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Autore: Kodocha    27/12/2018    3 recensioni
Akito Hayama, ventiquattro anni; in seguito ad una dolorosa ferita amorosa, inflittagli dalla donna con cui avrebbe dovuto convalidare a nozze da lì a breve, decide di abbandonare Los Angeles e ritornare in Giappone, dalla sua famiglia.
Nonostante sia disposto ad avere tante donne a scaldargli il letto e nessuna a scaldargli il cuore e convinto di non poter provare più alcun tipo di sentimento per il gentil sesso, gli toccherà fare i conti con lei, Sana Kurata, una furia dai capelli ramati, nonché la nuova governante assunta da Natsumi.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Akito/Fuka, Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Erano le sette in punto quando il suono della sveglia si propagò insistentemente nella camera in cui alloggiava, facendole mugugnare una serie di parole incomprensibili.
Con gli occhi semiaperti si rigirò sul letto, cercò a tentoni quell’aggeggio infernale sul comò, lo spense e tornò ad accoccolarsi su quel petto caldo e muscoloso alla sua destra, auto convincendosi che dormendo per altri cinque minuti non avrebbe recato alcun danno a nessuno.
Ci impiegò esattamente una decina di secondi prima di rendersi conto della situazione; spalancò le palpebre, alzò timorosa lo sguardo, guardò il tizio mezzo nudo sulla quale era avvinghiata, la stesso della scorsa sera incontrato nel locale di Tsuyoshi, si staccò velocemente da lui, sgusciò da sotto le lenzuola, scattò come una molla fuori da letto ed emise un urlo talmente disumano che, era certa, l’avesse sentita l’intera città.
Akito si tirò su a sedere, spaventato e frastornato, portandosi una mano all’altezza della tempia, come a cercare di calmare la dolorosa emicrania che l’aveva colpito, causata con molta probabilità dalla sbronza della scorsa notte… ma fu tutto inutile, anche perché una persona alla sua sinistra, mitragliandolo di parole tirate fuori a raffica, non fece altro che contribuire all’aumento del dolore.
«Cosa ci fai tu sul mio letto? E come hai fatto ad entrare in casa? Mi hai seguita? Razza di maniaco! Spero per te che non ti sia azzardato ad allungare una mano su di me mentre dormivo o giuro che ti strozzo con le mie stesse mani!»
Hayama si voltò ed appena il suo sguardo si posò sulla ragazza dai capelli ramati incontrata nel locale, spalancò così tanto le palpebre che per poco gli occhi non gli fuoriuscirono dalle orbite «Tu?»
«Non fingere di mostrarti sorpreso di vedermi, pervertito» sbottò, puntandosi le mani sui fianchi «Sparisci immediatamente da qui o chiamo la polizia»
Sempre più confuso, Akito fece per ribattere, ma il rumore di passi che si avvicinavano sempre più velocemente alla sua camera, seguiti dalla porta che si spalancò di colpo, glielo impedì.
«Sana, perché hai urlato? Tutto ben… eh? Akito?»
Natsumi lo fissò sbigottita, seguita dal signor Fuyuki, comparso pochi istanti dopo dietro le sue spalle, anch’egli allarmato dall’urlo ch’aveva udito «Ma… ma cosa ci fai tu qui?»
«Nat, papà» li salutò, freddamente «Vorrei dire che è un piacere rivedervi, ma vista la situazione non mi sembra il caso» si voltò a guardare Sana, coperta solo da una sottile camicia da notte che, per un istante, gli mandò in tilt il cervello. Ma subito si ridestò; d’altronde non è era il caso di fantasticare su di lei in un momento del genere «Si può sapere chi è questa qui e cosa ci fa in camera mia?»
Superato l'attimo di sorpresa, Nat si schiarì  la voce e passò alle presentazioni «Lei è Sana, la nostra nuova governante. Sana, nel caso non lo avessi ancora capito, lui è Akito, mio fratello»
«Tuo fratello?» mormorò, strabuzzando gli occhi «Ma non avevi detto che si era trasferito a Los Angeles?»
«Infatti» asserì il signor Fuyuki, avanzando verso il figlio, ancora spaparanzato sul letto «Non sapevo del tuo ritorno, Akito. Non me ne avevi parlato»
«Volevo farvi una sorpresa» scrollò le spalle, inventandosi la prima scusa che gli passò per la testa. Non era né il luogo, né il momento adatto per spiegar loro come stavano effettivamente le cose «Piuttosto…» guardò nuovamente la tipa dai capelli ramati, trovandola con un’espressione da pesce lesso stampata sulla faccia, segno evidente che tutto si aspettava fuorché fosse un membro della famiglia per cui aveva iniziato a lavorare «La nuova governante? Lei? Starete scherzando, spero. Che fine ha fatto la signora Shimura?»
