Traccia 5
26 Dicembre
Dogs days are over – 3.45
Helders si sedette di fonte a me. Le
mani intrecciate sul tavolo.
-Lo sai perché sono qui?-
“Happiness, hit her like a train on a track
Coming towards her, stuck still no turning back
She hid around corners and she hid under beds”
-No-
risposi beffarda.
Helders sbuffò. Aveva capito che non sarebbe stato facile convincermi. Lo avevo
evitato fino a che avevo potuto, ma questa volta mi aveva fregato.
“She killed it with kisses and from it she fled
With every bubble she sank with a drink
And washed it away down the kitchen sink”
-Lyla. Questo, non è sano. Per nessuno dei due-
-A te cosa importa?- No. Non sarei caduta senza combattere. Non avrei permesso
a nessuno di rubarmi l’unica cosa bella che mi è capitata in questa vita
ingrata.
-Vi state facendo del male-
“Happiness hit her like a bullet in the back
Struck from a great height
By someone who should know better than that”
Mi alzai e andai verso la porta. La aprì e feci
cenno con la testa perché Helders se ne andasse. Matt si alzò sconsolato,
mentre io mi accesi una sigaretta. Si fermò davanti a me e mi guardò dritto
negli occhi. –Ha bisogno di te- sentenziò.
Lo investì con una folata di fumo –Che me lo venga a dire-
“The dog days are over
The dog days are done”
Dovetti farmi spazio tra la calca per raggiungere il bar e
venni letteralmente buttata contro il bancone. River, il barista, con
un'occhiata capì che necessitavo ardentemente di alcool.
-Tutto bene Lyl?- domandò passandomi uno shortino di tequila seguito dal del
sale e una fetta di lime.
Inghiotti il contenuto del bicchiere e lo sbattei violentemente sul bancone -Te
lo dico dopo un paio di questi- risposi.
Quella sera il Viper era pieno e visto che avrei dovuto suonare nel giro di
quarantacinque minuti sarei dovuta essere felice, ma la mia latente misantropia
e l'umore pessimo non aiutavano.
River mi servì subito, guadagnandosi delle occhiatacce da parte di altri
clienti che probabilmente stavano aspettando di essere serviti da molto prima
di me. -Non avrai l'ansia da palcoscenico- scherzò facendo l'occhiolino in
direzione di una ragazza che si sciolse sul bancone.
Tipico.
River e Liam facevano a gara quando si parlava di ragazze e anche se io,
personalmente, preferivo Liam, sembrava che River fosse in vantaggio quella
sera.
Saranno stati gli occhi azzurri, il fisico scolpito e i folti capelli biondi,
eh?
-Lyl!- tornai in me e feci uno scatto indietro spaventata dalla mano che River
mi stava sventolando davanti alla faccia -C'è troppa gente stasera- disse
indicando con un cenno del capo verso la calca di persone che si spingevano sul
bancone per attirare la sua attenzione -vieni dietro e serviti da sola-
Scavalcai il mobile di legno appiccicoso e dopo essermi servita un
Vodka&Lemon decisi di dare una mano a River, tanto per far passare il tempo
e tenermi occupata.
O meglio, dovevo tenere la mia mente occupata.
E nascondermi da Liam.
Era dalla mattina che lo evitavo. Non avevo voglia di rispondere alle sue
domande, di spiegargli perchè non avevo fatto nessuna foto e non avevo
intenzione di dirgli che c'era la possibilità che io e Turner ci rivedessimo.
Non avevo voglia di fare niente, volevo essere lasciata da sola a pensare,
ecco. L'uscita del giorno prima mi aveva stremata. Non fisicamente, ovvio, ma
mentalmente. Tenere il passo della mente di Turner era come correre dietro ad
un motociclista. Continuavo a ripassare i nostri discorsi, mi chiedevo se
avessi detto qualcosa di strano, se ero sembrata una sciocca... continuavo a
pensare a lui, insomma.
