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Autore: Febe Thalia    27/12/2018    3 recensioni
In un futuro distopico in cui la ragnatela di legami tra istituzioni e criminalità si fa sempre più torbida, gli EXO sono un’organizzazione di strozzinaggio che si mantiene in equilibrio tra i due poli.
Baekhyun, un giovane aspirante ufficiale assetato di giustizia si getta in una missione disperata per penetrare all’interno del sistema EXO.
chanbaek · kaisoo [Mafia AU]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Kai, Kai, Sehun, Sehun
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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2.


L’anomala presenza di bianco, in fin dei conti, non era ciò che più colpiva di quel posto, Baekhyun dovette ammettere a se stesso. Anche ai piani più elevati vigeva una struttura cunicolare. Lunghi corridoi dalle volte incredibilmente alte si susseguivano in reticolati labirintici così complessi da rendere impossibile imprimerli nella memoria.
Ed era freddo. Dal pavimento marmoreo alle volte affrescate, non vi era nulla che non invocasse un sordido gelo nelle ossa.

Baekhyun alzò lo sguardo, quasi con riverenza. Non aveva mai visto un luogo simile: sembrava strappato via da un altro spazio-tempo, e cucito grossolanamente in un contesto che non gli apparteneva. Le pitture sul soffitto ricalcavano gli stili rinascimentali europei, ma già ad un’occhiata più attenta era impossibile non notare come i soggetti religiosi fossero stati sostituiti da quelle che erano, con ogni probabilità, scene ricorrenti nella quotidianità di chi faceva parte dell’organizzazione: gruppi di individui fasciati di nero sedevano solennemente a tavola insieme, mentre angeli dai volti impenetrabili vegliavano su di essi brandendo armi dall’aspetto davvero poco rinascimentale. Il profano si respirava nell’aria.

“Che posto è questo?”sussurrò Baekhyun, temendo quasi di rompere con la propria voce il pesante silenzio, amplificato dal soffitto concavo. “Dove mi portate?”

Jongin, che faceva strada, si appoggiò con la spalla all’ennesimo, pesante battente, facendolo scivolare in avanti in modo da poter accedere all’ambiente successivo. “Che cosa ci fai qui se non sai neppure dove sei?” domandò il ragazzo: sembrava sinceramente confuso e Baekhyun, per qualche motivo, trovò la cosa rassicurante.

“So dove siamo…Questo è il Prisma ma- non me lo aspettavo così…” l’ultima parte della frasi gli uscì quasi in un sussurro.

“Nessuno se lo aspetta così. Questo posto è molto più antico di quanto tu possa immaginare.”

L’ultima porta conduceva ad una sorta di disimpegno con un solenne pavimento a scacchiera, che a sua volta dava su altre quattro porte, tutte chiuse, una delle quali era più massiccia delle altre. All’inizio Baekhyun pensò che sarebbe stata quella che avrebbero varcato; invece, Sehun lo scortò oltre uno degli ingressi minori e tutti e tre si ritrovarono in quella che aveva l’aspetto di essere un’aula di giustizia o, quantomeno, la ricordava molto.

“Prendete tutto molto seriamente qui…” sussurrò Baekhyun con un mezzo sorriso, ignorando lui stesso da dove gli venisse tutto quel sarcasmo. Sehun gli riservò un’occhiataccia, ma rimase in silenzio, afferrandolo invece per le spalle e forzandolo a prendere posto in quella che doveva grossomodo essere l’area degli imputati. Quel luogo era molto meno bianco del resto del complesso, e il marmo veniva sostituito da un legno scuro e massiccio, dall’aspetto persino più solenne. Sul resto degli scranni stanziava un buon dito di polvere che, unito al sentore di stantio che aleggiava tutto intorno, era indice dell’usuale trascuratezza di quell’aula.

“Per una volta che possiamo utilizzare questa sala!” esclamò vivacemente una voce alle loro spalle.

Baekhyun sussultò, deglutendo prima di voltarsi cautamente. Per ora Sehun e Jongin non gli erano parse le persone più spiacevoli che potesse incontrare, ma sapeva che il peggio era dietro l’angolo; in particolare, Baekhyun nutriva un certo timore nei confronti del misterioso Chanyeol, più volte nominato dagli altri due in nome della sua crudeltà e del suo sangue freddo.
Invece, a ricambiare il suo sguardo fu un viso dalle fattezze pacate, persino dolci in un certo senso. Apparteneva ad un uomo di statura media; aveva l’aspetto di un giovane vecchio, Baekhyun non avrebbe saputo definirlo altrimenti. Poteva avere dieci, quindici anni più di lui forse, ma un primo accenno di rughe aleggiava sopra le sue sopracciglia. Per qualche ragione appariva estremamente stanco.

