterà un’Alohomora per aprirlo, qualsiasi incantesimo tu abbia fatto, vero?» gli fece notare Sirius, prendendolo in giro, ma non era quella presa in giro amichevole che si fa fra amici. 

Harry alzò un sopracciglio «Bene, prova tu ad aprirlo» disse indicando il lucchetto, con uno sguardo di sfida. 

Sirius ci provò, sussurrando la formula, ben sapendo che se Harry avesse proposto di provarci era perché funzionava. Il lucchetto rimase perfettamente immobile, e allo sguardo d’attesa di Sirius una forza rispose, facendolo barcollare e per poco non facendolo cadere a terra. 

Harry lo guardava divertito, accarezzando la scatola con calma «Ho messo anche qualche altra protezione, vuoi provarla?» chiese, sorridendo. 

«No, grazie» borbottò Sirius, non tanto perché  fosse spaventato da un semplice barcollare, più che altro perché, da come l’aveva detto Harry, quella sembrava la minima cosa. Ma forse si stava semplicemente impressionando. 

Ed effettivamente era così. Harry aveva messo semplicemente un potente incantesimo di protezione a specchio riflettente (qualsiasi incantesimo che veniva lanciato sulla superficie sarebbe stato rispedito indietro) poi, la sua letalità dipendeva tutta dall’incantesimo che veniva lanciato. 

Qualcuno avrebbe potuto considerare il tutto esagerato, ma Harry non voleva subire mutazioni tremende, in tutta onestà. 

Guardarono entrambi la scatola «E adesso?» mimò Sirius con le labbra: voleva rendere il luogo in cui si trovavano il più silenzioso possibile. «La portiamo nel nostro dormitorio?» 

«Il nostro dormitorio è tranquillo e silenzioso?» chiese Harry ironico, anche lui mimando.  

A Sirius tornò in mente James che entrava saltellando in dormitorio raccontando del suo ultimo litigio con la Evans (a volte entrava anche arrabbiato ma i casi erano rari), ricordò Remus che urlava la mattina, Peter che strillava alla scomparsa dei suoi calzini e Harry che gli ricordava insistentemente che erano sotto al letto. Beh, questa era la situazione classica, ora non era più così, ma la sveglia Banshee di Remus (sì, ne aveva ricomprata un’altra, ancora. Ma non so, una sveglia unicorno no, eh? No) non la batteva nessuno e avrebbe strillato in qualsiasi situazione. 

Sirius scavò nelle sue memorie, alla ricerca di un luogo ad Hogwarts che poteva essere tranquillo e silenzioso… 

Gettò una veloce occhiata a Harry che lo guardava con… attesa? Come se si aspettasse che dicesse qualcosa che lui era indeciso di dire. 

Oh. 

Ma doveva dirglielo? Doveva rivelargli la sua esistenza? 

«Oh, andiamo, che conta mantenere un segreto quando di questo ne può dipendere il mio stesso bellissimo corpo e… Remus.» pensò Sirius, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo. 

«C’è una stanza nascosta al settimo piano che si trasforma nella stanza che tu vuoi. Ci basterà immaginare di volere un luogo completamente tranquillo, silenzioso e inaccessibile- anche se dubito che qualche studente sappia dell’esistenza di questa stanza- e il gioco sarà fatto»

Harry parve sorpreso, ma per la prima volta Sirius si ritrovò a mettere in dubbio la sincerità delle espressioni di Harry e concluse che sì, probabilmente sapeva dell’esistenza della Stanza perché gliel’aveva detto Remus. 

«Andiamo?» chiese Harry, poiché Sirius restava immobile. 

Sirius aprì la bocca e la richiuse «I-Insieme?» 

Harry lo guardò come se avesse fatto la domanda più stupida del mondo. Certo, ovvio, andavano insieme, che domanda stupida, Sirius!  Ma… insomma… non avevano litigato? Per quei brevi attimi sembrava che il litigio fosse quasi scomparso, praticamente. 

Sirius, ripresosi, propose di andarsene via con l’incantesimo che aveva usato Harry, che era sicuramente più comodo, e di mettere il mantello invece sulla scatola. 

Lentamente, scesero le scale, invisibili e fianco a fianco, dirigendosi verso la Stanza, la scatola nelle mani di Harry. Sirius avrebbe quasi giudicato il tutto un ritorno ai vecchi tempi, se non fosse per il fatto che non vedeva Harry e che nessuno dei due ghignava. 

Il tragitto fu fatto in un silenzio pesante, e Harry quasi sospirò di sollievo quando fecero comparire la porta e vi trovarono all’interno una piccola stanza completamente vuota poco illuminata (ci vedevano a malapena) con al centro un piccolo piedistallo. Posarono la scatola e uscirono, costringendosi a fidarsi della Stanza. 

Prossima meta: Sala Comune di Grifondoro. 