L'euforia del dopo appuntamento mi aveva tenuto compagnia
per tutta la notte, ma poi quando la mia mente parve superare la sbronza da
Alex Turner, avevo cominciato a chiedermi se davvero ci saremmo rivisti. Sì, mi
aveva detto che gli sarebbe piaciuto sentirmi cantare e io gli avevo parlato
del Viper, ma questo non significava niente, no? Ero di cattivo umore perchè
una parte di me sperava di vederlo comparire in mezzo a quelle persone. Mi ero
anche immaginata la scena: io cantavo sul palco, all'improvviso un guizzo di
sigaretta ed eccolo lì. Nel centro esatto della sala che mi guardava con quel
suo sorriso da lupo.
Odiavo quella sensazione, quella speranza. Non volevo crearmi delle
aspettative, ma il problema delle aspettative è proprio quello. Loro si creano
da sole, che tu lo voglia o no.
-River!- La voce di Liam si distinse da quelle concitate dei clienti e
nonostante non l'avessi visto, istintivamente mi abbassai dietro al bancone.
No, proprio no. Non potevo evitare di sperare di vedere Turner, ma potevo
evitare Liam e quello era già un buon inizio.
-Liam! non sarai venuto a rubarmi la compagnia spero- Non vidi a chi River si
stesse riferendo, ma sentii chiaramente una risatina femminile.
Roteai gli occhi al cielo.
-Ah, ah. Senti... hai visto Lyla?- Trattenni il respiro e diedi un colpo al
polpaccio di River. Il barista si guardò intorno.
-Direi proprio di no, mate-
-Se la vedi mandala da me, okay?-
-Sarà fatto!- River si esibì in uno strano saluto militare, mettendo in mostra
il suo bicipite scolpito. Giuro su Dio di aver sentito delle ragazze sospirare.
Feci per rialzarmi, ma River mi mise una mano in testa e mi spinse giù di
nuovo.
-River, per quella cosa...-
-Adesso sono impegnato, mate-
-Capisco...-
-Ci troviamo alla fine del vostro spettacolo, che ne dici... riesci a
resistere?-
-Ci proverò-
La mano che prima mi aveva spinta ora mi stava aiutando ad alzarmi.
-Me ne devi una- m'informò River mentre preparava un cocktail.
-Ah sì?-
-Certo! Ho dovuto mentire ad un mio amico... e lo sai quanto io detesti mentire-
-Ma se sei un bugiardo patentato!- sbottai dandogli una gomitata giocosa sul
braccio. Lanciai un'occhiata sul palco e vidi Charlie intento a sistemare la
batteria: tra poco toccava a noi.
Feci per andarmene, ma tornai sui miei passi -Cos'è quella cosa di cui parlava
Liam?- chiesi. Non sono mai stata un'impicciona. Ho sempre pensato che se
qualcuno volesse dirmi qualcosa lo avrebbe fatto, ma quel parlare criptico del
mio chitarrista mi aveva incuriosita.
A cosa doveva resistere?
-Sei ancora troppo giovane, Lyl- sbuffai rumorosamente e River mi sorrise.
-Ho capito- dissi alzando le mani al cielo -tu e Liam fate tanto i playboy, ma
in realtà ve la intendete, non è così?-
Un brusio ed una serie di sguardi allarmati accompagnò la mia uscita mentre
River cercava di convincere le sue numerose ammiratrici, che no, non era gay e
che si, tra poco finiva il suo turno.
I fari del palco mi accecarono completamente. Non vidi
altro che una massa nera e deforme al posto di quello che doveva essere il pubblico.
La tequila in circolo stava facendo il suo lavoro, cantavo, ma soprattutto non
pensavo a niente. Le parole uscivano in automatico, tanta era la forza
dell'adrenalina che mi stava facendo esibire. Non ricordo le mezze frasi che
dissi tra una canzone e l'altra. Quando mi esibisco la mia testa si spegne e
regredisce ad uno stato primordiale. La mente fa ragionamenti semplici e c'è
spazio per una sola emozione alla volta: quella della canzone.