“Ciao Boss!” cinguettò Sehun, prendendo scompostamente posto su una delle panche. “Questo è il nostro uomo.”

“Uomo…? Chiamalo uomo…a me sembra poco più che un bambino.” Il nuovo arrivato si premette due dita sull’attaccatura del naso, chiudendo per un momento gli occhi, quasi deluso. “Tutto questo è ridicolo…” borbottò quindi sottovoce, per poi afferrare una sedia, posizionarla davanti a Baekhyun e sedercisi sopra.

“Che cos’hai da dirmi?” domandò con tono rassegnato e spiccio, mentre Jongin si sedeva accanto a Sehun, altrettanto scompostamente.
Baekhyun esitò, non sicuro di che cosa volessero sapere. “Io…non lo so?” balbettò infine, stupito dalla propria patetica sincerità.

“Mi chiamo Kim Junmyeon, diciamo che sono grossomodo a capo dell’organizzazione.” Esordì nuovamente l’uomo; aveva una voce gentile.

“Proverò ad essere breve: il nostro sistema non si coalizza con nessuno. Non con la mafia, non con lo stato, non con la polizia. Niente legami, niente raggiri, in nessun caso. Ci pagano e noi lavoriamo con discrezione. Stop. La reputazione che abbiamo e che inibisce qualsiasi tipo di ritorsione la dobbiamo al lavoro che i miei ragazzi ed io abbiamo portato avanti nel corso degli anni e, prima di noi, mio padre…I nostri padri. Sappiamo con certezza che fino a poco tempo fa nessuno si sarebbe azzardato a punzecchiare il sistema EXO. Ora le cose stanno cambiando, e non sappiamo perché o per volere di chi. Ma lo scopriremo, ed estingueremo il problema così velocemente come è insorto. Più che dirti di lasciar perdere, qualunque sia il motivo che ti ha portato qui…cos’altro posso fare?”

“Ucciderlo!” gracchiò Sehun, intento a rosicchiarsi un’unghia. Baekhyun s’irrigidì sulla sedia.

Kim Junmyeon alzò gli occhi al cielo. “Vedi? È soprattutto questo che ci garantisce la nostra reputazione. Facciamo il lavoro che va fatto. Non concediamo compassione a chi si mette tra di noi e l’obiettivo per cui ci ingaggiano. Non concederemo compassione a te.” L’uomo aggrottò le sopracciglia, le piccole rughe sulla sua fronte si fecero improvvisamente dei solchi profondi.

“Mi dispiace.” Sussurrò con un tono sorprendentemente affranto. Poi si alzò con lentezza, come se ogni movimento gli costasse dolore.

“Aspetta!” Esclamò di getto Baekhyun. “Ehm- aspetti?” si corresse in fretta, cosciente di star camminando su cocci di vetro.

“Non so come chiederlo in modo appropriato ma…Prendetemi con voi. Vi supplico.” Baekhyun trattenne il respiro; si rendeva conto di suonare ridicolo, ma aveva come la sensazione che da qualche parte ci fosse uno spiraglio aperto per lui. Sapeva qual era la fama dell’EXO, così come lo sapeva tutta Seoul, ma da vicino ogni cosa sembrava più umana e meno macchinosa.

Junmyeon arricciò il naso, a metà tra l’incerto e l’infastidito. “Perché dovremmo? Cos’hai da offrirci?” Mormorò, passandosi una mano sulla nuca, con l’aria di uno che si sta trattenendo oltre il tempo che si era concesso.

“Per cominciare sono cintura nera di hapkido. So maneggiare un’arma perché volevo entrare in accademia e- “ Junmyeon lo interruppe con un gesto. “Abbiamo fin troppa dimestichezza con le armi qui, ragazzo. Un’arte marziale ci manca ma non è questo il punto. Come facciamo a fidarci?”

“Datemi una possibilità!”

“Hai detto che hai provato ad entrare in accademia. Ciò significa che cosa? Che volevi diventare un militare?”

Baekhyun annuì, incerto.