Ora che non c’era più la scatola che li accumunava, Sirius insistette a togliersi l’incantesimo e ad andare sotto il Mantello («L’ho portato, tanto vale usarlo!» che scusa infantile…)

Ci su la situazione imbarazzante, poi, di dover andare nella stessa meta ma farlo separati, percorrendo la stessa identica strada. 

Continuarono a camminare, e anche non vedendosi, il disagio persisteva. Arrivò a tal punto che Harry sbuffò, accelerando il passo e avvicinandosi sempre di più all’aura magica che sentiva, a qualche metro da lui. 

«Sirius?» 

Sirius, da sotto il Mantello, sobbalzò, fermandosi. 

«Mhm?» 

«È ridicolo ciò che stiamo facendo, sembriamo bambini di prima elementare.» sospirò Harry, e Sirius ci pensò un attimo. Non sapeva cosa fosse la prima elementare, e magari lo avrebbe saputo se avesse ascoltato le lezioni di Babbanologia, ma la materia per ora non gli interessava un granché. 

Alzò il Mantello, mentre Harry annullava il suo incantesimo. Il corvino ci s’infilò sotto e dopo che si furono sistemati, ripresero a camminare. 

«La prima elementare comunque è il primo anno di scuola dei babbani, in cui imparano a scrivere e a leggere, si inizia a sei anni e finisce a sette, dove inizia la seconda elementare» spiegò Harry, distrattamente. Sirius gli gettò un’occhiata sconcertata. 

«Come…?»

Harry scrollò le spalle, guardando dritto davanti a sé «Ti conosco.» 

Sirius trattenne a stento un sorriso amaro, eh già, lo conosceva proprio bene.

«Peccato che io non possa dire lo stesso su di te.» si lasciò scappare Sirius, pentendosene quando vide la faccia rilassata di Harry contrarsi. Ma non riusciva ad evitarlo, questa cosa gli dava troppo fastidio, e si sentiva quasi a doverglielo rinfacciare continuamente. 

Harry stava ostentando un atteggiamento di indifferenza, non replicando alla sua risposta. Tuttavia, Sirius non si volle arrendere, decidendo di sfruttarsi quell’occasione che si presentava davanti. 

«Perché non ce lo vuoi dire?» 

«Cosa?» domandò di rimando Harry, facendo il finto tonto. Sirius lo guardò irritato e incredulo. 

«Perché tua nonna fa gli scialle di lana gialli invece che rosa. Ma secondo te?» sbottò acidamente Sirius, cercando comunque di tenere un tono basso. Potter lo guardò con sufficienza, poi distolse lo sguardo e osservò tutto tranne che lui.

«Perché è complicato da spiegare.» rispose infine, in modo vago. 

«Ma a Remus l’hai detto.» 

«Remus l’ha scoperto» precisò Harry, incominciando ad irritarsi.
«Lo scopriremo anche noi» replicò Sirius, testardamente. 

Harry trattenne uno sbuffo, cercando di reprimere quella piccola paura che sembrava essersi insinuata nel suo cuore. Seguì il silenzio, in cui nessuno dei due parlò, poichè non avevano voglia di sfociare in una litigata. 

Però, dopo qualche minuto, in cui Harry aveva l’impressione che di lì a poco finalmente sarebbero giunti alla Sala Comune, Sirius riparlò: 

«Harry?» 

«Che vuoi?» gli rispose questi bruscamente. 

«Un giorno ce lo dirai? Oppure dobbiamo rimanere così?» 

Harry non parlò, indeciso sul da farsi. Teneva davvero molto ai Malandrini, gli mancava la complicità che si percepiva quando erano tutti insieme. Anche se questi avessero deciso di lasciar perdere e fidarsi di lui, ci sarebbe stata sempre una pecca nel loro rapporto, che col tempo si sarebbe sentita, bisognosa di essere riparata. Prima o poi, arriverà il momento in cui, sentendosi pronto, dirà agli altri la verità. 

«Sì, un giorno… un giorno ve lo dirò.» 

Quel “un giorno” era talmente vago e incerto che Sirius non osò neanche chiedere quale. Poteva essere tra una settimana, tra un mese…. era un giorno, uno dei tanti. 

Un paio di passi, e Harry si fermò di scatto. 

«Che ti prende?» 

Harry gli fece segno di tacere con la mano, osservando intensamente l’angolo che dovevano svoltare per arrivare al quadro della Signora Grassa.  

«Sta arrivando qualcuno.» 

