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Autore: Be_Yourself    28/12/2018    0 recensioni
Secondo un pensiero comune il destino è già scritto e per questo immutabile, definitivo, inevitabile. Lo era anche quello di Arthur Pendragon, destinato a trovare la morte per mano di Mordred nella battaglia di Camlann. Tutta la sua vita, le decisioni prese, le azioni compiute non avevano fatto altro che spingerlo inesorabilmente verso il momento della propria fine. Ma come sarebbe andata la storia del più grande re di tutti i tempi se ci fosse stato qualcosa (o qualcuno) che neppure il destino era riuscito a prevedere? Quante vite risparmiate e quanti nemici smascherati prima che fosse troppo tardi avrebbe visto la storia di Albion?
*
Spero di avervi incuriositi! La storia si apre con un prologo che racconta alcuni avvenimenti antecedenti all'inizio della serie, dopodiché la narrazione seguirà gli avvenimenti da metà della terza stagione in poi. Buona lettura!
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Prima dell'inizio, Più stagioni
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Capitolo 7
Sarà la libertà, o sarà la morte

Uno stuolo di cavalieri dai mantelli blu notte bordati di candida pelliccia cominciò ad affollare la cittadella al seguito di re Gregor. Accanto al sovrano un paggio a cavallo teneva alto il vessillo con l'emblema della casata Wolf: una testa di lupo bianco delle nevi su sfondo blu notte.
Aidan osservò la scena da una delle finestre di quella stanza in cui l'avevano sistemata non appena era tornata abbastanza in forze da poter camminare. Avvertì un moto di nausea nel riconoscere i riccioli corvini di suo padre sormontati dalla corona d'argento e zaffiri che da generazioni apparteneva alla sua famiglia, a quel punto chiuse la finestra con uno scatto.
Non aveva nessuna intenzione di sposare Arthur, non dopo tutto quello che aveva fatto anni prima per evitarlo. Fuggire di nuovo sarebbe stato inutile, suo padre l'avrebbe seguita anche fino ai cancelli di Avalon se fosse stato necessario, di questo era certa.
Con un sospiro si sedette sul letto. Doveva riflettere e trovare una soluzione, ma non era facile riuscire a pensare con gli effetti del veleno che ancora la debilitavano annebbiandole i sensi. Ci avrebbe messo del tempo a riprendersi del tutto, Gaius glielo aveva detto, il veleno era potente e lei era già fortunata ad essere sopravvissuta.
Qualcuno bussò alla porta e lei sperò che non fosse di nuovo la giovane serva mandata da Uther perché la aiutasse a prepararsi in vista dell'incontro con suo padre. Non aveva alcuna intenzione di indossare uno stupido abito e una sottana.
La persona che però entrò nella stanza era l'ultima che avrebbe pensato di vedere in quel momento.
«Merlin» sussurrò il suo nome senza preoccuparsi di nascondere la sorpresa nella voce, mista ad un pizzico di gioia e timore allo stesso tempo. Era felice di vederlo lì ma allo stesso tempo aveva paura di come sarebbero potute andare le cose.
Il giovane si schiarì la voce e si richiuse la porta alle spalle, tuttavia non si mosse «Vedo che ti stai riprendendo, ne sono felice».
Aidan gli sorrise «È anche merito tuo, ti sei preso cura di me».
Merlin abbassò gli occhi e inghiottì a vuoto, era visibilmente in difficoltà. Un profondo silenzio carico di imbarazzo calò nella stanza per diversi secondi, poi il giovane mago trovò la forza di porre quella domanda che lo tormentava «Perché mi hai mentito su chi sei davvero?».
«Non ho mentito» rispose seria, ma senza guardarlo «Astrid è morta anni fa, tra le fiamme di un rogo che si è portato via la sua anima».
Merlin aggrottò la fronte «Cosa intendi dire?».
Aidan si morse il labbro, rendendosi conto di aver parlato troppo. Non aveva intenzione di affrontare quell'argomento proprio con il ragazzo per cui si era accorta di provare qualcosa «Nulla di importante, ciò che devi sapere è che non ti ho mentito. Ormai sono solo Aidan, e di me sapevi già tutto ciò che era necessario sapere».
