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Autore: Sognatrice Realista    27/12/2018    1 recensioni
Archìa, Plasma, Empatia.
Gli Archi guidano gli Elementi, ma c'è chi con loro si fonde – sarà solo leggenda?
«Come ti è saltato in mente?» percepì distintamente il sibilo del ragazzo, ora vicinissimo. Fece per ritrarsi, ma lui riuscì ad afferrarle il polso.
Con la mano avvolta dalle fiamme.
Lo stupore la paralizzò, mentre un’assurda sensazione di serenità l’invadeva. Non provò dolore al contatto, il fuoco non la bruciò.
Durò solo un secondo.

IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fisis'
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«Sei diversa, oggi».

Aidra alzò lo sguardo per puntarlo verso Isryl. Pensosa, inclinò la testa di lato. «Dici?»

Il ragazzo annuì. «Parli senza passione. Due giorni fa il tuo tono di voce era caldo, oggi sembri… spenta». Fece una pausa. «Si vede che hai la testa da un’altra parte».

Aidra lo fissò. Davvero era così facile da leggere? Sbuffò, nascondendo un principio di sorriso, e iniziò a giocherellare con il bordo della tunica.

«C’entra la tua sparizione di ieri?» l’incalzò ancora il biondo.

«Sì» ammise, arrendendosi. Parlarne le avrebbe fatto bene, forse; una caratteristica di Isryl che l’aveva colpita era proprio la sua capacità di ascoltare. «Si tratta di Odrik».

Lui alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa; Aidra gonfiò le guance, indispettita da quella reazione.

«Metà degli abitanti di Lytho ti guarda con occhi diversi, sussurra alle tue spalle» disse Isryl, riportando gli occhi su di lei, «eppure la cosa sembra non toccarti. Odrik è il tuo amico, giusto? Quello che ho visto al fiume». Il suo sguardo si fece curioso. «Ti turba più lui dell’ostilità di un villaggio? Forse avrei dovuto aspettarmelo».

«Non mi sono ostili» replicò Aidra, riuscendo meno convinta di quel che avrebbe voluto. Incrociò le braccia. «È solo che non capiscono».

«Non vogliono capire, piuttosto» la contraddisse asciutto Isryl. Distolse lo sguardo, puntandolo dove, oltre gli alberi, sarebbe stato possibile scorgere Lytho. «Vedono il diverso e preferiscono serrare gli occhi, invece di provare a comprenderlo. Rigettare ciò che non si conosce è molto più semplice».

Quelle parole la colpirono, ne avvertì la crudele verità. Pensò a Odrik e strinse con più forza la stoffa. «Non sono tutti così» protestò, cercando il suo sguardo.

Lui sorrise triste, staccandosi dal tronco contro cui si era poggiato tutto quel tempo. «No? Allora cosa ti preoccupa?».

«Non mi piace mentirgli».

«Non farlo».

Aidra sgranò gli occhi. Quasi le venne da ridere, mentre si chiedeva se non avesse sentito male. «Sei lo stesso Isryl di due giorni fa o lui ha un gemello e non lo sapevo?».

Isryl scosse la testa. «L’hai già gridato al mondo, perché non dirlo al tuo amico? Sinceramente, mi stupisce». Diede uno sguardo in alto. «So quanto sia brutto mentire a qualcuno di importante».

Aidra lo fissò, sorpresa da quella frase amara che aveva tutto il sapore di una confessione. Si chiese a cosa si riferisse, ma non fece in tempo a domandarlo.

«Inizia a far buio, devo tornare».

Forse non sarebbe neanche stato giusto. Annuì. «Andiamo» mormorò, avviandosi.

Dire la verità a Odrik… certo non un consiglio che si sarebbe aspettata da Isryl, ma se fosse stato così semplice l’avrebbe già fatto.