 

 

*

Più tardi, Sirius avrebbe insistito sul fatto che la colpa non era sua se Penny Saweberry e Elliot Smith li avevano beccati. Lui aveva semplicemente calpestato il Mantello, era troppo lungo! (tra qualche anno avrebbe detto che era troppo corto). Harry aveva fatto marcia indietro di scatto, ma aveva schiacciato il piede di Sirius, lui era saltato toccandoselo e mantenendosi a Harry, poi, rimesso il piede a terra l’aveva messo sull’orlo del mantello, era inciampato, aveva trascinato Harry ed erano caduti a terra. Avevano cercato di districarsi in fretta e furia dal Mantello (che il quel caso, era solo un problema, più che un aiuto) ma quando riuscirono a farlo, i due prefetti, rispettivamente di Grifondoro e Tassorosso avevano svoltato l’angolo, li avevano beccati e come ovvio che fosse, li avevano portati nell’ufficio della McGranitt. 

Ricordando la reazione a catena di prima, la colpa, secondo Sirius, non era sua, ma di Harry. 

Quella sera fu pure sfatato il mito del “Tassorosso buono e gentile”, perché Penny voleva pure lasciarli andare (sfacciato favoritismo ma comunque voleva lasciarli andare) «Dopotutto, è solo una passeggiatina di notte!» aveva esclamato, ma Smith puntiglioso e insopportabile a prima vista, aveva insistito e li aveva guardati come se avessero commesso chissà quale crimine (ed era un Tassorosso!). 

In sostanza,  il venerdì sera Sirius, fino al giorno prima, non lo avrebbe immaginato trascorso a riordinare i libri della biblioteca nei singoli reparti di essa, con Harry, per giunta. 

Ma forse, dopotutto, paragonato a pulire i bagni e lucidare i vasi o fare un viaggetto nella Foresta Proibita, riordinare i libri della biblioteca non era così terribile. 



Queste parole furono ritirate da Sirius quando vide una montagna di libri che lo aspettava su un tavolo della Biblioteca, ogni singolo libro aspettava di venir preso e messo nel proprio reparto, ogni singolo libro, senza magia. Tutta colpa degli studenti che lasciavano i libri così, abbandonati sui tavoli, che li prendevano e non li posavano. Se li avessero posati tutti quanti, questa punizione non sarebbe esistita. 

Sirius, probabilmente, non immaginava neanche che alcuni di quei libri erano stati lasciati proprio da lui sui tavoli. Ma anche sapendolo, avrebbe detto che questo era trascurabile perché, beh, lui era Sirius Black e questo spiegava tutto.

Un’altra sorpresa ci fu, poi. 

Una ragazzina dai capelli corti, neri e sbarazzini con una frangetta a coprirgli la fronte, e piuttosto magra, stava leggendo i titoli dei libri in modo annoiato, posando ognuno su una pila diversa, ancora piuttosto basse. 

«Quel grande…» Sirius la sentì borbottare, prima che si bloccasse. 

«La punizione terminerà alle dieci e mezza, verrò a controllarvi regolarmente ogni mezz’ora… buona fortuna.» gracchiò Gazza a Harry e Sirius, con un sorriso sadico e sdentato, poi si voltò e con un borbottio divertito uscì dalla biblioteca. 

Harry sospirò e senza guardarlo si diresse verso la pila di libri. 

Mary MacDonald (Sirius l’aveva riconosciuta) sembrava solo ora essersi accorta dell’arrivo di altre due persone, Harry, in particolare, ricevette un suo sguardo più lungo. 

«Cosa avete combinato?» chiese come se fossero particolarmente in confidenza loro tre. In fatto di questo, Mary non si faceva affatto vincere dalla timidezza, o forse non sapeva neanche cos’era, la timidezza, in fondo. 

Da quel che i due avevano capito di lei, era piuttosto sfacciata. 

«Occhio, MacDonald, non abbiamo fatto niente, stavamo facendo semplicemente una passeggiata di notte con le migliori intenzioni. Almeno, questa volta, non è stato fatto alcun danno al castello.» disse Sirius, sedendosi su una sedia. «E neanche si accontentano di questo!» 

«Che fai?» chiese Harry, che già aveva iniziato ad aiutare Mary, mentre quest’ultima li osservava di sottecchi. Sirius alzò un sopracciglio:  

«Ti aspetti davvero che mi metta a riordinare libri fino alle dieci e mezza?»

Harry lo guardò aggrottando le sopracciglia, infastidito «Beh, tecnicamente ci hanno detto di fare questo e Gazza verrà a controllare.» 

«Ogni mezz’ora» sottolineò Sirius «Che ore sono ora?» 

«Le otto.» 

A quel punto Sirius scrollò le spalle «E allora alle otto e mezza mi alzerò e metterò qualche libro a posto.» 

Harry stava per aprire bocca, rendendosi solo ora conto di quanto potesse essere insopportabile e odioso Sirius quando si trattava di parlare con persone che non erano proprio suoi amici, ma una voce si intromise: 

«Senti, Black, alza il tuo sederino regale dalla sedia e muoviti a darci una mano, io non riordinerò i libri mentre stai lì a poltrire, solo perché ho detto al professore di Divinazione, che nella tazzina da tè, al posto di vedere una pannocchia vedevo qualcos’altro, se capisci cosa intendo» disse Mary duramente, Harry la guardò interrogativamente, mentre Sirius ghignava maliziosamente, alzandosi. «Non ti facevo così perversa, MacDonald…»

Capito il significato, Harry per poco non soffocò con la sua stessa saliva, arrossendo leggermente. Sirius lo guardò brevemente. 