Il giovane mago cominciò a spazientirsi per quell'atteggiamento, si sentiva preso in giro e il fatto che lei non avesse neppure il coraggio di guardarlo negli occhi aumentava ancora di più quella sensazione. «Smettila di cercare inutili giustificazioni! Sei a Camelot, non hai mai pensato che Arthur potesse riconoscerti? Cosa che in realtà ha fatto, ma siccome ti presenti come un ragazzo ha creduto di starsi immaginando tutto. Cosa avevi intenzione di fare una volta che questo fosse accaduto?».
«Non sarebbe dovuto accadere, io sarei dovuta partire dopo pochi giorni e nessuno avrebbe neppure dovuto sapere che sono una donna!» urlò a quel punto Aidan, puntando i suoi occhi verdi in quelli azzurri dell'altro «E poi cosa avrei mai potuto dirti? Qualcosa come “sai Merlin, sono una donna e in passato ero la promessa sposa di Arthur, ma non preoccuparti lui mi crede morta quindi non ti metterà al rogo se ti infili tra le mie cosce”? Andiamo Merlin, sai meglio di me che sarebbe stata una cosa assurda da dire».
«Nessuno doveva sapere neppure che sei una donna... Immagino avessi ancora intenzione di lasciare Camelot, presto o tardi» il tono affranto con cui Merlin pronunciò quelle parole non lasciava dubbi sul suo stato d'animo.
Aidan si passò le mani sul volto in un gesto frustrato. Lei non aveva mai avuto intenzione di ferire qualcuno, eppure lo aveva fatto e continuava a farlo, era come vivere un continuo incubo. «Sì, l'intenzione era quella, ma nonostante tutto non riuscivo a decidermi a partire, e credo che tu sappia il perché» rispose guardandolo intensamente negli occhi
«Ma prima o poi o avresti fatto, non è così?».
«Sì» fu costretta ad ammettere abbassando lo sguardo.
Un profondo silenzio calò nuovamente nella stanza, questa volta carico di amarezza e delusione, finché non fu nuovamente Merlin ad interromperlo «Ora dovrei andare, e dovresti anche tu, ti aspettano nella sala del trono» .
«Aspetta, ti prego» lo fermò Aidan prima che uscisse dalla stanza, dopodiché si alzò dal letto e lo raggiunse «Ho passato troppo tempo in fuga, prima dalla vita che il mio sesso e il mio stato di nascita mi imponevano, poi da un matrimonio che non volevo, infine anche da me stessa e dai miei tormenti. Fuggo da così tanto tempo che ormai non so più come fare a fermarmi. Fuggo perché in fondo non so fare altro, ma non sono una bugiarda o un'ingannatrice, non è mai stata mia intenzione far soffrire qualcuno» sussurrò appoggiando la fronte su quella di Merlin.
Non c'era una sola lacrima in quegli occhi verdi, e tuttavia il mago era certo di non aver mai visto tanto dolore nello sguardo di una persona. E quel dolore era ancora più strano negli occhi solitamente allegri di Aidan. Avrebbe voluto stringerla, dirle che le cose si sarebbero sistemate in qualche modo, rassicurarla e lasciarsi rassicurare da quei baci di cui aveva sentito tremendamente la mancanza, ma nulla di tutto ciò sarebbe stato reale. Lui era un servo, Aidan una principessa che con la sua finta morte e la sua ricomparsa aveva già alzato un polverone, non osava immaginare cosa sarebbe accaduto se Uther o re Gregor fossero venuti a sapere della loro relazione. Meglio che finisse tutto così.
Con grande sforzo fece un passo indietro, staccandosi da lei «Forse questo è il momento in cui dovrai imparare a fermarti, ma purtroppo non sarò io la persona con cui potrai farlo» così dicendo uscì dalla stanza in tutta fretta, mentre una lacrima ribelle gli rigavano la guancia.
Rimasta sola Aidan batté il pugno contro la porta per poi appoggiare la fronte contro il legno ruvido. Si sentiva più sola che mai, e quel gelo dentro l'anima non lo avvertiva così forte da tantissimi anni ormai.
Dopo alcuni minuti immersa in quel silenzio che pareva schiacciarla decise che era il momento di affrontare una volta per tutte quella situazione. Indossò la sua fedele armatura, giubba di cuoio indurito e bracciali dello stesso materiale, dopodiché passò a sistemare foderi e spade dietro la schiena. Doveva avere un'aria sicura, nessuno doveva pensare di poterla controllare in qualche modo.
