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Autore: Kanako91    17/07/2009    5 recensioni
VERSIONE ABBANDONATA E IN RISCRITTURA
Da millenni, la guerra tra Inferi e Divinità tormenta la Terra dei Cinque Popoli. La vittoria di uno dei due avversari porterebbe gravi conseguenze anche per gli altri Popoli.
Umana e senza capacità magiche, la Regina d'Ovest Alexya decide di guidare un esercito in cui si riuniscono i regni neutrali, per concludere la guerra.
"La Guerra Millenaria, cugina. Io diventerò colei che sarà ricordata in tutto il Mondo Profano, per i secoli a venire, come l'unica ad aver posto fine allo scontro eterno tra Divinità ed Inferi. Già mi ci vedo, in piedi davanti ad Al che mi implora perdono." [Tratto dal capitolo I]
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Ed eccomi con le ultime dieci pagine di questo lungo e sudato capitolo 11!

Il tributo l’ho spiegato alle dirette interessate, ma per chi fosse morto di curiosità, ecco la risposta: Mansbove, la moglie di Johan ^^

Prima di cominciare ringrazio le Tre Martine, Dark Magician, myki e marluxia25, cui anche questa seconda parte è dedicata, e una nuova aggiunta, Targul, che ha “preferito” l’Esercito! <3

Buona lettura ^O^

 

.-.-.-.

 

Uomini:

Alexya dei Thenesharum, Regina della Guerra d'Ovest, creatrice dell'Esercito della Fenice, cugina di Helena;

Helena dei Lahacilliarum, Regina delle Messi d'Ovest, sacerdotessa di Zephiro, cugina di Alexya;

Johan, capitano delle guardie reali d'Ovest;

Marihus, maggiordomo dello Smeraldo;

Hanan, ancella di Alexya;

Garstand, padre di Alexya;

Dygghor, padre di Helena;

Arghos, uno degli Anziani;  

Geq e Pjehr, soldati della guardia reale;

Tarus, Re del Nord;

Mentius, Re del Sud;

Ludovik di Dornior, Re d'Est;

Sarah, messaggera dello Smeraldo;

Duca Sherden, nobile del Sud, compagno di giochi di Mentius;

Mansbove, moglie di Johan, cameriera all'Airone;

Graça, proprietaria dell'Airone;

Jenna, cameriera dell'Airone;

Stephan, mercenario, braccio destro di Daniel, membro dei Dragoni.

 

Inferi:

Nicholas figlio di Aexandras, Re delle Terre d'Ombra, Infero Perfetto (appartenente a tutte e tre le razze degli inferi – demone, vampiro, antico spirito);

Irene di Canthao, promessa sposa di Nicholas, demone;

Chester di Niha, Nobile purosangue, messaggero reale, antico spirito lupo;

Krados di Thena, Nobile purosangue, spia reale, demone;

Molko di Thener, Nobile purosangue, capitano della guardia cittadina di Occhio degli Inferi, generale di una legione dell'esercito Infero, vampiro;

Lathiora, vive allo Smeraldo, antico spirito gatto;

Apuh, Nobile del Clan Thener, vampiro;

Thitus, Nobile del Clan Canthao, capo della congiura, demone;

Bhor'la, Nobile del Clan Niha, antico spirito corvo;

Murthen, mezzo-driade, maestro di palazzo dell'Hinferion Rahan;

Daniel di Canthao, Nobile purosangue, fratello di Irene, mercenario, capo dei Dragoni.

 

Divinità:

Al, Re delle Divinità, dio della Forza;

Adele, Regina delle Divinità, dea dell'Amor Proprio;

Hordev, figlio di Al ed Adele, dio della Lussuria;

Zephiro, protettore della famigliare reale d'Ovest, dio dei Venti;

Vraele, generale dell'esercito divino, tenente dei Colchici, fratello gemello di Sarihele, dio della Guerra;

Eoforbio, portavoce reale;

Sarihele, capo degli Herzbrenht, fratello gemello di Vraele, dio delle Ribellioni;

Veris, dea della Primavera;

Niharn, protettrice del Regno d'Ovest;

Devon, sottotenente di Vraele, Colchico;

Dabar'as, membro degli Herzbrenht.

 

Campi di Sangue:

Archelaos, negromante, semidio;

Laila, scheletro di Archelaos;

Arnold, proprietario della Mandragola;

Mara, moglie di Arnold;

Tyr, proprietario del Vagabondo selvaggio.

 

Elfi e Lucenti:

Wirda, Re degli Elfi;

Vaenihum, braccio destro di Nicholas, medico di corte, Elfo;

Adhurna, Regina dei Lucenti, cieca;

Martha, comandante degli arcieri elfici.

 

.-.-.-.

 

 

XI.

                   Mercenari

 

 

 

Dirigendosi dove Jenna apparecchiava, Alexya toccò il braccio di Sarihele, per attirare la sua attenzione. «Perché non avete detto la verità?» gli domandò.

«Se avessi voluto che tutti sapessero della mia presenza qui, prima sarei venuto a cavallo con voi. Quella donna sembra chiacchierona» spiegò il dio.

«Lo è» confermò Johan.

La regina lo fulminò con lo sguardo.

«Il nome che ho usato è davvero di un semidio. Doime è uno dei bastardi di Arihost» aggiunse Sarihele, giunto vicino al tavolo.

«Prego, signori» li invitò Jenna, scostandosi dopo aver messo l’ultimo bicchiere sulla tovaglia.

Alexya andò a sedersi sulla sedia a capo tavola, Sarihele e Johan occuparono le panche ai due lati della regina.

«Ho sentito spesso parlare dei vari figli di Arihost. E’ il dio delle Ombre, non ha senso il suo comportamento» disse la ragazza, portando una mano sulle posate per cominciare a giocarci.

«Prima della nascita di Hordev, era lui il dio della Lussuria. E’ insito nella sua natura, aver perso un titolo non gli impedisce di spargere bastardi per il Mondo Profano» rispose Sarihele.

Alexya inarcò le sopracciglia, sorpresa. «Questa non la sapevo».

«E’ successo millecinquecento anni fa, difficile che abbiate ricordi di quel periodo» scherzò il dio.