“L’esercito è forse l’ultima speranza per chi crede nella giustizia in questo mondo, benché abbia un’autorità al limite del ridicolo. Cos’è successo? Hai avuto un calo di coscienza e da ufficiale hai deciso di diventare un sicario? O uno strozzino? A dir poco curioso…”

Junmyeon attraversò la stanza lentamente, le mani giunte dietro la schiena. “Sai cosa penso?” Disse infine, a mezza voce. “Penso che tu sia una spia. I carichi di armi ci arrivano ciclicamente da una delle dodici basi militari che delimitano Seoul. È vero, lo stato controlla l’esercito e la mafia controlla lo stato, se vogliamo metterla su un piano semplicistico, ciò significa che per quanto nobili possano essere gli animi degli aspiranti militari, non avranno mai la possibilità di riscattarsi, perché allo stato attuale delle cose l’esercito è del tutto inutile. Tuttavia, sono al corrente che la base 9 ha satelliti di pattuglie e forze autonome che vanno controcorrente e stanno cercando di costruire un’opposizione ribelle. Io, penso che tu venga lì e sia un infiltrato. Non che ci fossero dubbi in proposito…Ma se hai bisogno di sentirtelo dire…”

Junmyeon si fermò di fronte a Baekhyun, guardandolo negli occhi, e Baekhyun si costrinse a sostenere il suo sguardo.

“Non è così. Posso provarlo.” Mentì.

“Oh, lo so. Per questo ti do la possibilità di farlo.” Junmyeon si voltò e fece un cenno a Sehun; il ragazzo emise un fischio eccitato e si affrettò verso l’uscita, scomparendo per qualche minuto, prima di tornare reggendo con riverenza un cofanetto di legno intarsiato. Junmyeon prese il cofanetto dalle mani del ragazzo, posandolo con attenzione di fronte a Baekhyun, per poi sollevarne il coperchio ed appoggiarsi con i palmi ai lati di esso.

“Questa, è la Glock 19 del nostro sicario migliore, Chanyeol.” disse, “Nessun’arma, qui dentro, ha strappato più vite. Voglio che tu la prenda, e che la usi per uccidere il primo ufficiale della base militare 9. Solo allora, considereremo onorate le nostre tradizioni, e avrai la nostra fiducia e lealtà.”


____


Baekhyun cercava di riflettere velocemente, ma più si sforzava di farlo più gli sembrava di entrare in uno stato confusionale senza via d’uscita. Sehun e Jongin lo avevano riportato nella sua cella dopo averlo perquisito; come previsto non avevano trovato nulla, e questo sembrava aver allentato leggermente la tensione tra di loro. Dopotutto non era nella posizione di nuocere a nessuno: era solo, disarmato e circondato da potenziali nemici che non si sarebbero fatti scrupoli a farlo fuori al minimo accenno di ritorsione.

Aveva accettato la proposta di Junmyeon. Il solo ricordo della propria voce che pronunciava quel “” di Giuda lo faceva rabbrividire, ma neppure con il senno di poi riusciva a trovare un’alternativa migliore. Naturalmente non aveva alcuna intenzione di andare a fondo in quella prova folle, ma fingere di volerlo fare gli forniva del tempo, perché avrebbe dovuto aspettare il ritorno di Chanyeol - incaricato di sovrintendere all’atto di fedeltà-, e il tempo era prezioso.
Non aveva idea di come sarebbe riuscito a sgusciare via dalla spiacevole piega che avevano preso gli eventi, soprattutto perché, come gli aveva spiegato Junmyeon, l’omicidio sarebbe stato pianificato esattamente come quello di un sicario, e portato dunque a termine a distanza e di nascosto. Nessuna irruzione, nessuna imboscata, nessuno scontro ravvicinato, e quindi, aveva dedotto Baekhyun, nessuna possibilità di cambiare schieramento e trovare rifugio all’interno della base. Avrebbe dovuto pensare ad un altro modo per sottrarsi a quella follia e, soprattutto, doveva affrettarsi ad avvertire la base, in particolare Changmin, l’ufficiale che la sovrintendeva.

Conosceva bene Changmin: non era stato solo suo superiore durante i mesi di servizio volontario che aveva prestato in attesa delle pre-selezioni per l’accademia militare. Changmin era suo mentore e suo amico, la persona col più spiccato senso di giustizia che avesse mai conosciuto, e questo bastava ad assicurargli tutta la sua lealtà.