Quando varcò la porta della sala trovò Uther, Gregor e Arthur ad attenderla. A parte loro non era presente nessun altro, evidentemente preferivano affrontare la situazione senza troppe orecchie indiscrete ad ascoltare.
«Salve re Uther. Principe Arthur. Padre» disse con voce gelida e distaccata, guardando uno ad uno i presenti. Suo padre non era cambiato molto in quegli anni: i riccioli che gli arrivavano fino alle spalle erano ancora neri come il carbone e appena qualche ruga gli segnava i lati degli occhi, anch'essi neri; non aveva minimamente perso la sua aria maestosa ed autoritaria, con la sua altezza fuori dal comune e le spalle larghe e muscolose. Era ancora il temibile guerriero che in gioventù era stato il terrore dei suoi nemici in battaglia.
«Avevo incaricato una serva di portarvi degli abiti più consoni» disse Uther osservandola con un cipiglio contrariato.
«Mi sento molto più a mio agio con la mia armatura, grazie» fu la risposta gelida di Aidan.
«Suo padre le si avvicinò, studiandola attentamente «Astrid... sei proprio tu» non era una domanda.
«Il mio nome adesso è Aidan, se non vi dispiace» mormorò a denti stretti.
«Adesso basta con questa pagliacciata!» sbottò Uther alzandosi dal suo trono «Arthur, sei proprio sicuro che lei sia la principessa Astrid?».
Il principe la guardò per un lungo istante prima di rispondere, negli occhi qualcosa di molto simile alla rassegnazione e alla tristezza «Sì, ne sono sicuro. Mi ha detto cose che solo lei poteva sapere. Inoltre ha una voglia a forma di testa di lupo sul petto, il medico l'ha vista quando le ha medicato la ferita».
«E come fai ad essere certo che quel segno appartenga proprio ad Astrid?» domandò ancora Uther.
«Perché lei ci è nata» rispose Gregor «E poi è mia figlia, so riconoscere il sangue del mio sangue».
Uther annuì «Arthur ci ha già spiegato quali sono state le reali circostanze del tuo rapimento. Capirai che un inganno del genere potrebbe far scoppiare una guerra tra i nostri regni, ma siccome hai agito da sola sarò disposto a lasciar correre, se sposerai Arhur come era negli accordi».
A quelle parole la risata di Aidan risuonò in tutta la sala «Sposare Arthur? Io non rinuncerò alla mia libertà per una corona e un marito, non per patti che altri hanno stipulato senza neppure chiedere il mio parere».
Gregor batté il pugno contro il tavolo «Astrid, smettila di fare la stupida. Hai già umiliato abbastanza me e la nostra casata, ora fa quello che devi in quanto principessa e smettila con questa storia. Da bambina hai voluto imparare a combattere e te l'ho permesso, ma è il momento che inizi a comportarti come una donna».
Le labbra della ragazza si incurvarono in un sorriso apparentemente calmo, ma che dietro nascondeva una rabbia pronta ad esplodere. «Nessuno di noi qui vuole la guerra, questo mi sembra chiaro» disse mentre iniziava a slacciare uno dei bracciali della sua armatura «E nessuno di noi è disposto a cedere, quindi vi propongo una soluzione che potrebbe sistemare la faccenda una volta per tutte» gettò il bracciale ai piedi dei tre uomini e fissò le loro facce confuse e sorprese.
«Un duello?» mormorò Arthur guardandola con un cipiglio preoccupato.
«All'ultimo sangue, secondo le regole dei cavalieri, con chiunque di voi tre accetterà la sfida» rispose Aidan «Nessuna regola dei duelli, né qui né a Nightfall mi impedisce di lanciare questa sfida. Se vincerò io allora riavrò la mia libertà e la pace tra i nostri regni».
«E se perderai?» domandò il principe. Un brivido gli attraversò la schiena a quell'eventualità.
Un angolo delle labbra della ragazza si incurvò in un ghigno irriverente «Allora quello che avete creduto per tutti questi anni diventerà reale. Per voi sarà la pace, e per me sarà la libertà o la morte».
«È una follia!» sentenziò Uther, ma nessuno sembrava disposto ad ascoltarlo.
Arthur stava già per afferrare il bracciale, sapendo bene che né lui né Astrid avrebbero mai potuto uccidersi a vicenda, non con tutto l'affetto che li aveva tenuti legati, non dopo che lei aveva rischiato la vita per lui. Tuttavia venne preceduto da re Gregor.