Percorsa da un brivido, si abbracciò per scaldarsi un po’. Strinse con forza gli avambracci e scosse la testa; basta, si disse. Doveva finirla di compiangersi, pensare ad altro. Recuperò la distanza guadagnata dal biondo, decisa a non farsi lasciare indietro.

~

Odrik aveva uno strano presentimento. Aveva perlustrato un po’ tutto il villaggio, in cerca di Aidra, ma c’era qualcosa di insolito – definire cosa, di preciso, non era semplice. Era stata una somma di vari, piccoli dettagli. Si era sentito osservare mentre correva a casa di Aidra, uno degli apprendisti del falegname l’aveva addirittura fermato per chiedergli dove fosse la sua amica. Non era praticamente mai successo, prima, e non poteva proprio dire d’essersi dispiaciuto nel dovergli rispondere che non lo sapeva. Era vero, ma non era certo che la risposta sarebbe stata diversa se anche non lo fosse stato.

Ad aggiungersi allo strano atteggiamento degli abitanti, che parevano tutti sul chi va là molto più del solito, aveva intravisto un’ombra aggirarsi per i vicoli intorno alla casa di Ai. Presto scomparsa dietro un angolo, era riuscito a scorgerne a stento la sagoma, ma era bastato: la mantella che indossava, d’un rosso acceso, non passava proprio inosservata. Difficilmente poteva appartenere a qualcuno di Lytho, con tutta probabilità si era trattato di un forestiero. Ma cosa faceva proprio lì?

Immobile accanto alla quercia che tanto spesso l’aveva visto giocare con Aidra, Odrik si disse che doveva trattarsi di un mercante. Chi altri poteva essere? Con tutto ciò che si era ritrovato a dover fronteggiare negli ultimi giorni stava diventando paranoico. C’era sicuramente una spiegazione logica a tutte le stranezze che credeva di aver notato quella mattina.

Fissò il grande albero, indeciso. La sera che aveva visto Aidra rientrare con Isryl, era lì che erano apparsi, aggirando il tronco. Si sporse oltre di esso e scoprì che nascondeva un sentiero. Avrebbe dovuto seguirlo? Probabilmente l’avrebbe portato dalla ragazza, ma non era certo che lei avrebbe voluto essere disturbata, a quel punto.

Si voltò, valutando se tornare indietro – come spiegarlo a sua madre? –, quando dalla strada principale sbucarono due figure. Indossavano mantelli identici a quello che aveva scorto poco prima, era impossibile non riconoscere il colore. Poco dopo, furono raggiunti da una terza figura, ammantellata proprio come loro, che uscì da una stradina laterale.

Non riusciva a togliersi dalla testa che fossero troppo appariscenti per dei mercanti. Passando sopra le sue esitazioni, si decise e imboccò il sentiero oltre la quercia. Non voleva che gli sconosciuti, chiunque fossero, lo notassero – non sapeva spiegarsi il perché, ma la loro apparizione improvvisa, unita alla strana atmosfera calata su Lytho, lo metteva a disagio.

Cercando di scrollarsi quella sensazione di dosso, si avviò alla ricerca di Aidra.

~

Un paio di passi fuori dal bosco, e Aidra scorse una figura venir loro incontro. Una che conosceva bene.

«Od?» mormorò, troppo stupita per formulare un pensiero coerente.

«Non è da solo» constatò invece Isryl, sussurrando al suo fianco. Lo vide irrigidirsi e seguì il suo sguardo: aveva ragione, oltre Odrik poteva scorgere tre figure sfocate in lontananza. Come aveva fatto a non notarle subito?

La sagoma al centro si staccò dalle altre; aveva iniziato a correre. In meno di un minuto raggiunse – e superò – Odrik, sotto gli sguardi increduli di Aidra e Isryl.

Incerta su come reagire, si voltò verso il biondo, sperando che avesse le idee più chiare delle sue. Non fece in tempo ad aprir bocca, però.