Con un salto scesi dal palco. Nonostante la mia mente fosse troppo concentrata
per fermarsi a pensare i miei occhi non avevano altrettanti impegni ed avevano
vagato per tutta la sala alla ricerca di lui.
Sorrisi amara e mi morsi l'interno della guancia. Che stupida ragazzina ero!
Che cosa mi aspettavo poi? Che si presentasse al Viper con un anello e mi
portasse via sulla sua costosissima macchina nera?
Feci un cenno a River che ora era molto meno indaffarato di prima, e mi presi
una birra dal frigo del bar.
Cazzo.
Solo quando cantavo non pensavo a quel coglione di Turner, ma per certo non
potevo cantare tutta sera e per i giorni a venire. Quello stronzo mi aveva
fregato per bene.
-Faccio venti minuti di fila per un drink e poi arrivi tu ti prendi la birra
come se niente fosse.-
Per poco non mi strozzai.
Era lì. Davanti a me. Col suo sorriso sornione e la faccia da sberle. Sentì un
forte calore diffondersi nel petto. Come se una bomba mi fosse scoppiata sullo
sterno e l'onda d'urto si fosse diffusa per tutto il corpo facendosi terra
bruciata intorno.
Mi imposi di non fargli intendere quello che mi stava facendo la sua sola
presenza.
-Cos'hai preso?- domandai cercando di guardare dentro il suo bicchiere. Turner
avvicinò il cocktail alla mia bocca e mi fissò negli occhi sfidandomi.
Sorrisi.
Avvolsi la cannuccia con le labbra e presi un sorso senza mai staccare gli
occhi dai suoi.
La sua espressione era un misto tra il compiaciuto e l'affamato. Porco.
-Gin&Tonic- mi informò -lo prendo quando ho bisogno di sentirmi.... Supersonic-
Deglutii e storsi il naso -Troppo amaro per me-
-Non sarai una da beveroni colorati e pezzi di frutta-
-È un vizio di tutte le donne-
-Non tuo-
-Perchè... non sono una donna?-
-Perchè non sei tutte-
-Ne sei sicuro?-
-Non sarei qui, altrimenti-
Abbassai lo sguardo. Come faceva ad usare sempre le parole giuste non lo
sapevo, ma Turner poteva dire la cosa più banale nel migliore dei modi oppure
la cosa più dolce nel peggiore. Quando parlavo con lui mi sentivo come se
stessi duellando con un cavaliere. Le nostre voci due spade e le nostre frasi i
fendenti. Eppure, ogni volta che Turner arrivava sul punto di scagliarmi il
colpo finale si bloccava mi dava il tempo di reagire e ricominciavamo da capo.
Non voleva far finire il suo giochetto.
-Bè... neanche tu mi sembri tipo da Gin&Tonic- sussurrai con un cenno al
bicchiere. Turner sollevò un sopracciglio incuriosito così continuai. -Non è
abbastanza tormentato come drink-
-Cosa intendi?-
Mi avvicinai a lui e gli poggiai una mano sul collo per far sì che abbassasse
la testa verso di me. Gli accarezzai il collo col naso e parlai soffiandogli
sul lobo dell'orecchio -Ti vedo seduto al bancone con lo sguardo perso, una
bottiglia di whiskey di fianco, mentre giocherelli col ghiaccio dentro al
bicchiere vuoto-
-Come un eroe romantico- commentò
-Romantico sì, sull'eroe c'è da vedere-
Si allontanò da me e mi sorrise tenendo gli occhi fissi nei miei. Era una cosa
che faceva sempre, quell'insistente contatto visivo, come a volermi ipnotizzare.
Sembrava fossero due ancore che mi tenevano legata a lui, costantemente.
Espirai rumorosamente, da quanto tempo ci stavamo guardando negli occhi senza
dire niente? Mi ricordai di dov'eravamo: al Viper. Mi ricordai che aveva
mantenuto la sua promessa di venire e mi riempii di orgoglio. Il motivo per il
quale Alex Turner si era interessato a me rimaneva un mistero, ma lui voleva me
ed era questo che mi importava.