«E sia!» disse il sovrano di Nightfall guardando con aria torva la figlia.
«Non potevate resistere alla tentazione di uccidermi una seconda volta, non è così?» rispose Aidan sostenendo quello sguardo senza lasciarsi intimorire, sulle labbra sempre il solito sorriso irriverente «Ci vediamo domani a mezzodì» aggiunse per poi lasciare la sala.


«Non puoi combattere domani» urlò Arthur seguendola all'interno della sua stanza. Dopo aver scambiato qualche altra parola con suo padre e re Gregor aveva seguito Astrid fin lì per cercare di convincerla a lasciar perdere. «Sposami e finiamola qui».
«Dici pure a tuo padre che nulla mi farà cambiare idea, neppure il tuo bel visino» fu la risposta dell'altra mentre si versava del vino da una caraffa sul tavolo a pochi passi dal suo letto.
Il principe le si avvicinò «Non sono qui perché me lo ha detto mio padre, ma perché non voglio vederti morire davanti ai miei occhi domani».
Sbuffò una risata «Chi ti dice che sarò io a morire?».
La risposta che Arthur le diede non era ciò che si sarebbe aspettata. Con un movimento rapido la scaraventò sul letto e la sovrastò bloccandole i polsi. «Questo me lo dice» ringhiò a pochi centimetri dal suo viso «In circostanze normali mi avresti fermato prima ancora che potessi avvicinarmi a te tanto da riuscire anche solo a sfiorarti, ma sei ancora debole per il veleno e non riesci neppure a liberarti dalla mia stretta. Come speri di combattere contro re Gregor, uno dei guerrieri più forti e spietati che si siano mai visti?».
«Questa non è una cosa che ti riguarda» mormorò Aidan a denti stretti. Avrebbe potuto liberarsi dalla presa di Arthur in dieci modi diversi, ma non avrebbe avuto senso spaccargli il naso, un braccio o altro visto che lui non aveva intenzione di farle del male.
Il principe sospirò di fronte a quella cocciutaggine e la lasciò andare sedendosi sul letto «Astrid, sposami e basta. Non voglio questo matrimonio più di quanto lo voglia tu, non pretenderò che tu adempia ai tuoi obblighi di moglie, non dovremo neppure dormire nello stesso letto, ma non voglio vederti rischiare la vita per il tuo orgoglio».
Anche lei si mise a sedere, sospirando «Non è per orgoglio, Arthur. Non posso vivere una vita che altri hanno deciso per me, e nemmeno tu dovresti accettare di farlo».
Un sorriso divertito spuntò sulle labbra di Arthur «Non molto tempo fa ho mandato a monte un altro matrimonio combinato con la principessa Elena. Io non la amavo e lei non amava me quindi...».
«E cosa è cambiato adesso?».
«Che stiamo rischiando una guerra, o la tua morte».
Aidan lo guardò intensamente negli occhi «E tu sposeresti una persona che non ti ama? Che ti ha mentito e manipolato? Perché?».
«Perché nemmeno io ti amo, ma non possiamo negare di aver provato affetto l'uno per l'altra in passato, e io non posso negare che questo affetto ci sia ancora, nonostante tutto» Arthur sospirò «In cuor mio l'ho sempre saputo che eri viva, e forse è stato proprio questo ad impedirmi di dimenticarti, chi lo sa, forse era destino che ci incontrassimo di nuovo in questo modo».
L'altra sbuffò una risata e scosse la testa «Non parlare a me di destino, non è proprio il caso» si alzò dal letto ed osservò il principe con espressione dura e risoluta «Io combatterò domani, e vincerò, così che neppure il destino possa avere voce in capitolo sulla mia vita».
Arthur non sapeva che fare. Che Astrid fosse cocciuta lo aveva capito fin dai tempi del loro primo incontro, che lo fosse rimasta in effetti doveva aspettarselo vista la tempra dei Wolf. Si alzò dal letto e fece per uscire, ma si voltò un'ultima volta verso la ragazza «Hai fino a domani per cambiare idea, ricordalo» non c'era rabbia nella sua voce, solo apprensione. In effetti superato l'iniziale senso di tradimento tutta la rabbia era svanita presto, lasciando il posto soltanto ad una forte preoccupazione. In parte poteva capire le ragioni che l'avevano portata ad agire in quel modo, e poteva anche intuire che c'era molto più di ciò che Astrid diceva, qualcosa di cui non voleva parlare perché forse le faceva troppo male.