La ragazza accennò un sorriso, ma continuò: «Intendevo che non l’ho mai letto su nessun libro. Non è un fatto da poco, porta cambiamenti per i culti».

«Nessuno venera il dio della Lussuria» disse Sarihele.

«Perdonatemi, divino, ma nei bordelli c’è sempre un’icona di Hordev» intervenne Johan.

«Johan, vai per bordelli? Mansbove lo saprà» lo minacciò Alexya, ghignando.

«In quelli umani; solo voi avete bisogno di icone per pregare» replicò il dio delle Ribellioni, prima che il capitano potesse ribattere alla regina.

«Comunque, arrivano pochissime notizie dai Giardini delle Divinità» li interruppe la ragazza, cercando di spostare il discorso dove desiderava. Non le interessava di bordelli o di culti, aveva portato Sarihele lì per parlare della loro alleanza. Voleva capire con chi aveva a che fare e chiarire i termini della loro collaborazione. «Per esempio, non ho mai sentito parlare degli Herzbrenht».

Il volto del dio si oscurò. «Il nostro regno è troppo isolato e noi non ci siamo mai esposti troppo. Al ha spesso cercato di eliminarci, se non ci è riuscito è solo perché i Colchici sono fedeli a Vraele e lui ha sempre sviato le ricerche. Se un gruppo di Herzer uscisse dai Giardini delle Divinità, sarebbe più vulnerabile».

«Eppure siete venuti a cercarmi» notò Alexya, rigirando la forchetta nella mano.

«Infatti, ci siamo spostati tutti insieme. Siamo in cinquanta, con molti collaboratori tra gli altri dei, ma siamo comunque troppo pochi» le spiegò Sarihele.

Arrivò Mansbove con i piatti di carne. «Ecco a voi» annunciò, posando le porzioni di carne davanti a chi le aveva ordinate. «Ora porto il pane e da bere» disse e si allontanò.

«Siete così pochi? Mi è sempre sembrato che ci fosse un numero esagerato di Divinità nei templi, non riuscite a trovare alleati?» domandò Alexya, lanciando uno sguardo al piatto.

«Quelle sono le Divinità maggiori, cento in tutto. Gli dei minori sono circa duemila, o duemila e cinquecento, distribuiti tra Gemma d’Autunno e Chril Dhy».

«Beh, le Divinità maggiori sono quelle più potenti e tra cui avete degli alleati, no? Mi sembra strano che non siate riusciti a combinare nulla» commentò Alexya.

«Ed ecco il pane» disse Mansbove, posando il cestino di vimini sul tavolo. Lasciò anche le due brocche. «Il vino e il sidro, per voi. Buon appetito»

«La mia farinata?» domandò Johan, rivolgendo un’occhiata triste alla moglie.

La donna sorrise e gli tirò un buffetto. «E’ col pane».

«Meno male, credevo volessi farmi morire di fame» replicò il capitano.

Alexya roteò gli occhi e si rivolse a Sarihele. «Allora, cosa vi impedisce di attaccare Al?» domandò, afferrando una pagnotta dal cestino.

Il dio lanciò uno sguardo alla coppia davanti a lui, poi guardò la regina che spezzava il pane.

«Al non è debole. Se cercassimo uno scontro, utilizzerebbe i Myurohon e i Colchici contro di noi. Vraele in quel caso dovrebbe eseguire i suoi ordini senza fiatare, i tatuaggi sulle sue spalle lo farebbero agire secondo il volere di Al, come una marionetta. Non avremmo scampo e gli Herzbrenht verrebbero decimati. Tutti i traditori tra le altre Divinità verrebbero giustiziati. Al non aspetta altro, vuole liberarsi della minaccia che noi Herzbrenht rappresentiamo» spiegò Sarihele, prendendo le posate e tagliando la carne.

Alexya pensò che, fosse stata al posto di Al, avrebbe fatto la stessa cosa. Tagliò un pezzo di carne, la liberò del grasso e dei nervi, poi la portò alla bocca. Lei avrebbe cercato di provocare i ribelli, finché non avessero attaccato, per avere una motivazione valida per il loro sterminio. Con gli Anziani faceva così: lasciava il guinzaglio allentato, permetteva loro di tramare, lasciava passare le scaramucce, li provocava nei consigli; ma Arghos non era stato ancora abbastanza scemo da attaccarla in pubblico. Masticò la carne, lentamente. Pochissima gente sapeva dei contrasti tra Regine e Anziani, se Alexya avesse provato a eliminarli ora, i nobili sarebbero insorti di sicuro e anche il popolo. Doveva aspettare che si esponessero a sufficienza per rendere palesi i loro intenti e giustificarsi. Ma l’attesa era fastidiosa, per lei. Prese la brocca di vino, se lo versò nel bicchiere. Ed Helena collaborava poco, non amava trovarsi invischiata negli intrighi di corte. Era un comportamento ingenuo, perché Arghos non si faceva scrupoli: appena ne avesse avuto l’opportunità, avrebbe usato persino un errore di Helena per minacciarla. Aveva un fianco scoperto, che faceva difficoltà a proteggere. Portò il bicchiere alle labbra e bevve.

«Quindi, quando vi manda contro i Colchici, lo fa per provocarvi. Per questo non pretende che Vraele vi colpisca davvero» disse Alexya, posando il calice sul tavolo.

Sarihele interruppe la masticazione, sorpreso. Buttò giù il boccone, si versò del vino e ne bevve un sorso. Poi riuscì a parlare.

«Sì, è così. Non credevo che-» cominciò il dio.

«Milady è cresciuta mangiando spade e intrighi a colazione» commentò Johan, prima di addentare un pezzo di farinata.

Alexya lo guardò seccata e gli puntò contro il coltello. «Hai finito di fare il cascamorto con tua moglie?» gli domandò. Poi abbassò di colpo la mano con la lama e il capitano scattò all’indietro. Ma la ragazza aveva infilzato un pezzo di spezzatino, per nulla intenzionata a colpire davvero il soldato. «E allora continua a mangiare e non blaterare» gli ordinò, portando la carne nel suo piatto.