«Non far caso a lui, è così innocente» disse sospirando. Harry avrebbe tanto voluto dirgli che sicuramente in campo amoroso aveva fatto più cose di lui, ma si disse che la cosa avrebbe portato a troppe domande, quindi si limitò a gettargli un’occhiata a metà tra l’astioso e l’imbarazzato, prendendo i libri di Trasfigurazione che aveva raggruppato e posandoli sulla pila centrale. 

Mary guardava ancora Sirius in attesa, e questi alzò gli occhi al cielo, prendendo svogliatamente il primo libro a portata di mano “Metodi di associazione numerica-letterale: nascita, dubbi e opinioni contrastanti” Poi si mise a cercare tra la montagna altri libri di Aritmanzia, mentre Mary annuiva soddisfatta. 



Dopo un po’ di tempo, no, un’ora, in cui ci era stata qualche breve chiacchierata, avevano posato solo la metà dei libri (Ma per caso Madame Pince se li conservava? Aspettando che gli studenti venissero a fare i bidelli?).

Sirius, nel silenzio della biblioteca, aveva finalmente raccolto e posato venti libri di Erbologia, e ora vagava intorno al tavolo cercando di far credere che stesse scegliendo una categoria di libri quando invece stava semplicemente perdendo tempo. Un libro catturò la sua attenzione, un libro di Babbanologia, a giudicare dalla copertina. 

“Da un posto all’altro secondo il Babbano” 

E sotto, nella descrizione: 

Non vi siete mai chiesti come i Babbani riuscissero ad 
andare da una parte all’altra, anche se codesta parte è
lontana, senza magia? I mezzi di trasporto Babbani sono
vari e affascinanti, facendoci capire che senza magia è possibile
comunque vivere splendidamente, i Babbani ci sono riusciti e mica
si lamentano! 

 
Sotto, varie foto di mezzi di trasporto Babbani, tra cui, quasi in primo piano un mezzo su due ruote, con un sedile, due manici davanti e due specchietti e un telaio (non che poi Sirius sapesse cos’era un telaio, questa descrizione l’aggiungo io). Il primo pensiero del Black è che sembrava piuttosto figo rispetto agli altri mezzi e, per la prima volta nella storia, Sirius Orion Black stava per aprire un libro con interesse, ma il miracolato evento fu interrotto da un lamento della MacDonald. 

Sirius alzò lo sguardo, osservando con orrore Mary trasportare una pila di dodici/quindici libri tutti in una volta. 

Quella ragazza era pazza, questo era assicurato. 

 Harry stava posando in fretta e furia i suoi sette libri di Storia della Magia, cercando di essere il più veloce possibile poiché sembrava che Mary avrebbe ceduto da un momento all’altro. Sirius posò velocemente il libro su una sedia vuota, facendo il giro dell’enorme tavolo.
«Per la miseria!» esclamò Mary sentendo già la pila oscillare, un libro cadde, e poi un altro e un altro ancora. La pila si poteva paragonare alla torre di Pisa, Mary aveva capito che doveva togliersi di mezzo a meno che non decidesse consapevolmente di uccidersi i piedi, quindi, al momento, gli venne da fare un’unica cosa: buttò i libri all’aria e balzò via di scatto.
Tutti strizzarono gli occhi quando si sentì un gran tonfo che squarciò completamente il silenzio della biblioteca. 

Osservavano spaesati i libri, poi Sirius si spostò a guardare Mary. Aveva la camicia spiegazzata e una faccia stravolta e sconsolata insieme, poi sembrò ritornare in sé, guardando con crescente astio i libri. 

 «Io odio i libri!» sbottò inviperita, trattenendosi dal prenderne uno e distruggerlo, strappando pagina per pagina «Non voglio stare in questo posto opprimente un minuto di più! Libri, libri e libri e ancora libri! Che Gazza si occupi di queste cose, piuttosto che vagabondare per i corridoi come un maniaco, santissimo Merlino!» continuò, sembrando del tutto decisa a fare sul serio. Infatti marciò verso l’uscita, ma poi si sentì uno scoppio di risa. 

Mary si voltò, i capelli completamenti stravolti, ma non sembrava importarsene, non sembrava importarle nemmeno del fatto che avesse una ciocca della frangetta davanti agli occhi, francamente. 

«Fai sul serio, MacDonald?»  domandò Sirius, divertito. 