Isryl la spintonò di lato, evitandole per un soffio d’essere colpita dalla figura che, ora poteva distinguerla bene, corrispondeva a un ragazzo. Carnagione scura – non quanto quella di Odrik –, avvolto in un mantello rosso ma a capo scoperto, a colpirla maggiormente fu il suo pugno. Era circondato dal fuoco, ma non sembrava stesse bruciando. Il ragazzo non tradiva la minima traccia di dolore; la fissava emanando rabbia. Aidra deglutì, chiedendosi cos’avesse fatto per attirarsi tanto astio. Non aveva mai visto quel ragazzo in vita sua, prima di quel momento.

Recuperò il proprio equilibrio, squadrandolo circospetta. «Chi sei?» domandò. Colse Isryl alzare gli occhi al cielo, ma aveva altro a cui pensare. Non voleva battersi con uno sconosciuto senza sapere nemmeno il perché.

Vide lo sguardo del moro saettare indietro, verso i suoi compagni. Erano ancora lontani, diversamente da Odrik che li aveva infine raggiunti e fissava sconvolto la scena. Lo vide muovere la bocca, ma non colse le sue parole.

«Come ti è saltato in mente?» percepì distintamente il sibilo del ragazzo, ora vicinissimo. Fece per ritrarsi, ma lui riuscì ad afferrarle il polso.

Con la mano avvolta dalle fiamme.

Lo stupore la paralizzò, mentre un’assurda sensazione di serenità l’invadeva. Non provò dolore al contatto, il fuoco non la bruciò.

Durò solo un secondo. Lo sconosciuto le lasciò andare il braccio; la sua espressione, se possibile, si rabbuiò ulteriormente. Lo vide stringere il pugno e alzò un braccio, richiamando un po’ d’acqua, chiedendosi se avrebbe tentato nuovamente di colpirla.

Solo allora prestò attenzione alle espressioni di Isryl e Odrik, che avevano osservato tutto. Era disperazione, in quella del biondo? Il suo amico d’infanzia sembrava in stato di shock, lo sguardo puntato sul suo braccio – nel punto dove il palmo infuocato del ragazzo avrebbe dovuto imprimere un segno che, tuttavia, non c’era.

«Sei davvero tu» sentì sillabare al suo misterioso assalitore. Si era scostato di un paio di passi, le dava le spalle. «Perché… Ha!».

«Aidra, immagino?»

La mora non si voltò, decisa a non perdere di vista il moro un solo istante. Rintracciò la proprietaria della nuova voce con la coda dell’occhio: una ragazza con i capelli raccolti e un mantello identico a quello del ragazzo. Mai vista prima, anche lei – né il ragazzo al suo fianco, su cui notò lo stesso identico abbigliamento degli altri due.

«L’hai attaccata?» inquisì l’ultimo arrivato con voce severa. «Che avevi in testa, Malek?»

Aidra si ripeté mentalmente il nome. Le suonò aspro; pensò si adattasse bene al ragazzo che pareva odiarla. Questo non reagì, non si girò nemmeno verso i suoi compagni. «È lei» disse soltanto, come se quelle due parole gli costassero uno sforzo.

«Chi siete, cosa volete da lei?» intervenne Odrik. Doveva essersi un po’ ripreso dalla sorpresa, ma Aidra non voleva pensare alle spiegazioni che le avrebbe chiesto più tardi. Anche perché non ne aveva: non sapeva davvero perché il fuoco non l’avesse bruciata, non le risultava di essere ignifuga. Non a meno di mutarsi, ma non l’aveva fatto.

«Vogliamo solo parlare un po’» rispose la ragazza, facendo oscillare la lunga coda biondo cenere. «Abbiamo sentito di quel che hai fatto contro i banditi. Complimenti, non dev’essere stato semplice – oppure sì?»

Dopo un ultimo sguardo a Malek, che d’un tratto si era come spento e sembrava realmente inoffensivo, Aidra lasciò ricadere il globo d’acqua che aveva richiamato e si voltò a fronteggiare gli altri due. Isryl assisteva muto, in piedi alle sue spalle.

