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Autore: Carme93    21/12/2018    1 recensioni
Avete presente Conan, il piccolo e geniale detective?
Avete presente il film Seventeen again con Zac Efron?
Avete mai immaginato che cosa potrebbe accadere se anche il grande Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, si ritrovasse un giorno a ritornare un ragazzino di dodici anni e calcare nuovamente i corridoi di Hogwarts in compagnia dei figli? E se questo li permettesse di conoscerli ancora meglio?
James e Albus sono pronti ad aiutare il padre a risolvere il nuovo caso e a farlo tornare adulto. Voi siete pronti a seguire le loro avventure?
(Storia ispirata proprio dal cartone e dal film sopracitati).
Genere: Fluff, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Harry Potter, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Arthur/Molly, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo nove
 
«Barney Weasley! Ma che ti è passato per la testa?! Non ti è stato insegnato a comportarti così! Come hai osato lasciare la classe in quel modo e rispondere al tuo insegnante?! Non so com’eri abituato a comportarti prima, ma io non te lo permetterò! Vedi di comportarti bene, d’ora in avanti Barney Weasley!».
La lettera scarlatta si ridusse in cenere davanti agli occhi scioccati di Harry, mentre l’ultima eco della voce di Ginny Potter si spegnava. Cercò i figli con lo sguardo e si accorse che erano altrettanto turbati, ad eccezione di una scintilla divertita negli occhi di James. In effetti non doveva essere piacevole sentire la propria madre urlare come una forsennata davanti a tutta la Scuola, sebbene l’oggetto della sua ira fosse il padre e non uno di loro.
Harry prese lo zaino da sotto il tavolo e si avviò verso l’uscita proprio mentre gli altri studenti, superato il momento di sorpresa, iniziavano a sghignazzare e a indicarlo. Decisamente Ginny non aveva nulla da invidiare alla madre. Ma era proprio necessario inviargli una strillettera? Sua moglie si stava divertendo da morire con quella storia! La conosceva a sufficienza tanto da aver percepito il risolino trattenuto dietro le sue parole, chissà quanto aveva riso dopo aver spedito la chiassosa missiva. Poi erano loro uomini a non essere romantici! Però la verità è che aveva bisogno di parlarle: avevano dovuto rinunciare alla posta via gufo, perché avrebbe potuto essere intercettata e quindi comunicavano indirettamente attraverso le lettere che Albus, James e Neville le inviavano e viceversa; ma non era abbastanza.  Era necessario un mezzo di comunicazione che li garantisse di parlare in sicurezza.
«James!» strillò. Il figlio aveva appena varcato la soglia della Sala Grande in compagnia degli immancabili Danny Baston e Tylor Jordan, i suoi migliori amici. Il ragazzino sobbalzò e si voltò verso di lui. Danny e Tylor sghignazzarono. «Ho bisogno di parlarti in privato» gli disse, ignorando gli altri due.
James arrossì, mentre i suoi amici ridevano più forte e, a parere di Harry, molto stupidamente.
«No, dai, James, da quando ti fai comandare da un mocciosetto del primo anno?» intervenne Tylor.
«Sì, infatti, perché non gli giriamo la divisa come abbiamo fatto con Fulton Collins di Serpeverde?» propose Danny.
Le orecchie di James avvamparono tanto da ricordare suo zio Ron e il ragazzino evitò lo sguardo di Harry.
«No, ragazzi. Lui è di famiglia» biascicò James in risposta. «Ci vediamo in classe?».
«Come vuoi, ma non ti rammollire» replicò Tylor.
«Tranquillo» ribatté James con sicumera, ma attese di vederli sparire dalla loro vista, diretti nei sotterranei, prima di sollevare lo sguardo sul padre. «Ehm…».
«Ora, parlare con un ragazzino di un anno più piccolo, è diventato motivo di vergogna? E che cos’è questa storia della divisa di Fulton Collins?» chiese Harry a bruciapelo.
«Ma niente, uno scherzo innocente…» borbottò James, evitando nuovamente il suo sguardo.