«E’ andata in pensione»
«Ah»
«E poi perché dovrebbe essere uno scherzo? Che c’è di strano nell’avere una governante giovane e bella?»
Sana abbozzò un timido sorriso, Akito, al contrario, alzò gli occhi al soffitto.
Non c’era nulla di strano, certo, tuttavia convivere sotto lo stesso tetto con lei, seppur per un lasso di tempo limitato, non avrebbe potuto portare altro che rogne, n’era sicuro; gli erano bastati quei pochi minuti nel locale di Tsu per giungere ad una tale conclusione.
Inoltre, veder gironzolare tutto quel ben di Dio per la casa, tutti i sacrosanti giorni, senza poterne usufruire, non avrebbe giovato affatto alla sua stabilità mentale.
«Sì, okay, ma perché si trova in camera mia?»
«Tecnicamente questa non è più camera tua»
«Come?» sbottò, corrucciando la fronte.
«Non ricordi? Pochi mesi dopo il tuo trasferimento ti chiesi se potevamo trasformarla in una camera degli ospiti e tu acconsentisti»
«Non ricordo affatto una roba del genere» ringhiò, si scalciò le lenzuola di dosso e scese dal letto, coperto solo da un misero paio di boxer, provocando l’imbarazzo della nuova governante che, arrossendo, si voltò dall’altra parte «Possedevate già due camere riservate agli ospiti, perché far diventare anche questa una…»
«Una delle camere a cui ti riferisci è diventata il mio studio personale» l’interruppe il signor Fuyuki «L’altra, quella in fondo al corridoio, come ben saprai è molto piccola ed umida, quindi abbiamo preferito concedere questa alla signorina Kurata»
«Ma…»
«Mi trasferirò nell’altra stanza allora, che sia piccola ed umida non è un problema» riprese la parola Sana, attirando gli sguardi degli altri tre «D’altronde questa era camera sua ed è giusto che torni ad essere tale»
Akito inarcò un sopracciglio.
Era la prima volta che quella lì mostrava un minimo di gentilezza nei suoi confronti, ma probabilmente era tutta una messinscena per apparire cordiale agli occhi della sua famiglia.
«Non credo sia necessario» bisbigliò incerta Nat, spostando lo sguardo dall’uno all’altra, per poi soffermarsi sul fratello «Cioè, voglio dire… resterai in città per molto? Se hai deciso di fermarti solo per pochi giorni è inutile trasferire gli oggetti personali di Sana nell’altra stanza, se poi a breve dovremmo ricollocarli qui»
Dinnanzi a quella scomoda domanda Hayama s’irrigidì, trattenendo il respiro per una manciata di secondi.
«Io…» indeciso su come risponderle, boccheggiò con la stessa frequenza di un pesce rinchiuso all’interno di una boccia, per poi uscirsene con un misero «Non lo so»
«Cosa significa che non lo sai?»
«Significa che non lo so, okay?» sbottò.
«Okay, va bene, non c’è bisogno di scaldarsi tanto» sbuffò Nat, per poi porgergli l’ennesima, scomoda, domanda «Un momento, adesso che ci penso… come mai Fuka non è con te?»
Nel solo sentir pronunciare quel nome avvertì un peso all’altezza del cuore, come un macigno che gli comprimeva il petto.
Sospirò, chinando lo sguardo «Aveva… aveva degli impegni»
«E’ ancora presa con l’organizzazione del matrimonio, non è così?»
Ricordi di lei, alle prese con la pianificazione delle nozze, nella loro casa, tra riviste di abiti da sposta, di location e bomboniere nuziali, gli provocarono un senso di angoscia e malinconia tali da causargli una dolorosa morsa alla bocca dello stomaco.
Con l’umore nero come il carbone, strinse convulsamente i pugni lungo i fianchi, con così tanta forza da conficcarsi le unghie nella carne.
«Matrimonio?» s’intromise Sana, trasalendo.
 «Proprio così, convalideranno a nozze a dicembre»
«Oh, ma davvero?» bisbigliò con voce stizzita, fulminando il biondino che, confuso, aggrottò le sopracciglia.
«Scusate, ma adesso devo proprio andare o farò tardi a lavoro» intervenne Fuyuki, lisciandosi i folti baffi neri «Akito, sono molto felice di rivederti. Riprenderemo il discorso stasera, okay?»
