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Autore: AranelInFantasy80    28/12/2018    2 recensioni
I* Parte della Trilogia
La fine della Guerra. Le macerie e un mondo destinato a svanire. Un incontro, inaspettato, improbabile, incredibile e la voglia di guardare insieme al futuro, avvicinandosi attimo dopo attimo sempre di più.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Buonasera Potterheads! *.*
E' da un po' che non ci si sente, né che navigo per questi deliziosi lidi, ma ora... eccomi nuovamente qua, ancor più carica di sogno e immaginazione che mai! :-)
Questa storia doveva essere pubblicata la notte di Natale, ma non ho fatto in tempo, ma siccome siamo ancora in clima magico e natalizio, penso si possa fare! ;)

Desidero dedicare questa piccolo racconto alla mia preziosissima amica e compagna di sogni, follie e scrittura, Freehja, con la speranza di continuare a percorrere insieme gli infiniti sentieri dell' essenza. 

Buon Natale a tutte/i voi,

Con amore,
Aranel

***

RACCONTO D'INVERNO
 

Mamma, papà, Sirius, Remus, Nymphadora, Cedric, Fred, Dobby, Silente... Severus...”

Neve. Piccoli fiocchi. Lenti, costanti, cadenzati, calmi. Ad ammorbidire, soffici, ogni filo d'erba, scivolando e sciogliendosi come lacrime sulle pareti lisce, insinuandosi tra gli interstizi nascosti di ognuna di quelle pietre antiche.

Silenzio, simile ad una cupola invisibile, sospinto da leggere e gelide folate di vento.
Del calore di un tempo, delle avvolgenti sfumature create dalla luce delle candele e degli sfavillanti colori delle quattro Case, soltanto una debole memoria, così come del vociare allegro e concitato degli studenti, del tono squillante dei più piccoli, delle risate, delle liti, dell'adrenalina mentre le scope sfrecciavano sul campo del Quidditch, non era rimasta che un'eco nell'aria.
Macerie.

Null'altro.

Macerie e il fischio assordante del silenzio. Quiete irreale. La luna e le stelle nascoste, lasciando spazio alle nubi soffici e bianche e ai loro piccoli fiocchi di neve.
L'odore della terra arsa e bruciata, una terra che aveva sofferto. L'odore del sacrificio, di tutti coloro che si erano immolati per la salvezza di quel mondo.
L'odore della battaglia, l'olezzo dell'oscurità che già s'ingrossava, pensandosi vittoriosa, il lamento terribile del Signore Oscuro, mentre si dissolveva nell'aria. La paura, il coraggio.

L'odore della battaglia, sì, una battaglia infine vinta, ma con lo scotto per aver pagato un grande prezzo.

Vento. Freddo. E silenzio.

Della magia sembrava essere rimasto ben poco.

Un ragazzo sedeva sulla cima di una di quelle grande pietre, lungo quello che una volta era stato un ponte, il collegamento tra il mondo dentro e il mondo fuori. Le gambe a ciondolare sul vuoto, ormai privo di qualunque paura. Sembrava non avvertire il gelo di quella notte infinita. Lo sguardo era fisso, inespressivo, rivolto a qualche punto indistinto nell'oscurità dinanzi a lui. Folate di vento gli scompigliavano i capelli, l'aria fredda gli arrossava e pizzicava il volto ferito, le labbra screpolate. Era solo e padrone di ogni cosa. Padrone di quello che era stato il suo mondo.

Dal vuoto sotto di lui saliva, grottesco, un lamento, una sorta di ululato lontano che avrebbe fatto accapponare la pelle ai più. Ma si trattava soltanto dello scherzo del vento che rotolava tra le fenditure di quelle macerie, tra le pietre del rigagnolo ghiacciato, tra i rami secchi degli alberi, scuotendogli di dosso un po' di neve.

Mamma, papà, Sirius, Remus, Nymphadora, Cedric, Fred, Dobby, Silente...” un sospiro, se possibile ancor più triste “Severus...”
Tutti se ne erano andati. Prima o poi, in un modo o nell'altro. Tragicamente. Da eroi.