«James Sirius Potter» sibilò Harry, tentando di mantenere basso il tono di voce, «quanto volte ti ho detto che non mi piacciono i prepotenti?».
«Tante» borbottò il ragazzino in risposta. «Ma era solo un gioco…».
«Per te e i tuoi amici probabilmente, ma dubito che anche questo Fulton Collins si sia divertito».
James era in difficoltà e non replicò. A Harry non piacevano molto gli amici del figlio, poiché gli ricordavano troppo suo padre e il suo padrino da ragazzini: arroganti e prepotenti. E non avrebbe permesso che suo figlio prendesse quella strada.
«Mi dispiace» sussurrò James. «Danny e Tylor lo hanno trovato divertente».
«Beh, si sono sbagliati di grosso! Comunque ne riparleremo, in questo momento ho bisogno di un favore» ribatté Harry.
«Tutto quello che vuoi» rispose rapidamente James.
«Prestami lo specchio». Harry aveva comprato una coppia di specchi gemelli quando James aveva ricevuto la lettera di Hogwarts. Naturalmente avrebbe negato di essere un padre apprensivo e Ron non era a conoscenza dell’esistenza di quelli specchi. «Vorrei comunicare con tua madre in modo sicuro».
«Certo» assentì il ragazzino e si affrettò a tirare fuori dallo zaino una custodia di pelle di drago e gliela consegnò. «Quando mi hai chiamato poco fa, pensavo che fossi arrabbiato per la punizione della Macklin».
«Come sai della mia punizione? Te lo ha raccontato Al?».
James strabuzzò gli occhi. «La tua punizione? Io intendevo la mia! Perché la Macklin ti ha punito?».
«Non ho fatto i compiti» replicò Harry con una scrollata di spalle. «E tu?».
«Anche. Potremmo farci sostituire da Albus, che ne dici?» provò a sorridere James. Sorriso che scomparve immediatamente all’occhiataccia di Harry.
«Ci mancherebbe pure! Ci assumeremo le nostre responsabilità!» ribatté Harry, tentando di mostrarsi realmente responsabile, nonostante l’idea lo allettasse parecchio. «Ma tu perché non hai fatto i compiti? Io almeno sono impegnato con le indagini, ai miei tempi li facevo».
«Trasfigurazione non è facile, la Macklin è molto esigente, gli allenamenti di Quidditch mi prendono parecchio tempo e non riesco a organizzarmi» elencò James con sincerità.
«E non ti puoi far aiutare dai tuoi amici? Zia Hermione aiutava sempre me e Ron».
«Robert mi aiutava sempre. Tylor non fa neanche i suoi».
«E Danny Baston?».
«Non avevo abbastanza galeoni» rispose James con una scrollata di spalle.
«Come scusa?». Harry non era sicuro di aver capito bene. «Galeoni?».
«Danny ritiene di doversi far pagare per il suo lavoro, perché non sarebbe giusto in caso contrario se sgobbasse al posto degli altri gratuitamente».
Harry rimase senza parole. «Chiedi a Victoire allora» suggerì alla fine. «Ma non dare più uno zellino a Baston, non è così che ci si comporta tra amici. Non dimenticarlo».
James annuì. «Papà, ma tu che avresti fatto se fossimo stati noi, intendo io o Al, a rispondere in quel modo a McBridge? Zia Hermione ha mandato una strillettera tremenda a Rose, ma mamma non era al suo massimo».
«Tua mamma ha trovato divertente mandarmi una strillettera» borbottò Harry suscitando le risatine consapevoli del figlio. «Io… io credo di non essermi comportato bene. McBridge ha sbagliato, ma io, Rose e Cassy siamo passati dalla parte del torto nel momento in cui abbiamo reagito in quel modo. Albus ha parlato con Lumacorno e la Macklin e Scorpius non è stato punito. Spesso e volentieri è meglio risolvere le questioni con diplomazia piuttosto che con atti di ribellione fine a sé stessi… Ehm probabilmente mi sarei arrabbiato…».