Presi un sorso dalla mia birra e mi crogiolai al pensiero. Feci il giro del
bancone per trovarmi faccia a faccia col mio splendido tormento.
-Alla fine sei venuto- dissi squadrandolo da capo a piedi. Era vestito come al
solito: jeans, maglia nera e giacca di pelle. Niente di particolare, anzi metà
dei ragazzi all'interno del locale erano vestiti come lui, nonostante questo,
Turner risaltava. Credo fosse una questione di aura. Si portava dietro il
tormento del cantautore, gli occhi scuri sempre attenti, profondi e neri come
la sua anima.
-Questo non l'avevamo appurato cinque minuti fa?- domandò.
-Facciamo del sarcasmo, vedo- Infilò una mano nei miei capelli e segui con lo
sguardò mentre questa scompariva nella massa nera. Istintivamente mi avvicinai
a lui e strinsi i lembi della sua giacca tra le mani.
-Da quanto sei qui?-
-Se vuoi sapere se ti ho sentita cantare, chiedimelo-
Deglutii a vuoto. Il suo tono era brusco, ma non volutamente offensivo.
Sembrava sovrappensiero. Continuava a guardarmi il viso, ogni sfumatura nei
miei occhi veniva catturata dai suoi. Mi sentivo studiata, anzi.... Ammirata.
Turner aveva forse l'intenzione di imparare a memoria il mio viso?
-Mi hai sentita cantare?- la voce mi uscì sommessa e piccola. La sua
espressione assorta cambiò subito e mi guardò come si guardano delle belle
rose.
-Si-
-E?-
-Vale così tanto la mia opinione?- alzai un sopracciglio senza capire.
-Sei un cantate famoso- gli ricordai.
-Solo per quello?-
Alzai le mani in segno di resa -Sarò anche un po' ubriaca, ma stasera sei
indecifrabile, Turner-
Lui scoppiò in una risata infantile e mi prese entrambi i polsi portandosi le
mie mani intorno al collo. Sorrideva ancora quando con la bocca a pochi
centimetri dalla mia e la testa inclinata mi parlò.
-Andiamo in un posto meno.... affollato?- soffiò guardandomi le labbra come se
volesse morderle.
Sentii chiaramente il mio cuore accelerare ed annui visto che ero incapace di
parlare.
Guardavo lui, ma lui non guardava me. Fissava la mia bocca, sembrava indeciso.
Avevo lo sguardo di chi sarebbe stato pronto a strapparmele a morsi, ma le sue
mani sui mie fianchi erano così delicati da farmi credere che si, mi avrebbe
mangiato, ma di baci.
-Quindi? Sei
tu quella autoctona- mi disse dandomi un buffetto sul naso.
Scossi la
testa, riprendendomi dalla trance entro cui ero caduta.
-Di qua- gli
presi la mano e me lo portai dietro. Ancora non mi capacitavo di come nessuno
si fosse accorto della sua presenza, ma in fin dei conti, il locale era pieno
zeppo di gente, per lo più ubriaca, ed essendo lui diventato una specie di
icona della moda, tutti i ragazzi del Viper avevano il suo stesso taglio di
capelli, i suoi vestiti, insomma; quasi tutti volevano essere lui.
Certo, loro
non avevano quella mano sottile e calda che stavo stringendo ora. Quella mano
che emanava scariche elettrice. Turner era un mondo ed io il suo satellite, la
forza che mi attraeva a lui era troppo forte per resistervi.
Trascinai Alex sul retro, essere una musicista a volte ha i
suoi vantaggi. Avevo intenzione di uscire per la porticina subito dietro al
palco, quella da dove entravano le band. La porta dava su un piccolo viottolo
poco illuminato, utilissimo quando si doveva fuggire dai fan più “calorosi”.
L’unica pecca, era che per raggiungere quella porta, dovevamo passare per il
camerino. Ovviamente, stavo pregando ogni divinità esistente perché Liam non
fosse nei paraggi.