La solitudine, per il ragazzo, era da sempre stata una condizione naturale. Così come l'abbandono, ferita su ferita, mai rimarginate, un dolore che non sarebbe stato difficile assecondare e imboccarne il suo abisso, la via di non ritorno che aveva scelto Tom Riddle, raggiungendo la crudeltà e poi la disfatta.
Ma il ragazzo aveva scelto diversamente, ogni volta, fin dall'inizio. Forse perché incapace di scegliere il male, o forse perché, in cuor suo, la rabbia era sempre riuscita a trasformarsi in amore.
E così aveva vinto. La battaglia più terribile di tutta la storia del Mondo Magico.
Aveva vinto ed era tornato ad essere solo.
Sorrise. E guardò il vuoto sotto di sé, là dove aveva gettato la bacchetta di Sambuco, la bacchetta più potente al mondo, rinunciando così al potere totale su tutte le cose. Perché lui, il potere assoluto non lo voleva. Sapeva quanto questo poteva corrompere. Sapeva quanto male poteva arrecare. Anche all'animo più nobile. Conoscere ogni incantesimo di magia, avendo così la vita in pugno non rende più forti, non rende migliori. Lui, grande mago, aveva deciso di restare umano.
Aveva lasciato andare i suoi amici, aveva visto i superstiti avviarsi verso il cancello ormai distrutto e scomparire al di là di ciò che restava di esso, tornare al loro mondo, magico o babbano che fosse.
Ne era stato felice. Ognuno di loro meritava la ricompensa del riposo, la cura, il sollievo, la speranza che lì ad Hogwarts sarebbe stato possibile costruire un domani migliore.
Invece lui no. Lui non se ne era andato. Aveva deciso di restare. Camminare in solitudine tra le pietre e le macerie, vagare per i corridoi deserti del castello, esplorarlo per conoscerlo come se fosse la prima volta, potersi meravigliare ancora. Vagare come un fantasma tra i fantasmi e lasciare per un po' che il tempo scorresse via a suo piacimento, senza una meta, senza aspettative. Poter ricordare... tutti quegli anni, quelle persone, quei volti. Anche se il ricordare, in quel momento, faceva un male impossibile. E immaginarsi la rinascita di tutto ciò che aveva amato.


“Potter...?”
La voce alle sue spalle giunse ovattata, simile ai fiocchi di neve, come se provenisse da un'altra dimensione. Un sassolino rotolò a terra, sprofondando nel vuoto.
Per quanto tempo era rimasto là? Si chiese, a quel punto. Era trascorso un solo giorno dalla fine della guerra, eppure per lui sembrava essere passata un'eternità intera.
Il giovane mago si voltò lentamente e, pur avendola riconosciuta, si sorprese di vedere la persona in piedi dietro di sé.
“Che... cosa ci fai qui?” Mormorò. Ma non c'era disappunto nella sua voce, piuttosto stupore, uno stupore che durò poco. Dopotutto, le cose di un tempo, anche quelle nemiche e rivali, ormai non avevano più senso di esistere.
L'altro gli si fece vicino, titubante. Anch'egli aveva sul volto gli inequivocabili segni della battaglia, la pelle sporca, ferite e graffi sul viso, gli occhi azzurri annebbiati e persi in qualche eco lontana.
“Posso sedermi qui con te?”
Il ragazzo, dopo un istante di esitazione, l'invitò con la mano e osservò quell'insolito compagno sistemarsi accanto a lui.