Per quanto gli dolesse ammetterlo, Junmyeon aveva visto giusto. E come esserne sorpresi? Dio solo sapeva dove erano capaci di arrivare le spire dell’EXO. Probabilmente avevano informatori ed infiltrati in ogni angolo di Seoul, e forse anche fuori. Eppure il Prisma sembrava sempre così vuoto e silenzioso, in un certo senso persino scarno di personale.

Baekhyun si alzò di scatto, colto da un conato improvviso. Riuscì a malapena a raggiungere l’angolo più vicino della cella, prima di vomitare tutto ciò che gli era rimasto dell’ultimo pasto fatto. Si pulì la bocca con la manica e fece un paio di respiri profondi, prima di tornare a sedersi, passandosi le mani sul viso.
Per la prima volta era grato di trovarsi completamente solo ed isolato in quella cella; non voleva che qualcuno assistesse alla crisi di nervi che stava avendo, consapevole che sarebbe potuto sembrare sospetto. Tuttavia, dopo ore passate da solo seduto sul marmo freddo con le viscere attanagliate dai crampi, dovette riconsiderare la sua posizione, e quando Sehun si fece vivo, si sorprese quasi felice di vederlo.
Sehun gli spiegò che gli veniva concesso di andare al bagno una volta ogni sei ore, e lo istruì sugli orari e le razioni dei pasti. Era lui a scortarlo la maggior parte del tempo, e già dopo un paio di giorni non lo teneva più per il braccio come se dovesse fuggire da un momento all’altro. Sembrava molto più disposto a dargli fiducia rispetto a Junmyeon, effettivamente, e Baekhyun era ben deciso a non fargli cambiare idea.

“Come assumete gente qui?” Domandò tentativamente un giorno. Sehun lo stava accompagnando ai bagni comuni, dove finalmente avrebbe potuto farsi una doccia.

“Uh? I nostri sono in gran parte cresciuti qui…Arrivati da bambini o addirittura nati qui. Ognuno di noi ha un motivo diverso che lo ha portato al Prisma…In genere è raro che assumiamo gente.” Sehun alzò le spalle. “Avrai notato che non siamo poi così numerosi.”

Baekhyun annuì pensieroso e prese l’asciugamano che Sehun gli stava porgendo. Se le cose stavano così tutto era più chiaro. La fedeltà di un bambino è duttile, molto più facile da forgiare rispetto a quella di un adulto.
Si spogliò frettolosamente, cercando di ignorare gli spifferi gelidi, e si infilò in una delle docce, accendendo l’acqua e rabbrividendo violentemente per tutto il tempo che questa impiegò a raggiungere una temperatura sufficientemente calda. Solo allora chiuse gli occhi e permise alle proprie membra rigide di rilassarsi, ma venne interrotto quasi subito dal bussare insistente di Sehun all’anta che separava la doccia dal resto dell’ambiente.

“Senti, ho una faccenda da sbrigare. Quando hai finito aspettami all’ingresso dei bagni, d’accordo?” lo sentì dire in modo concitato, prima di udire i suoi passi allontanarsi.
Baekhyun frullò le palpebre confuso, incapace di interpretare la situazione. Era forse una specie di prova, o Sehun lo aveva appena lasciato solo e potenzialmente libero perché credeva davvero nella sua lealtà e buone intenzioni? Effettivamente, si ripetè Baekhyun per l’ennesima volta, Sehun aveva tutte le ragioni per dargli almeno un po’ di fiducia. Solo uno stupido si sarebbe andato ad infilare in un guaio così grosso, seguendo un piano tanto fallace.

Baekhyun prese un profondo respiro, prima di sgusciare fuori dal cubicolo, avvolgendo goffamente l’asciugamano attorno al proprio corpo grondante. Si guardò intorno un paio di volte per assicurarsi di essere davvero solo, e poi sgattaiolò fuori dai bagni.
Fu relativamente semplice ritrovare il corridoio bianco lungo il quale erano disposte le celle, dal momento che i bagni erano in una delle traverse. Baekhyun ripercorse a ritroso la strada, fino a che la cuccia del golden-retriever non fu in vista. A quel punto iniziò a correre come un forsennato, raggiungendo la cuccia ed il suo proprietario in pochi secondi ed iniziando a frugare tra stracci e matasse di pelo con le mani che gli tremavano per il timore di essere sorpreso.
Ringraziando che il cane fosse abbastanza anziano da non capire che cosa stava succedendo, Baekhyun impugnò trionfante le cimici che aveva lasciato cadere pochi giorni prima, o meglio, l’unica che il golden-retriever avesse avuto la premura di non masticare.
Dopodiché si alzò e, seguito dallo sguardo interrogativo dell’animale, ripercorse il corridoio, svoltando a sinistra dopo una ventina di metri, e concedendosi un sospiro tremante solo quando fu di nuovo al sicuro all’interno dell’ambiente umido e vaporoso dei bagni.