«No, naturalmente non è stato affatto facile» affermò. Aveva ripetuto quella stessa frase talmente tante volte in quei giorni che riuscì a suonarne davvero convinta. «È stato un lavoro di squadra, senza gli altri Arche non sarei mai riuscita».

Avvertì lo sguardo di Odrik su di sé, più bruciante di quelli dei due sconosciuti, ma non si scompose. Non poteva permetterselo. «Non mi avete ancora detto chi siete».

«Studenti di Mens». Aidra sobbalzò, non si era aspettata che fosse Isryl a rispondere. «Sembrate un po’ giovani per essere reclute».

«Ci conosci?». La bionda pronunciò la domanda con un tono divertito, genuinamente curioso. Si fece avanti. «Non sembri di qui, in effetti».

«Ho viaggiato un po’» replicò Isryl asciutto. «L’Accademia è piuttosto nota».

«L’Accademia?» ripeté Aidra, tentando di assimilare la portata dell’informazione. Mirel le aveva accennato qualcosa al riguardo.

«Già!» confermò la ragazza, fermandosi dov’era, a pochi passi dalla mora. «Ti piacerebbe unirti a noi? Il talento davvero non ti manca».

«Ai» la chiamò Odrik, avanzando a sua volta – subito imitato dal terzo studente.

«Siete venuti qui solo per questo? Reclutare un’Arche? Non vi sapevo così disperati» dichiarò Isryl, sempre immobile alle sue spalle. La frase suonò beffarda, ma Aidra pensò che fosse teso. Quei ragazzi lo preoccupavano? Certo, ragionò spiando torva verso Malek, la prima impressione non era stata proprio positiva.

Quest’ultimo si era girato nuovamente a guardarla, ora. La rabbia aveva ceduto il posto a un’espressione per lei indecifrabile. Tornò a concentrarsi sulla bionda, che aveva ripreso a parlare, continuando tuttavia a controllarlo con la coda dell’occhio.

«Non ci muoviamo certo per ogni Arche» sottolineò, ignorando la frecciata. «Ma andiamo, una cupola? Non si sente davvero tutti i giorni».

Avrebbe giurato d’aver sentito uno sbuffo provenire da Malek, a quell’uscita.

«Verrai con noi?»

~

Malek fissava combattuto la ragazza, in un misto di scoramento e irritazione. Doveva avere più o meno la sua età, ma sembrava molto più ignara. Prima, quando l’aveva testata con il suo elemento, non pareva aver compreso. Era a conoscenza della sua stessa identità, perlomeno? Probabilmente sì, valutò, visto come aveva negato le insinuazioni di Siana.

Doveva aver vissuto una vita perfettamente normale, fino a poco tempo prima. Finché non l’aveva gettata via con quell’esibizione che non riusciva a spiegarsi. Ascoltando le parole dei sorveglianti, aveva sentito montare la rabbia per quel gesto incosciente. Accecato, si era detto che era responsabile della sua sorte, si era attirata quella sciagura – che comunque non avrebbe potuto evitarlo. Era stato tentato di lasciar perdere, di piegarsi del tutto agli ordini. A cosa avrebbe giovato opporsi, in ogni caso? La ragazza si era rovinata da sé.

Eppure… non capiva. Era stata davvero solo ingenuità? Studiava la sua espressione fiera e preoccupata al tempo stesso, e veniva roso dal dubbio. La disperazione che l’aveva assalito dopo averla testata aveva spento, o quantomeno affievolito, la sua furia.

Era tornato al punto di partenza, paralizzato nella ricerca di una via d’uscita che, però, non sembrava esserci.

A riscuoterlo fu la domanda incalzante di Siana. La ragazza avrebbe risposto di sì? Sarebbe caduta anche lei nelle mani di Kotuno, condannata a non poter più lasciare la sua prigione? Forse non sarebbe stata fortunata come lui, ma avrebbe fatto la fine di Amok. A ben pensarci, era lo scenario più probabile – solo pensarlo gli procurò una spiacevole, ma familiare, fitta al petto.