«Qual è, di preciso, l’obiettivo degli Herzbrenht?» chiese Alexya, al dio delle Ribellioni.

«Deporre Al» replicò Sarihele.

«Fin qui c’ero arrivata».

Il dio corrugò la fronte. «Il problema non è Al in sé, sono le sue azioni. I Giardini delle Divinità stanno marcendo, le nostre ricchezze sono sperperate in feste e in questa inutile guerra. Siamo un Popolo vecchio, non nascono più purosangue, ma solo semidei. Gli ufficiali del nostro esercito non sono Myurohon, sono Divinità e muoiono in gran numero. Stiamo sparendo e questo perché Al continua a unirsi a Divinità minori, se non addirittura mezzosangue».

«Hordev è suo figlio, no?» domandò la ragazza.

«Così sembra. La sua nascita è stato un fatto inspiegabile. Ma il suo titolo divino palesa la corruzione del nostro regno. Perché credete che molti dei maggiori vivono fuori di Giardini delle Divinità?» rispose Sarihele. «I quattro protettori dei Regni degli Uomini e i loro figli, Solarium, Lunar, le Bestie Sacre, l’Eremita dei Ghiacci: tutti si sono allontanati secoli addietro, quando ancora il marciume non era così diffuso».

«Arihost vive nella Fohst-Nathrion e non nei Giardini delle Divinità, pur essendo un perfetto esempio di “decadenza divina”» commentò Alexya, mangiando il pezzo di spezzatino preso da Johan.

«Di Arihost non si hanno più notizie, ogni tanto compare qualche nuovo bastardo, però non si è più fatto vedere a corte. Lui è un caso a parte, collabora con la nostra caduta» spiegò il dio.

«Capito. Allora, cosa proponete? Dovreste avere un valoroso, un puro di cuore, da mettere al trono al posto di Al. Avete intenzione di diventare Re delle Divinità, divino Sarihele?» chiese Alexya, tornando a tagliare il suo arrosto.

«Non mi state prendendo sul serio, milady».

«Non tanto, non mi piacciono i discorsi sulla morale» replicò la ragazza e, dopo aver detto quelle parole, si domandò da quanto tempo provasse così fastidio per i moralisti. Suo padre li aveva sempre avuti in odio, gli Anziani erano un ottimo esempio della categoria, ma lei non si era mai trovata davanti a una persona che combattesse per quello e che volesse lei come alleata. Arghos le si era messo contro, Sarihele la stava cercando. Non aveva molto senso. «Il punto è che io non ho nulla di personale contro Al. Quel che voglio fare è riappacificare la Terra dei Cinque Popoli e questo mi mette contro ad Al e a Lord Nicholas» continuò Alexya.

A quelle parola, Johan lo fissò ironico. E la ragazza capì perfettamente cosa stava pensando il capitano.

«Al e Lord Nicholas in quanto Re delle Divinità e Re delle Terre d’Ombra, Johan» gli fece notare, irritata. «Ho già detto di non avercela con la loro persona».

«Certo, certo. Però ti sai fatta portare in giro dall’Infero, hai cenato e dormito nella sua tenda. Stavi cercando informazioni per batterlo?» rispose Johan, inarcando le sopracciglia. «Se continui così, il tuo bell’Esercito della Fenice diventerà un’appendice di quello Infero e mi spieghi che fine fa la tua geniale idea? Tutto questo per finire nel letto di uno che gira sempre mezzo nudo, ci prova con ogni paio di tette che incontra ed è la mente più calcolatrice che sia mai esistita. Credi che ti abbia avvicinata perché l’hai ammaliato? Lui vuole l’Esercito da mandare avanti per indebolire Al, solo questo!»

Alexya scattò in piedi, il coltello in una mano. L’altra afferrò con forza il collo del capitano. «Che diritto credi di avere per parlarmi in questo modo, soldato?» ringhiò, puntandogli la lama alla gola.

Mansbove lanciò un urlo, dal bancone dove osservava la scena.

«Non sono l’unico che la pensa così, milady. Dopo l’attacco dei Myurohon i soldati erano di cattivo umore e voi non siete andata a visitarli. Certe cose non si dimenticano facilmente. Anche se non l’hanno dato a vedere, le guardie reali, Marihus e Hanan non approvano il vostro avvicinamento all’Infero» continuò Johan.

«Hanan me l’ha detto in faccia. E comunque voi non dovete interessarvi a quello che faccio» replicò Alexya.

«L’Alexya che conoscevo non avrebbe mai detto una cosa simile. Siete arrabbiata e non ragionate» disse il capitano.

Il coltello si posò sulla pelle dell’uomo. Sarihele si alzò dalla panca e mise una mano sul braccio della ragazza, quello che reggeva la lama. Mansbove si avvicinò premendosi un lembo del grembiule sulla bocca, gli occhi sgranati per il terrore.

«Milady, per favore» la pregò il dio.

Alexya lanciò uno sguardo al viso di Sarihele e notò la determinazione a farla smettere. Avrebbe usato la forza per metterla a sedere, che senso aveva? Non se la stava prendendo con lui, ma con quell’idiota irrispettoso che era Johan. Ma decise di calmarsi, stava dando spettacolo in una taverna al centro di Borgo Smeraldo; anche se in quel momento era quasi deserta, Graça aveva la lingua lunga e molte cameriere avevano preso la stessa abitudine. Mollò la presa sul collo del capitano e tornò seduta, inspirando profondamente.

«Ne parleremo più tardi, Johan» disse Alexya, usando il coltello per tagliare un altro pezzo di carne.

«No, sono mortificato, milady, ma io ho detto tutto. Parlate con gli altri soldati semmai» replicò il soldato. Scivolò un poco sulla panca e si mise in piedi affianco alla regina. «Io ho finito di mangiare, chiedo congedo».

«Concesso» rispose la ragazza. Osservò la carne nel suo piatto e si accorse di non avere più fame. Prima di abbandonare le posate nel piatto, sentì i passi di Johan allontanarsi e Mansbove avvicinarsi a lei.

«Milady, perdonatelo» le chiese, rigirandosi la fede nuziale sull’indice destro.