Il momento del duello era infine arrivato. Né Astrid né re Gregor avevano rinunciato alla sfida, ed erano pronti a combattere sotto un cielo coperto di nubi nere che parevano annunciare esiti infausti. Nonostante fosse mezzodì, il cielo era così scuro che pareva stesse calando la sera.
Nessun padre dovrebbe accettare una simile sfida contro il sangue del proprio sangue. Pensò Arthur mentre osservava i due sfidanti. Anche lui una volta aveva lanciato una simile sfida a suo padre, ingannato dagli incantesimi di Morgause, ma Uther non l'aveva accettata, piuttosto sarebbe morto.
Gli occhi di re Gregor restavano freddi e duri anche in quel momento, così come quelli di Astrid. Per la prima volta il principe vedeva la somiglianza tra quei due, nello sguardo e nel portamento fiero ed incrollabile, sembravano quasi due taglienti rocce di ghiaccio. Si sentì rabbrividire.
In cuor suo sperò che tutta quella durezza fosse solo una maschera, e che padre e figlia non avrebbero davvero avuto il coraggio di uccidersi a vicenda.
«Il duello sarà secondo le regole dei cavalieri» disse Uther con voce ferma «all'ultimo sangue. Cominciate!».
Nessuno di loro due attaccò per primo, continuarono ad osservarsi facendo piccoli passi di lato, l'uno nella direzione opposta all'altro. I Wolf erano proprio come gli animali di cui portavano il nome: predatori, astuti e feroci, attendevano il momento giusto prima di fare una mossa, per essere certi di carpire la preda al primo colpo.
Alla fine fu Astrid a fare la prima mossa.
Normalmente sarebbe stata così rapida che l'altro neppure si sarebbe accorto della lama che oltrepassava le sue difese, ma l'effetto del veleno non era ancora svanito, e lei era più lenta di quanto volesse ammettere.
Re Gregor parò il colpo con estrema facilità, finendo per mandare a terra la ragazza, ma lei si rimise immediatamente in piedi, partendo nuovamente all'attacco, purtroppo anche quella volta senza successo.
Per alcuni minuti l'unico rumore che si udì nell'arena fu il clangore delle spade, non c'era una sola persona nel pubblico che osasse fiatare. Ad Arthur parve di vedere persino sul volto di suo padre un cipiglio preoccupato, e non osò cercare lo sguardo di Merlin tra la folla.
Astrid finì nuovamente a terra, ormai stremata, la spada le era volata di mano ed il naso le sanguinava a causa di un colpo che suo padre le aveva dato con l'elsa. Lo aveva sempre saputo che Gregor era un uomo forte e brutale in battaglia, dopotutto lei non era poi così diversa: se loro combattevano lo facevano con l'intenzione di uccidere, per questo a Nightfall non esistevano stupidi giochi come la giostra, e quello era un duello all'ultimo sangue.
Si mise in ginocchio, pronta a rialzarsi, ma una fitta di dolore al fianco ed un fastidioso senso di stordimento la costrinsero lì dov'era, al centro dell'arena. Era colpa del veleno che il suo corpo ancora non aveva smaltito, le sensazioni che stava provando erano le stesse della sera in cui aveva salvato Arthur. Dopotutto Gaius l'aveva avvisata che sarebbe potuto accadere.
I suoni circostanti le giungevano ovattati, ma seppur distante riuscì ad udire suo padre che raccoglieva la spada e che avanzava verso di lei zoppicando, evidentemente era riuscita a ferirlo, ma in ogni caso non sarebbe servito a nulla.
Sarà la libertà o la morte – pensò – è un peccato che sia la morte.
Anche in quello stato di stordimento riuscì a sentire suo padre che alzava la spada verso di lei, pronto a colpire, e si era quasi rassegnata alla fine imminente quando la nebbia che le oscurava i sensi si diradò d'improvviso.
Per istinto, come mossa da una forza celata dentro di sé, si ritrovò ad alzare il braccio afferrando con la propria mano il polso di Gregor appena prima che la spada le calasse addosso. Strinse talmente forte che una smorfia di dolore distorse per un attimo i lineamenti dell'uomo. Con un movimento rapido Astrid gli torse il braccio e lo disarmò, afferrando la spada ed attaccandolo.