Spalancai la porta del camerino –Dove hai parcheggiato?- domandai entrando, ma
con la testa voltata verso Turner.
Capì subito che qualcosa non andava, quando lo vidi irrigidirsi. Si bloccò
sull’entrata e guardava fisso davanti a sé. Una morsa di nervosismo mi chiuse
lo stomaco e mi girai per seguire il suo sguardo.
Non l’avessi mai fatto.
Vidi River, Liam e la sua rossa seduti
attorno ad un tavolo nero. Candace era ancora china sulla superficie piana e
nera del mobile, mentre i due uomini erano accasciati sulle sedie, come se le
loro spine dorsali fossero state di carta. La superficie scura del tavolino
rendeva tutto ancora più ovvio.
Dopotutto, il bianco risalta sul nero.
-Liam!- strillai, ma non avevo voce. Il trio scattò sull’attenti, ma erano
troppo fatti per reagire normalmente. Candace scoppio a ridere, seguita a ruota
da Liam. River invece mi corse incontro inciampando. Lo guardai con la stessa
compassione con cui si guarda un animale ferito
-Lyl, vieni! Ce n’è anche per te!-
-Cosa state facendo Liam?- Domandai incredula.
-E dire che ti facevo più intelligente- Rimasi senza parole. Nel frattempo
River mi aveva raggiunto e mi stava abbracciando.
-È tutto okay, Lyla. Solo un piccolo sfogo, niente di serio- il biondo mi
carezzava i capelli come si farebbe con una bimba che aveva appena avuto un
incubo. Mi staccai da lui come se stesse andando a fuoco. Feci due passi
indietro e andai a sbattere contro Turner, che non si era ancora mosso.
Mi girai di scatto verso di lui, gli occhi ormai pieni di lacrime che non
volevo, non potevo far uscire.
-Alex...- mormorai.
Turner mi prese la mano e partì diretto per la porta.
River intanto stava accampando scuse su scuse, ma non lo stavo a sentire.
-Basta frignare Lyla! Questo è il mondo dell’arte, devi accettarlo. Questa è la
vita vera!-
Probabilmente l’arringa di Liam sarebbe andata avanti ancora per molto, non
fosse che Turner aveva sbattuto la porta e ora mi stava trascinando per il
viottolo sul retro del locale.
Nessuno dei due disse nulla fino a quando non arrivammo davanti alla sua
macchina. Mi fece salire e guidò fino a casa mia senza nemmeno chiedermi
l’indirizzo. Probabilmente se l’era fatto dare dal suo autista.
Mi resi conto di essere a casa, solo per Turner, che era sceso e aveva fatto il
giro della macchina, mi aveva aperto la portiera e aspettava.
Lo guardai e scesi dalla macchina. Riconobbi la mia palazzina. Mi girai verso
di lui e all’improvviso cominciai a piangere come una bambina.
Turner fu rapido. Mi strinse in un abbraccio. Mi aggrappai alla sua giacca e
nascosi il viso contro il suo petto.
-Non piangere per chi non ha abbastanza amore nemmeno per sé stesso, bambolina-
Ora, non so dire cosa sia stato: la sua voce calda, le sue parole sagge, ma
smisi mi piangere, lo guardai negli occhi e con voce flebile dissi:
-Non lasciarmi da sola stanotte-
Ciao a tutti!
Mammamia, sono tornata, dopo 5 anni! 5 anni ci credete? Ogni
tanto questa storia mi tornava in mente e pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto
continuarla, poi mi dissuadevo e mi dicevo, ma a cosa serve, ormai è passato
tanto tempo… però oggi ho trovato il capitolo che avevo preparato nel lontano
2015 e mi sono detta, sai cosa? Il capitolo c’è, gli appunti anche, so come la
storia deve procedere e finire, allora, bè, perché no?
Quindi eccomi qui! Spero di trovare ancora un posticino nelle vostre letture e
che il mio stile non sia diventato scadente dopo tanti anni di fermo!
Un saluto a tutti J