L’operazione doveva essere durata sì e no cinque minuti, per questo Baekhyun per poco non si mise ad urlare quando si rese conto di non essere solo.
Un uomo era fermo di fronte ad uno degli specchi disposti sulla parete perpendicolare alle docce. Aveva addosso una giacca di pelle nera, una sola delle maniche infilata, e al di sotto di essa la pelle abbronzata era cosparsa di sangue rappreso, che l’uomo stava accuratamente cercando di rimuovere con un asciugamano ormai completamente cremisi.
Baekhyun trattenne bruscamente il respiro, mentre il cuore, già provato dalla recente tensione, prendeva a martellargli in petto con tanta veemenza da far male. Naturalmente la sua presenza non passò inosservata.
L’uomo si voltò lentamente, lo inchiodò al muro con due occhi cerchiati e cupi come l’abisso più torbido. Aveva i capelli umidi e intaccolati di solo Dio sa che cosa incollati alla fronte, ed il labbro spaccato e gonfio. Lo osservò per un momento, poi tornò a voltarsi, optando per scrutarlo attraverso lo specchio, senza scomporsi.

“Non volevo spaventarti.” Disse pacato, con una voce profonda tanto quanto i suoi occhi. “Non ci viene mai nessuno nei bagni delle segrete.”

Baekhyun rimase in silenzio, prendendo invece a strisciare lungo la parete, cercando di raggiungere la porta senza che le ginocchia gli cedessero. “Ti prego non uccidermi…” Esalò con un filo di voce; il ragazzo si voltò nuovamente, e questa volta avanzò di qualche passo, guardandolo sorpreso quando Baekhyun strizzò gli occhi e protese le braccia in avanti, come a volersi proteggere.

“Perché dovrei ucciderti?” Domandò confuso.

Fu allora che Sehun spalancò la porta del bagno, al suono di un entusiastico “Ecco dov’eri!”, sbattendo con altrettanto -ignaro- entusiasmo l’anta in faccia a Baekhyun, che pregò non si stesse riferendo a lui, mentre si accasciava sconfitto lungo la parete, stringendo la cimice appena recuperata nel pugno.

Seguì un crepitio di passi ed esclamazioni, ed un dialogo di cui Baekhyun serbò un ricordo quasi surreale.

“Merda! Ho ammazzato il prigioniero!”

“Da quando facciamo prigionieri?”

“Stai zitto Chanyeol! Aiutami ad alzare questo sacco di patate.”

“Credo di averlo traumatizzato già abbastanza in realtà…E in più devo vedere Junmyeon. Pensaci tu.”


Baekhyun riaprì gli occhi pochi minuti dopo, con la fronte che pulsava. Era mezzo nudo e steso sul pavimento, Sehun gli stava schiaffeggiando la faccia.

“Ma che fai…smettila.” Borbottò con tono lamentoso. Sehun si fermò e Baekhyun strizzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco l’ambiente circostante. Si trovavano ancora nei bagni. Si alzò di scatto, e il movimento brusco gli provocò un’esplosione di dolore alla testa, ma nulla fu paragonabile al sollievo del sentire ancora salda la presa sulla cimice.

“Sto bene…” Mormorò, inginocchiandosi ed alzandosi lentamente. “Sto bene.” Ripetè, più per cercare di convincere se stesso che per altro.

“Per fortuna bello, immagino che se iniziassi a uccidere la gente per sbaglio dovrei chiamarla deformazione professionale, e non sarebbe divertente.”
Sehun si alzò e gli fece cenno di vestirsi.

“Ti aspetto qui fuori, non metterci troppo.”


