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Autore: Shora    20/12/2018    1 recensioni
Marinette ha diciotto anni ed ha un solo nemico, il ragazzo più bello della scuola: Adrien Agreste. Tutto sembra andare per il meglio, ma quando sua nonna si ammala, i suoi genitori sono costretti ad andare in Cina, affidandola alla famiglia di Alya. Sarà proprio la sua migliore amica a dare una scossa alla sua vita, esagerando solo un po', ad un semplice gioco come obbligo o verità.
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Tutto si svolge in una realtà alternativa dove i due protagonisti non hanno mai ricevuto i loro Kwami.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo uno:
Ciao a tutti, mi chiamo Marinette Dupein-Cheng e sì, sono ammanettata al braccio del mio acerrimo nemico, Adrien Agreste. Ma forse è meglio partire dal principio.

POCHE ORE PRIMA
Passai le mani sul vestito blu che indossavo, cercando di eliminare più pieghe possibile. Era la mia ultima idea, cucita e finalmente pronta per essere indossata. L’avevo preparata apposta per la festa di compleanno di Alya, la mia migliore amica. Era un vestito attillato, di un tessuto morbido ed elastico, con maniche sottili e corto fino al ginocchio.  Mi mossi per stanza cercando le mie scarpe e nel farlo passai davanti alla finestra. Osservai il mio riflesso alla finestra. Era talmente buio fuori che sembrava di avere di fronte uno specchio. Feci una piccola smorfia vedendo lo chignon storto e sbilenco, ma non avevo tempo di rifarmelo, ero già in ritardo. Ma dove erano finite quelle maledette scarpe?! Girai su me stessa e mi misi a carponi per sbirciare sotto la scrivania. Le mie scarpe nere con il tacco erano proprio li sotto, dietro il cestino della carta straccia, trasbordante dei mie disegni per vestiti, cappelli o semplicemente scarabocchi da pazza. Le afferrai, spostando la sedia sulla quale era comodamente raggomitolata a sonnecchiare le mia gatta rossa Tikki. Miagolò stizzita per averla disturbata.
-Scusa…- dissi risentita mentre finalmente mi alzavo, con le scarpe in mano e le ginocchia impolverate. Me le infilai ai piedi e per poco non caddi di faccia sul pavimento della mia camera. Afferrai le chiavi della macchina e le misi in borsa, poi presi un scialle blu chiaro, talmente sottile che ci si vedeva attraverso e me lo misi sulle spalle. Salutai prima di chiudere la porta senza ricevere risposta. Mamma e papà erano in Cina perché mia nonna era in ospedale. Un soggiorno per tutti e tre sarebbe costato troppo quindi io ero rimasta a casa, ma avrei soggiornato da Alya per tutta l’estate. Tre mesi interi dalla mia migliore amica. Perciò l’unica a cui era rivolto il mio saluto era Tikki che ovviamente non mi rispose. Scesi in garage e entrai in macchina. Chiusi la portiera, afferrai il volante e presi un profondo respiro.
“A noi due Adrien Agreste.” pensai.

La casa che Alya aveva affittato per i suoi diciotto anni era veramente immensa, mi sembrava quasi di essere stata catapultata in uno di quei film americani, dove i ragazzi fanno feste pazzesche senza in genitori. Uscii dalla macchina rabbrividendo, la serata era davvero freddina. Mi passai le mani sulle braccia per scaldarmi un attimo. Avevo chiesto in mille lingue ad Alya di non invitare Adrien alla sua festa. Non ci eravamo mai presi, fin da piccoli, l’avevo trovato presuntuoso e fin troppo consapevole della sua bellezza. Ma purtroppo per me era in migliore amico di Nino, il fidanzato di Alya, e sarebbe sembrato scorretto non invitarlo, per lo meno dal suo punto di vista. Entrai al calduccio della casa e subito venni circondata dalla musica a tutto volume. Sorrisi pensando che Alya aveva fatto proprio le cose in grande.