Ripiombarono nel silenzio, per un lungo momento, fissando il nulla dinanzi a loro. Il vento non tardò a sopraggiungere e li avvolse, facendoli rabbrividire.
“Il sole sembra non voler sorgere, oggi...”
“Dagli tempo, Draco, sono state ore terribili per tutti, anche per … le cose che ci circondano.”
Il giovane mago ritornò con la mente a quegli istanti e si fece improvvisamente triste.
L'altro sostò a guardarlo e gli si fece più vicino. Fece per sollevare un braccio e portarglielo sulla spalla, ma si trattenne. Guardò le sue mani arrossate.
“Stai tremando. Fa così freddo qui.” Disse, non ottenendo risposta. Lo guardò ancora e si rese conto che probabilmente il suo compagno Grifondoro, il gelo non lo avvertiva all'esterno, ma dentro di sé.
“Se solo avessimo le nostre bacchette, potremmo creare una bella stanza confortevole, con un grande camino e un bel fuoco per riscaldarci.”
“Non servirebbe a molto, credo.”
Il biondo scosse la testa.
“Sei proprio una testa dura, Potter, lo sei sempre stato.”
Harry emise un profondo sospiro.
“Perché sei rimasto qui, Draco?”
“Per lo stesso motivo per cui sei rimasto tu, suppongo.”
Il ragazzo abbozzò un sorriso.
“Il nostro mondo, il nostro meraviglioso mondo...” sussurrò, come se stesse parlando a se stesso “avevo bisogno di restare e poter credere, guardando tutte queste macerie, se ricostruire era possibile. Avevo bisogno, ho bisogno di sperare che lo sia.”
Si voltò a guardare il vecchio nemico di sempre, mentre gli occhi gli si facevano lucidi e scintillanti. Vide Draco corrugare la fronte e per qualche motivo, irrigidirsi sul posto.
“Io... io credo che non abbiamo perso la speranza per farlo, né la possibilità.” Mormorò l'altro, seguitando a guardarlo.
“Abbiamo perso così tante cose, abbiamo perso... tutti... loro.”
“Potter...” sussurrò Malfoy e si stupì per un istante della vibrante quanto accorata dolcezza del suo tono di voce.
“Prima o poi tutti se ne vanno.”
Era chiaro che Harry non stesse parlando soltanto delle vittime di quella guerra, ma di qualcosa che lo riguardava nel profondo, qualcosa legato all'abbandono e alla solitudine, qualcosa per cui il Serpeverde si vergognò terribilmente in quel momento, ricordando quante volte, con sarcasmo e crudeltà, aveva messo il dito in quella ferita scoperta.
Eppure anche questo sembrava ormai far parte di un'epoca antica, di un tempo svanito. Errori dei padri che ricadono sui figli, l'obbligo di fare certe scelte solo perché appartenenti ad una certa casta. Purosangue, Mezzosangue, Babbani. Ora non c'era più differenza.
“Non... non avrei mai ucciso Silente.” Disse d'un tratto il giovane biondo, come bisognoso di liberarsi.
“Lo so...”
“E...” ma s'interruppe, inchiodato dallo sguardo cristallino e amaro del compagno “non avrei voluto fare molte cose. Forse qualcosa sarebbe stata diversa, forse...”
“Non ti crucciare, Draco, anche tu, del resto hai fatto delle scelte, come tutti noi.”
Malfoy distolse lo sguardo e riprese a guardare il nulla davanti a sé.
“Come quella di non andartene con tuo padre e tua madre, ma di restare qui. Sei l'unico ad averlo fatto.”
Tornò sul Grifondoro e lo scoprì sorridere. Una strana emozione lo invase, facendolo tremare.
“Ti ho odiato così tanto...” mormorò, gli occhi gli si fecero lucidi “sei sempre stato così perfetto, così buono, così giusto, anche quando eravamo solo dei bambini. E non ho mai capito quanto invece, in realtà, fossimo simili...”
“Non a caso siamo gli unici due pazzi rimasti tra le macerie di Hogwarts!”
Risero, insieme. Come due ragazzi che si sono appena presi a botte e, ancora doloranti, capiscono in quell'istante che sarebbero diventati l'uno per l'altro i migliori amici del mondo.
“Non a caso abbiamo fatto la stessa scelta e ora siamo qui.” Aggiunse Harry “Non a caso abbiamo combattuto la stessa guerra e per qualcosa che entrambi amavamo.”
Il sorriso del Serpeverde tornò ad essere malinconico.
“E no, Draco,” proseguì il ragazzo, intuendo i suoi pensieri “non sei stato dalla parte sbagliata della barricata. Tu, in realtà, là non avresti mai voluto esserci.”
“Supponente!” Ironizzò Malfoy, per poi tornare nuovamente serio. “C'è una cosa che vorrei dirti, Potter...” indugiò “anche se oggi ho compreso il perché, allora non mi capacitai perché il Cappello Parlante ti avesse messo in Grifondoro e soprattutto perché fin da subito rifiutasti la mia amicizia e tutto ciò che riguardava la mia Casa...” s'interruppe, mordendosi le labbra. Distolse lo sguardo “Mi... mi fece male, Harry.”