«L’ho già fatto» mormorò Alexya, portando alle labbra il bicchiere di vino.

Mansbove si lasciò cade sulla panca dove era stato seduto Johan. «Cercherò di farlo ragionare, non può dare di testa-».

«Lascia perdere, ti prego» la zittì la ragazza, lanciandole uno sguardo sofferente. Finché era Hanan a borbottare, o quella piaga di Marihus, era un conto. Se Johan iniziava a lamentarsi allora c’era davvero qualche problema. Ma come lo poteva risolvere? Doveva lasciar perdere Nicholas? Ripensò all’amuleto contro i Myurohon. No, aveva tutto da guadagnare. Lui era nella Guerra Millenaria da più tempo, aveva la tecnologia necessaria a mettere in pari l’Esercito della Fenice con quelli delle Divinità e degli Inferi. Sui libri di suo padre non aveva mai trovato quelle informazioni, lo stesso negromante di Sung’bar aveva detto che Nicholas e Vaenihum non permettevano la diffusione delle loro scoperte al di fuori delle Terre d’Ombra. No, no, no, Nicholas le serviva. Non poteva tagliare i ponti all’improvviso. I suoi soldati avrebbero capito, quando avrebbero visto i Myurohon morire sotto i loro colpi.

«Vai a tenergli compagnia, Mansbove» suggerì Alexya alla donna.

La cameriera annuì e si mise in piedi, congedandosi con un inchino.

«Stavamo parlando del nostro sostituto Re delle Divinità» le ricordò Sarihele.

La regina concordò, tornando composta e mettendo da parte i suoi problemi. Ora doveva occuparsi dell’Esercito della Fenice, il resto non contava. «Chi volete proporre?»

«L’Eremita dei Ghiacci, Gladius, il dio della Neve e del Ghiaccio» rispose la Divinità.

Alexya lo guardò perplessa. «Non ne ho mai sentito parlare» ammise.

«E’ normale: si è ritirato sui Monti di Luce, nessuno sa dove di preciso, e il suo culto è diffuso soprattutto tra i Lucenti e gli Elfi montanari; inoltre, è una persona solitaria, ha sempre preferito l’anonimato. E’ stato uno dei primi a esser stato creato dopo Al e Adele» le spiegò Sarihele.

«Preferisce l’anonimato? Non vi siete posti il dubbio che lui possa rifiutare?» obiettò Alexya.

Il dio sorrise. «A lui non piacciono i Giardini delle Divinità come sono ora, per questo ha cercato di mettersi da parte. Io lo prego spesso, questo è l’unico modo in cui posso tenermi in contatto con Gladius. Lui è sempre aggiornato sui nostri movimenti; se non gli andasse bene qualche nostra scelta, si farebbe sentire».

Alexya era comunque perplessa da quella storia. Però le Divinità avevano la magia, erano nei gradini più alti nella gerarchia di capacità magiche, assieme agli Inferi. Le avrebbero fatto molto, molto comodo. E che volessero eliminare Al sembrava un fine capace di spingere gli Herzbrenht a darsi da fare per aiutarla. Sì, poteva farli entrare nell’Esercito della Fenice.

«Accetto voi Herzbrenht, perché avete la magia. Per questo sarete voi a occuparvi della protezione magica dell’Esercito e cercherete umani con sangue magico nelle vene, per istruirli come si deve» disse la regina.

«Grazie a Vraele so abbastanza della Guerra da poter organizzare degli addestramenti mirati per i soldati» fece notare il dio.

«Le vostre conoscenze mi potranno essere d’aiuto più avanti. Ora ho intenzione di aspettare l’arrivo di tutte le truppe, saggiare le loro capacità e poi organizzare l’esercito come si deve. Quel che voglio sono soldati altamente specializzati, non con una cultura generale. Devono saper svolgere il loro compito al meglio, quello degli altri non li deve riguardare» lo contraddisse Alexya, prima di bere ancora il vino.

«Non è un’idea malvagia» considerò Sarihele.

Alexya abbozzò un sorriso.

 

«E prendi quel cinghiale, Bhor’la!»

L’antico spirito di Niha ruotò la testa in direzione di Apuh, che aveva gridato, disteso sotto una magnolia in compagnia della vampira di Lahat. Lo fissò minaccioso, mentre il cavallo correva dietro il cinghiale. Jansen lo superò urlando, eccitato dalla caccia.

«Troppo lento!» lo schernì, roteando la lancia, la sottile coda verde che fluttuava alle sue spalle.

Thitus osservò i due antichi spiriti correre a cavallo, inseguendo un servo di Jansen, che era stato obbligato a prendere le sue sembianze animali per far divertire due Nobili. Lui si era rifiutato di partecipare alla caccia, i cinghiali non gli piacevano. Apuh non vi aveva preso parte solo perché era più interessato a stare alla calcagna di Mhinouke; altrimenti la caccia la organizzava sempre lui.

«Non ho ancora capito perché quei due stiano facendo gli scemi, quando dovremmo parlare di cose serie» commentò Neben, portando alla bocca un pezzo di crostata alle albicocche della cuoca di Mhinouke.

Thitus scosse la testa. «Se si stancano ora, dopo non iniziano a punzecchiarsi».

«Beh, dubito che Apuh sarà stanco alla fine della caccia. Se lui ha la forza di fare lo spiritoso, Bhor’la e Jansen risponderanno nonostante tutto» replicò Neben, lanciando uno sguardo all’albero a qualche passo da loro.

Il demone di Canthao la imitò e inarcò le sopracciglia vedendo Apuh disteso sull’erba, con la testa sulle ginocchia di Mhinouke, parlandole in continuazione; intanto lei lo ignorava, più interessata al libro che aveva in mano che alle chiacchiere del vampiro. Mhinouke era obbligata a stare all’ombra, era albina e quindi sopportava i Soli meno degli altri Inferi. Però non era necessario che Apuh stesse sotto la magnolia con lei. Lui si divertiva a fare il cascamorto perché lei fingeva disinteresse con una grazia che deliziava il vampiro. Thitus non trovava tanto normale un comportamento simile.

«Purtroppo hai ragione» concesse il demone a Neben.