____

 

A una settimana dall’inizio della sua prigionia, Baekhyun era quasi del tutto stato sollevato dal confinamento nella sua celletta. Il settore delle segrete era piuttosto isolato dal resto del complesso, e né Sehun né Jongin avevano abbastanza tempo libero per fargli da carceriere personale. A volte Minseok si occupava di scortarlo o di portargli i pasti, ma alla fine si era convenuto che Baekhyun potesse andare in giro da solo, in quanto inoffensivo ed impossibilitato a fuggire. Dal canto suo, Baekhyun si guardava bene dal fare passi falsi. Si rendeva conto di camminare in precario equilibrio su un filo teso, ed era giunto alla conclusione che tentare qualche tipo di azione offensiva o difensiva mentre si trovava ancora all’interno del Prisma significava morire lì dentro. Per questo motivo aveva tenuto un profilo basso e docile, concentrando ogni suo sforzo nel mascherare il terrore e l’agitazione che lo consumavano dal terrificante incontro avvenuto nei bagni. Terrore che cercava di celare tanto agli altri quanto a se stesso.

Non passava giorno in cui, nello svegliarsi, non tornasse col pensiero a quella visione surreale; lo stomaco gli si chiudeva, la vista gli si annebbiava, e non poteva fare a meno di pensare che se davvero quell’uomo era Chanyeol, colui che lo avrebbe affiancato nella missione che Junmyeon gli aveva affidato in cambio di protezione, allora poteva considerarsi già morto.


Natale si avvicinava e il giorno in cui si era introdotto in quel luogo gli sembrava lontano anni luce. Baekhyun riusciva a stento a mangiare, e quando si lavava non poteva fare a meno di notare quanto le costole iniziassero ad essere sporgenti.
Da qualche giorno gli avevano concesso l’ingresso a quella che veniva considerata una sorta di area comune, in cui il flusso di gente era più massiccio e Baekhyun poteva considerarsi più o meno “tenuto d’occhio”. Paradossalmente era una ambiente piuttosto confortevole. Baekhyun, di solito, sedeva in un angolo che tendeva a restare in penombra, vicino alla finestra che dava sul torrente sotterraneo. Cercava di passare inosservato e trascorreva il suo tempo a leggere. Aveva scoperto, non senza una buona dose di stupore, che in quel luogo c’era addirittura una vera e propria biblioteca. L’area era estremamente ampia, ma allo stesso tempo dispersiva. Rendeva facile passare inosservati, e il costante brusio di sottofondo era in qualche modo di conforto. A volte riusciva persino a dimenticare di essere circondato da assassini.

Era un sabato mattina, il 17 dicembre per la precisione. Baekhyun fu sorpreso nel trovare l’area comune pressoché vuota. Nel camino crepitava un debole fuocherello, l’unico rumore che, in assenza del consueto vociare, veniva facilmente inghiottito dal soffitto a volta.
Chino su un cumulo di scatoloni di fronte a quello che aveva tutta l’aria di essere un albero di Natale ancora spoglio, c’era un ragazzo, solo. Non gli sembrava di averlo mai visto in giro: sembrava piuttosto alto, allampanato anche, ma con delle spalle possenti. Indossava un maglione rosso e, quando si raddrizzò, Baekhyun sorrise nel notare che portava in testa un cerchietto natalizio con delle corna da renna adorne di campanellini.
Baekhyun s’immobilizzò sul posto, incerto sul da farsi. Non era ancora abituato alle surreali scene domestiche in cui gli capitava di imbattersi (tra cui annoverare Sehun che urlava dal bagno perché aveva finito la carta igienica). Dopotutto sono pur sempre esseri umani, pensò Baekhyun, chiudendosi la porta alle spalle. Il ragazzo col cerchietto natalizio sussultò, voltandosi sorpreso.
A Baekhyun per poco non venne un colpo. Era Chanyeol.

“Oh! Ciao!” esclamò quest'ultimo con un sorriso, facendo goffamente cadere alcune delle decorazioni che aveva appena estratto da una delle scatole. “Non hai visto l’avviso affisso sulla porta? Area in allestimento! Ma non è imperativo, puoi restare se vuoi…”

“Deve essermi sfuggito…” Baekhyun si umettò le labbra, torturandosi le dita e cercando disperatamente di bloccare i flash raccapriccianti del loro primo incontro.

Il ragazzo lasciò perdere le decorazioni e si diresse verso Baekhyun, mentre i campanelli attaccati alle corna da renna tintinnavano selvaggiamente. Tesa una mano verso l’altro gli sorrise, un sorriso ampio e tutto denti, niente a che vedere con l’espressione tetra di qualche giorno prima.

“Molto piacere, sono Park Chanyeol!”.

   
 
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