L'altro aggrottò la fronte, non sicuro di aver capito cosa il compagno cercasse di dirgli. Tuttavia, dopo aver visto i ricordi di Severus nel Pensatoio, ora più nulla gli appariva così improbabile. Avvertì soltanto una strana sensazione salirgli in corpo, un qualcosa che mai si sarebbe aspettato di provare nei confronti del suo nemico di sempre. Un qualcosa di simile al conforto e al calore. Qualcosa per lui di sconosciuto.
Inaspettatamente il Serpeverde gli si fece ancor più vicino e gli prese le mani gelate tra le sue. Anche quel gesto lo stupì, ma non si tirò indietro, né disse nulla. Dopotutto si trovavano sulla soglia della fine del mondo, in bilico su un vuoto carico di incognite, in un luogo familiare e ignoto, al principio di una nuova era, in cui tutto ciò che c'era stato in precedenza era completamente svanito.
Draco portò le loro mani alla bocca e vi soffiò dentro, riscaldandole. Rialzò gli occhi su di lui e sorrise.
“Sai che notte è questa?” Disse.
“La notte dopo la battaglia...”
Il biondo scosse la testa.
“Risposta errata... è la notte di Natale, Harry.”
Il ragazzo sgranò gli occhi, come un bambino a cui è stata data una notizia inaspettata, a lungo desiderata.
“Veramente?” Chiese, incredulo.
“Ma certo. Non vedi?” Proseguì l'altro, continuando a scaldargli le mani. “La neve silenziosa che scende... la quiete che c'è tutt'attorno e... guarda lassù, le nubi si stanno diradando e tra poco potremo vedere le stelle e la luna, se saremo fortunati,” tornò su di lui, sorridendogli ancora “hai ragione, Harry, non servono bacchette magiche per fare magia. Non sempre almeno. A volte possiamo bastare noi, la semplice intenzione a voler stare bene.”
Improvvisamente, a quelle parole, il freddo sembrò venire lenito. Divenne tiepido come il contatto delle sue mani in quelle del compagno, come il suo fiato caldo che le riconduceva alla vita.
Forse un tempo Malfoy avrebbe approfittato di un trucchetto del genere per fargli un dispetto, per buttarlo giù dal ponte, magari. Ma non in quel momento e probabilmente mai più. In quell'istante, Harry avvertì un brivido percorrergli la spina dorsale e assieme ad esso il bisogno che quel contatto si facesse più profondo. Del resto, i due ragazzi, erano gli unici testimoni di un mondo che stava scomparendo.
Avvicinò a sua volta le labbra alle loro mani e iniziò a soffiare per riscaldarle. Si guardarono, improvvisamente consapevoli di mai come in quel momento fossero stati così vicini. Le loro dita si allacciarono ancor di più le une alle altre e vennero attraversate da un brivido.
“E cos'è che potrebbe farti star bene, Draco?”
Le parole gli uscirono così, da sole, in automatico. Ma fu troppo tardi per rimangiarsele. Una strana magia, o forse un incantesimo, sembrava aver preso ad avvolgerli. Forse accadde perché qualcuno voleva che accadesse, o forse perché i due ragazzi erano rimasti gli unici superstiti di un mondo ormai scomparso. O forse perché semplicemente le cose accadono e cambiano come in un batter di ciglia e tutto ciò che un tempo aveva un senso, questo stesso senso, un attimo dopo finisce per mutare.
O forse soltanto perché era la Vigilia di Natale...
“Questo, tutto questo, così come è adesso.” Rispose Malfoy “Stare accanto a te mi fa stare bene.”
“Draco...”
Solo un sussurro, sfuggito dalle labbra come un soffio. La fronte ad appoggiarsi a quella dell'altro, le dita intrecciate all'altezza del petto, petto che si solleva veloce tanto il cuore batte forte. I respiri, come nuvole bianche, a mischiarsi e intiepidire l'aria. Gli occhi troppo pesanti per mantenersi aperti. La condivisione silenziosa di un momento prezioso. E senza l'aiuto di una bacchetta o di un incantesimo, la magia si manifesta intorno a loro, il freddo si dissipa, il vento si fa meno minaccioso, sembra cantare, i lamenti si dissolvono e con essi la paura e la solitudine, le pietre sotto di loro si rendono morbide come un manto di foglie e i fiocchi di neve continuano a cadere sulle loro teste, ma senza gelare. Soltanto la tristezza rimane, piccole gocce di tristezza per ciò che non è più.
“Guarda, sta veramente uscendo la luna.”
Harry sollevò lo sguardo e vide la curva argentea dell'astro scivolare fuori dalle nubi, dissiparle, rendendole più leggere. Avvertì il peso che portava sul cuore farsi più lieve e al contempo il calore del compagno insinuarsi nell'incavo del suo collo e lì poggiare la testa bionda sulla sua spalla.
Sosta. Connessione. Riposo.
L'emozione fu intensa. Non riuscì a trattenere una lacrima che cadde sulle dita dell'altro. Draco l'osservò, sorrise e, seppur con titubanza, avvicinò lentamente le labbra ad esse, aspergendone quel sapore salato.
“Non riesco a smettere di pensare a loro...” mormorò Harry.
“Non devi smettere di farlo.”
Conforto. Dolcezza. Presenza.
“Loro saranno sempre con te, non potranno mai lasciarti.”
“Draco...” Ripeté il ragazzo, come se quel nome fosse l'unica parola rimastagli, l'unico appiglio.
Un sospiro.
“Anch'io non potrò mai lasciarti...” un bacio leggero sulle sue dita. Calore bagnato. “Vorrei poter restare con te... costruire con te quel mondo nuovo che desideriamo così tanto...”
Silenzio.
Non seppero spiegarsi cosa accadde in quel momento fuori dal tempo, ma nessuno dei due ebbe modo di pensarci. Entrambi avevano fatto la stessa scelta. Restare lì, stretti, vicini, in quella cupola di calore e gelo ad attendere l'alba, il loro futuro. Non più nemici, non più rivali, fratelli magari o forse, qualcosa di più.
La luna si era resa padrona del cielo e bagnava della sua luce argentea le macerie e il mondo circostante, come una lava di ghiaccio, a sanare e purificare tutto quel dolore.