«Cazzo sorridi, Black?!» Mary mandò a quel paese il linguaggio signorile che sua madre le diceva sempre di usare, assillandola fino quasi a far venire a Mary l’istinto di strapparsi i capelli. Davvero, quanto brutto poteva essere sentir uscire parole volgari dalla bocca di una ragazza, nessuno gli avrebbe tolto quella soddisfazione che le parolacce davano quando le diceva, le riempivano la bocca, in poche parole. 

«Mm, Mary, credo che sarà ancor peggio se farai così.» tentò Harry, guadagnandosi un’occhiata letale da parte della corvina. 

 «Non me ne frega!» esclamò questa. 

 «Oh, andiamo, MacDonald, sono libri, solo libri -disse Sirius, mentre sventolava un libro davanti a sé- non mangiano, non… mordono. È semplicemente carta.» concluse poi con un ghigno canzonatorio. «Sembri una bambina.» 

 Mary ringhiò «Bambino sarai tu!» ribatté, tornando sui propri passi, colpita nell’orgoglio. Con uno scatto, iniziò a prendere i libri da terra «Visto? Non lo sono.» 

Sirius sghignazzò scuotendo la testa, mentre Harry sospirò e si voltò, nascondendo un sorriso. 

 


La calma, lentamente ritornò, e Harry aveva sempre la costante impressione di essere osservato più del dovuto da Mary. Non sapeva perché, in tutta sincerità, ma gli sembrava di essere osservato con una certa curiosità e sospetto.
Mary non aveva mai fatto la diretta conoscenza di Harry Potter, lo conosceva soltanto attraverso i racconti di Lily e Marlene, e ora aveva colto l’occasione per analizzarlo. 

Calcolando che era la cotta di una delle sue più care amiche, aveva tutto il diritto di assicurarsi che fosse un tipo da lei considerato a posto. A lei era sembrato piuttosto riservato e sulle sue, a prima impressione, sicuramente non era il suo tipo. Forse il tipo di Marlene un po’ lo era, ma non era tanto sicura. Insomma, dai racconti di Lily e Marlene sembrava tutt’altra persona. 

Gettò un’occhiata a Black, che leggeva incredibilmente un libro con grande interesse. Domani ci sarebbe stato terremoto, al Platano Picchiatore sarebbero spuntate le gambe, suo padre avrebbe iniziato a cucinare come un ottimo cuoco. Doveva ancora decidere se fosse insopportabile o simpatico. Di certo era bello (Mary sorrise maliziosamente), lei ci aveva fatto qualche pensierino, ma come lo avevano fatto tutte le ragazze, alla fin fine. Mary era una ragazza che amava notare e farsi notare dai ragazzi, non c’era niente da fare. 

Per il bene dell’umanità decise di fermare Black dal continuare a leggere prima che domani morissero tutti, spazzati via come i dinosauri da un asteroide (no, in realtà gli servivano solo le sue braccia per trasportare la pila di Divinazione. Oltre al fatto che vederlo lì, seduto, mentre lei e Potter lavoravano la irritava).

 «Black?» lo chiamò
«Mm?»
«Placa per ora la tua sete di conoscenza perché mi servi.» disse senza mezzi termini Mary.
«Sconta la punizione che è colpa tua se siamo qui!» esclamò Harry, uno scaffale più in là.
«Tutte balle!» rispose Sirius, indispettito, poi si voltò verso Mary «Davvero, MacDonald, “mi servi”? Mi fai sentire indispensabile.» replicò, con una leggera ironia. 

Mary sorrise un modo impeccabile e innocente  «Beh, non riesco a trasportare quella pila -indicò una pila di otto libroni- quindi, dato che prima hai decantato la tua forza, ho pensato di metterti la prova, poiché non stai facendo niente.» 

«Dubiti delle mie parole?» domandò Sirius, alzando un angolo della bocca, con sfida. 

«Avrei chiesto a Potter, probabilmente è più forte poiché si allena a Quidditch. Ma… lui già sta posando dieci libri di Incantesimi piuttosto pesanti» spiegò Mary, con una luce maliziosa negli occhi. Inoltre, c’è da dire, che Harry stava facendo anche levitare un paio di libri verso l’alto, servendosi di nascosto della magia senza bacchetta (no, non avrebbe mai improvvisato lo scalatore di scaffali, come aveva fatto Mary). 

«Non sai cosa dici. » Sirius scosse la testa, mettendo il segno al libro e dirigendosi a passo spedito verso la pila, alzandosi le maniche, giusto per essere ancor più teatrale. Sollevò i libri, trovandoli molto più pesanti di quanto sembrassero. 

«Dove devo metterli?» chiese, con voce strozzata. 

Mary fece una risatina «Lì» rispose, indicando un reparto a dieci metri da dove si trovavano. 

Sirius le gettò un’occhiataccia che forse non era neanche tanto infastidita «Non vale così, MacDonald, non vale.»


