Personaggi: Lucius Malfoy, Ginny Weasley
Contesto: AU (mondo babbano, epoca Vittoriana)
Genere: sentimentale, erotico
Titolo: Ballerina
L'ampia sala circolare era gremita di persone: figure in bianco e nero.
Gli uomini erano infilati nei loro migliori completi da sera. Dalle camicie inamidate, i gemelli d'argento e le scarpe di pelle lucida.
Le donne cariche di sfarzo avevano i volti truccati e sbiancati dalla cipria profumata di essenze. I gioielli cascanti sui loro petti e i corpi, avvinti e prigionieri da corsetti troppo aderenti e striminziti, vestiti da delle gonne ampie e trabordanti. Strascichi infiniti che lambivano i pavimenti del teatro.
Nel pieno splendore della futilità e della quintessenza della vanità umana.
Anche i leggioni, posti in alto, ai lati del palcoscenico, erano colmi di gente. Come tanti piccioni grassi appollaiati su un trespolo.
Vi era anche, posto sul leggione più vicino al palco, Lucius Malfoy. Rampollo di una delle famiglie più importanti di Inghilterra.
Come tutte le sere il Lord si ritrovava lì, un appuntamento fisso per lui.
Portamento fiero, altero e fintamente annoiato. I lunghi e curati capelli biondi erano tirati dietro una coda, legati da un nastro di seta nera.
Un bastone da passeggio, dall' asta d'ebano e dal pomo di serpente, era posato in un angolo.
Le gemme di smeraldo fissavano vuote l'orizzonte e il loro padrone. Ubbidienti come segugi.
Le tende rosse calavano grevi e pesanti, carminie e calde, filtrando la poca luce presente nell'ambiente.
Rendendola soffusa. Rendendola dolce.
Creando ombre giocose e oscure sugli affreschi che decoravano il soffitto, facendo credere che i soggetti ritratti nelle pitture fossero vivi, di carne pulsante e che si aggrovigliassero fra di loro.
Ed lì era lei, più bella di ieri e meno bella di domani. Semplice e pura in un mondo fatto di vani e illusori eccessi.
Danzando con una tale leggiadria da rimembrare una foglia sospesa nell'aria, mossa e rapita dai capricci di Eolo, dio del vento.
In equilibrio sulle punte intinte di gesso, i nervi degli arti superiori e inferiori tesi come una corda di violino. Il capo gettato all'indietro, la schiena arcuata fino allo stremo delle forze.
Prima seriosa come una statua scolpita nel marmo, poi l'espressione del suo viso muta a quella più contorta, voluttuosa ed estatica.
Il capovolgimento e il delirio dei sensi. Lord Malfoy la immaginava sotto il suo corpo, vittima delle sue spinte furiose, dei suoi baci ardenti, della sua lingua di serpe che si infilava graffiante nell' intimità della fanciulla, nel suo cuore di farfalla. Intrappolata nei fili della sua ragnatela, pronta a divorarla.
Tra le lenzuola ricamate e i cuscini di piuma d'oca. Ma anche sui tappeti arabi e contro le colonne imponenti, atlanti che sorreggevano e affondavano i piedi dentro le fondamenta della magione dei Malfoy e la loro storia.
Che avrebbero pensato i suoi avi della sua delirante e perversa infatuazione?
Di quei occhi castani da daina, del suo essere ninfa e dea?
Della povertà delle sue origini e della sua gloria eterna?
Immateriale, fatta di sogno.
Il tulle bianco del suo costume di scena, impalpabile nuvola. Si sarebbe sgretolato se l'avesse toccato con le sue grandi mani?
Fiocco di neve soffice, creatore di arcobaleni dorati.
Etereo angelo danzante, una figura flessuosa e cangiante.
I suoi capelli rame erano legati in uno stretto chignon ma per i movimenti della ballerina due sottili ciocche erano sfuggite dal serioso controllo dell'acconciatura, incorniciando il suo volto d'alabastro
Fremeva in quegl'istanti l'uomo. Le sue labbra pronunciavano grida mute in onore della sua Ginevra.
Perché era sua. Che nessun individuo potesse mai profanarla e allontanarla dalle sue grinfie.
La sua amante. La sua schiava. La sua musa.
I suoi passi aggraziati e eleganti riempivano lo spazio, l'aria intorno a sé, tutti schiavi della delicata ballerina ed dell'orchestra incessante che suonava.
Lucius la studiava stregato, quella piccola maga della danza. Intrigato e ammirato da quella giovane donna.
Compiva piroette che gli facevano girare la testa, il lume della ragione. Il suo incarnato pallido si era acceso, tremebondo.
I suoi occhi plumbei, liquidi pozzi di piacere. Quasi lacrimanti nello sforzo di non sbattere per nemmeno un secondo le palpebre.
Avrebbe voluto essere un pittore per immortalarla tra le tempere e inchiostro, imprigionarla per sempre in una gabbia di tela.
Nessuna donna l'aveva mai conquistato così.
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