Non aspettò di sentire la risposta. Innalzò un muro di fiamme che divise lui, l’Ela e il suo compagno dagli altri tre e si slanciò verso di lei come per colpirla, ignorando le proteste sgomente che arrivavano dall’altra parte del divisorio.

Come aveva previsto, lei lo parò. Si sporse oltre la sua spalla e sussurrò: «Perché ti sei esposta a quel modo? Perché una cupola?»

Ci sarebbero stati milioni di altre cose da dire, ma aveva bisogno di una risposta. Doveva capire per chi stava rischiando quel poco che aveva, esattamente.

Fu spinto via senza ricevere ciò che bramava. Lei l’osservava confusa. Esasperato, valutò i rischi, mentre la striscia di fuoco si chiudeva a cerchio intorno a loro. Purtroppo aveva dovuto coinvolgere il ragazzo biondo nella manovra, tagliarlo fuori non era stato possibile; era troppo vicino. Avrebbe visto anche lui, ma aveva realmente importanza? La sua copertura era bruciata da tempo, ormai.

Mettendo a tacere i dubbi, mutò. Fu solo per un attimo – e anche così gli costò non poco –, ma bastò perché l’espressione della ragazza si trasformasse. Vide i suoi occhi spalancarsi, ma non la lasciò elaborare. Corse nuovamente verso di lei, stavolta l’atterrò. L’altro ragazzo non si intromise, forse troppo sconvolto da ciò che aveva visto per reagire efficacemente.

«Sei come me», lo raggiunse il sussurro della ragazza.

«Rispondimi» le sibilò in risposta. «Non potrò mantenere le fiamme ancora per molto».

«La cupola?» ripeté lei, con una vena di dubbio nella voce. «Era l’unico modo per proteggere tutti».

L’ingenuità di quelle parole lo bloccò, impedendogli di formulare una risposta. Fu lei a continuare: «Perché stai facendo tutto questo?»

«Scappa. Devi andartene da qui» sussurrò lui dritto nel suo orecchio, ignorando la domanda. Si rialzò lentamente, senza smettere di fissarla, e annullò le fiamme. Non appena furono sparite del tutto, Siana lo raggiunse, un brillio strano negli occhi. «Che significa, Mal?»

«Verificavo» affermò lui, senza spostare lo sguardo. «Non sembra poi tanto portata per il combattimento». Poteva immaginare lo scetticismo negli occhi della plasmante anche senza vederlo effettivamente.

La mora si rialzò sotto il suo sguardo attento. Che aspettava? Doveva correre subito, forse mutandosi sarebbe riuscita a seminarli. Kotuno non sarebbe stato affatto contento, ma avrebbe inventato una scusa, avrebbe… si adombrò.

Sapeva benissimo che non avrebbe mai funzionato.

«Ai, stai bene?» sentì la voce preoccupata del ragazzo che aveva involontariamente finito per condurli da lei; lo vide accostarsi a lei.

Aidra si scrollò la polvere dai vestiti e alzò lo sguardo, più acceso che mai, a ricambiare il suo. Perché non scappava? Non sembrava neppure spaventata.

La vide stringere un pugno e correre verso di lui, determinata a colpirlo. Era completamente impazzita?

Non lo raggiunse mai. Si sbilanciò, crollando rovinosamente a terra. Malek fece per muovere un passo, ma perse l’equilibrio e si ritrovò accanto a lei. Soffocò un’imprecazione stupita.

Il terreno stava tremando, sotto di lui. Girò il volto in cerca di Rod, sospettando uno scherzo di cattivo gusto da parte dell’Arche, ma dovette ricredersi. Il compagno aveva le mani sulle orecchie, il volto deformato da una smorfia di dolore.

   
 
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