«Davvero?» chiese James interessato.
«Sì. Sai questa situazione, per quanto scomoda sia, mi sta facendo riflettere e ricordare com’è essere dei ragazzini. E dire che non avrei mai pensato di averlo dimenticato».
«Vorrà dire che sarai più comprensivo d’ora in avanti, no?».
«Vuol dire che mi comporterò come un dodicenne e mi divertirò a farlo, una volta tornato adulto rifletterò su quanto questa esperienza mi abbia insegnato» esclamò Harry con solennità.
«Sembri tanto zia Hermione» commentò James, beccandosi un’occhiataccia. «Comunque Lumacorno non dovrebbe avere tanto potere decisionale, è pur sempre in pensione. Secondo me Mcmillan non lo sopporta e preferirebbe non averlo tra i piedi».
«Può darsi» replicò Harry con un lieve sorriso. «Ma ti conviene avviarti o Mcmillan si sfogherà su di te».
«Oh, oh, hai ragione» disse James sgranando gli occhi. «Ah, presto ti dimostrerò che Jones nasconde qualcosa».
Harry non ebbe il tempo di chiedergli spiegazioni che corse via.
 
Durante l’intervallo Albus lo avvicinò in cortile e, lontano da orecchie indiscrete, gli chiese a che punto fossero le indagini.
«Ho perquisito tutti gli uffici dei professori e non ho trovato nulla».
«Magari è attento a non lasciare tracce» ipotizzò Albus.
«Sicuramente non è uno stupido» concordò Harry. «Ma qualcosa, anche minima, dev’esserci! Credo di dover controllare le stanze personali dei professori».
«Sul serio?».
«Già, ma ho bisogno di un diversivo o sarò beccato. Non posso certo entrarci di notte mentre dormono!».
«In questo James e Rose sono bravissimi. Dovresti chiedere a loro».
«Lo chiederò a James. Rose è già abbastanza nei guai con Hermione. A proposito non le ha detto nulla per le schede?».
«Le ha scritto zio Ron, a quanto pare zia Hermione verrà di persona molto presto» sussurrò preoccupato Albus. «Che succederà?».
Harry fece un sorriso stiracchiato, consapevole che il figlio avesse ragione a temere la furia della zia. «Lascia che se ne occupino Neville e Ron. È meglio, fidati».
«Ok» assentì Albus. «Senti posso dirti una cosa?» domandò timorosamente.
«Tutto quello che vuoi» rispose Harry incoraggiante.
«Non credi di aver esagerato con Elphias? Non è cattivo e sicuramente non gli piacciono i Mangiamorte» sussurrò Albus.
Harry rimase colpito da quelle parole inaspettate. La prima reazione fu quella di negare, ma preferì tacere: Elphias Doge era solo un bambino e non avrebbe dovuto urlargli quelle cose sulla guerra. «Forse ho esagerato» ammise infine.
«Potresti chiedergli scusa?» chiese Albus mordendosi il labbro inferiore. «È rimasto abbastanza male. Suo nonno era un membro dell’Ordine della Fenice».
«Va bene, lo farò» concesse Harry a malincuore, chiedendosi come avesse fatto a mettersi in simili questioni con dei ragazzini di undici anni.
«Grazie» sorrise il figlio.
 
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Un vento gelido spirava su Hogwarts e prometteva una nuova nevicata, ma ciò non impedì a Harry di sedersi sugli spalti dello stadio di Quidditch, felice di assistere a un allenamento di James.
Dopo pranzo aveva cercato il figlio maggiore per chiedergli di organizzare un diversivo e il ragazzino, dopo aver accettato tutto contento, l’aveva pregato di andare a vederlo giocare.
In più Harry aveva parlato con la moglie ed era molto più rilassato.
Decisamente il Quidditch era uno degli aspetti che più gli mancavano dei tempi della Scuola.
