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Autore: Rhymesketcher    20/12/2018    1 recensioni
Vagava una meteora nell’iperspazio: il suo nome era 42. Il numero era inciso sul suo dorso e con questa etichetta vagava senza meta in attesa di diventar stella cometa. Risplendeva fra le stelle col suo alone blu elettrico e solcava le galassie, stanca di quella monotonia, di quella che non si poteva chiamare vita, ma sopravvivenza. Per qualche strana coincidenza o costellazione di effetto farfalla, lungo il suo viaggio incontrò il sole, e come lacrime di commozione, allo sfiorare della cresta della stella, la meteora iniziò a spargere frammenti di sé nello spazio, (sperando di non essere di disagio per qualche autostoppista galattico...). S’affrettò sulla terra verde e blu, straripante di gioia, scoppiando in una magnifica aurora boreale smeraldina. Si divise in 42 cristalli roventi che caddero su un rigoglioso prato verde e formarono una nuova costellazione in terra. Da ogni frammento nacque un alto fiore dalla corolla gialla di 42 petali esatti e cuore nero: sin dalla sua nascita si voltò costantemente verso il sole, così lo si chiamò “eliotropo”.
E quella notte, guardando le stelle cadenti, mi venne la folle idea, come tutte le persone tristi o innamorate, di scrivere poesie.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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IL QUARANTADUESIMO CIELO

 




All’ombra del crepuscolo, 
mi accingo a raccogliere 
frammenti di ricordi di te;
piccoli cocci di cristallo
dolcemente brillando 
mi graffian le dita;
ricompongo goffamente 
i tratteggi di quel profumo
che mi accoglie tra le tue braccia, ogni volta.

Riordino disordinatamente 
i frammenti di quel giorno 
fotogrammi di uno squarcio 
nello spazio tempo, dove 
ricordo l’aria più fresca
e leggera che avessi mai 
sfiorato. Dove ricordo fosse 
lo sguardo più cristallino che 
avessi mai respirato.

Si confondono i miei sensi 
allo scorrere delle nuvole
molto sopra ed oltre la mia testa,
amore e psiche fuori con le
anime in tempesta;
frugavamo l’un lo spirito dell’altro
e viceversa;
stavamo
semplicemente tenendoci per mano
sotto lo stesso cielo,
e tutto questo ricordo
ebbe il sapore del dolce
che io non ebbi mai amato.

Iridi completamente in sincrono, 
come ammirare l’astonauta atterrare
per la prima volta sulla luna. 
Ma sulla luna c’eravamo noi,
fissando noi stessi su quella panchina;
ma sulla panchina c’eravamo noi,
vivendo all’unisono 
in uno squarcio nello 
spazio e nel tempo, dove 
non ricordo cosa accadde, 
e forse non accadde nulla, 
forse accadde un bacio,
forse una carezza, 
ma ricordo che accade molto di più,
e non sulla terra
ma un po’ più su...



...Sopra il quarantaduesimo cielo.





FINE (inizio)


 

  
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