La donna fece spallucce, mentre spezzava con i denti un altro pezzo di crostata. La masticò, rivolgendo lo sguardo a Jansen, che arrestava il cavallo vicino al cinghiale trafitto dalla sua lancia. «Bhor’la si lascia sempre fregare da quella serpe» borbottò il demone di Thena. Ruotò il capo verso Thitus, mettendo in bocca quello che restava del dolce.

«Hanno finito, ora verranno qui» commentò l’uomo.

Una serva si avvicinò al tavolino di ferro battuto e marmo su cui si trovavano i vassoi di cibo e la teiera. «Serve altro, padrona?» domandò la giovane a Neben.

«Vai a scaldare il the, si è freddato» ordinò la donna.

La cameriera prese la teiera e si allontanò, silenziosa.

«Aah, Neben, vuoi mangiare con me il cinghiale?» esordì una voce alle spalle della donna.

Thitus sollevò lo guardo e vide Jansen in piedi dietro la padrona di casa, la preda sulle spalle nude.

«Non mi do al cannibalismo, Jansen» replicò lei. Lo osservò, i riccioli verdi incollati sul viso spigoloso e allungato, il codino e la pelle del busto sporchi del sangue dell’antico spirito. Indossava solo i pantaloni di lino marrone e gli stivali di cuoio, la pelliccia l’aveva abbandonata prima di andare a caccia. «E poi, così sporco e sudato, non vorrai sederti sulle mie sedie?»

Il Nobile di Arah ghignò, lasciò cadere il cinghiale per terra e si accomodò affianco a Neben, avvicinandosi di più a lei. «A quanto pare sì».

La donna rivolse uno sguardo seccato a Thitus. «La caccia non li ha stancati minimamente» gli fece notare.

Bhor’la si avvicinò a tavolo e si lasciò andare su una sedia vicino al demone di Canthao, con un sospiro rumoroso per via della maschera. «Sono stufo di questi giochi sciocchi» annunciò, e prese la tunica inzuppata di sudore tra pollice e indice e la sollevò dal petto.

Jansen gli rivolse uno sguardo malizioso. «Dici sempre così, ma poi vieni comunque. Ammetti che ti piace vedermi a torso nudo» lo provocò, allungando un braccio per passarlo attorno alle spalle di Neben.

«Jansen, dovresti smetterla di ammazzare i tuoi servitori ogni volta che tardano a correre da te» commentò Mhinouke, avvicinandosi al tavolo dove si trovavano gli altri Nobili.

Thitus le scostò una sedia. «Prego, accomodati» la invitò, con un cenno della mano.

«Ma, Mhinouke, io mi diverto!» protestò Jansen, per nulla serio.

La vampira mise una mano sulla gonna bianca, per evitare che si stropicciasse sedendosi. Si portò una mano davanti alla bocca e tossì, senza far troppo rumore.

Neben lanciò uno sguardo preoccupato a Mhinouke. «Chiedo di spostare il tavolo all’ombra?» le domandò.

L’altra fece cenno di no con la mano e indicò il parasole bianco che reggeva nell’altra mano. «Questo basta. Oggi le nubi sono più fitte, credo stia arrivando la pioggia» rispose la vampira.

Apuh si avvicinò al tavolo, il mantello nero che ondeggiava dietro le spalle. Lanciò uno sguardo a Mhinouke, che aveva allungato la mano sul tavolo per prendere un biscotto, e si sedette vicino a lei, poggiando il gomito sul bracciolo della sua sedia.

«Pioggia o non pioggia, non lo sentite anche voi?» chiese Apuh, fissando Mhinouke con un sorrisetto. Provò a passare una mano tra i capelli quasi bianchi della donna, ma gli occhi rossi lo fulminarono, senza che il suo volto pallido fosse turbato da qualche emozione.

Thitus abbassò le palpebre per concentrarsi sulla percezione dell’aura. Oltre alle cinque attorno a sé, potenti, e un numero imprecisato di energie più deboli nella villa di campagna di Neben, un’enorme presenza si avvicinava a Occhio degli Inferi. Aprì gli occhi di scatto e incontrò lo sguardo di Neben.

«E’ tornato Lord Nicholas» annunciò Thitus.

Bhor’la annuì, in silenzio. Mhinouke gli lanciò uno sguardo, poi prese un altro biscotto e lo mise in bocca ad Apuh, impedendogli di fiatare.

Jansen scrollò le spalle. «Non importa, tanto noi possiamo rimanere qui senza essere spiati» disse.

Neben si liberò del braccio dell’antico spirito di Arah e si mise in piedi, tra i borbottii contrariati dell’uomo.

«Voi potete rimanere qui, io vado ad accogliere Sua Altezza» disse la padrona di casa.

«Dimmi a che serve andare da lui, quando noi dobbiamo pensare a come togliercelo dai piedi!» protestò Jansen, cercando di afferrare la donna dai fianchi, per farla tornare a sedere.

«Non dire idiozie, sai che lui non direbbe mai di no a una donna. Sto semplicemente cercando un punto debole per colpirlo» spiegò Neben, allontanandosi di qualche passo dall’antico spirito.

«Thitus, dille che sta perdendo tempo! Diglielo!» lo incitò Jansen, sporgendosi verso il tavolo.

Il demone di Canthao scosse il capo. «Sta portando avanti la sua vendetta, collaborando con noi. Non vedo perché ostacolarla» rispose. «Comunque, tutto quello che dovevo dirvi è che abbiamo un alleato abbastanza potente e antico da poter contrastare Lord Nicholas. D’ora in poi, possiamo osare di più, abbiamo un’arma di cui nessuno conosce l’esistenza, che ci verrà in aiuto quando ne avremo bisogno».

Thitus osservò la sorpresa e il dubbio sui volti dei suoi compagni. Ma non gli interessava. Vedendo i risultati, avrebbero capito. Lui non era intenzionato a lasciarsi sfuggire il raggiungimento del traguardo, per cancellare la perplessità dei Nobili. Il miglior alleato che potessero trovare era con loro. Il Mezzosangue era uscito dal mito, per aiutarli.