-Marinette!- mi chiamò la festeggiata. Mi saltò addosso, felice di vedermi e io ricambiai l’abbraccio.
-Finalmente sei arrivata!- mi rimproverò.
-Le persone importanti devono farsi attendendere.- la presi in giro con un linguaccia. Le mi diede un pugno giocoso sul braccio, ridendo. La osservai: aveva lasciato i capelli sciolti e portava un abito rosso, lungo fino ai piedi con una spaccatura fino al ginocchio. Rimasi sorpresa.
-Ma quello è il vestito che ti ho fatto per il compleanno, lo hai messo davvero!-
-Ma certo! È davvero fantastico Marinette.- fece una piroetta.
-Credo sia una dei tuoi lavori migliori.- arrossii lusingata. Poi una voce ci interruppe.
-Ma guarda Marinette Dupein-Cheng ci ha degnato della sua presenza.- mi voltai verso sinistra, per controbattere, ma mi trovai davanti una camicia bianca invece che un volto. Mi ero dimenticata quanto fosse diventato alto nel giro di un inverno.
-Sono quassù.- disse infatti, come se mi avesse letto nel pensiero. Alzai la testa e i miei occhi incontrarono i suoi, di un verde da togliere il fiato, con qualche ciocca bionda che li copriva. Stavo per dirgli la battuta che avevo fatto prima ad Alya, ma lui non mi diede il tempo di rispondere.
-Ti sei per caso abbassata, non mi ricordavo di poter fare così.- e mi mise l’avambraccio sul capo, scompigliando il mio già disastroso chignon, fingendosi di appoggiarsi ad un mobile.
-Oh Adrien, smettila di essere così stronzo.- disse Alya dandogli una spintarella per farlo allontanare. Ma non lo pensava davvero… stava sorridendo. Certe volte non la capivo proprio. Adrien sorrise, in quel modo angelico che lo contraddistingueva sempre, alzando le mani in segno di resa. Guardandoli in tralice, cercai di sistemarmi i capelli. Vidi Adrien sogghignare.
-Io non ci starei dietro troppo, erano orrendi già prima.- e detto questo si defilò tra la gente prima che potessi tirargli una scarpa, che per la cronaca mi ero appena sfilata.
-Senti…- mi disse Alya -…stai ne paraggi che tra poco ci mettiamo tutti in salotto a fare un gioco.- annuii stancamente, mentre lei correva da chissà quale ospite a dire la stessa cosa. Mi diressi verso la cucina e mi versai un po’ di birra in un bicchiere di cartone rosso. Mi unii alla conversazione con alcune mie compagne, su quanto fosse indecifrabile la prof di francese di quest’anno, il nostro penultimo anno di liceo. Ridendo e scherzando con Juleka e Rose, mi dimenticai presto della stizza pruriginosa di prima e quando Alya chiamò in salotto ero ritornata di ottimo umore. In sala vidi la mia migliore amica in piedi sul tavolino in mezzo alla stanza. Stava dando istruzioni su cosa avremmo dovuto fare.
-Mettetevi tutti in cerchio per favore. Intorno al tavolino… sì così.- annuì compiaciuta. Mi sedetti in ginocchio con Rose sulle destra e Max sulla sinistra. Davanti a me si era seduta Alya  tra Nino e Chloè. Mostrò a tutti una bottiglia, mentre Kim spostava il tavolini verso il muro, per lasciare libero lo spazio.
-Adesso farò roteare questa bottiglia e il “prescelto” darà inizio ad “obbligo o verità”.- annunciò.
-Occhio che non finisca come nel film.-scherzò Adrien tra i risolini generali. Io alzai gli occhi al cielo.