“Mi dispiace, per tutti questi anni...” sussurrò il Serpeverde rialzando la testa “tu mi hai salvato la vita e...” gli sfiorò la fronte con le labbra, là dove un tempo c'era la cicatrice “lo stai facendo ancora.”
Harry non rispose. Chiuse gli occhi e semplicemente si abbandonò. Del resto, anche per lui era giunto il momento del riposo.
Lasciò che il compagno gli baciasse una ad una le sue ferite, lasciò che gliele lambisse e gli sembrò che ad ogni passaggio queste, come per magia, si rimarginassero. Poi, fece lo stesso con lui, scostandogli con le dita i capelli d'oro, abbozzo di carezze. E sanarono con quel calore e con quella dolcezza tutto ciò che era stato spezzato.
Non ci furono più Serpeverde e Grifondoro, ma solo due ragazzi che s'incontravano.
Infine si arrestarono, all'altezza delle loro bocche. Riaprirono gli occhi e rimasero a guardarsi senza fretta, mentre le dita delle loro mani erano tornate ad essere unite. Si respirarono. Si fecero più vicini. Ogni cosa attorno a loro si acquietò. Il vento, le nubi, la neve. Il tempo.

“Resta.” Gli sussurrò Harry sulle labbra.
Malfoy sorrise e lo sfiorò con le sue. E poi ancora. E ancora. Il vento a soffiare, lieve, su di loro. Il silenzio a cullarli. I fiocchi di neve come una carezza. La carezza del ragazzo lungo il suo collo a incastrarsi tra i suoi capelli color dell'autunno. Il suo viso tra le mani. La bellezza. Occhi negli occhi. L'armistizio. La fine di ogni cosa triste. La vita, a divampare nelle vene.

 

Mamma, papà, Sirius, Remus, Nymphadora, Cedric, Fred, Dobby, Silente, Severus...

Draco.

Erano rimasti tutti. Nessuno se ne era andato.


Si allontanarono un istante.
Un ultimo bacio. Dolcissimo.
“Buon Natale, Harry.”

 

FINE

   
 
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