 

Murthen corse davanti a Nicholas, per impartire ordini alla servitù radunata davanti all’ascensore dell’Hinferion Rahan. Il Re degli Inferi proseguì lungo il corridoio, seguito da Vaenihum e Irene.

Casa, dolce casa! Mi sei mancata!, esclamò Nephas.

Vai a chiamare Krados, ordinò Nicholas all’Elfo, fregandosene dell’antenato che parlava nella sua mente.

Vaenihum si fermò e, con un inchino, cambiò strada. La servitù si era dispersa, ma rimanevano in attesa del sovrano tre persone.

Il primo a pararsi davanti a Nicholas fu Molko, che s’inchinò e prese parola.

«Bentornato, Vostra Altezza. Ho eseguito gli ordini ricevuti, non c’è stato alcun contrattempo. Attendo altre direttive» disse il vampiro, con orgoglio.

Nicholas inarcò le sopracciglia. «Mi sembra il minimo. Sarà Cedric ad assegnarti i prossimi compiti» replicò e passò avanti.

Sempre antipatico, figliolo. Perché nessuno ti ha ancora ammazzato?, lo rimproverò Nephas.

Irene si accostò al sovrano. «Vado nelle mie stanze» lo avvertì, in un sussurro.

«Mh» rispose Nicholas e fu costretto a rivolgere la sua attenzione al vampiro biondo che gli si era piazzato sul cammino. Perché tutti avevano la brutta abitudine di andargli a parlare appena tornato a palazzo? Non potevano chiedere udienza come le persone normali? Li aveva abituati male. La volta successiva avrebbe preso provvedimenti drastici. Ora voleva avere delle determinate informazioni.

Sei più acido del solito, o sbaglio?, commentò Nephas, imperterrito.

L’Infero guardò il giovane davanti a sé, con i capelli biondi legati in una coda bassa, e il completo militare nero, pantaloni e la giacca, portata senza niente sotto. A quanto pare, stava diventando una moda andare a petto nudo come lui. Gli seccava questa storia, ma non aveva la minima voglia di vestirsi troppo solo perché veniva imitato. Non gliene fregava più di tanto. Incontrò gli occhi rossi del vampiro e annuì, permettendogli di parlare.

«Ho novità da riferirvi, Vostra Altezza» annunciò il giovane.

E’ il secondo che ti chiama “Vostra Altezza”. Li stai istruendo per bene, questi giovanotti, disse Nephas, divertito.

«Tra mezz’ora, fatti trovare davanti alla mia porta, Cedric» rispose Nicholas, liberandosi del mantello. Gli stava andando incontro una serva per aiutarlo a svestirsi, quindi le lasciò la cappa rossa in mano.

Cedric fece un inchino e si allontanò. Sarebbe andato ad appostarsi davanti alla sua porta, il Re degli Inferi lo sapeva. Era sempre così. Proseguì e si avvicinò alla donna che lo attendeva, con uno sguardo astioso. Le lasciò scorrere lo sguardo addosso: non degnò di troppa attenzione i capelli castani con ciocche più chiare che spuntavano qua e là, né si soffermò sugli occhi color muschio; invece, studiò deliziato lo scollo del vestito amaranto, che metteva in risalto il seno prosperoso della donna. Ghignò e le prese una mano, per baciargliela.

«Lady Neben, se venite a cercarmi, almeno fingete di esser contenta di vedermi» la canzonò.

Il demone di Thena inarcò le sopracciglia. «Se vi dà fastidio la mia espressione, ignoratemi, Lord Nicholas».

Non vorrei dire, ma ha ragione, intervenne Nephas.

Nicholas le passò una mano attorno alla vita e la costrinse a seguirlo, trascinandola finché lei non decise di assecondarlo.

«Ignorarvi? Avrei tutto da perdere» replicò lui. Sapeva perché Neben andava a cercarlo e non la rifiutava perché questo gli permetteva di controllarla. Lui non le avrebbe mai fatto sapere nulla di utile, le avrebbe parlato di minuzie illudendola di avere grandi informazioni. Era più sicuro di lasciarla andare in giro per il palazzo, libera di ficcare il naso ovunque.

«Andiamo a fare un bagno» la informò, con un ghigno.

Neben gli rivolse gli occhi, indecisa se accettare o meno. Alla fine, annuì. Ma Nicholas aveva dato per scontata la risposta. Neppure l’odio che nutriva nei suoi confronti per la morte di Serjen, sua sorella, poteva nulla contro di lui.

So che stai facendo così per farmi stare zitto, Nicholas. Ignorarmi non serve, sono dentro di te e se mi colpisci con la magia divento più forte, lo provocò Nephas.

Nicholas finse ancora di non averlo sentito.

Bastardo, bofonchiò il Primo Infero, chiudendosi nel mutismo. Non voleva partecipare al bagno del suo corpo.

 

Neben osservò Nicholas uscire dalla vasca, l’acqua che scorreva sul corpo marmoreo, i capelli corvini bagnati e incollati sulla pelle. Chiuse gli occhi e sospirò sofferente, attirando l’attenzione del sovrano su di sé.

Lui la guardò, abbandonata sul bordo della vasca, la testa all’indietro, le ciocche castane scompigliate, il seno appena nascosto dall’acqua. Prese l’asciugamano che gli porgeva una serva e se lo avvolse attorno alla vita, mentre la donna ne usava un altro per tamponare i capelli, prima di pettinarli.

«Avete intenzione di sfruttare la mia generosità ancora a lungo, lady Neben?» le domandò, in piedi a un passo dal suo viso, sovrastandola.

Neben drizzò il capo e si portò la mano sulla spalla, ritrovandosela sporca di sangue. Però la ferita era quasi completamente rimarginata.

«Se chiamate generosità strappare la carne dalle ossa della gente, allora non oso pensare come voi siate di cattivo umore» commentò il demone.

Ancora una volta ha ragione. Peccato che tu non te la sbatta perché è simpatica, si lamentò Nephas, tornato alla carica.

Nicholas si liberò delle cure della serva e si accovacciò alle spalle di Neben. L’afferrò per i capelli e la costrinse a piegare la testa all’indietro.

«Volete provarlo, nevvero?» le propose, senza allentare la presa davanti alla smorfia di dolore sul volto della donna.