Lui, disarmato, non poté far altro che arretrare e cercare di aggirare sua figlia nel tentativo di recuperare l'altra spada che era a terra, ma ben presto fu lui a trovarsi steso nella polvere dell'arena, la spada ben lontana da lui. Guardò sua figlia che lo sovrastava puntandogli la lama alla gola, negli occhi – in quel momento più dorati che verdi – poteva vedere la leggendaria furia dei Wolf, e rivide sé stesso.
«Astrid» sussurrò il suo nome, e forse era giusto così, che un padre morisse con il nome della propria figlia sulle labbra. Non era una supplica, e lui non era spaventato all'idea di morire. Era piuttosto fierezza quella che si percepiva nel tono della sua voce, fierezza per la guerriera che sua figlia era diventata, e forse una punta di rimpianto per non averlo capito prima.
«Il mio nome è Aidan» disse lei, quasi ringhiando, per poi alzare la spada, pronta a terminare quel duello.
La lama calò, affilata e pesante, finendo per affondare di diversi centimetri nel terreno polveroso su cui Gregor era steso.
Una leggera pioggia aveva cominciato a scendere dal cielo grigio quando il re di Nightfall aprì gli occhi, rendendosi conto di essere ancora vivo e che la propria spada era infilata nel terreno a pochi centimetri dalla sua faccia. Spostò le iridi nere su Astrid e la vide ripulirsi il volto dal sangue che lo imbrattava e che le gocce di pioggia – sempre più insistenti – le stavano facendo gocciolare fino al mento, negli occhi sempre lo stesso sguardo fiero.
«Ho vinto» disse lei «E vi ho risparmiato la vita. Ora fate lo stesso con me e restituitemi la mia libertà».
Gregor si alzò in piedi ed annuì, poi sia lui che Astrid guardarono Uther. Anche lui annuì.
Arthur tirò un sospiro di sollievo, mentre per la prima volta dall'inizio dello scontro si concedeva di rilassarsi sul suo scranno.
Il re di Nightfall guardò sua figlia raccogliere la propria spada «Ho davvero pensato che mi avresti ucciso, ed ero pronto a morire. Perché non lo hai fatto?».
Lei non lo guardò, osservò la lama della spada coperta di fanghiglia «Perché avrei gettato il regno nel caos. Il vostro secondogenito è troppo giovane per regnare, e sua madre è troppo dolce ed innocente per riuscire a contrastare con forza i lord che tenterebbero di appropriarsi del vostro trono passando per il talamo nuziale» a quel punto puntò i suoi occhi verdi si fissarono in quelli neri di suoi padre «Voi non siete un re giusto, o un re buono, ma siete un re forte che nessun uomo dotato di buonsenso oserebbe sfidare. E tanto basta».
«La corona sarebbe potuta essere tua, resti sempre la primogenita, e da quello che ho visto saresti in grado di regnare e condurre uomini in battaglia» nella voce di re Gregor c'era un'inflessione affettuosa che Aidan non sentiva da tempo, e che non credeva avrebbe mai più avuto modo di sentire.
Un mezzo sorriso le incurvò le labbra «Continuate a non ascoltarmi, padre. Ho già detto che non ho intenzione di rinunciare alla mia libertà per una corona» così dicendo si voltò e lasciò l'arena, ancora immersa in quel silenzio quasi religioso che soltanto la pioggia si concesse di interrompere.



Angolo autrice
Salve a tutti cari lettori!
Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto perché ci sto lavorando da tanto, ma proprio non voleva saperne di venir fuori; spesso mi ritrovavo a fissare per interi minuti la pagina in cerca dell'ispirazione divina su come far andare avanti la storia, ma niente. La cosa veramente terribile però era che sapevo giàcosa scrivere, il problema era il come fare perché fosse credibile, in linea con i personaggi e non sciocco.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se tutti i miei sforzi sono valsi a qualcosa.
Come sempre ringrazio tutti quelli che mettono la storia tra le preferite/seguite/ ricordate, e anche 
Aquarius no Leni e Altair65 che hanno recensito la storia.
Un ringraziamento speciale va a 
Federica11 che non si perde un solo capitolo e che mi fa sentire il suo supporto sia per quanto riguarda questa storia che con l'altra long che sto scrivendo. Sappi che apprezzo moltissimo le tue recensioni.
Come sempre saluto e ringrazio la mia amica
 Sunny9719 e la mia socia Merlin_Colin_Emrys.
A presto.
  
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