L’allenamento trascorse tranquillamente, contribuendo a rilassare e rallegrare Harry dopo tanti giorni stressanti. Dai Baston, l’attuale Capitano, fratello maggiore di Danny e figlio di Oliver Baston e Alicia Spinnett, era veramente bravo e perfettamente capace di organizzare la squadra. Come si suol dire: tale padre, tale figlio. E dopotutto si sarebbe potuto dire anche di Jamie, visto come volava superbamente.
Agli allenamenti stava assistendo anche il professor Jones, ma Harry non notò nulla di strano nel suo comportamento.
All’improvviso James compì una picchiata sorprendente sì, ma chissà perché diretta proprio verso il professore di volo. Il boccino non si vedeva da nessuna parte, per cui non doveva essere stata una coincidenza. L’uomo non si scompose, probabilmente perché abituato alla vivacità del ragazzo. Harry tentò di tranquillizzarsi con la stessa giustificazione, ma sentiva comunque puzza di bruciato. Sarà che James gli aveva messo la pulce nell’orecchio.
James, e una volta anche Danny Baston, compì la stessa manovra più volte.
Harry si accigliò e sperò che il figlio non facesse qualcosa di stupido. Quando Dai Baston fischiò dichiarando concluso l’allenamento, il Capitano degli Auror pensò di star diventando paranoico come Alastor Moody.
James e Danny, però, rimasero indietro, scendendo solo di qualche metro fino a svolazzare sulla tribuna in cui si trovava il professor Jones.
«Professore, lo sa che i Babbani hanno un sacco di sport interessanti?» domandò Danny.
Jones lanciò loro un’occhiata tra il disgustato e il seccato, si strinse il mantello al petto e si avviò lungo il corridoio tra i sedili.
«Professore!» chiamò questa volta James. Jones non si voltò. «La pesca è sicuramente lo sport più interessante, dovremmo praticarla di più anche noi maghi». Harry sgranò gli occhi vedendo che il figlio era munito di una canna da pesca. Da dove l’aveva tirata fuori, per Merlino!? «Non si sa mai cosa si potrebbe pescare». E lanciò l’amo dritto in testa a Jones.
Harry vide la scena a rallentatore e rimase basito: l’amo s’impigliò nei capelli pieni di gel, che avevano suscitato per mesi le battutine degli studenti di Hogwarts; e poi James tirò pescando quella che a tutti gli effetti era una parrucca. Altro che gel magico. Ma non fu quello a sconvolgere lui e il resto della squadra di Grifondoro ancora sul campo: la parrucca nascondeva dei fluidi capelli castani che ricaddero sulle spalle dell’insegnante.
«Ma è una donna» gridò sconvolto Danny Baston.
«È Gwenog Jones, l’ex Capitano delle Holyhead Harpies» specificò Dai Baston con gli occhi luccicanti.
«JAMES POTTER GIURO CHE TI FARO’ ESPELLERE!» urlò la donna fuori di sé.
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«Tutta la Scuola parla di te». Harry accolse il figlio maggiore con un sorriso divertito.
«Già» borbottò James spostandosi da un piede all’altro nervosamente. «Sei arrabbiato?».
«No» replicò Harry. «Com’è stato il tuo primo viaggio nell’ufficio della McGranitt?».
«Spero sia l’ultimo».
«Credo che il suo scopo fosse quello».
«È più furiosa con la Jones, comunque».
«Vorrei ben vedere, sono mesi che mente sulla sua identità».
«Buonasera, noto con piacere che siete puntuali».
James gemette all’apparizione della professoressa Macklin. Harry non disse nulla, quella donna l’aveva fregato in tutti sensi: la punizione consisteva nel fare compiti extra nell’aula di Trasfigurazione. E lui che aveva sperato di poterne approfittare per dare un’occhiata alla camera personale della professoressa.
«Questa sera non avrà scelta che completare i suoi compiti, signor Weasley, a meno che lei non voglia trascorrere la notte a studiare».
Harry la fissò a occhi sbarrati e cercò di convincersi che fosse solo un incubo.
   
 
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