«Mi accontento di questo assaggio» rispose Neben, portando le mani ai capelli.

«Mi piace parlare con donne intelligenti» disse Nicholas, prima di mollare la presa. «E ora uscite dall’acqua».

Ripeto: antipatico e acido, commentò Nephas.

Il demone di Thena si voltò e mise le mani sul bordo della vasca, issandosi fuori dall’acqua. Si sedette e strizzò i capelli. Un’altra serva le porse un asciugamano e Neben si mise in piedi, per stringerselo attorno al seno.

Nicholas seguiva i suoi movimenti impassibile, mentre la giovane alle sue spalle finiva di pettinare i capelli. Poi ordinò alle due donne di vestire in fretta la Nobile.

«Dopo, lady Neben, lascerete questo palazzo» le ordinò, gli occhi d’argento fissi nei suoi.

Il sovrano si voltò e uscì dalle terme di palazzo, percorrendo il corridoio fino alle scale. Salì due rampe di gradini di marmo nero, poi giunse al piano delle stanze della famiglia reale. Erano tutte vuote, a parte la sua e quella di Irene. Ma Nicholas non aveva intenzione di riempirle con mogli e figli, erano solo problemi. Arrivò in fondo al corridoio e trovò Cedric in piedi davanti alla porta dei suoi appartamenti.

Ma perché hai al tuo servizio gente così ligia al dovere? Non te la meriti, disse Nephas.

Se lo sono, è perché li ho obbligati io a diventare così, gli fece notare Nicholas.

Con Molko non hai fatto un buon lavoro, replicò il Primo Infero.

Dici così perché non sai com’era qualche anno fa. E ora, taci, ordinò il sovrano.

«Entra alla chiamata Vaenihum» disse Nicholas a Cedric.

«Come desiderate, Vostra Altezza» rispose il vampiro.

Il Re delle Terre d’Ombra mise la mano sulla maniglia e aprì uno dei battenti della porta, entrò e la richiuse alle sue spalle. Nella penombra nella stanza, poté vedere con chiarezza Vaenihum in piedi davanti al camino a destra, con le mani dietro la schiena, mentre uno dei divani a destra era occupato da Krados, che aveva abbandonato il mantello sullo schienale e giocherellava con la catena di una delle sue falci.

«Bentornato, milord» lo salutò la spia, sollevando lo sguardo verso di lui.

Nicholas attraversò la stanza e aprì la porta del guardaroba. Le serve che stavano mettendo a posto le valigie sussultarono, poi con un inchino gli diedero il benvenuto.

«Vestimi» ordinò il sovrano alla ragazza più vicina.

La serva si affrettò a prendere un completo pulito dall’armadio, mentre l’altra continuava il suo lavoro. Porse a Nicholas i pantaloni, poi la cintura, infine la giacca, che gli abbottonò, mentre lui chiudeva i polsini.

Vestito, il re uscì dal guardaroba passandosi le mani tra i capelli, e si sedette sulla poltrona vicino al camino. A un suo cenno, Vaenihum fece un giro della stanza e toccò tutte le porte che si affacciavano nel salotto, creando una barriera che impediva ai suoni di passare.

Krados si alzò dal divano e si avvicinò a Nicholas. Fece un inchino e attese il permesso di parlare.

«Cos’hai da dirmi, Krados?» chiese il re, il gomito sul bracciolo della poltrona, mentre la mano gli reggeva la testa.

Il demone accennò un sorriso. «I Nobili si sono inventati qualcosa di nuovo. Relativamente» cominciò, incrociando le braccia sul petto. «Appena siete partito, pensavano di “aiutare” Irene a sposarvi, così lei avrebbe avuto un debito con loro e alla vostra morte precoce – e violenta – avrebbe concesso ai Clan di amministrare il paese. Era un’idea idiota e l’ho fatto capire seguendo la procedura da voi indicata».

«Chi hai eliminato?» domandò Nicholas, mentre Nephas iniziava a preoccuparsi.

«Gheddo di Arah, l’idiota che ha proposto a sir Jansen quest’idiozia» rispose Krados.

«Poi?»

«Poi sono arrivate notizie da Sung’bar, non so come, ma hanno saputo del Consiglio e hanno pensato di sfruttare l’umana d’Ovest – come si chiama?» continuò la spia.

«Non importa, vai avanti» lo incitò Nicholas, con un cenno della mano libera.

«Comunque, sir Bhor’la ha detto che non si fidava e hanno messo da parte l’opzione».

«Hanno risolto qualcosa, oppure si sono limitati a prendere il the?» domandò il re.

«No, infatti oggi avevano organizzato una merenda da lady Neben, nella villa in campagna; peccato che mi sia impossibile raggiungerla» rispose Krados.

«E’ facile persuadere le serve di una nobildonna, se si è uomini» disse Nicholas.

La spia inarcò le sopracciglia. «Devo proprio?»

«Il mio non era un consiglio».

Krados sospirò e acconsentì. «Eseguirò l’ordine quanto prima». Poi aggiunse: «Alla fine, credo di aver scoperto qualcosa di importante: sir Thitus ha accennato a un alleato abbastanza potente da assicurare loro la vittoria. Però non ho idea di chi possa essere, né sono riuscito ad avere maggiori informazioni».

«E’ una Divinità» disse Nicholas.

Poi mi spieghi di che utilità ti è una spia, quando puoi sapere tutto da solo, commentò Nephas, cercando di nascondere la sorpresa.

Il demone spia rimase interdetto. Ci ragionò sopra, per un po’, poi lasciò andare le braccia lungo i fianchi. «D’accordo. Cercherò di capire quale dio è».

Nicholas annuì. «Altro?»

«No, tutto qui. Ci sono ordini? Oltre a sedurre le serve di lady Neben, conoscere l’identità del dio e farmi furbo, intendo» chiese Krados.

Il re accennò un sorriso. «Hai dimenticato che devi tenere gli occhi e le orecchie aperti».

«Giusto! Che sbadato» replicò la spia, battendosi una mano sulla fronte. «Posso andare?»