-Staremo attenti.- sorrise Alya stando al gioco. Fece roteare la bottiglia di vodka vuota che si fermò su Mylen. Il gioco era partito senza fantasia, ma man mano che andava avanti diventata pin piano più spinto. Ragazzi su abbiamo diciotto anni, non scandalizzatevi! Ad Adrien venne ordinato di togliersi la camicia da una ragazza e a mio malgrado arrossii. Aveva un bel fisico niente da dire. Qualche ragazza dovette baciarsi con qualche altra. Venne chiesto di rivelare i segreti più intimi e spinti e la perversione si alzava a pari passo con l’abbassamento dell’alcool all’interno delle bottiglie. Fu il turno di Alya.
-Adrien obbligo o verità?- domandò.
-Obbligo.- rispose senza esitazione e con un sorriso impertinente sul viso. La mia migliore amica sorrise in un modo che non mi piacque. Da dietro la schiena tirò fuori un paio di manette.
-Ti obbligo ad ammanettarti a Marinette fino alla fine del gioco.- il suo sorriso sparì.
-Che cosa?- ma aveva capito benissimo.
-Mi rifiuto.- annunciai.
-Marinette tu non puoi decidere.- mi disse Alya. Okay, cominciavo ad arrabbiarmi.
-Preferirei stare nudo fino alla fine del gioco, piuttosto che ammanettarmi a lei.-
-Almeno su questo siamo d’accordo.- ribattei piccata, incrociando le braccia al petto. Ovviamente Adrien colse la palla al balzo.
-Cosa c’è Dupein-Cheng? Sei così ansiosa di vedermi senza vestiti?-
-Mi forerei gli occhi con spilli roventi piuttosto.-
-Zitti entrambi.- ci ammonì Alya. – Allora prego Adrien, spogliati pure altimenti…- fece oscillare le manette. Il ragazza sbuffò, ma alla fine, con mio immenso orrore, afferrò le manette e facendo spostare Max, mi ammanettò il polso sinistro al suo polso destro.
-Magnifico.- Alya apparve davvero deliziata.
-Magnifico un corno.- sibilammo io ed Adrien in coro.

PRESENTE
Alya ci venne incontro, cercando in tutti i modi di evitare il mio sguardo. Brutto segno.
-Ehm… la chiave non è più dove l’avevo lasciata.- ci disse.
-Cosa?!- mi alzai velocemente in piedi solo per ricadere pesantemente seduta sul divano, tirata indietro dalla corta catenina di metallo.
-Nessun problema, dacci quella di riserva.- disse Adrein pacato. Lo odiai ancora di più in quel momento. Alya fece un risatina nervosa.
-Ma l’hanno rubata le mia sorelline… non ho idea di dove sia.- finalmente anche il ragazzo per la pazienza.
-Mi stai dicendo che devo rimanere incatenata a questa qui per…- e qui si fermò. Già… per quanto?
-Prometto che cercherò la chiave, ma adesso devo chiudere la casa, altrimenti il proprietario mi ammazza.
-Aspetta un attimo.- dissi io. –Dovevo venire a stabilirmi da te per questa estate, te lo sei dimenticato?-
-Potresti stare da Adrien, almeno finché non abbiamo una soluzione.-
-Non esiste.- protestò alzandosi in piedi e trascinandomi su con lui. Che rottura essere basse.
-Sarà solo per qualche giorno.- lo implorò la mia amica.
-Eddai amico.- si intromise Nino, facendo gli occhi dolci. Lo vidi stringere la mascella.
-Va bene. Ma massimo una settimana.- Alya esultò e lo abbracciò. Si indaffarò a spostare i miei cambi di vestiti dalla mia macchina a quella di Nino, che avrebbe guidato fino alla residenza Agreste. Una volta abbandonati davanti al suo immenso cancello io con i miei tra sacchetti di vestiti e lui con la sua mano libera in tasca, fui fulminata dall’idea che era la prima volta che stavo per trascorrere la notte con un ragazzo. Peccato che fosse il peggior elemento in assoluto.
-Un solo fiato e ti appendo fuori dalla finestra.-
-E come genio? Sei ammanettato a me.-
-Ora capisco i coyote.- disse e poi mi trascinò verso casa sua.
  
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