 

*

 
L’aria era fresca e Harry rabbrividì, stringendosi ancor di più nel suo cappotto e affondando il naso nella sciarpa. Il luogo in cui si trovava sembrava una distesa interminabile, in cui in lontananza, piccolo piccolo, si scorgeva il villaggio nominato da Silente.
Era un piccolo punto luminoso in tutta quella distesa erbosa, una pianura enorme. 

Silente non pareva soffrire di freddo in quel momento, le spalle neanche minimamente incurvate. Evidentemente, quel suo mantello trapuntato di stelle, raffigurante la galassia, era parecchio caldo e pesante. 

Eppure Silente aveva detto di non farsi notare minimamente, ed Harry era sicuro che mettersi un lungo mantello con sopra disegnata la galassia, e la veste violetto (non tipica di certo tra gli uomini babbani) lo rendesse piuttosto appariscente. 

Silente alzò la bacchetta e l’agitò un paio di volte «Qualche piccola precauzione.» disse brevemente, mentre Harry iniziava a disegnare una circonferenza sul terreno, poi ne fece una più piccola all’interno e iniziò a disegnare le rune decise sulla così detta “corona”. Le copiava tutte da un foglio, secondo l’esatta posizione che dovevano avere (altrimenti sarebbero stati guai).

Credeva che non le avesse mai disegnate così bene, nemmeno nei temi della stessa materia. Disegnò l’ultima, Hagalaz, e si alzò guardando il lavoro finito. Ora che era al centro del cerchio, era ansioso più che mai. 

Guardò Silente, aveva un bicchierino poggiato a terra e un pezzetto di Pietra in mano, puntata verso il bicchiere, mentre la bacchetta scioglieva lentamente la Pietra, che colava con lentezza. 

Harry fece una smorfia, ma al momento la disgustosità della Pietra era l’ultima cosa che lo preoccupava. Sospirò e notò che Silente aveva quasi finito di sciogliere il pezzo di pietra, così procedette a scoprirsi il braccio. Tirò fuori la bacchetta e fece un piccolo taglio sul polso, che Harry sentiva, si stava congelando in poco tempo dal freddo. Aspettò pazientemente che una goccia scendesse e si andasse a posare su Nauthiz, poi procedette così per le altre  cinque rune. Vedeva ogni volta la goccia di sangue assorbita dal terreno, ma Harry era sicuro che questo non avrebbe minimente alterato il procedimento. Poi, per sicurezza, gettò sulle rune un Incantesimo di Adesione Permanente, sia mai che le rune si modificassero leggermente per mezzo della potenza della magia, che Eihwaz si trasformi in Laguz, a quel punto sarebbe probabilmente morto.
«Siamo pronti» annunciò il Preside, alzandosi e tenendo il bicchiere di fronte a sé, poi glielo porse. 

Harry guardò riluttante il liquido rosso nel bicchierino, poi, senza pensarci due volte, lo bevve. Aveva un sapore strano, quasi metallico, ma non gli salì il vomito, sorprendentemente. 

Lui e Silente si guardarono, Harry aveva la netta impressione che Silente stesse mascherando la sua agitazione. «Buona fortuna, Harry.» 

Quest’ultimo si trattenne dall’alzare un sopracciglio: buona fortuna un corno, si dia il caso che il rituale dipendesse anche da Silente, e che quindi la fortuna giocava un ruolo completamente marginale. 

«Buona fortuna anche a lei, signore» sottolineò Harry, poi si voltò, scavalcò le rune, e si sedette al centro del cerchio. 

Senza aspettare un qualche consenso dal Preside, Harry chiuse gli occhi, cominciando a rilassarsi. Dopo un po’ di tempo, Harry non sapeva quanto, trovò il suo posto felice, in cui la mente era completamente senza pensieri e tormenti, un luogo di completa pace. Il cielo era terso, ed Harry sentiva i piedi nudi camminare sull’erba, di fronte a lui, una casa particolare, che sembrava reggersi in piedi solo per magia, perché altrimenti sarebbe caduta. Sul tetto rosso spuntavano vari comignoli, qualche gallina cammina indisturbata per il giardino e degli stivali sporchi erano ammassati in un angolo. Da una stanza provenne un forte scoppio e delle risate, mentre un odore di pollo fritto e tante altre squisitezze giungeva al naso di Harry. Si avviò verso la porta della Tana, allungando la mano per aprirla. 

Tutto sembrava estremamente magico, tutte le vie sembravano aperte, Harry si sentiva come se il luogo in cui si trovava fosse infinito, eterno e aperto. La mente vuota, neanche un pensiero superficiale l’attraversava. Sentiva una magia potente, molto potente nelle vicinanze, ma Harry non si preoccupò di ritornare alla realtà. 

«Concentrati di più Harry, di più» Harry sentì dire da una voce, dolce e incoraggiante. Ma perché di più? Sentiva tutto, tutto quanto. 