Nicholas fece un cenno di assenso col capo. Krados s’inchinò e andò a prendere il mantello dal divano. Poi si diresse verso la porta.

«C’è Cedric di qua» lo avvertì Vaenihum, in piedi davanti all’ingresso, pronto a togliere la barriera.

«Vero» concordò Krados. Girò su se stesso e andò dritto verso la finestra. Spostò la tenda nera e vide il cielo nuvoloso dietro la stretta finestra. La aprì, si sedette sul davanzale e, dopo aver rivolto un cenno di saluto al Re degli Inferi, si buttò di giù.

«Sempre queste uscite di scena» borbottò Vaenihum, distruggendo la barriera alle porte. «E solo per arrampicarsi a un ramo e scendere al piano di sotto».

«Chiama Cedric» gli ordinò Nicholas. «E fammi portare del vino».

L’Elfo andò alla porta. «Cedric di Lahat, Vostra Altezza vi concede udienza» annunciò fermo sull’uscio. Poi si spostò, per lasciar entrare il vampiro, e chiuse il battente, andando a chiamare una serva dalle cucine.

Cedric raggiunse la poltrona di Nicholas e si inginocchiò davanti a lui. «Ai vostri ordini, Vostra Altezza».

Ma perché è così servizievole?, domandò sconvolto Nephas. Frugò nella memoria del sovrano e aggiunse: Gli hai persino fregato la donna, una volta!

Appunto, era solo una donna. Dopotutto è in vita perché l’ho salvato dalle grinfie del Clan Lahat, replicò Nicholas.

Mhinouke, dai tuoi ricordi, non sembra una persona così terribile, disse il Primo Infero.

E’ una delle donne più astute che abbia mai incontrato. La sua aria malaticcia e graziosa nasconde una scaltrezza al di sopra della norma, spiegò il re.

Perché non l’hai ancora fatta fuori?

Sto aspettando un passo falso. Ho già teso da tempo la mia trappola, rispose Nicholas, poi smise di dar corda al suo antenato, per invitare Cedric a far rapporto, con un cenno del capo.

«Vostra Altezza, in vostra assenza sono stati trovati dei Myurohon nei pressi della capitale. Abbiamo provveduto a inseguirli ed eliminarli. Ho lasciato il compito a sir Molko, perché ha insistito per averlo» cominciò il vampiro.

«Lo ha concluso come si deve?»

«Sì, Vostra Altezza».

«Allora prosegui» ordinò Nicholas.

«Stamane, sir Daniel si è messo in contatto col palazzo. Ha detto di esser partito subito dopo aver parlato con Mentius; ha detto anche di aver compreso il vostro messaggio e che si metterà all’opera appena giunto a Borgo Smeraldo» continuò Cedric, poi guardò il sovrano negli occhi. «Vostra Altezza, posso sapere a quale messaggio si riferiva sir Daniel?»

«Non è un’informazione utile a te» replicò Nicholas.

Scusa, figliolo, ma se lui in assenza di Murthen svolge anche i suoi compiti, perché non dirglielo? Murthen non è al corrente di quel che fai?, domandò Nephas.

No, Murthen è uno sciocco, si accontenta di eseguire i doveri che gli assegno, senza fare domande. Per Cedric vale la stessa regola: niente domande, rispose il sovrano.

Il vampiro chinò il capo. «Perdonatemi, allora» disse. «Tre giorni fa è arrivata una lettera dal Regno d’Ovest. Non mi sono permesso di aprirla».

«Passamela».

Cedric infilò una mano nella tasca della giacca ed estrasse una missiva piegata a metà. La porse al re, che osservò il sigillo verde con impresso lo smeraldo e le due spade incrociate. Proprio dalla reggia del Regno d’Ovest. Ruppe la ceralacca e lesse la lettera.

 

Borgo Smeraldo, dihe 22, Ghervenri, 3518 henn o II Chranhenn

 

A Sua Altezza Lord Nicholas, Re delle Terre d’Ombra, Infero Perfetto.

Vostra Altezza, le Regine d’Ovest sono liete d’invitarvi al banchetto del giorno 12, di Kohonri prossimo venturo.

La Vostra presenza allo Smeraldo sarà molto gradita.

I migliori auguri,

la Regina delle Messi d’Ovest, Gran Sacerdotessa di Zephiro,

Helena dei Lahacilliarum

 

Nicholas inarcò un sopracciglio, divertito. E lui che aveva creduto di non rivedere più Alexya. La stessa cugina della sua vittima gli aveva offerto un’altra occasione per legare la ragazzina umana a sé. Non se la sarebbe lasciata sfuggire.

«Cedric, puoi andare» lo congedò il re.

Il vampiro si mise in piedi, s’inchinò e uscì dalla porta. Si imbatté in Vaenihum, appena tornato in compagnia di una serva con un vassoio in mano.

«Il vino, milord» annunciò l’Elfo.

La giovane si avvicinò al sovrano, silenziosa e con gli occhi bassi.

Portami carta, penna e inchiostro, Vaenihum: ho un invito cui rispondere, gli ordinò Nicholas, lanciandogli uno sguardo trionfante, mentre portava il bicchiere di vino alle labbra.

 

.-.-.-.

 

Sorprendente, in questa metà nessuna parola di Maholhan. Mi sarò stufata? No, affatto =D

 

Ora, ringrazio tutti coloro che hanno commentato, preferito, seguito o anche solo letto senza lasciar traccia del loro passaggio.

Purtroppo, sono costretta a interrompere l’aggiornamento dell’Esercito della Fenice, ma continuerò a riscrivere gli ultimi tre capitoli che mancano e finirò di correggere il resto del primo volume. La mia avventura con questa storia non è finita ^^

 

Perciò, spero di avervi fatto divertire e che questo “addio” non vi deprima troppo *piena di sé*. Cercherò di postare qualche nuova storia, se in estate riesco a concluderne qualcuna XD perciò non disperate! *continua ad essere piena di sé*

Grazie a tutti e un abbraccio,

 

Kanako

 

EDIT 18.07.09: Se dovessi riprendere ad aggiornare l’Esercito, manderò una mail a tutti i lettori “conosciuti” ^^ Premio fedeltà (ahahah)

   
 
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