IL QUARANTADUESIMO CIELO
All’ombra del crepuscolo,
mi accingo a raccogliere
frammenti di ricordi di te;
piccoli cocci di cristallo
dolcemente brillando
mi graffian le dita;
ricompongo goffamente
i tratteggi di quel profumo
che mi accoglie tra le tue braccia, ogni volta.
Riordino disordinatamente
i frammenti di quel giorno
fotogrammi di uno squarcio
nello spazio tempo, dove
ricordo l’aria più fresca
e leggera che avessi mai
sfiorato. Dove ricordo fosse
lo sguardo più cristallino che
avessi mai respirato.
Si confondono i miei sensi
allo scorrere delle nuvole
molto sopra ed oltre la mia testa,
amore e psiche fuori con le
anime in tempesta;
frugavamo l’un lo spirito dell’altro
e viceversa;
stavamo
semplicemente tenendoci per mano
sotto lo stesso cielo,
e tutto questo ricordo
ebbe il sapore del dolce
che io non ebbi mai amato.
Iridi completamente in sincrono,
come ammirare l’astonauta atterrare
per la prima volta sulla luna.
Ma sulla luna c’eravamo noi,
fissando noi stessi su quella panchina;
ma sulla panchina c’eravamo noi,
vivendo all’unisono
in uno squarcio nello
spazio e nel tempo, dove
non ricordo cosa accadde,
e forse non accadde nulla,
forse accadde un bacio,
forse una carezza,
ma ricordo che accade molto di più,
e non sulla terra
ma un po’ più su...
...Sopra il quarantaduesimo cielo.
FINE (inizio)