La Tana incominciò a sparire lentamente, e Harry capì che si stava distraendo. Uno gnomo sfrecciò davanti a lui ridendo, mentre si udiva un urlo arrabbiato che diceva una parola impronunciabile, e poi un urlo più acuto, di uno gnomo che veniva scagliato in aria. Harry non ci diede tanto peso, anche perché non è detto che per lui un luogo di pace sia un luogo silenzioso, a lui la Tana dava pace così, rumorosa e confortevole.  

«Harry» la stessa voce di prima sembrava che lo stesse ammonendo, forse perché invece di fissare la porta doveva concentrarsi di più per fare quel “Di più” che la voce diceva. 

Harry non sapeva bene che fare, quindi si limitò a distendere inconsciamente ancor più l’espressione, mentre Silente, fuori dal cerchio di rune, aspettava pazientemente il momento in cui Harry avrebbe sprigionato la magia. 

Ma quella era la realtà, Harry era da tutt’altra parte. Arrivò al punto che, talmente era in pace e assente, che lo stesso Harry che si trovava alla Tana chiuse gli occhi, e lì ci fu il buio, questa volta.
Quello era il punto che doveva raggiungere. 

Harry si sentì improvvisamente più potente, sentiva la magia amplificata di dieci volte, gli parve di sentire anche l’aura di un mago imbucato nel villaggio sperduto in lontananza. Ma sentì al contempo un’altra magia, più vicina, più forte, che Harry sentiva ovunque, come se quel buio ne fosse completamente impregnato. 

La magia era troppa, Harry era troppo a fondo, non riuscì più reprimerla, si sentiva esplodere. La rilasciò, come se fosse una sorta di liberazione. E lui continuava a vedere il buio, senza sapere che aveva appena rilasciato un’ondata di magia, senza sapere che le rune si erano illuminate del color dell’oro, senza sapere che Silente era indietreggiato leggermente, per poi sorridere e prendere ad agitare la bacchetta, sussurrando mormorii incomprensibili a chiunque non fosse vicinissimo a lui. 

Dopo un po’, in cui la magia saturava completamente l’aria, sfoggiando tutta la sua bellezza, questa si fece più opprimente, e Silente, ormai abbastanza stanco, si sentì quasi soffocare. Ma Harry sembrava completamente immune, respirava pacificamente continuando a rilasciare magia, anche se si era fatto un po’ più pallido. 

E comparve una, e comparve l’altra. Fianco a fianco, spaesate inizialmente.
Due anime, due figure. 

Silente le guardò. La versione adulta del giovane James Potter teneva per mano la bella e forte donna che sarebbe diventata Lily. James sembrava sempre avere quella leggera e costante ironia nello sguardo, ma era più consapevole, aveva lo sguardo di un uomo che sarebbe stato pronto a sacrificarsi altre cento volte per la sua famiglia, lo sguardo di un uomo che non si era arreso neanche di fronte all’impossibilità di fare qualcosa.
Lily, beh, Lily stringeva forte un pezzo di pantalone, nervosa, mentre guardava Harry come se fosse la cosa più preziosa al mondo. I suoi occhi erano sempre dolci, ma combattivi, gli occhi di una donna che ha combattuto fino alla sua fine, vincendo comunque. Gli occhi di una donna che era stata capace, con il suo immenso amore, di abbattere la Morte, di farle fare un’eccezione alla regola, per salvare il suo bambino.  

I due si avvicinarono lentamente, senza aver problemi ad accostarsi a Harry senza essere spazzati via. Lily si chinò, accarezzando la guancia di Harry, un tocco inconsistente, che lo attraversò soltanto, facendo tremolare le labbra della madre. 

Ma Harry aveva sentito quel tocco, lo aveva sentito fino a lì, in quel luogo vuoto e combatté contro se stesso, perchè voleva disperatamente aprire gli occhi. Voleva vederli, voleva vedere quell’amore paterno o materno che le loro versioni giovani non avrebbero mai potuto dargli. Fu una cosa terribile, più difficile di quanto pensasse. 

Una lacrima calda scese sulla sua guancia, diventando subito fredda. James sbatté le palpebre e si aggiustò gli occhiali, deglutendo, mentre Lily lo guardò con gli occhi secchi e tristi di chi aveva pianto abbastanza, e per tempo. 

“…perpetua.» concluse Silente, allontanandosi di scatto quando avvertì la magia concentrarsi al centro. 

Per Harry, fu come se la pace si spezzasse in mille pezzi, come un vetro. Sentì il dolore di due cruciatus contemporaneamente, ed urlò, accovacciandosi e raggomitolandosi. 

«HARRY!» Urlò Lily, spaventata, avvicinandoglisi, ma, anche questa volta, trapassandolo. 