Il figlio annuì, augurandosi che da lì a quella sera sarebbe riuscito a racimolare il coraggio sufficiente per raccontar loro tutta la verità.
«Vado a prepararmi anch’io, alle otto ho appuntamento al parco con Hisae» aggiunse Natsumi, lanciando un veloce sguardo alla sveglia appoggiata sul comò.
«Andate pure, il tempo di rendermi presentabile e vi servirò la colazione» disse Sana, aprendo le ante dell’armadio «Faccio in un battibaleno»
I due annuirono e, dopo aver stretto in un caloroso abbraccio Akito, uscirono dalla stanza, lasciandolo solo con la nuova governante, nettamente diversa da quella vecchia.
Adorava la signora Shimura, si era sempre mostrata gentile e cordiale nei suoi confronti, tanto da avere la costante premura di preparargli un’abbondante porzione di sushi, la sua pietanza preferita, ogni qual volta tornava in Giappone, ma per ovvi motivi non era mai stato minimamente attratto da lei, di Sana invece lo era, eccome se lo era.
La guardò, girata di spalle, soffermandosi più del dovuto su quel lato b da urlo e sulle sue gambe, lunghe ed affusolate, lasciate scoperte dalla camicia da notte.
Era davvero incantevole e ciò non favoriva affatto il suo tentativo di autocontrollo degli ormoni.
«Terminati i preparativi per la colazione porterò la mia roba nell’altra stanza, va bene?»
Hayama ispirò ed espirò, distogliendo lo sguardo dalle sue forme.
Non era il caso di comportarsi come un adolescente in piena crisi ormonale.
«Non preoccuparti, puoi tranquillamente restare qui, andrò io nella camera degli ospiti»
«Non ce n’è bisogno» borbottò, prendendo un paio di leggings neri ed una maglia bianca a mezze maniche, con su stampato un buffo pipistrello dalle ali blu e un cuore disegnato sulla pancia «Non voglio alcun tipo di favore da te»
«Andiamo, non essere ridicola» sbuffò, alzando gli occhi al soffitto «Tutto questo astio per cosa? Per aver tentato di rimorchiarti?» scosse la testa, come se avesse a che fare con un caso perso «Forse avrò sbagliato il tipo d'approccio, anche se in genere funziona, ma non è il caso di farla tanto tragica»
«Il tuo approccio è stato da cafoni, poco ma sicuro. Ma il motivo del mio astio è un altro»
«E quale sarebbe?»

«Il fatto è che…» chiuse le ante con rabbia, voltandosi verso di lui «Quelli come te, caro Hayama, mi danno il voltastomaco»
«Il voltastomaco?» ripeté, incurvando un sopracciglio.
«Esatto» sbottò, avanzando nella sua direzione, con gli occhi ridotti a due fessure «Sei fidanzato e per giunta in procinto di sposarti, ed hai anche il coraggio di recarti nei locali per rimorchiare altre donne? Ma non ti vergogni? Sei deplorevole!»
Akito serrò la mascella, infastidito come poche volte in volte in vita sua.
Ma come si permetteva?
Conosceva solo il suo nome e già si permetteva di giudicarlo?
Fu tentato di urlarle contro i peggiori insulti, ma alla fine si astenne dal farlo e se ne uscì con un semplice «Questi non sono affari tuoi»
«Certo ma, sai com’è, per solidarietà femminile provo pena per quella povera ragazza con cui a breve ti unirai in matrimonio» lo scrutò dall’alto in basso, con disgusto «Non la conosco, ma qualcosa mi dice che non la meriti. Fossi in lei ti pianterei all’altare» fece per andarsene, ma lui glielo impedì, afferrandola per il polso, furioso al mille per mille.
Era davvero il colmo; non solo era stato piantato in asso per un altro uomo, umiliato e ferito come mai prima di allora, adesso doveva anche sentirsi dire che era lui a non meritare lei?
Chiaramente sapeva che Sana era all’oscuro di come si erano svolti i fatti, ma ciò non gli impedì di rabbuiarsi ugualmente.
«Tu non sai niente di me» spuntò a denti stretti e lei lo fulminò per l’ennesima volta nel giro di pochi secondi, strattonandosi dalla sua presa.
«Ne so abbastanza» si voltò, dandogli le spalle e, prima di varcare l’uscita della camera, aggiunse «Non m’interessa che tu sia il figlio del mio capo, non voglio avere nulla a che fare con te, quindi stammi alla larga»
   
 
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