Harry faceva respiri pesanti, stringendosi la pancia, era in posizione fetale. Urlava e urlava, quasi a farsi venir il mal di gola. Mentre Lily lo guardava piangendo, James pallido come un lenzuolo. 

Dopo pochi secondi dall’inizio di quella tortura, Lily e James cominciarono a deformarsi, si guardarono spaventati. Piano, come se fossero risucchiati da qualcosa, si unirono in vortice grigio, che andò poi a scagliarsi dritto verso il petto di Harry, ci restò brevemente, e uscì dalla schiena. Intanto il corvino sentiva dolore in tutto il corpo, ed era sicuro di essersi spezzato qualcosa, ma gli faceva male dappertutto, era talmente difficile individuare il punto…

Poi, il vortice, si dissolse nell’aria. 

Harry sentì un’ultima, fortissima, fitta di dolore, talmente forte che non trovò neanche la voce per urlare, limitandosi a spalancare la bocca in un urlo silenzioso. 

Ci furono piccoli ultimi attimi: la figura sfocata di Silente che si avvicinava, l’aria fresca della notte che lo colpiva, la sensazione del terreno sulla bocca e il forte dolore alla gambe che sentì improvvisamente, ma furono solo attimi, dopotutto, prima che Harry rovesciasse gli occhi e svenisse, cadendo nella sua pacifica incoscienza.





 






  Angolo Autrice

Pubblicando questo capitolo entro oggi, ho capito che i miracoli esistono, cari miei. Sarà il Natale che si avvicina, ma per la prima volta ho assistito e sono stata addirittura protagonista di uno di quei bei miracoli decantati dal Vangelo!

 A parte gli scherzi, tra un messaggino che mi faceva presente che dovevo aggiornare, e altre richieste “del quando aggiorni?” (su wattpad) ho cercato di pubblicare più presto che potevo.
Vi prego, non uccidetemi se anche in questo capitolo non viene svelato il “grande segreto” di Harry ai restanti Malandrini, giuro che nel prossimo cap ci sarà un punto di svolta (devo ancora decidere come sarà ma ci sarà), sappiate che quel “un giorno” Harry non intende (o almeno, io non intendo fra quattro mesi fanfictionani…? Mi piace inventare parole ridicole, problemi?)

 Beh, ora passando al capitolo, nella prima scena Remus ci descrive un po’ la situazione tra i Malandrini, mentre Harry ci descrive i piani che hanno lui e Silente, oltre a informarci che sì, finalmente s’è arrivati al secondo passaggio! Beh, soltanto lui e Sirius, ma son dettagli, dopotutto *agita una mano con fare noncurante*. Sirius non è ancora un tale bast**do da non fregarsene più niente di Remus, fortunatamente. All’inizio avevo scritto che si bevevano la fialetta, ma poi fortunatamente  sono andata a rivedere i passaggi che io stessa avevo copiato, parola per parola, sulle note del cellulare, da un video su YouTube e che poi avevo ricopiato su Word. Oh, che buona memoria, davvero! Scrivere una cosa per due volte e sentirla una e non ricordarsela!
Poi la scatola di legno l’hanno messa nella Stanza delle Necessità, ma credo che più banale di così non potevo scrivere, in tutta sincerità.

 La seconda scena serve ad approfondire il personaggio di Mary MacDonald, che ho nominato circa tre-quattro volte in 39 capitoli, credo -_-‘
Io, personalmente, l’ho sempre immaginata così, poi c’è chi la immagina lettrice accanita di libri (a proposito, non partite prevenuti ad odiarla per quel “odio i libri” XD, suvvia, non gli piacciono semplicemente, ha detto di odiarli per la foga del momento XD XD), chi un po’ dolce e bla bla, dopotutto è semplicemente nominata da Lily al quinto anno nei ricordi di Piton, non si sa praticamente nulla di lei, se non l’età e il nome (e il fatto dello “scherzetto”) quindi tutti la possono fare come gli pare e piace XD.

 Terza scena, il rituuualeeee. Harry, per avere la mente completamente rilassata e aperta, immagina un luogo in cui trova pace. E niente, ragazzi, la Tana! Credo che sia il secondo posto preferito di Harry dopo Hogwarts, la Tana per lui simboleggia la famiglia, l’accoglienza e l’amore, tutto ciò che gli è mancato per undici lunghi anni, e di cui ha anche bisogno. Come non trovare pace in un luogo in cui trovi queste cose? Vi informo che le risate (insieme allo scoppio) sono dei gemelli Weasley, l’urlo è di Ron con il conseguente lancio dello gnomo incriminato XD. Ora corro ad aggiungere il codice dell’html che serve per andare a capo lasciando un piccolo spazio.

 Saluti!
P.s. mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
P.s.s. Se non riuscissi ad aggiornare entro il 25 Dicembre o entro il primo Gennaio, vi auguro un buon Natale (mi raccomando, abbuffatevi) e un buon 2019! <3
 





Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Colarose